ha pronunciato la seguente
                                Sentenza
 nel  giudizio  promosso con ricorso della Regione Sardegna notificato
 il 14 febbraio 1998, depositato in Cancelleria il 5 marzo successivo,
 per conflitto di attribuzione sorto a seguito dell'art. 28, commi  2,
 3  e 5 del d.P.R. 9 ottobre 1997, n. 431, (nonche' dell'art. 33 dello
 stesso decreto) recante "Regolamento sulla disciplina  delle  patenti
 nautiche", ed iscritto al n. 8 del registro conflitti 1998.
   Udito  nell'udienza  pubblica del 2 giugno 1998 il giudice relatore
 Piero Alberto Capotosti;
   Udito l'avv. Salvatore Alberto Romano per la Regione Sardegna.
                           Ritenuto in fatto
   1. - La Regione Sardegna, con ricorso  notificato  il  14  febbraio
 1998  e  depositato  il  5  marzo  1998,  ha  proposto  conflitto  di
 attribuzione  nei  confronti  della  Presidenza  del  Consiglio   dei
 ministri  in  relazione  al  d.P.R.  9  ottobre 1997, n. 431, recante
 "Regolamento sulla disciplina  delle  patenti  nautiche"  (pubblicato
 nella  Gazzetta  Ufficiale  del 17 dicembre 1997), affinche' la Corte
 costituzionale dichiari che non spetta  allo  Stato  trasferire  alla
 Regione - con regolamento - le funzioni previste in tale atto e ne ha
 chiesto  l'annullamento limitatamente alle disposizioni dell'art. 28,
 commi 2, 3 e 5, e - "per quanto possa occorrere" - dell'art. 33.
   La Regione premette che il d.P.R. 9 ottobre 1997, n. 431  introduce
 una  specifica  "Disciplina  delle  scuole nautiche", inesistente nel
 previgente assetto della materia, nel  quale  l'insegnamento  nautico
 era  impartito da "istruttori" autorizzati dalle Autorita' marittime.
 In particolare, il  regolamento  impugnato,  previsto  dall'art.  15,
 comma  1,  del  d.lgs. 14 agosto 1996, n. 436, dispone che "Le scuole
 nautiche sono soggette ad autorizzazione e  vigilanza  amministrativa
 da  parte  della  regione  del luogo in cui hanno la sede principale"
 (art. 28, comma 2) e che "la competente regione provvede al  rilascio
 dell'autorizzazione   (...)  previo  accertamento  dell'esistenza  di
 idonei locali, delle attrezzature  marinaresche,  degli  strumenti  e
 mezzi   nautici   e   del   materiale  didattico  necessario  per  le
 esercitazioni teoriche e pratiche" (art. 28, comma 3).
   2. - La Regione sostiene che l'atto vulnera  la  propria  sfera  di
 attribuzioni  costituzionalmente garantita, stabilita dagli artt.  da
 3 a 6 dello statuto speciale di autonomia,  anzitutto  perche'  dette
 attribuzioni  sono  modificabili soltanto con norme costituzionali e,
 quindi, deve ritenersi illegittimo il loro ampliamento quale disposto
 dall'art. 28 del d.P.R.  n.  431  del  1997  e  che  essa  ricorrente
 espressamente  ''rifiuta (...), sollevando il conflitto "negativo"''.
 Inoltre perche',  a  suo  avviso,  l'adeguamento  dell'organizzazione
 degli  uffici  reso  necessario  dall'espletamento  dei nuovi compiti
 interferisce  direttamente   con   le   competenze   legislative   ed
 amministrative  di  tipo esclusivo attribuitele dagli artt. 3 lettera
 a) e 6 dello statuto nella materia e quindi, di riflesso, lede  anche
 la  propria autonomia finanziaria e di bilancio garantita dagli artt.
 7 e 8 dello statuto e 116 e 119 della Costituzione.
   Secondo la ricorrente, un ulteriore vizio dell'atto in  parte  qua,
 deriva  dalla circostanza che esso e' privo di base legale, in quanto
 non e' espressamente previsto dall'art. 15 del d.lgs. 14 agosto 1996,
 n. 436, e nemmeno dalla legge di delegazione 6 febbraio 1996, n.   52
 e  dalla  direttiva  94/25/CEE  che, con quest'ultima legge, e' stata
 recepita nell'ordinamento statale.
   In ogni caso, prosegue la Regione, l'art. 15 del d.lgs. n. 436  del
 1996 deve comunque ritenersi costituzionalmente illegittimo, in primo
 luogo  perche'  -  "in base ai principi costituzionali" - soltanto la
 "legge formale" puo' "delegificare" una determinata materia; inoltre,
 perche' la legge di delegazione  non  ha  attribuito  al  Governo  il
 potere  di procedere alla delegificazione; infine, perche' il decreto
 legislativo neppure ha direttamente realizzato un tale effetto, ma ha
 addirittura previsto che l'abrogazione delle disposizioni legislative
 incompatibili sia realizzata con un regolamento.
   3. - La ricorrente, in linea gradata, sostiene che l'illegittimita'
 dell'atto non puo' essere esclusa  neppure  qualora  si  ritenga  che
 l'art.   28   del   regolamento  in  esame  abbia  soltanto  delegato
 l'espletamento dei compiti di autorizzazione e vigilanza sulle scuole
 nautiche, che restano pero' di competenza statale. Ed infatti, a  suo
 avviso,  in  virtu' delle disposizioni degli artt. 6 dello statuto di
 autonomia speciale e 118, secondo comma, della Costituzione, siffatta
 delega puo' essere attuata soltanto mediante atti legislativi emanati
 all'esito  dell'espletamento  della procedura "paritetica" ex art. 56
 dello statuto in questione.
   4. - Nel corso del giudizio e' entrato in vigore il d.lgs. 31 marzo
 1998, n. 112, che ha attribuito alle province  le  funzioni  relative
 alla  "autorizzazione e vigilanza tecnica sull'attivita' svolta (...)
 dalle  scuole  nautiche"  (art.  105,  comma  3,  lettera  a)).   Con
 riferimento  a  tale  atto,  in prossimita' dell'udienza pubblica, la
 Regione Sardegna ha depositato una memoria  illustrativa  della  tesi
 secondo  la  quale e' ancora attuale l'interesse alla affermazione di
 non  spettanza  allo  Stato  del   potere   esercitato   con   l'atto
 regolamentare impugnato.
   5.  -  All'udienza pubblica il difensore della Regione ha insistito
 per l'accoglimento del ricorso.
                         Considerato in diritto
   1. - Il conflitto di  attribuzione  proposto,  con  il  ricorso  in
 epigrafe,  dalla  Regione Sardegna nei confronti dello Stato riguarda
 gli artt.  28, commi 2, 3 e 5, e 33 del d.P.R.  9  ottobre  1997,  n.
 431,  recante  "Regolamento sulla disciplina delle patenti nautiche".
 In  particolare,  sarebbe  lesivo  degli  artt.  3-6  dello   statuto
 speciale,  nonche'  degli  artt.  116  e  119  della Costituzione, il
 conferimento alla Regione medesima delle funzioni di  "autorizzazione
 e  vigilanza  amministrativa"  delle  scuole  nautiche e dei relativi
 compiti  amministrativi,  in  quanto  determinerebbe   ''un   abusivo
 ampliamento delle attribuzioni (...)  spettanti alla Regione autonoma
 Sardegna  che (...) rifiuta tali attribuzioni sollevando il conflitto
 "negativo"'' in oggetto.
   2. - Successivamente alla  proposizione  del  predetto  ricorso  e'
 entrato  in  vigore  il d.lgs. 31 marzo 1998, n. 112 (Conferimento di
 funzioni e compiti amministrativi dallo Stato alle  regioni  ed  agli
 enti  locali,  in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n.
 59), il cui art. 105, comma 3, stabilisce che "sono  attribuite  alle
 province, ai sensi del comma 2 dell'art. 4 della legge 15 marzo 1997,
 n.  59  le  funzioni  relative:  a)  alla  autorizzazione e vigilanza
 tecnica sull'attivita' svolta (...)  dalle  scuole  nautiche"  e,  al
 comma  6,  aggiunge  che  "per lo svolgimento di compiti conferiti in
 materia di diporto nautico (...) gli enti locali si  avvalgono  degli
 uffici delle capitanerie di porto".
   La   sopravvenienza   di   queste  disposizioni,  che  innovano  la
 disciplina  in  questione  in  senso  conforme  alla  pretesa   della
 ricorrente,  profila dunque un quadro di cessazione della materia del
 contendere in ordine alle norme impugnate.
   La Regione Sardegna sostiene tuttavia, nella memoria depositata  in
 prossimita'    dell'udienza,    che   le   disposizioni   legislative
 sopravvenute  non   l'avrebbero   sollevata,   quanto   meno,   dagli
 adempimenti   organizzativo-burocratici   relativi   alla   vigilanza
 "amministrativa" sulle scuole nautiche, che le resterebbe  attribuita
 in  base  al  contestato  art. 28 del d.P.R.  n. 431 del 1997. Non si
 sarebbe  quindi  verificato  il  presupposto  per  dar   luogo   alla
 cessazione della materia del contendere.
   La  tesi  svolta dalla ricorrente non puo' pero' essere accolta, in
 quanto trascura, nell'interpretazione del predetto art. 105, comma 3,
 lettera a), di considerare una serie di principi, che si ricavano  da
 norme  sia dello stesso decreto legislativo delegato n. 112 del 1998,
 sia della relativa legge di delegazione n. 59 del 1997, alla cui luce
 va  appunto interpretato il complessivo conferimento di funzioni e di
 compiti alle regioni e agli enti locali.
   In proposito, innanzi tutto, va preso in considerazione l'art.   1,
 comma 2, del d.lgs. n. 112, secondo cui il trasferimento comprende le
 funzioni  di  organizzazione  e  le  attivita' connesse e strumentali
 all'esercizio delle funzioni e dei compiti conferiti, quali, tra  gli
 altri, quelli di vigilanza. Va poi considerato l'art. 3, comma 7, del
 d.lgs.  n.  112,  che stabilisce che il conferimento delle funzioni e
 dei  compiti,  salvo  espressa  riserva  allo  Stato,  ha   carattere
 onnicomprensivo.   Infine appare rilevante l'art. 4, comma 3, lettere
 e) ed f) della legge n. 59 del 1997, che prescrive  che  la  generale
 attribuzione  di  funzioni  e compiti anche alle province avvenga nel
 rispetto dei principi, tra gli altri, di responsabilita' ed  unicita'
 dell'amministrazione,   nonche'   di  omogeneita'.  Il  principio  di
 responsabilita'    ed    unicita'     dell'amministrazione     impone
 l'attribuzione  ad  un  unico  soggetto  delle funzioni e dei compiti
 connessi, strumentali e complementari, e cioe' l'identificabilita' in
 capo ad un unico soggetto della responsabilita' di ciascun servizio o
 attivita' amministrativa; mentre il principio di  omogeneita'  impone
 di  tener  conto delle funzioni gia' esercitate con l'attribuzione di
 funzioni e compiti omogenei allo stesso livello di governo.
   Il complessivo canone interpretativo  che  si  ricava  dalle  norme
 citate  induce  dunque  a  ritenere che il conferimento alle province
 delle funzioni e dei compiti operato dal citato art. 105 sia tale  da
 escludere  che  in  capo  alla  regione ricorrente residuino comunque
 attribuzioni contestate con  il  ricorso  per  conflitto  "negativo",
 nonche'  i  relativi  adempimenti  organizzativo-burocratici. Si deve
 pertanto far luogo alla dichiarazione di cessazione della materia del
 contendere, essendo sopravvenute, in pendenza di conflitto fra  enti,
 disposizioni   legislative   satisfattive  della  pretesa  vantata  o
 comunque pienamente innovative della disciplina controversa.