ha pronunciato la seguente
                               Ordinanza
 nel  giudizio  di legittimita' costituzionale dell'art. 599, comma 2,
 del codice di procedura penale, promosso con ordinanza emessa  il  15
 maggio  1997  dalla  Corte  d'appello di Roma, iscritta al n. 617 del
 registro ordinanze 1997 e pubblicata nella Gazzetta  Ufficiale  della
 Repubblica n. 40, prima serie speciale, dell'anno 1997.
   Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri;
   Udito nella camera di consiglio del 30 settembre  1998  il  giudice
 relatore Giuliano Vassalli.
   Ritenuto che la Corte di appello di Roma, chiamata a decidere sulla
 richiesta   di   rinvio  del  procedimento  in  camera  di  consiglio
 instaurato a se'guito di gravame avverso una sentenza pronunciata  in
 esito   a  giudizio  abbreviato  -  rinvio  richiesto  dal  difensore
 dell'imputato che aveva dichiarato di  aderire  all'astensione  degli
 avvocati dalle udienze - premesso che l'adesione all'astensione dalle
 udienze  costituisce un legittimo impedimento del difensore rilevante
 a norma dell'art.  486, comma 5, del codice di procedura  penale,  ma
 che,  celebrandosi  il  procedimento in camera di consiglio, ai sensi
 degli art. 443, comma 4, e 599 del codice di procedura penale, l'art.
 486, comma  5,  non  puo'  trovare  applicazione,  ha  sollevato,  in
 riferimento  agli artt. 24, secondo comma, e 3 della Costituzione, ed
 all'art. 2, numero 93, della legge-delega 16 febbraio  1987,  n.  81,
 questione  di  legittimita'  dell'art.  599,  comma  2, del codice di
 procedura  penale,  "nella  parte  in  cui  non  prevede  il   rinvio
 dell'udienza   camerale   ovvero   la   nomina  di  un  difensore  in
 sostituzione di quello non comparso nel caso di legittimo impedimento
 del difensore dell'imputato";
     che ad essere chiamato in causa e', per primo, l'art. 24, secondo
 comma, della Costituzione, in quanto le norme  che  regolamentano  la
 partecipazione  del difensore nel giudizio camerale, svuoterebbero il
 diritto di difesa in caso di legittimo impedimento del difensore che,
 non  provocando   il   rinvio   del   processo,   rende   impossibile
 l'applicazione di quella normativa che consente comunque al difensore
 di comparire nel procedimento in camera di consiglio (art. 127, comma
 3,   del   codice   di   procedura   penale),  tanto  da  determinare
 l'impossibilita' di effettivo espletamento della difesa tecnica;  una
 situazione  resa  ancor piu' grave ove l'imputato sia assistito da un
 difensore di fiducia, non essendo prevista la nomina di un  difensore
 in  sua sostituzione, come e' invece contemplato dall'art. 420, comma
 3,  del  codice  di  procedura  penale  per  il  caso  di   legittimo
 impedimento del difensore all'udienza preliminare;
     che l'art. 3 della Costituzione sarebbe vulnerato, per il diverso
 trattamento,   in   caso   di  legittimo  impedimento  del  difensore
 nell'udienza preliminare entro la quale  si  colloca,  di  norma,  il
 giudizio  abbreviato, operando, oltre tutto, l'art. 441 del codice di
 procedura  penale  un  espresso  rinvio  proprio  alle   disposizioni
 previste  per  tale  udienza; una diversita' irragionevole in quanto,
 mentre l'udienza preliminare e' destinata a concludersi in ogni  caso
 (salvo  che  si  pervenga  all'accesso  ai  riti alternativi) con una
 decisione di tipo processuale, il giudizio camerale di appello incide
 sul merito  dell'accusa  pervenendo  comunque  alla  definizione  del
 processo;
     che,  infine,  la  norma  denunciata contrasterebbe con l'art. 2,
 numero 93,  della  legge-delega  (e,  dunque,  con  l'art.  76  della
 Costituzione,  entrambi  non  richiamati  nel  dispositivo e la norma
 costituzionale neppure nella motivazione), il quale  prevede  che  il
 procedimento  in  camera  di  consiglio si svolga nel contraddittorio
 delle  parti,  un  contraddittorio  non  reso effettivo privandosi il
 difensore di  ogni  possibilita'  di  far  valere  il  suo  legittimo
 impedimento a comparire all'udienza camerale;
     che  nel  giudizio e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei
 Ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
 Stato, chiedendo che la questione venga dichiarata non fondata.
   Considerato  che,  pure  se  l'ordinanza  di rimessione sembrerebbe
 chiamare in causa il  regime  che  non  prevede  come  necessaria  la
 presenza del difensore nelle udienze camerali, in effetti le censure,
 anche   per   i   parametri   costituzionali   invocati,   concernono
 esclusivamente il rito camerale  in  grado  di  appello  e,  piu'  in
 particolare,  il  giudizio di appello a seguito di processo celebrato
 in primo grado con rito abbreviato, che, a norma dell'art. 443, comma
 4,  "si  svolge  con  le  forme  previste  dall'art.  599";  con   la
 conseguenza  che,  per  quanto  attiene  alla presenza del difensore,
 trova applicazione l'art.  127,  comma  3,  a  norma  del  quale  "Il
 pubblico  ministero,  gli  altri  destinatari  dell'avviso  nonche' i
 difensori sono sentiti se compaiono";
     che,  peraltro,  il  giudice  a  quo  mostra  di  perseguire  due
 soluzioni  poste  in  modo,  per  cosi'  dire, parallelo, nel caso di
 mancata partecipazione al giudizio camerale di appello del  difensore
 che   sia   legittimamente   impedito,  vale  a  dire,  da  un  lato,
 l'applicazione della  regola  che  prevede  il  rinvio  dell'udienza,
 cioe',  dell'art.  486,  comma  5,  dall'altro  lato, la nomina di un
 difensore sostituto a norma dell'art. 97, comma 4;
     che,  mentre  l'una  prospettazione  si   fonda   sulla   addotta
 violazione  del  diritto alla difesa tecnica, vulnerato in quanto, in
 presenza di un legittimo impedimento del difensore, tale  diritto  si
 esaurirebbe   sul   piano   meramente  cartolare,  l'altra  evoca  la
 violazione del  principio  di  eguaglianza,  assumendo  come  tertium
 comparationis  la  disciplina dell'udienza preliminare, relativamente
 alla  quale,  una  volta  prescritta  la  presenza   necessaria   del
 difensore,  si  stabilisce  che  se il difensore dell'imputato non e'
 presente il giudice provvede a norma dell'art.  97, comma 4;
     che  e'  dunque  evidente  come,  a  fondamento  di  entrambe  le
 prospettate   soluzioni,   l'ordinanza   di  rimessione  collochi  la
 necessita' della presenza  del  difensore  nel  giudizio  di  appello
 camerale  a seguito di giudizio abbreviato, donde la duplicita' delle
 scelte in caso di legittimo impedimento  del  difensore  entrambe  da
 conseguire   mediante   una   sentenza   additiva:  la  prima,  volta
 all'estensione delle  regole  dettate  per  l'udienza  dibattimentale
 (art.  486,  comma 5); la seconda volta all'applicazione (ma solo per
 il caso di legittimo impedimento del difensore) delle regole  dettate
 per  l'udienza  preliminare  e  cioe' la designazione di un difensore
 sostituto;
     che, infine, nel prendere  in  esame  il  dedotto  contrasto  con
 l'art.    2, numero 93, della legge delega, la cui collocazione nella
 sola motivazione dell'ordinanza esimerebbe  questa  Corte  dall'esame
 della questione, il giudice a quo si limita a registrare l'assenza di
 ogni  garanzia  del  contraddittorio  derivante da un sistema che non
 riconosce alcun rilievo all'assenza del difensore non  comparso,  per
 legittimo impedimento, nel giudizio camerale;
     che,  conseguentemente,  la  questione  non  risulta formulata in
 termini univoci, in  quanto  il  giudice  a  quo  oscillando  tra  la
 richiesta  di  estensione  al  procedimento  di  appello camerale ora
 dell'art. 486, comma 5, del codice di procedura penale, ora dell'art.
 420, comma 3, dello stesso codice, prospetta due possibili  soluzioni
 di  portata  tutt'altro  che  equivalente;  onde  la  questione e' da
 ritenere    manifestamente    inammissibile,    attesa     l'ancipite
 prospettazione  da  parte del rimettente (cfr., ex plurimis ordinanze
 n. 325 del 1994 e n. 207 del 1993).
   Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11  marzo  1953,  n.
 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
 alla Corte costituzionale.