ha pronunciato la seguente
                                Sentenza
 nel giudizio di legittimita'  costituzionale  dell'art.  62,  secondo
 comma,  del  regio  decreto  31  dicembre  1923, n. 3123 (Ordinamento
 dell'istruzione artistica),  promosso  con  ordinanza  emessa  il  17
 aprile  1997 dal tribunale amministrativo regionale per le Marche sui
 ricorsi riuniti proposti da  Martelli  Giorgio  ed  altri  contro  il
 Ministero  della  pubblica istruzione ed altra iscritta al n. 728 del
 registro ordinanze 1997 e pubblicata nella Gazzetta  Ufficiale  della
 Repubblica n. 44, prima serie speciale, dell'anno 1997;
   Visto l'atto di costituzione di Martelli Giorgio ed altri;
   Udito  nell'udienza pubblica del 19 maggio 1998 il giudice relatore
 Fernando Santosuosso.
                           Ritenuto in fatto
   1.  -  Nel  corso  di  un  giudizio  promosso   da   tre   studenti
 dell'accademia  di belle arti di Macerata nei confronti del Ministero
 della pubblica  istruzione,  il  tribunale  amministrativo  regionale
 delle  Marche  ha  sollevato questione di legittimita' costituzionale
 dell'art. 62, secondo comma, del regio decreto 31 dicembre  1923,  n.
 3123  (Ordinamento  dell'istruzione  artistica),  in riferimento agli
 artt. 3, 33 e 34 della Costituzione.
   Osserva il giudice  a  quo  che  la  norma  impugnata  si  pone  in
 conflitto  con  gli  indicati parametri costituzionali nella parte in
 cui prevede che allo stesso corso dell'accademia di belle arti non si
 possa essere iscritti per piu' di cinque anni. In punto di  rilevanza
 il  T.A.R.    osserva  che, nel caso sottoposto al suo giudizio, tale
 requisito sussiste perche' ai ricorrenti e' stata negata l'iscrizione
 al quarto anno del corso di scenografia proprio in applicazione della
 norma denunciata.
   Ora, pur essendo indubbia la particolare natura delle accademie  di
 belle  arti,  la cui collocazione e' in certo modo intermedia tra gli
 istituti di  istruzione  secondaria  superiore  e  l'universita',  ad
 avviso  del  rimettente  l'art.  62 in questione si rivela come norma
 ingiustificatamente severa,  soprattutto  se  letta  in  armonia  con
 quelle  che  regolano l'istruzione secondaria e quella universitaria.
 Per la scuola media inferiore e superiore, infatti, le norme  vigenti
 stabiliscono  la  possibilita'  che ciascuna classe venga frequentata
 per due volte, e l'ordinamento universitario non pone alcun limite al
 cosiddetto "fuori corso", se non in base all'art. 149, secondo comma,
 del r.d. 31 agosto 1933, n. 1592, per il quale allo studente che  non
 sostenga esami per otto anni consecutivi viene comminata la decadenza
 dalla  qualifica,  con  obbligo  di sostenere ex novo anche gli esami
 gia' superati.
   Una simile  disparita'  di  trattamento,  che  al  rimettente  pare
 ingiustificatamente  discriminatoria,  si porrebbe anche in contrasto
 con  gli  artt.  33  e  34  Cost.,  risolvendosi  in  un   inadeguato
 trattamento  scolastico  ed  in  un impedimento a raggiungere i gradi
 piu' elevati degli studi per tutti i capaci ed i meritevoli.
   2.  -  Si  sono  costituiti  nel  presente  giudizio,  con apposita
 memoria, i tre  ricorrenti  Martelli  Giorgio,  Tavoletti  Roberto  e
 Patacchini   Daniela,   chiedendo  l'accoglimento  della  prospettata
 questione.
   Ad avviso delle parti private la  rilevanza  della  questione  deve
 ritenersi  pacifica  sulla base delle argomentazioni gia' evidenziate
 dal giudice a quo.
   In ordine alla fondatezza, le medesime osservano che e'  palese  la
 violazione  dell'art.  3  Cost.,  perche' la norma impugnata pone gli
 studenti  dell'accademia  di  belle  arti  in   una   situazione   di
 irragionevole   diversita'  rispetto  a  quelli  della  scuola  media
 (inferiore e superiore) e dell'universita', per i quali e'  possibile
 ripetere  gli  anni  scolastici  e  gli  esami  -  in base alle norme
 richiamate  dal  T.A.R.  -  con  limiti  assai  piu'  elastici.  Tale
 discriminazione, affatto priva di motivazione, e' tanto piu' grave in
 quanto  finalizzata, secondo il dettato della legge delega 3 dicembre
 1922,  n.  1601,  al  contenimento  delle  spese   per   l'istruzione
 scolastica, come se le conseguenze di siffatto onere dovessero essere
 poste a carico soltanto degli studenti delle accademie di belle arti.
   Evidente  risulta, infine, la violazione degli artt. 33 e 34 Cost.,
 secondo  i  quali  tutti  hanno  diritto  all'istruzione  e   l'unica
 distinzione  ammissibile  e'  quella  del merito; la norma impugnata,
 infatti, penalizza gli studenti che conseguono una votazione  elevata
 impiegando  un  tempo  piu'  lungo  nella  preparazione  degli  esami
 rispetto a quelli che, con una votazione piu' modesta, concludono  il
 ciclo degli studi nei termini di legge.
                         Considerato in diritto
   1.  -  Il  tribunale  amministrativo  regionale delle Marche dubita
 della legittimita' costituzionale dell'art. 62,  secondo  comma,  del
 regio  decreto 31 dicembre 1923, n. 3123 (Ordinamento dell'istruzione
 artistica), nella  parte  in  cui  vieta  che  ad  uno  stesso  corso
 dell'accademia  di  belle  arti  si possa essere iscritti per piu' di
 cinque anni. Tale disposizione sarebbe in contrasto:
   con l'art. 3 della Costituzione, per  intrinseca  irragionevolezza,
 oltre  che  per  l'ingiustificata  disparita' di trattamento che essa
 crea a danno degli studenti dell'accademia  di  belle  arti  rispetto
 agli studenti della scuola secondaria e dell'universita';
   con   l'art.   33  Cost.,  perche'  sarebbe  violato  l'obbligo  di
 assicurare un adeguato trattamento scolastico a tutti i cittadini;
   con l'art. 34 Cost., perche' verrebbe impedito a cittadini capaci e
 meritevoli - tali essendo quelli che hanno completato il corso  degli
 studi  in  un tempo leggermente superiore rispetto a quello previsto,
 ma con una votazione piu' elevata  -  di  raggiungere  i  gradi  piu'
 elevati degli studi.
   2.  -  Occorre  innanzitutto osservare che il giudice a quo rimette
 all'esame di questa Corte la norma di cui all'art. 62, secondo comma,
 del regio decreto 31 dicembre 1923,  n.  3123,  norma  che  e'  stata
 integralmente  recepita, senz'alcuna variazione, dall'art. 207, comma
 6, del decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297  (Approvazione  del
 testo  unico  delle  disposizioni  legislative  vigenti in materia di
 istruzione, relative alle scuole di ogni ordine e grado). Ne consegue
 che, ai sensi dell'art. 676 del decreto legislativo  ora  citato,  la
 norma effettivamente vigente e' quella successiva; tuttavia la totale
 identicita'  dei  due  testi di legge consente, secondo i canoni gia'
 espressi in altra occasione da questa Corte (v. sentenza  n.  84  del
 1996),   di   compiere   il   richiesto   scrutinio  di  legittimita'
 costituzionale, il cui esito dovra' considerarsi  esteso  alla  norma
 contenuta nel testo unico.
   3. - Nel merito la questione non e' fondata.
   Il  tribunale  rimettente  indirizza  il  contenuto  delle  proprie
 doglianze essenzialmente sul fatto che la norma  impugnata,  vietando
 l'iscrizione  allo  stesso  corso dell'accademia di belle arti per un
 periodo  superiore  a  cinque   anni,   sarebbe   caratterizzata   da
 un'eccessiva  severita'  nei  confronti degli studenti, severita' che
 assurgerebbe  al  livello  di  palese  irrazionalita'  se  posta   al
 confronto  con  le regole vigenti in materia di istruzione secondaria
 ed universitaria. Ed in effetti, considerando che i corsi  tenuti  da
 tale  accademia  (pittura, scultura, decorazione e scenografia) hanno
 la durata di quattro anni, la  norma  impugnata  si  risolve  in  una
 drastica  limitazione  del  cosiddetto  "fuori  corso". Per la scuola
 secondaria, invece, la normativa vigente (artt.  182, comma 1, e 192,
 comma 4, del  decreto  legislativo  n.  297  del  1994)  consente  di
 ripetere  ciascuna  classe per due anni, mentre l'art.  149 del regio
 decreto 31 agosto 1933, n. 1592, non pone  limiti  al  "fuori  corso"
 universitario,  a  meno che lo studente ometta di sostenere esami per
 otto anni consecutivi, nel qual caso lo stesso e' tenuto a  rinnovare
 l'iscrizione ed a ripetere le prove gia' superate.
   La giurisprudenza di questa Corte, peraltro, ha in piu' circostanze
 chiarito  che  il principio di eguaglianza non puo' ritenersi violato
 in presenza di situazioni fra loro non raffrontabili; e nel  caso  in
 esame  e'  evidente  che  le  norme  richiamate dal giudice a quo non
 costituiscono un valido tertium comparationis.
   L'ordinamento dell'istruzione artistica, infatti,  si  caratterizza
 per alcune sue peculiarita' che lo rendono intrinsecamente diverso da
 ogni  altro  ordine  di  istruzione,  e  percio' non paragonabile con
 alcuno di questi. Va innanzitutto  sottolineato,  al  riguardo,  che,
 nonostante i numerosi progetti di legge (uno dei quali e' attualmente
 all'esame  del Senato della Repubblica) presentati sull'argomento, il
 diploma rilasciato dall'accademia di belle arti non  ha  ancora  oggi
 pieno  valore  legale,  bensi'  soltanto  valore di titolo accademico
 (art. 207, comma 7, del citato decreto n. 297 del 1994); oltre a cio'
 agli esami di licenza "non sono ammessi privatisti" (art. 66,  quinto
 comma,  del  regio  decreto n. 3123 del 1923), il che costituisce una
 vistosa  eccezione   che   non   trova   confronti   nell'ordinamento
 dell'istruzione secondaria. Se a cio' si aggiunge che anche l'accesso
 dei docenti all'insegnamento ed il reclutamento del personale avviene
 secondo  criteri  non  rispondenti a quelli usuali, si ha la conferma
 dell'autonomia dell'accademia  di  belle  arti  rispetto  alle  altre
 scuole;  il  che  valorizza l'opinione, in piu' occasioni manifestata
 anche dalla giurisprudenza amministrativa, secondo cui l'insegnamento
 impartito  presso  tale  istituto  si  colloca   in   una   posizione
 intermedia,  non  paragonabile  con  la scuola secondaria superiore e
 nemmeno con l'istruzione universitaria.
   Tale  ricostruzione,  d'altra  parte,  si  spiega  logicamente   in
 rapporto alla particolarita' di una scuola il cui obiettivo e' quello
 di  accertare  e  valorizzare  una  vocazione  artistica trasmettendo
 nozioni e tecniche, oltre che  organizzando  esercitazioni  pratiche;
 per  cui  si  richiede l'obbligo di frequenza ed il continuo rapporto
 con il docente.
   L'affermata diversita' dell'accademia di belle arti,  da  un  lato,
 non  rende  validamente  instaurabile il confronto con situazioni che
 non possono costituire un tertium comparationis, e dall'altro vale ad
 escludere anche l'intrinseca irrazionalita' della norma. Se, come  si
 e' detto, questo genere di istruzione e' preordinato a formare coloro
 che  hanno  particolari  attitudini per determinate forme di arte, e'
 evidente che la presunta severita' della norma in esame non e' che la
 logica conseguenza di un ordinamento finalizzato alla  valorizzazione
 di  uno specifico talento, che e' appunto quello artistico.  Siffatto
 talento, com'e' ovvio, solitamente si manifesta in tempi rapidi,  del
 tutto  compatibili  con  quelli fissati dalla legge per il cosiddetto
 "fuori corso".
   4. - Non sono fondate neppure le censure relative agli articoli  33
 e   34   della  Costituzione,  peraltro  motivate  assai  esiguamente
 nell'ordinanza di rimessione e logicamente connesse con  la  presunta
 violazione del principio di ragionevolezza.
   E'  evidente, infatti, che l'adeguatezza del trattamento scolastico
 in nessun caso si puo' tradurre nella  necessaria  previsione  di  un
 lungo  periodo  di  "fuori  corso",  la  cui durata il legislatore ha
 fissato esercitando la propria discrezionalita' e senza ledere,  come
 s'e'  detto,  il  principio di ragionevolezza. Parimenti, il richiamo
 alla capacita' ed alla meritevolezza e' compiuto dal giudice a quo in
 maniera non corretta; anche prescindendo dalla considerazione per cui
 il T.A.R. prospetta nel caso specifico  un  inconveniente  di  fatto,
 come  tale  non  suscettibile  di  rilevanza  in sede di legittimita'
 costituzionale, va pure detto che il concetto di  studente  capace  e
 meritevole  si  ricollega  necessariamente  anche con l'idoneita' del
 medesimo a concludere il ciclo degli studi nei  tempi  fissati  dalle
 norme.