ha pronunciato la seguente
                               Ordinanza
 nei  giudizi  di  legittimita'  costituzionale dell'art. 1-sexies del
 d.-l. 27 giugno 1985, n. 312  (Disposizioni  urgenti  per  la  tutela
 delle zone di particolare interesse ambientale), introdotto dall'art.
 1  della  legge di conversione 8 agosto 1985, n. 431, e dell'art. 82,
 quinto comma, lett. h) del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616  (Attuazione
 della  delega  di cui all'art. 1 della legge 22 luglio 1975, n. 382),
 aggiunto dall'art. 1 del decreto-legge n. 312 del  1985,  convertito,
 con modificazioni, nella legge n. 431 del 1985 promossi con ordinanze
 emesse  il  16 luglio, l'11 giugno, il 16 luglio, il 28 maggio e il 4
 giugno 1997 dal pretore di Roma, sezione distaccata di Tivoli,  il  7
 marzo  e il 18 aprile 1997 dal pretore di Roma, sezione distaccata di
 Castelnuovo di Porto, e il 16 luglio, il 1 ottobre,  il  15  ottobre,
 l'8  ottobre, il 5 novembre e il 22 ottobre 1997 dal pretore di Roma,
 sezione distaccata di Tivoli, rispettivamente iscritte  ai  nn.  731,
 742,  751,  769,  771,  821,  822,  847, 864, 878, 912, 917 e 918 del
 registro ordinanze 1997 e pubblicate nella Gazzetta  Ufficiale  della
 Repubblica,  nn.  44,  45, 46, 48, 50, 52 e 53, prima serie speciale,
 dell'anno 1997 e n. 3, prima serie speciale, dell'anno 1998.
   Visti gli atti di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri.
   Udito  nella  camera  di  consiglio  del  1  luglio 1998 il giudice
 relatore Riccardo Chieppa.
   Ritenuto che, con dieci ordinanze di identico contenuto, emesse tra
 il 28 maggio e il 5 novembre 1997 (r.o. nn. 731, 742, 751, 769,  771,
 847,  864,  912,  917  e  918  del  1997),  nel  corso di altrettanti
 procedimenti penali nei quali era chiamato ad applicare, tra l'altro,
 l'art. 1-sexies del d.-l. 27 giugno 1985, n. 312, il pretore di Roma,
 sezione distaccata di Tivoli, ha sollevato questione di  legittimita'
 costituzionale della predetta norma;
     che,  ad  avviso del giudice a quo, essa si porrebbe anzitutto in
 contrasto con gli artt. 42 e 97 della  Costituzione  (per  quanto  il
 richiamo a tale secondo parametro, pur presente nella parte motiva di
 tutte  le  ordinanze,  non  figuri,  poi,  nel relativo dispositivo),
 rimandando alla nozione  di  aree  protette  quale  desumibile  dalla
 espressa  elencazione  normativa di cui all'art. 1 dello stesso d.-l.
 n. 312  del  1985,  che  individua  i  beni  oggetto  di  tutela  per
 categoria;
     che siffatta elencazione sarebbe illegittima, non consentendo che
 la  individuazione  dei  beni  con  naturale attitudine al vincolo, e
 conseguenti limitazioni al diritto di godimento  e  di  disposizione,
 avvenga  nelle  forme del giusto procedimento, sia al fine di rendere
 conoscibili le ragioni che connotano il particolare pregio del  bene,
 sia  per  consentire ai privati di introdurre le proprie osservazioni
 ed istanze;
     che, inoltre, la norma in questione recherebbe vulnus all'art.  9
 della Costituzione, introducendo un regime particolarmente afflittivo
 senza alcuna certezza che lo stesso sia  in  sintonia  con  interessi
 effettivamente  sussistenti,  proprio  per  non  essere la tutela del
 valore  ambientale  affidata a concreti atti della pubblica autorita'
 di individuazione del bene da tutelare;
     che,  parimenti,  essa,  per  il  suo  carattere  prevalentemente
 formale, risulterebbe irragionevolmente piu' afflittiva rispetto alla
 previsione   di   cui  all'art.  734  cod.  pen.,  che  considera  la
 deturpazione di fatto ed in concreto del bene ambientale;
     che, nella prospettazione del giudice rimettente, l'art. 1-sexies
 violerebbe, altresi', l'art. 25, secondo comma,  della  Costituzione,
 per  il  contrasto  con  il principio della legalita', avuto riguardo
 alla indeterminatezza  della  pena  da  applicare,  oltre  che  della
 condotta  incriminata,  individuata  con  generico  riferimento  alla
 violazione delle disposizioni dello stesso d.-l. n. 312 del  1985,  e
 che,  per le stesse ragioni deve intendersi denunciato, in assenza di
 motivazione  al  riguardo,  il  contrasto   con   l'art.   27   della
 Costituzione;
     che  in tutti i predetti giudizi e' intervenuto il Presidente del
 consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e  difeso   dall'Avvocatura
 generale  dello  Stato  che ha concluso per la manifesta infondatezza
 delle questioni, analoghe ad altre gia' risolte in  tal  senso  dalla
 Corte costituzionale;
     che  la  medesima  questione e' stata sollevata in riferimento ai
 medesimi parametri  dallo stesso pretore di Roma, sezione  distaccata
 di  Tivoli,  con  altra  ordinanza emessa il 15 ottobre 1997 (r.o. n.
 878  del  1997)  e  dal  pretore  di  Roma,  sezione  distaccata   di
 Castelnuovo  di  Porto, con due ordinanze emesse rispettivamente il 7
 marzo e il 18 aprile 1997 (r.o. nn.821 e 822 del 1997);
     che  con  le  predette  ordinanze  e'  stata  altresi'  sollevata
 questione  di legittimita' costituzionale dell'art. 82, quinto comma,
 lett.  h), del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616 (Attuazione della delega
 di cui all'art. 1 della legge  22  luglio  1975,  n.  382),  aggiunto
 dall'art.  1 del d.-l. n. 312 del 1985, convertito con modificazioni,
 dall'art.  1 della legge 8 agosto 1985, n. 431;
     che,  ad  avviso  dei  giudici  a  quibus, la predetta norma, nel
 sottoporre a vincolo paesaggistico  tutte  le  zone  gravate  da  usi
 civici e da aree assegnate alle universita' agrarie, violerebbe:
       l'art.  9  della  Costituzione,  che  comporta  che  il  valore
 estetico culturale sia ragionevolmente individuato e  preventivamente
 riconosciuto   e  sia  effettivamente  sussistente,  in  relazione  a
 caratteristiche ad esso proprie e non attraverso la utilizzazione  di
 caratteri e/o qualificazioni meramente giuridiche;
      l'art. 42 della Costituzione per l'illegittimo vincolo ablatorio
 apposto   a  beni  individuati  senza  alcun  riferimento  alla  loro
 struttura fisica ubicazionale e/o morfologica;
      l'art. 3 della Costituzione per la ingiustificata disparita'  di
 trattamento  tra i cittadini proprietari, possessori e utenti di aree
 gravate da usi civici che vedono gravemente limitate le  facolta'  di
 godimento  ed  utilizzo  loro  spettanti  senza  che  sia  mai  stata
 accertata la relativa valenza paesistica, e gli altri cittadini;
      l'art.  97  della  Costituzione  e  il  principio   del   giusto
 procedimento,  interferendosi nell'attivita' di gestione delle aree e
 nell'esercizio delle facolta' e  diritti  dei  proprietari  e  utenti
 senza alcuna norma di coordinamento e procedimentale;
     che  anche  in  tali  giudizi  e'  intervenuto  il Presidente del
 Consiglio dei Ministri, con il  patrocinio  dell'Avvocatura  generale
 dello  Stato,  che  ha  concluso  per la manifesta infondatezza delle
 questioni sollevate;
   Considerato che i giudizi introdotti con le ordinanze  in  epigrafe
 presentano  sostanziale  identita'  di  questioni  e possono pertanto
 essere riuniti e decisi congiuntamente;
     che  le  questioni  di  legittimita'   costituzionale   dell'art.
 1-sexies  del  d.-l.  n.  312  del  1985  sono  gia' state risolte in
 riferimento ai medesimi  parametri  gia'  invocati  nel  senso  della
 manifesta  infondatezza con la ordinanza n. 68 del 1998 (v. anche per
 taluni profili ordinanza n. 158 del 1998);
     che pertanto esse vanno dichiarate manifestamente infondate;
     che,  quanto  alle  questioni  di   legittimita'   costituzionale
 dell'art.  82, quinto comma, lettera h) del d.P.R. 24 luglio 1977, n.
 616  -  come  modificato  dall'art.  1  del  d.-l.  n.312  del  1985,
 convertito, con modificazioni, dall'art. 1 della  legge  n.  431  del
 1985 - e' sufficiente osservare ai fini della manifesta infondatezza,
 che  il  legislatore  ha  voluto  introdurre  - accanto al sistema di
 vincoli  di  cose  e  localita'  di   particolare   pregio   estetico
 isolatamente  considerate,  da  individuarsi,  in base a procedimento
 amministrativo    di    verifica    delle    condizioni     stabilite
 dall'ordinamento  per  l'imposizione  di  vincoli,  con provvedimento
 puntuale, concreto e motivato (legge n. 1497 del 1939) - una  diversa
 ed  immediata  tutela delle bellezze naturali, mediante l'indicazione
 legislativa di vaste porzioni del territorio;
     che l'individuazione  legislativa  e'  effettuata  secondo  varie
 tipologie,  cui  consegue una riconsiderazione assidua del territorio
 nazionale alla luce e in attuazione  del  valore  estetico  culturale
 (ordinanza   n.   68   del  1988),  accompagnata  dalla  esigenza  di
 salvaguardare una serie di zone che si sono conservate nel loro stato
 naturale o tradizionale. Tra queste zone assumono rilievo le aree  di
 proprieta'  delle  universita'  agrarie ovvero quelle assoggettate ad
 usi civici, che, proprio per l'esistenza  di  obblighi  correlati  al
 carattere  di  comunita'  con  rilevanza  anche  pubblicistica,  sono
 rimaste destinate ad usi agricoli  agro-silvo-pastorali  tradizionali
 o, per la maggior parte, conservate nelle destinazioni che consentono
 usi collettivi (pascolo, legnatico, ecc.);
     che,  in  altri  termini, la giustificazione dell'introduzione di
 vincoli paesaggistici generalizzati e con effetto diretto in  base  a
 tipologie risiede nella valutazione che l'integrita' ambientale e' un
 bene  unitario,  che  puo'  risultare compromesso anche da interventi
 minori e che deve, pertanto, essere salvaguardato nella sua interezza
 (v., da ultimo, sentenza n. 247 del 1997 e ordinanze n. 68 e  n.  158
 del  1998),  con  il  piu'  ampio  coinvolgimento  di aree allo stato
 naturale o che hanno subito minori alterazioni, ad  opera  dell'uomo,
 rispetto  alle  destinazioni  tradizionali,  in  modo  da  tutelarle,
 imponendo - salvo un periodo di salvaguardia per aree e per  beni  da
 individuarsi  con  atto  regionale  - non un divieto assoluto, ma una
 pianificazione e,  per  gli  interventi  innnovativi,  un  regime  di
 valutazione  e  autorizzazione  rimessa  alla  autorita'  preposta al
 vincolo;
     che le tipologie (indicate dal  legislatore)  rispondono  ad  una
 scelta,  tutt'altro  che  irrazionale,  diretta a salvaguardare vaste
 porzioni di territorio, non  secondo profili  tipicamente  paesistici
 ovvero  secondo ubicazioni o aspetti morfologici, ma anche secondo lo
 speciale   regime   giuridico:   regime  della  loro  appartenenza  a
 determinati soggetti pubblici (universita'  agrarie),  caratterizzati
 da   natura   associativa  e  da  gestione  di  domini  collettivi  e
 dall'amministrazione  di  terre  demaniali  di  uso  civico  e  nelle
 province   dell'ex   Stato  pontificio  anche  dalla  provenienza  da
 affrancazione da servitu' di uso civico (legge 4 agosto 1894, n. 397)
 con attivita' rivolta alla cura di interessi generali senza connotati
 imprenditoriali ed in stretto collegamento, nella maggior  parte  dei
 casi,  con  le  strutture municipali, e con la frequente coesistenza,
 quantomeno nell'origine in talune regioni, con vincoli di uso civico;
 ovvero regime della  particolarita'  della  disciplina  pubblicistica
 (aree  gravate  da  usi  civici);  caratterizzata  da  appartenenza a
 comunita' di utenti (demani collettivi, comunali o universali)  o  da
 usi  che  si  esercitano  su  terre  aliene  da parte di comunita' di
 utenti);
     che le zone vincolate in ragione dell'appartenenza a  universita'
 agrarie  o  dell'assoggettamento  a usi civici comprendono vaste aree
 con  destinazione  a  pascolo  naturale  o  a   bosco,   o   agricole
 tradizionali,   e  risalenti  nel  tempo  nelle  diverse  regioni  in
 relazione agli obblighi gravanti e alla particolare sensibilita' alla
 conservazione da parte delle collettivita' o  comunita'  interessate,
 in  modo  da  consentire  il  mantenimento  di  una serie di porzioni
 omogenee  del   territorio,   accomunate   da   speciale   regime   o
 partecipazione  collettiva  o  comunitaria,  e  caratterizzate da una
 tendenza alla conservazione dell'ambiente  naturale  o  tradizionale,
 come patrimonio dell'uomo e della societa' in cui vive;
     che,    pertanto    anche   tali   questioni   vanno   dichiarate
 manifestamente infondate;
   Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11  marzo  1953,  n.
 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
 alla Corte costituzionale.