ha pronunciato la seguente
                               Ordinanza
 nel  giudizio  di  legittimita' costituzionale dell'art. 34, comma 2,
 del codice di procedura penale, promosso con ordinanza emessa  il  26
 novembre   1997   dal  giudice  dell'udienza  preliminare  presso  il
 Tribunale per i minorenni di Salerno nel procedimento penale a carico
 di V.  S., iscritta al n. 41 del registro ordinanze 1998 e pubblicata
 nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 6, prima serie speciale,
 dell'anno 1998.
   Udito nella camera di consiglio  del  17  giugno  1998  il  giudice
 relatore Gustavo Zagrebelsky.
   Ritenuto   che   il  Tribunale  per  i  minorenni  di  Salerno,  in
 composizione e con funzioni di giudice per l'udienza preliminare,  ha
 sollevato,  con  ordinanza  del 26 novembre 1997, in riferimento agli
 artt. 3, 24, 25, 76,  77  e  101  della  Costituzione,  questione  di
 legittimita'  costituzionale  dell'art. 34, comma 2, cod. proc. pen.,
 nella parte in cui non prevede che non possa partecipare  all'udienza
 preliminare  del  processo  penale  minorile lo stesso giudice che in
 precedenza,  quale  giudice  per  le  indagini   preliminari,   abbia
 rigettato  la richiesta del pubblico ministero di declaratoria di non
 luogo a procedere per irrilevanza del fatto, a  norma  dell'art.  27,
 commi  1  e  2,  del d.P.R.   22 settembre 1988, n. 448 (Approvazione
 delle  disposizioni  sul  processo  penale  a  carico   di   imputati
 minorenni);
     che  il giudice rimettente osserva che, verificandosi appunto nel
 giudizio  a  quo  l'ipotesi  anzidetta,  la  sollevata  questione  e'
 rilevante perche' attiene alla valida costituzione e composizione del
 collegio chiamato a trattare l'udienza preliminare;
     che,  pur  svolgendo  talune premesse di carattere generale sulle
 finalita' e sui caratteri propri della giurisdizione penale minorile,
 che denoterebbero l'esigenza di  continuita'  della  trattazione  del
 procedimento   da  parte  del  medesimo  giudice-persona  fisica,  il
 rimettente, dando seguito a  una  eccezione  sollevata  dal  pubblico
 ministero,  solleva la riferita questione sul rilievo degli enunciati
 della giurisprudenza costituzionale in tema di  incompatibilita'  nel
 processo penale, e in particolare della sentenza n. 311 del 1997;
     che,  ad  avviso  del  rimettente, la declaratoria di non luogo a
 procedere per irrilevanza del fatto puo' essere rigettata dal giudice
 per le indagini preliminari sia per la  mancanza,  allo  stato  degli
 atti,  di  elementi  sufficienti per decidere sulla sussistenza di un
 reato, o sulla sua ascrivibilita' al minore o, ancora, sulla tenuita'
 e occasionalita' del fatto, sia perche', attraverso un  apprezzamento
 di  merito,  il  giudice  ritiene  che il fatto non sussiste o non e'
 stato commesso dal minore o, all'inverso,  perche',  sul  presupposto
 della   esistenza  di  sufficienti  elementi  per  l'affermazione  di
 responsabilita', il fatto non riveste i caratteri  della  tenuita'  e
 dell'occasionalita';
     che,  in riferimento a tale secondo ordine di ipotesi, il giudice
 rimettente ravvisa nel rigetto della declaratoria  in  argomento  una
 valutazione  di  contenuto  sul  merito della res iudicanda, idonea a
 costituire un pregiudizio rispetto alla  successiva  trattazione  del
 processo  nell'udienza  preliminare  e  tale da imporre, pertanto, di
 riconoscere   una   ipotesi   di   incompatibilita'   da   ricondurre
 all'impugnato  art.  34, comma 2, cod. proc. pen., pena la violazione
 dei parametri costituzionali invocati.
   Considerato che, anteriormente all'ordinanza di rimessione, analoga
 questione di legittimita' costituzionale,  sollevata  in  riferimento
 agli  artt.  3,  24, 25 e 101 della Costituzione, e' stata dichiarata
 non fondata da questa Corte, con la sentenza n. 311 del 1997;
     che nella citata sentenza - peraltro richiamata dal rimettente  a
 sostegno della prospettata incostituzionalita' dell'art. 34, comma 2,
 cod.   proc.  pen.  -  si  e',  in  particolare,  osservato  che  nel
 provvedimento con il quale il giudice  per  le  indagini  preliminari
 respinge  la  richiesta del pubblico ministero di declaratoria di non
 luogo a procedere per irrilevanza del fatto non  puo'  ravvisarsi  la
 forza  pregiudicante necessaria perche' possa delinearsi una causa di
 incompatibilita'  a  svolgere  successive  attivita'  valutative   di
 merito;
     che  l'anzidetto  rilievo  discende  dal  difetto  del  carattere
 decisorio nella pronuncia in argomento, giacche' il  giudice  per  le
 indagini  preliminari  e' chiamato a pronunciarsi sulla richiesta del
 pubblico  ministero  "...   in   astratto   e   assumendo   l'ipotesi
 accusatoria,  per  l'appunto,  come  mera  ipotesi,  e  non dopo aver
 accertato in concreto che il fatto e' stato effettivamente commesso e
 che l'imputato ne porta la responsabilita'" (sentenza n. 311  citata,
 punto 4 del diritto);
     che  il  giudice  a quo non propone - neppure in riferimento agli
 ulteriori parametri (artt. 76 e 77  della  Costituzione),  del  resto
 solamente  enunciati  -  argomenti  nuovi  o comunque tali da indurre
 questa Corte a un diverso orientamento;
     che, pertanto, la questione deve essere dichiarata manifestamente
 infondata.
   Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11  marzo  1953,  n.
 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
 alla Corte costituzionale.