ha pronunciato la seguente Ordinanza nel giudizio di legittimita' costituzionale del combinato disposto dell'art. 545, quarto comma, del codice di procedura civile, e dell'art. 2 del d.P.R. 5 gennaio 1950, n. 180 (Approvazione del testo unico delle leggi concernenti il sequestro, il pignoramento e la cessione degli stipendi, salari e pensioni dei dipendenti dalle Pubbliche Amministrazioni), promosso con ordinanza emessa il 25 settembre 1997 dal Tribunale di Genova, sezione del riesame, sull'istanza proposta da Lentini Franco, iscritta al n. 884 del registro ordinanze 1997 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 2, prima serie speciale, dell'anno 1998. Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri; Udito nella camera di consiglio del 3 giugno 1998 il giudice relatore Francesco Guizzi. Ritenuto che il Tribunale di Genova, sezione del riesame, investito di un'istanza presentata avverso il provvedimento del giudice per le indagini preliminari che ordinava il sequestro conservativo dei crediti vantati dall'indagato nei confronti dell'INPS, ha sollevato, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, questione di legittimita' costituzionale del combinato disposto dell'art. 545, quarto comma, del codice di procedura civile, e dell'art. 2 del d.P.R. 5 gennaio 1950, n. 180 (Approvazione del testo unico delle leggi concernenti il sequestro, il pignoramento e la cessione degli stipendi, salari e pensioni dei dipendenti dalle Pubbliche Amministrazioni), nella parte in cui limita a un quinto la sequestrabilita' delle retribuzioni dovute al pubblico dipendente anche per i debiti risarcitori che derivano dal reato di abuso d'ufficio patrimoniale (art. 323, secondo comma, del codice penale); che secondo il Collegio rimettente l'imputato ha goduto di rilevanti importi di denaro, procurando illecitamente pensioni non dovute; che non risponderebbe a ragionevolezza la salvaguardia dei crediti retributivi, che viene invece assicurata dalle norme denunciate; che e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura dello Stato, nel senso della manifesta infondatezza. Considerato che il dubbio di legittimita' costituzionale, avanzato con riguardo all'art. 3 della Costituzione, ha ad oggetto il combinato disposto dell'art. 545, quarto comma, del codice di procedura civile, e dell'art. 2 del d.P.R. 5 gennaio 1950, n. 180, citati, nella parte in cui limita a un quinto la sequestrabilita' delle retribuzioni dovute al pubblico dipendente anche per i debiti risarcitori che derivano dal reato di abuso d'ufficio patrimoniale (art. 323, secondo comma, del codice penale); che, ad avviso del giudice a quo, il bilanciamento degli interessi operato dal legislatore non risulterebbe adeguatamente equilibrato nel caso in cui il debitore sia imputato di delitti dai quali abbia ricavato consistenti proventi illeciti, con specifico riguardo all'abuso d'ufficio, di modo che si dovrebbe superare l'orientamento assunto da questa Corte, nel senso della manifesta infondatezza, con l'ordinanza n. 260 del 1987; che sopprimendo il limite fisso del quinto - come richiesto dal Tribunale rimettente - si dovrebbe affidare al giudice la determinazione del quantum sottratto a sequestro o a pignoramento; che occorrerebbe fissare un canone per tale ponderazione giudiziale, disciplinandola in via generale, e non per la sola fattispecie dell'abuso d'ufficio; che in ogni caso non si puo' richiedere a questa Corte una pronuncia additiva indeterminata, tale da ledere l'ambito di discrezionalita' riservato al legislatore; che il giudice a quo dimentica, inoltre, la ratio sottesa alla limitata pignorabilita' (o sequestrabilita') e cioe' l'esigenza, costituzionalmente rilevante, di salvaguardare i bisogni essenziali del lavoratore; che vanno respinte le censure di irragionevolezza mosse alle norme indicate, le quali realizzano un "punto di equilibrio" fra i valori costituzionali in gioco (sentenze nn. 434 del 1997 e 20 del 1968); che la questione va dichiarata manifestamente infondata. Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.