ha pronunciato la seguente
                               Ordinanza
 nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 99 del r.d.  16
 marzo  1942,  n.  267  (Disciplina  del  fallimento,  del  concordato
 preventivo,  dell'amministrazione  controllata  e  della liquidazione
 coatta amministrativa), promosso con ordinanza emessa  il  24  giugno
 1997  dal  Tribunale  di Vicenza nel procedimento civile vertente tra
 Cassa Rurale e Artigiana di Brendola - Credito Cooperativo S.c.a.r.l.
 e Fallimento Santaca'  Claudio,  iscritta  al  n.  616  del  registro
 ordinanze 1997 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
 n. 40, prima serie speciale, dell'anno 1997.
   Visto  l'atto  di  costituzione  della Cassa Rurale ed Artigiana di
 Brendola  -  Credito  Cooperativo  S.c.a.r.l.,  nonche'   l'atto   di
 intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri;
   Udito  nell'udienza pubblica del 30 giugno 1998 il giudice relatore
 Cesare Ruperto;
   Udito l'Avvocato dello Stato Ignazio F. Caramazza per il Presidente
 del Consiglio dei Ministri.
   Ritenuto che il Tribunale di Vicenza, con ordinanza  emessa  il  24
 giugno  1997,  ha  sollevato - in riferimento agli artt. 3 e 24 della
 Costituzione - questione di legittimita' costituzionale dell'art.  99
 del r.d. 16 marzo  1942,  n.  267  (Disciplina  del  fallimento,  del
 concordato   preventivo,  dell'amministrazione  controllata  e  della
 liquidazione  coatta  amministrativa), nella parte in cui consente al
 giudice delegato al fallimento di svolgere  le  funzioni  di  giudice
 istruttore della causa di opposizione allo stato passivo;
     che   il   giudice  rimettente  motiva  i  prospettati  dubbi  di
 illegittimita' costituzionale  richiamando  le  decisioni  di  questa
 Corte   riguardanti  le  incompatibilita'  nel  processo  penale,  in
 particolare le sentenze n. 432  del  1995  (sulla  partecipazione  al
 dibattimento  del  giudice  per  le  indagini  preliminari  che abbia
 applicato una misura cautelare personale), n.  439  del  1993  (sulla
 partecipazione al giudizio dibattimentale del giudice per le indagini
 preliminari  che  abbia  rigettato la richiesta di applicazione della
 pena concordata) e n.  453  del  1994  (circa  la  partecipazione  al
 giudizio  del  g.i.p.  che  abbia rigettato la domanda di oblazione),
 osservando  che  tali  orientamenti,  mutatis  mutandis,  "potrebbero
 trovare applicazione" anche al caso denunciato;
     che  e'  intervenuto  il  Presidente  del Consiglio dei Ministri,
 rappresentato e difeso dall'Avvocatura dello Stato,  concludendo  per
 l'infondatezza della questione;
     che,  in  proposito,  l'Avvocatura  ha osservato come la presenza
 nell'ordinamento processuale  civile  di  accertamenti  a  cognizione
 sommaria, conclusi da un provvedimento riesaminato a cognizione piena
 dallo  stesso  giudice che l'ha emanato o da un organo di cui egli fa
 parte, non sia messa in forse dalla giurisprudenza  di  questa  Corte
 estensiva  dell'area  delle  incompatibilita'  nel  processo  penale,
 attesa  la  diversita'  tra  i  due  settori  processuali;   e   che,
 d'altronde,  il  giudice  delegato,  dopo  aver  operato  nella  fase
 essenzialmente "cartolare"  di  verificazione  dello  stato  passivo,
 partecipa  ad  un  giudizio  a  cognizione  piena,  in  cui  potranno
 ammettersi nuovi e diversi mezzi istruttori  -  normalmente  preclusi
 nella  prima  fase -, all'esito dei quali appare del tutto plausibile
 che egli modifichi il convincimento precedentemente espresso;
     che nel giudizio davanti a questa Corte si e' altresi' costituita
 la parte privata opponente nel giudizio a  quo,  concludendo  per  la
 declaratoria d'illegittimita' costituzionale del denunciato art.  99.
   Considerato  che  questa  Corte  ha  gia' dichiarato non fondata la
 medesima questione,  escludendo  l'incompatibilita'  tra  l'attivita'
 istruttoria  relativa  alla causa di opposizione allo stato passivo e
 quella svolta in precedenza dal giudice delegato  per  la  formazione
 dello stato passivo;
     che in proposito essa ha osservato come l'attivita' relativa alla
 formazione  dello  stato passivo si caratterizzi per una verifica dei
 crediti effettuata con cognizione sommaria, laddove quella in sede di
 opposizione  e'  finalizzata  a  raccogliere  elementi   utili   alla
 decisione del collegio sulla base dei motivi dell'opposizione stessa,
 suscettibili  d'introdurre  nuovo  materiale  probatorio (sentenze n.
 158 del 1970 e n. 94 del 1975);
     che il rimettente non  ha  prospettato  argomenti  in  contrario,
 salvo  a  richiamare  le  succitate decisioni, rese con riguardo alla
 posizione del  giudice  per  le  indagini  preliminari  nel  processo
 penale;
     che  questa  Corte - dopo avere osservato come la trasferibilita'
 dei princi'pi enunciati in  tema  di  art.  34  cod.  proc.  pen.  al
 processo  civile  non  puo' non risentire della netta distinzione tra
 questo e il processo penale - proprio escludendo  che  la  cognizione
 sommaria (in a'mbito cautelare civile) possa pregiudicare in linea di
 principio  la  partecipazione  del  giudice  decidente  al successivo
 giudizio di merito a cognizione piena,  ha  di  recente  sottolineato
 come condizione necessaria per l'incompatibilita' endoprocessuale sia
 la preesistenza di valutazioni ricadenti sulla medesima res judicanda
 (v.  sentenza n. 326 del 1997), la quale nella specie non e' comunque
 ravvisabile appunto  per  via  della  particolare  sommarieta'  della
 cognizione  del  giudice  delegato  nella  fase  di verificazione dei
 crediti;
     che pertanto la proposta questione va  dichiarata  manifestamente
 infondata.
   Visti  gli  artt.  26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
 alla Corte costituzionale.