ha pronunciato la seguente
                                Sentenza
 nel giudizio di legittimita'  costituzionale  dell'art.  190-bis  del
 codice di procedura civile promosso con ordinanza emessa il 30 giugno
 1997  dal tribunale di Milano nel procedimento civile vertente tra il
 fallimento Trevitex in liquidazione  S.p.a.  e  il  Banco  di  Napoli
 S.p.a.  iscritta  al  n. 655 del registro ordinanze 1997 e pubblicata
 nella   Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica  n.  41,  prima  serie
 speciale, dell'anno 1997;
   Visto  l'atto  di  costituzione  del Banco di Napoli S.p.a. nonche'
 l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri;
   Udito  nell'udienza pubblica del 21 aprile 1998 il giudice relatore
 Fernando Santosuosso;
   Uditi l'avvocato Giuseppe Tarzia per il Banco di Napoli S.p.a.    e
 l'avvocato dello Stato Sergio Laporta per il Presidente del Consiglio
 dei Ministri;
                           Ritenuto in fatto
   1.  -  Nel  corso del giudizio civile promosso dal fallimento della
 S.p.a. Trevitex nei confronti della S.p.a. Banco  di  Napoli  per  la
 nullita'   o,  in  via  subordinata,  l'inefficacia  di  un  atto  di
 costituzione di pegno, il giudice istruttore del tribunale di Milano,
 in funzione di giudice unico, ha sollevato questione di  legittimita'
 costituzionale  dell'art.  190-bis del codice di procedura civile, in
 riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione.
   Il giudice a quo premette, in punto  di  rilevanza,  che  la  causa
 pendente  dinanzi  a  se' deve ritenersi devoluta alla competenza del
 giudice istruttore in funzione di giudice unico,  non  potendosi  far
 rientrare  tra  quelle  che  l'art.  48  della  legge  di ordinamento
 giudiziario affida alla  decisione  collegiale  del  tribunale.  Tale
 competenza  monocratica  sussiste,  nonostante  i  dubbi sollevati al
 riguardo dalla dottrina all'indomani  dell'entrata  in  vigore  della
 legge  n.  353  del  1990  di riforma del processo civile, sia per le
 cause aventi ad oggetto la domanda di  nullita'  del  pegno  che  per
 quelle  aventi  ad  oggetto  la  revocatoria dello stesso. Ed infatti
 l'azione  revocatoria  fallimentare  deve  ritenersi  affidata   alla
 competenza  del  giudice istruttore come giudice unico, non potendosi
 ricomprendere in alcuna delle ipotesi di cui al n. 5) del citato art.
 48, ove il legislatore ha previsto  la  competenza  del  collegio  in
 forza del carattere impugnatorio in senso lato dei giudizi stessi.
   Tutto  cio' premesso, il giudice istruttore del tribunale di Milano
 osserva che l'art. 190-bis cod. proc. civ. ha introdotto per le cause
 affidate alla decisione del  giudice  unico  un  sistema  diverso  da
 quello  previsto  dall'art. 275 cod. proc. civ. per le cause devolute
 alla competenza del collegio. Mentre in quest'ultimo  caso,  infatti,
 la  legge  prevede  lo  scambio  delle comparse conclusionali e delle
 memorie di replica indipendentemente dalla richiesta  di  discussione
 della  causa,  nel  caso  di decisione monocratica la norma impugnata
 diversifica la procedura a seconda  che  le  parti  avanzino  o  meno
 siffatta  richiesta.    Ed  infatti,  qualora  vi  sia  la domanda di
 discussione orale, il giudice istruttore fissa  l'udienza  dopo  aver
 disposto lo scambio delle sole comparse conclusionali.
   Una  simile previsione, a parere del giudice a quo, viola gli artt.
 3  e  24  della   Costituzione.   Non   potendo   infatti   ritenersi
 soddisfacenti le motivazioni secondo cui l'omissione delle memorie di
 replica  si  giustificherebbe  sulla  base  di  presunte  esigenze di
 celerita' del processo davanti al giudice unico o  in  forza  di  una
 maggiore  semplicita' delle cause devolute al medesimo, ne risulta la
 totale  mancanza  di  una  spiegazione  idonea  a   giustificare   la
 diversita'  di  trattamento  rispetto alle cause affidate al giudizio
 collegiale. Siffatta diversita' deve ritenersi  irrazionale  e,  come
 tale,  lesiva  dell'art. 3 Cost., in considerazione della sostanziale
 unicita' del processo davanti al tribunale; oltre a cio', la medesima
 urta anche contro il diritto di difesa di cui all'art. 24 Cost.,  sia
 perche'  l'esigenza  di  garantire  la  difesa scritta e' ancora piu'
 evidente nelle cause affidate alla decisione monocratica sia  perche'
 la  parte  che  subisce  la  richiesta  di  discussione orale si vede
 privata  della possibilita' di rispondere alla comparsa conclusionale
 dell'avversario con la propria memoria di replica.
   Sulla base di tali  rilievi  il  giudice  rimettente  -  dopo  aver
 richiamato  le  sentenze di questa Corte nn. 265 e 353 del 1994 e 284
 del 1995, nelle quali e' stata  sindacata  la  diversita'  di  regimi
 processuali  sotto  il  profilo  della ragionevolezza - ha chiesto la
 declaratoria di illegittimita' costituzionale dell'art. 190-bis  cod.
 proc.  civ.    nella parte in cui non prevede che, anche nel processo
 davanti al giudice monocratico, "in caso di richiesta di una parte di
 fissazione dell'udienza di  discussione  il  giudice  debba  disporre
 oltre  allo  scambio  delle comparse conclusionali anche quello delle
 memorie di replica".
   2. - Si e' costituito nel giudizio davanti alla Corte il  Banco  di
 Napoli  S.p.a.,  concludendo  per  l'accoglimento  della questione di
 legittimita' costituzionale prospettata dal rimettente.
   La parte privata si associa alle considerazioni svolte dal  giudice
 a quo per cio' che concerne la rilevanza della questione.
   In  ordine  alla  non  manifesta  infondatezza  il  Banco di Napoli
 osserva che l'attuale formulazione dell'art. 190-bis cod. proc.  civ.
 e'  il  risultato  di  un  dibattito parlamentare che ha portato alla
 modificazione della norma rispetto a quella  proposta  nella  stesura
 originaria.  In un primo tempo, infatti, la preclusione dello scambio
 delle  memorie  di  replica in caso di richiesta di discussione orale
 era stata prevista per le cause di valore inferiore a lire  cinquanta
 milioni  e  per quelle di infortunistica stradale con soli danni alle
 cose; successivamente il Senato ha  modificato  la  norma  nel  senso
 attuale  e,  pur  non  essendo  sfuggito  il problema all'esame della
 Camera dei deputati (che aveva proposto un emendamento al  riguardo),
 il testo e' stato poi approvato nella versione  oggi vigente.
   Il sistema cosi' delineato urta, secondo il Banco di Napoli, contro
 entrambi  i  parametri  costituzionali indicati dal giudice a quo. Ed
 infatti e' palese la violazione  del  principio  di  eguaglianza,  in
 conseguenza  del  diverso  trattamento riservato alla decisione delle
 cause a seconda della composizione singola o collegiale del  giudice;
 la  differenza  non  trova  una logica spiegazione ne' nella presunta
 minore difficolta' delle cause devolute al giudice unico, ne' in  una
 diversita'  globale  tra i due tipi di processi. Altrettanto evidente
 e' la violazione dell'art. 24  Cost.,  perche'  l'art.  190-bis  cod.
 proc.  civ. impone a ciascuna delle parti di valutare fin dal momento
 della precisazione delle conclusioni quale sia la migliore  strategia
 processuale  da  seguire,  per  di  piu'  consentendo  che  la scelta
 unilaterale di una parte (che chiede la discussione orale)  sottragga
 all'altra la facolta' di depositare le memorie di replica.
   3.  -  E'  intervenuto  il  Presidente  del Consiglio dei Ministri,
 rappresentato  e  difeso  dall'avvocatura   generale   dello   Stato,
 chiedendo  che  la sollevata questione sia dichiarata non fondata. La
 difesa erariale  concorda  col  giudice  rimettente  in  ordine  alla
 rilevanza  della  questione, mentre contesta radicalmente la presunta
 violazione degli indicati parametri costituzionali.
   Per cio' che riguarda  l'art.  3  della  Costituzione  l'Avvocatura
 dello   Stato   sostiene  che  e'  proprio  la  diversa  composizione
 dell'organo giudicante a determinare la differente procedura  di  cui
 alla  norma  impugnata. Il giudice monocratico, che solitamente e' lo
 stesso che ha condotto l'intera fase istruttoria, normalmente conosce
 gia'   gli   atti   di   causa   sicche',   una  volta  garantito  il
 contraddittorio con lo scambio delle comparse conclusionali e con  la
 discussione orale, la soppressione delle memorie di replica trova una
 sua condivisibile spiegazione. Davanti al giudice collegiale, invece,
 la  necessita'  di  chiarire  ogni aspetto della causa agli altri due
 componenti che non hanno seguito l'istruttoria spiega il  ricorso  ad
 un uso piu' solenne della forma scritta nell'attivita' difensiva.
   Neppure  sussiste,  secondo  la  difesa erariale, alcuna violazione
 dell'art. 24 Cost.,  poiche'  e'  comunque  salvo  il  principio  del
 contraddittorio  "ad armi pari", in considerazione della possibilita'
 di interloquire al momento  della  discussione  e  della  sostanziale
 posizione  di  uguaglianza nella quale le parti si trovano davanti al
 giudice.
   4. - In prossimita' dell'udienza il Banco di Napoli  ha  presentato
 un'articolata  memoria,  insistendo  per  l'accoglimento  delle  gia'
 rassegnate conclusioni.
   Preliminarmente la parte privata ribadisce,  in  piena  adesione  a
 quanto  detto  dal  giudice rimettente, la rilevanza della questione,
 perche' sia la domanda principale che quella subordinata avanzate nel
 giudizio a quo, l'una di nullita' del pegno e l'altra di  revocatoria
 fallimentare,  devono  ritenersi devolute alla competenza del giudice
 istruttore in funzione di giudice unico.
   Tanto premesso, la stessa parte passa  ad  analizzare  l'importanza
 che  puo'  assumere  nel  presente  giudizio  il sopravvenuto decreto
 legislativo 19 febbraio 1998, n. 51, istitutivo del giudice unico  di
 primo grado.
   Osserva  al  riguardo  il Banco di Napoli che l'art. 63 del decreto
 citato ha abrogato l'art. 190-bis del codice   di  procedura  civile,
 peraltro   trasfondendone   il   contenuto,   in  maniera  pressoche'
 inalterata, nel  nuovo    art.  281-quinquies  del  medesimo  codice.
 Tuttavia   l'intervenuta   abrogazione   della  norma  impugnata  non
 consentirebbe di emettere una pronuncia di  restituzione  atti  o  di
 inammissibilita',  e  cio'  per  una  serie  di motivi. Innanzitutto,
 perche' la legge di  delega  16  luglio  1997,  n.  254,  ha  fissato
 l'efficacia delle nuove norme decorso il periodo di centoventi giorni
 dalla  data di pubblicazione delle medesime nella Gazzetta Ufficiale,
 il che comporta  che  alla  data  della  discussione  della  presente
 questione le stesse non saranno ancora applicabili. In secondo luogo,
 l'art.  135  del  citato  decreto  prevede  che  le cause pendenti in
 tribunale vengano decise sulla base delle norme abrogate se  in  tali
 cause  siano  state gia' precisate le conclusioni o si sia verificata
 la spedizione in decisione, e cio'  implica  che  nel  caso  concreto
 dovrebbe  comunque  applicarsi  l'impugnato  art.  190-bis cod. proc.
 civ., essendo state precisate le conclusioni in data 6 maggio 1997.
   La parte privata,  in  ogni  modo,  osserva  che  la  Corte  potra'
 valutare    l'opportunita'    di    estendere    la    pronuncia   di
 incostituzionalita' anche nei confronti dell'art.  281-quinquies  del
 codice di rito.
   Passando  al  merito  della  questione,  il Banco di Napoli insiste
 perche' la medesima venga dichiarata fondata, con argomentazioni  che
 sostanzialmente   si   riportano   a   quelle   di  cui  all'atto  di
 costituzione.
                         Considerato in diritto
   1.  -  Il  giudice  istruttore  del tribunale di Milano ritiene che
 l'art. 190-bis cod. proc. civ., nella parte in cui non  prevede  che,
 anche  nel  processo  davanti  al  giudice  istruttore in funzione di
 giudice unico, in caso  di  richiesta  di  una  parte  di  fissazione
 dell'udienza  di  discussione,  il giudice debba disporre, oltre allo
 scambio delle comparse conclusionali, anche quello delle  memorie  di
 replica, sia in contrasto:
     1)  con  l'art.  3  Cost.,  per  l'ingiustificata  disparita'  di
 trattamento che si crea rispetto alle cause devolute  alla  decisione
 del  tribunale  in  composizione  collegiale,  nelle quali lo scambio
 delle comparse conclusionali  e  delle  memorie  di  replica  avviene
 comunque,  ossia  anche  in  caso  di richiesta di discussione orale;
 disparita' che non  trova  alcuna  giustificazione  ne'  in  presunte
 esigenze di accelerazione, ne' in una minore complessita' delle cause
 decise dal tribunale in composizione monocratica;
     2)  con  l'art.  24  Cost., in considerazione della necessita' di
 garantire pienamente  il  contraddittorio  nelle  cause  affidate  al
 giudice  unico e della possibilita' che la legge riconosce a ciascuna
 delle parti di precludere all'altra, richiedendo  unilateralmente  la
 discussione orale, la presentazione delle memorie di replica.
   2.  -  Prima  di passare al merito, la Corte e' chiamata a valutare
 l'incidenza  sulla  rilevanza  della  questione  della   sopravvenuta
 normativa  contenuta nel decreto legislativo 19 febbraio 1998, n. 51.
 Tale decreto - che ha  portato a definitivo compimento il progetto di
 affidare il giudizio di  primo  grado  ad  un  giudice  nella  grande
 maggioranza  dei  casi  monocratico  -  oltre  ad abrogare (art. 63),
 infatti, la norma impugnata nel presente giudizio,  ha  formulato  un
 nuovo  art.  281-quinquies  cod.  proc. civ., nel cui capoverso viene
 dettata una norma di contenuto assai simile  a  quella  dell'abrogato
 art.  190-bis  dello  stesso  codice.   E' per questo che il Banco di
 Napoli  ha  chiesto  alla  Corte  di  estendere  la  declaratoria  di
 illegittimita' costituzionale anche alla norma nuova.
   Ritiene  peraltro  questa  Corte  che  il  presente  giudizio debba
 svolgersi esclusivamente sulla norma impugnata; e cio' per  il  fatto
 che  l'art.    247  del  decreto  legislativo  n.  51  del  1998, pur
 stabilendo l'immediata entrata in vigore delle norme ivi dettate,  ne
 differiva in origine l'efficacia a dopo il decorso del termine di cui
 all'art. 1, comma 1, lettera r) della legge delega 16 luglio 1997, n.
 254.  E  poiche'  tale  termine e' stato successivamente fissato al 2
 giugno 1999 (art.   1 della legge 16 giugno  1998,  n.  188),  l'art.
 190-bis  cod. proc.   civ. e' ancora applicabile nel giudizio a quo e
 va sottoposto al richiesto scrutinio di costituzionalita'.
   3. - Nel merito, la questione non e' fondata.
   Il giudice rimettente ritiene che l'alternativa posta  dalla  norma
 impugnata  -  nel  procedimento  dinanzi  al tribunale in funzione di
 giudice unico - tra la discussione orale e lo scambio  delle  memorie
 di replica vulneri gli artt. 3 e 24 della Costituzione. Ma in realta'
 non sussiste alcuna delle lamentate lesioni.
   Va  innanzitutto  ribadito il principio generale che il legislatore
 e'  dotato  di  ampia  discrezionalita'  nel  dettare      le   norme
 processuali, con l'unico limite della ragionevolezza (v., ex plurimis
 le sentenze nn. 451 del 1997 e 31 del 1998).
   Nel  caso  specifico  e'  indubbio  che  il  legislatore  del 1990,
 regolando la fase conclusiva del processo davanti  al  tribunale,  ha
 disciplinato  in  modo  differenziato  la  procedura a seconda che la
 decisione sia affidata al collegio oppure  al  giudice  unico.  Ferma
 restando  in  entrambi  i  casi  la  facoltativita'  dell'udienza  di
 discussione orale, il legislatore ha stabilito che nelle  sole  cause
 di  spettanza  collegiale la richiesta di tale udienza non esclude la
 presentazione di  memorie  di  replica;  davanti  al  giudice  unico,
 invece,  il  deposito delle memorie di replica e la discussione orale
 si presentano come alternativi, nel senso che l'uno esclude l'altra.
   In realta', questa differenza di rito non e' la sola,  perche'  dal
 confronto  tra  gli  artt. 190 e 190-bis con l'art. 275 del codice di
 rito risulta che nelle cause collegiali la richiesta  di  discussione
 orale  deve  essere  riproposta  "al  presidente  del  tribunale alla
 scadenza del termine per il deposito delle memorie di  replica",  con
 una  duplicazione  che  e'  assente  nel  processo davanti al giudice
 monocratico.
   Cio' che rileva in questa sede in modo  particolare,  peraltro,  e'
 che  la  lamentata  diversita',  pur determinando alcune perplessita'
 evidenziate dalla dottrina, non e' arbitraria. Il legislatore, stante
 la diversita' tra i due  organi  dello  stesso  ufficio,  ben  poteva
 modellare  il  rito  secondo  un  trattamento differenziato; cosa che
 realmente  ha  fatto  in  una  maniera  che,  non  potendo  definirsi
 irragionevole,  non  assurge  al  livello di violazione dell'invocato
 principio costituzionale di eguaglianza.
   4.  -  Parimenti  deve  negarsi  che  sussista  alcuna   violazione
 dell'ulteriore parametro di cui all'art. 24 Cost.
   In   proposito  occorre  ribadire  che,  pur  essendo  indubbio  il
 carattere di inviolabilita' del  diritto  di  difesa  nell'ambito  di
 qualsiasi procedimento giurisdizionale (v. sentenza n. 212 del 1997),
 costituisce costante orientamento di questa Corte quello per cui tale
 diritto   puo'   diversamente  atteggiarsi  nell'ambito  dei  diversi
 procedimenti; cio' che conta in modo essenziale e' che "non ne  siano
 pregiudicati lo scopo e le funzioni" (v. sentenze nn. 220 del 1994, e
 119 del 1995 ed ordinanza n. 388 del 1996).
   Con   particolare  riguardo  all'art.  190-bis  oggi  impugnato,  i
 principi ora richiamati impongono di verificare se il rapporto tra le
 difese scritte e quelle orali nel processo davanti al  giudice  unico
 sia tale da frustrare l'effettivita' del contraddittorio.
   Sulla   base   di   queste   premesse   risulta  chiaro  che  porre
 un'alternativa tra difesa scritta e discussione  orale  nel  processo
 civile   non   puo'   determinare   alcuna  lesione  di  un  adeguato
 contraddittorio, anche perche' le parti permangono su di un piano  di
 parita'.  Ne'  puo'  dirsi  che  l'art.  24  della  Costituzione  sia
 vulnerato per il  fatto  che  una  sola  delle  parti,  chiedendo  la
 discussione  orale,  precluda  all'altra  il  diritto alle memorie di
 replica.  Tale  richiesta,   infatti,   non   esclude   comunque   la
 possibilita'  per  entrambe  le  parti  di esporre integralmente e in
 condizioni di parita' le proprie  tesi  difensive,  nell'immediatezza
 derivante dalla presenza dei contraddittori innanzi al giudice.