ha pronunciato la seguente
                               Ordinanza
 nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 154 del decreto
 legislativo  28  luglio  1989,  n.  271  (Norme  di  attuazione,   di
 coordinamento e transitorie del codice di procedura penale), promosso
 con  ordinanza emessa il 9 maggio 1997 dalla Sezione disciplinare del
 Consiglio superiore della magistratura nel procedimento  disciplinare
 a  carico  di  Bulfamante  Giovanni,  iscritta al n. 561 del registro
 ordinanze  1997,  e  pubblicata  nella   Gazzetta   Ufficiale   della
 Repubblica n. 38, prima serie speciale, dell'anno 1997;
   Udito  nella  camera  di  consiglio  del  3  giugno 1998 il giudice
 relatore Francesco Guizzi;
   Ritenuto che a seguito dell'incolpazione elevata  a  carico  di  un
 magistrato ordinario, poiche' - risultato in minoranza nel collegio e
 cio'  nonostante  incaricato  di redigere un'ordinanza de libertate -
 avrebbe adottato una motivazione in contrasto con il dispositivo,  la
 Sezione  disciplinare  del  Consiglio superiore della magistratura ha
 sollevato, in riferimento agli artt. 3,  21  e  101,  secondo  comma,
 della   Costituzione,   questione   di   legittimita'  costituzionale
 dell'art.  154 del decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271  (Norme
 di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura
 penale);
     che ad avviso del rimettente va censurato l'art. 154, nella parte
 in  cui  non  prevede  che  il  presidente  scelga  l'estensore della
 motivazione fra i componenti che abbiano  contribuito  a  formare  la
 maggioranza  del  collegio, come avviene nel processo civile ai sensi
 dell'art.    118  del  regio  decreto  18  dicembre  1941,  n.   1368
 (Disposizioni  per  l'attuazione  del  codice  di  procedura civile e
 disposizioni transitorie);
     che la questione sarebbe  rilevante  nel  giudizio  disciplinare,
 perche'   il  suo  esito  dipenderebbe  dall'ambito  di  applicazione
 dell'art.   154 del  decreto  legislativo  n.  271  del  1989  e,  in
 particolare,   dall'assenza   (anche   nel   processo  penale)  d'una
 disposizione analoga a quella contenuta nel citato art. 118 del regio
 decreto n. 1368 del 1941, che consente al magistrato dissenziente  di
 rifiutarsi  di  redigere  la motivazione d'una decisione in contrasto
 con la propria convinzione.
   Considerato che viene all'esame della Corte,  in  riferimento  agli
 artt. 3, 21 e 101, secondo comma, della Costituzione, la questione di
 legittimita'  costituzionale dell'art. 154 del decreto legislativo 28
 luglio 1989, n. 271, "nella parte in cui non prevede  che  la  scelta
 dell'estensore sia fatta dal presidente tra i componenti del collegio
 che   abbiano  espresso  voto  conforme  alla  decisione",  con  cio'
 ponendosi   in   contrasto   con   la    corrispondente    previsione
 processualcivilista,  di  cui  all'art. 118 del regio decreto n. 1368
 del 1941;
     che  l'ordinanza  di  rimessione  non  motiva  come   l'eventuale
 pronuncia    di    illegittimita'   costituzionale   possa   incidere
 sull'addebito disciplinare contestato all'incolpato, addebito che  il
 giudice a quo non illustra, peraltro, in punto di diritto;
     che,  d'altronde,  l'art.  154,  comma 2, del codice di procedura
 penale prevede una forma di cautela circa la  riconducibilita'  della
 motivazione  alla  volonta'  collegiale  (consegna  della  minuta  al
 presidente e sua lettura al  collegio),  di  cui  non  si  da'  conto
 nell'ordinanza di rimessione, sia in fatto sia in diritto;
     che, pertanto, la questione e' manifestamente inammissibile.
   Visti  gli  artt.  26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
 alla Corte costituzionale.