ha pronunciato la seguente
                                Sentenza
 nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'articolo 2, comma 2,
 della  legge  4  novembre  1996,  n.  566 (Disposizioni in materia di
 rilascio di immobili  urbani  ad  uso  abitativo  e  disposizioni  di
 sanatoria),  promosso  con  ordinanza  emessa  il 15 ottobre 1997 dal
 pretore di Bologna nel procedimento civile vertente tra Teresa Toschi
 e Sergio Corvino ed altra, iscritta al n. 860 del registro  ordinanze
 1997  e  pubblicata  nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 52,
 prima serie speciale, dell'anno 1997.
   Visto l'atto di costituzione di Teresa Toschi,  nonche'  l'atto  di
 intervento del Presidente del Consiglio dei  Ministri;
   Udito  nell'udienza pubblica del 16 giugno 1998 il giudice relatore
 Cesare Mirabelli;
   Udito l'avvocato dello Stato Sergio Laporta per il  Presidente  del
 Consiglio dei Ministri.
                           Ritenuto in fatto
   1.  -  Nel  corso  di  un procedimento per convalida di licenza per
 finita locazione, il pretore di Bologna, con ordinanza emessa  il  15
 ottobre  1997,  ha  sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 24 della
 Costituzione, questione di legittimita' costituzionale dell'art.   2,
 comma 2, della legge 4 novembre 1996, n. 566 (Disposizioni in materia
 di  rilascio  di  immobili  urbani ad uso abitativo e disposizioni di
 sanatoria), che fa salvi gli effetti e le previsioni dei contratti di
 locazione di immobili stipulati,  prima  della  data  di  entrata  in
 vigore  della  stessa  legge, in deroga alla legge 27 luglio 1978, n.
 392 (Disciplina delle locazioni di immobili urbani), con l'assistenza
 delle organizzazioni  della  proprieta'  edilizia  e  dei  conduttori
 maggiormente rappresentative a livello nazionale.
   Nel  caso  sottoposto  al  giudizio  del  pretore  di  Bologna,  la
 proprietaria di un immobile ad uso  abitativo  aveva  stipulato,  nel
 1993, un contratto di locazione con l'assistenza delle organizzazioni
 di  categoria,  prevista  dall'art.  11, comma 2, del d.-l. 11 luglio
 1992, n. 333 (convertito, con modificazioni,  nella  legge  8  agosto
 1992,  n.  359).    La  locazione era stata convenuta, in deroga alle
 norme della legge n. 392  del  1978,  per  la  durata  di  due  anni,
 rinnovabili  per  altri  due anni, con rinuncia alla facolta' di dare
 disdetta alla prima scadenza.  Al  termine  del  secondo  biennio  la
 locatrice  aveva  intimato  licenza  per  finita locazione e ne aveva
 chiesto al pretore la convalida.   Il conduttore  aveva  eccepito  la
 nullita'  della  clausola contrattuale che stabiliva una durata della
 locazione inferiore a quella minima prevista dall'art. 1 della  legge
 n.  392  del  1978. La locatrice, a sua volta, aveva sostenuto che la
 eccepita nullita' della clausola relativa alla durata della locazione
 sarebbe stata sanata dall'art.  2, comma 2, della legge  n.  566  del
 1996.
   Il  giudice  rimettente  ritiene che le parti non possano stipulare
 accordi  che  prevedano  una  durata  delle  locazioni  di   immobili
 destinati  ad  uso  abitativo  inferiore  a  quella, di quattro anni,
 stabilita  dall'art.    1  della  legge  n.  392  del  1978,  la  cui
 inosservanza  determinerebbe la nullita', secondo le regole generali,
 non dell'intero contratto, bensi' della  sola  clausola  illegittima,
 sostituita  di  diritto  dalla  norma  imperativa (art. 1419, secondo
 comma,  cod. civ.).
   La disposizione denunciata  avrebbe,  invece,  sanato  la  nullita'
 della  clausola  relativa  alla  durata  del  contratto,  purche'  la
 locazione fosse stata stipulata con l'assistenza delle organizzazioni
 di categoria, la cui obbligatoria partecipazione al  procedimento  di
 formazione  del contratto con accordi in deroga alla disciplina della
 legge n.   392 del 1978 era stata  dichiarata  in  contrasto  con  la
 Costituzione (sentenza n. 309 del 1996).
   Ad   avviso   del   giudice  rimettente,  risulterebbe  dai  lavori
 parlamentari che la disposizione denunciata era diretta ad evitare un
 vasto contenzioso che si riteneva potesse sorgere,  a  seguito  della
 dichiarazione  di  incostituzionalita',  in ordine alla validita' dei
 patti in deroga e sulle possibili domande di ripetizione delle  somme
 versate  alle  associazioni  di categoria. Ma essa avrebbe finito con
 l'introdurre una sanatoria generalizzata, per qualsiasi  clausola  di
 deroga alla legge n. 392 del 1978, sul solo presupposto che l'accordo
 fosse   stato  concluso  con  l'assistenza  delle  organizzazioni  di
 categoria, riproponendo cosi' la distinzione, ritenuta irragionevole,
 e gia' dichiarata in contrasto con l'art. 3 della  Costituzione,  tra
 patti in deroga assistiti e non assistiti.
   Inoltre  la  sanatoria  generalizzata  delle nullita' nei contratti
 stipulati  tra  privati  violerebbe  l'art.  24  della  Costituzione,
 impedendo ai conduttori di agire in giudizio per chiedere il rispetto
 dei limiti ai patti in deroga posti dall'art. 11 del d.-l. n. 333 del
 1992 e dalla legge n. 392 del 1978.
   2.  -  Si  e' costituita in giudizio la locatrice, chiedendo che la
 questione di legittimita' costituzionale sia dichiarata non fondata.
   Anche la parte privata ritiene che la disposizione denunciata tenda
 ad evitare che, a seguito della dichiarazione di  incostituzionalita'
 dell'obbligo  di  assistenza delle organizzazioni di categoria per la
 stipulazione dei patti in deroga  (sentenza  n.  309  del  1996),  si
 aprisse  un enorme contenzioso, considerando nulli i patti in deroga,
 stipulati con  l'assistenza  delle  organizzazioni  di  categoria,  e
 ripetibile quanto pagato per tale assistenza.
   La   sanatoria   avrebbe,   tuttavia,   un  contenuto  piu'  ampio,
 estendendosi  ad  aspetti  del  rapporto  contrattuale  diversi   dal
 corrispettivo,    con   la   sola   esclusione   delle   disposizioni
 espressamente indicate dall'art.  11 del d.-l. n. 333 del  1992  come
 inderogabili,  tra  le quali non e' compresa la disposizione relativa
 alla durata delle locazioni.
   Ad avviso della parte privata, non sussisterebbe alcuna  disparita'
 di  trattamento  tra  coloro  che hanno stipulato contratti in deroga
 alla legge n. 392 del  1978,  a  seconda  che  le  organizzazioni  di
 categoria  abbiano  prestato  o  meno  assistenza  al  contratto.  La
 violazione del principio di eguaglianza, difatti, e' denunciata su un
 duplice presupposto:  a) che l'art. 11 del d.-l. n. 333 del 1992  non
 consenta  deroghe a norme imperative della disciplina delle locazioni
 di immobili urbani diverse da quelle sul canone  (legge  n.  392  del
 1978);  b)  che  la norma denunciata faccia salvi gli effetti di tali
 clausole nulle. La sanatoria avrebbe, invece, un  contenuto  diverso:
 essa  salvaguarderebbe  da  un eventuale contenzioso, a seguito della
 sentenza n. 309 del 1996  della  Corte  costituzionale,  i  contratti
 assistiti,  rimanendo  immutata  l'ampiezza  delle  deroghe  che essi
 potevano  apportare a tutte le norme della legge n. 392 del 1978, non
 espressamente escluse dalla possibilita' di accordi in deroga, quindi
 anche a quelle relative alla durata del contratto.
   Neppure il diritto di difesa costituzionalmente  garantito  sarebbe
 violato, perche' con la contrattazione assistita le parti contraenti,
 con  eguali garanzie, avrebbero consapevolmente rinunciato alle norme
 vincolistiche della legge n. 392 del  1978,  con  i  soli  limiti  di
 inderogabilita' posti dal d.-l. n. 333 del 1992.
   3.  -  E'  intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio dei
 Ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
 Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile.
   L'Avvocatura  concorda con il giudice rimettente nel ritenere che i
 patti in deroga, consentiti dall'art. 11, comma 2, del d.-l. n.   333
 del 1992, possano riguardare esclusivamente la misura del canone.  Di
 conseguenza  la  norma  di  sanatoria  denunciata,  che  riguarda gli
 effetti dei contratti stipulati in deroga alla legge n. 392 del 1978,
 con l'assistenza delle organizzazioni di categoria dei proprietari  e
 dei   conduttori,   avrebbe   inteso   conservare  efficacia  a  tali
 convenzioni  negli  stessi  limiti  nei  quali  era  gia'  consentito
 derogare  alla  disciplina delle locazioni di immobili urbani, vale a
 dire solo per la misura del canone.
   Questa interpretazione condurrebbe all'irrilevanza  del  dubbio  di
 legittimita'  costituzionale, giacche' la sanatoria non riguarderebbe
 la deroga alla durata minima, legalmente stabilita, per il  contratto
 che e' oggetto del giudizio principale.
   Il pretore di Bologna muove, invece, da una diversa interpretazione
 della   norma   di   sanatoria,   che   avrebbe  portata  generale  e
 riguarderebbe qualsiasi deroga alle norme dettate dalla legge n.  392
 del  1978,  contenuta  in un "patto assistito", compresa quella sulla
 durata  minima,  quadriennale,  del   contratto.   L'Avvocatura   non
 condivide  questa diversa interpretazione. La sanatoria era opportuna
 per un'esigenza di chiarezza sulla sorte dei "patti assistiti" e  per
 prevenire  un  contenzioso di rilevante impatto sociale sui contratti
 di locazione che li  contengono,  con  effetti  sulla  disponibilita'
 dell'abitazione,  che  costituisce un bene essenziale. Si trattava di
 escludere il dubbio che, riconosciuta come essenziale  la  condizione
 formale  di validita' dei patti in deroga, si potessero intendere gli
 effetti della sentenza della Corte costituzionale n. 309 del 1996 nel
 senso che fosse inapplicabile l'intero comma 2 dell'art. 11 del d.-l.
 n. 333 del 1992, con  ritorno  percio'  all'inderogabilita'  assoluta
 della disciplina prevista dalla legge n. 392 del 1978.
   In  definitiva  la  disposizione  denunciata  si limiterebbe a fare
 salvi gli effetti e le previsioni contrattuali dei  patti  in  deroga
 stipulati  con  l'assistenza  delle  organizzazioni di categoria, che
 potevano derogare soltanto alla misura del canone determinato in base
 ai criteri stabiliti dalla  legge  e  non,  invece,  ad  altre  norme
 imperative della disciplina delle locazioni.
                         Considerato in diritto
   1. - La questione di legittimita' costituzionale investe l'art.  2,
 comma 2, della legge 4 novembre 1996, n. 566 (Disposizioni in materia
 di  rilascio  di  immobili  urbani ad uso abitativo e disposizioni di
 sanatoria), che fa salvi gli effetti e le previsioni dei contratti di
 locazione stipulati, prima dell'entrata in vigore della stessa legge,
 in deroga alla legge 27  luglio  1978,  n.  392  (che  disciplina  le
 locazioni  di immobili urbani), con l'assistenza delle organizzazioni
 della   proprieta'   edilizia   e   dei    conduttori    maggiormente
 rappresentative a livello nazionale.
   Il  pretore di Bologna ritiene che questa disposizione comporti una
 sanatoria generalizzata, purche' il contratto sia stato stipulato con
 l'assistenza delle organizzazioni di categoria dei proprietari e  dei
 conduttori,  di  qualsiasi  clausola  convenuta  in  deroga  a  norme
 imperative poste dalla legge n. 392 del  1978,  compresa  quella  che
 fissa  in quattro anni la durata della locazione (art. 1), e non solo
 alle norme relative alla determinazione del canone. Si  riproporrebbe
 in  tal  modo,  in  contrasto con il principio di eguaglianza (art. 3
 della Costituzione), la distinzione tra chi  ha  stipulato  patti  in
 deroga  con  o  senza l'assistenza delle organizzazioni di categoria;
 distinzione non consentita e fonte quindi di irragionevole disparita'
 di trattamento, dopo che, con la sentenza n. 309 del 1996,  e'  stata
 dichiarata l'illegittimita' costituzionale dell'art. 11, comma 2, del
 d.-l.  11  luglio  1992, n. 333, proprio nella parte in cui prevedeva
 come obbligatoria l'assistenza delle organizzazioni della  proprieta'
 edilizia  e  dei  conduttori per la stipula di accordi in deroga alla
 legge n. 392 del 1978.
   La  disposizione  denunciata  violerebbe  anche  l'art.  24   della
 Costituzione,  perche',  per  effetto  della  sanatoria, le parti che
 hanno stipulato un contratto di locazione  non  potrebbero  agire  in
 giudizio  per  chiedere  che  siano  rispettati  i limiti ai patti in
 deroga in precedenza posti dall'art. 11 del d.-l. n. 333 del  1992  e
 dalla legge n. 392 del 1978.
   2. - La questione non e' fondata.
   Il  dubbio  di  legittimita'  costituzionale  muove  dalla premessa
 interpretativa che la  salvezza,  disposta  dalla  norma  denunciata,
 degli effetti e delle previsioni dei contratti di locazione stipulati
 in  deroga  alla  legge  n.  392  del  1978,  con  l'assistenza delle
 organizzazioni di categoria, introduca una norma di sanatoria e valga
 per qualsiasi clausola contrattuale difforme  dalla  prescrizione  di
 norme imperative della disciplina delle locazioni di immobili urbani.
   La  stessa  disposizione  e' stata anche interpretata nel senso che
 essa in nulla innovi l'ambito nel quale le parti potevano  stipulare,
 in  forza  dell'art.  11 del d.-l. n. 333 del 1992, accordi in deroga
 alle norme della  legge  che  disciplina  le  locazioni  di  immobili
 urbani,  ma  confermi la validita' dei contratti stipulati secondo la
 procedura gia' prevista dalla norma poi dichiarata costituzionalmente
 illegittima.  L'intervento legislativo, della cui necessita'  si  era
 dubitato  anche  nel  corso  delle  discussioni parlamentari, avrebbe
 inteso  cosi'   superare   alcune   perplessita'   affacciate   sulle
 conseguenze che tale dichiarata illegittimita' costituzionale avrebbe
 potuto  determinare  sui contratti in corso, confermando la validita'
 dei patti in deroga  assistiti,  mentre  non  avrebbe  effetti  tanto
 estesi   da  comprendere,  con  una  sanatoria  generalizzata,  anche
 clausole  contrattuali  nulle,  perche'  in   contrasto   con   norme
 imperative.
   Questa  interpretazione  della  disposizione  denunciata  e' stata,
 successivamente alla proposizione della  questione,  affermata  dalla
 Corte  di  cassazione  e  non  si presta a quei dubbi di legittimita'
 costituzionale che sono stati  prospettati  dal  giudice  rimettente;
 essa  deve  essere,  dunque,  preferita. Difatti, in presenza di piu'
 interpretazioni  possibili,  e' compito del giudice, nell'individuare
 il   contenuto   della    disposizione    da    applicare,    seguire
 l'interpretazione,   compatibile  con  il  testo  e  con  il  sistema
 normativo, piu'  aderente  ai  principi  costituzionali,  escludendo,
 invece,  l'interpretazione  che,  altrimenti,  ne  determinerebbe  la
 violazione (sentenze n. 149 del 1994 e n. 361 del 1995).