ha pronunciato la seguente
                               Ordinanza
 nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 7 della legge 27
 aprile 1982, n. 186 (Ordinamento della giurisdizione amministrativa e
 del personale di segreteria ed ausiliario del Consiglio  di  Stato  e
 dei  tribunali  amministrativi  regionali),  promossi  con  ordinanze
 emesse il 5 novembre 1997 dal Tribunale amministrativo regionale  per
 la Calabria, sezione staccata di Reggio Calabria, il 19 novembre 1997
 (n.   2   ordinanze)   dal  Tribunale  amministrativo  regionale  per
 l'Emilia-Romagna ed il 26 novembre 1997 dal Tribunale  amministrativo
 regionale  per  la  Puglia, sezione staccata di Lecce e dal Tribunale
 amministrativo regionale del Lazio, rispettivamente  iscritte  al  n.
 888  del  registro  ordinanze  1997  ed  ai nn. 72, 73, 271 e 379 del
 registro ordinanze 1998 e pubblicate nella Gazzetta  Ufficiale  della
 Repubblica nn. 2, 8, 17 e 23, prima serie speciale, dell'anno 1998.
   Visti  l'atto di costituzione di Bianchi Franco nonche' gli atti di
 intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri;
   Udito nell'udienza pubblica del 13 ottobre 1998 il giudice relatore
 Massimo Vari;
   Uditi  l'avvocato  Giuseppe  Barone per Bianchi Franco e l'Avvocato
 dello Stato Ignazio F. Caramazza per il Presidente del Consiglio  dei
 Ministri.
   Ritenuto  che, nel corso di un giudizio di impugnazione del decreto
 18 luglio 1997, con il quale il Presidente del Consiglio di Stato  ha
 indetto  le elezioni per il rinnovo del Consiglio di presidenza della
 giustizia amministrativa, il Tribunale amministrativo  regionale  per
 la  Puglia,  sezione  staccata  di  Lecce, con ordinanza emessa il 26
 novembre 1997 (r.o. n. 271 del 1998), nel ricorso proposto dal  dott.
 Leonardo   Spagnoletti,   ha   sollevato  questione  di  legittimita'
 costituzionale dell'art.  7  della  legge  27  aprile  1982,  n.  186
 (Ordinamento  della  giurisdizione  amministrativa e del personale di
 segreteria ed ausiliario del  Consiglio  di  Stato  e  dei  tribunali
 amministrativi  regionali),  per  contrasto con gli artt. 3, 97, 101,
 107, terzo comma, e 108, secondo comma, della Costituzione;
     che la predetta disposizione,  concernente  la  composizione  del
 menzionato organo, e' stata, in analoghi giudizi, denunciata, nel suo
 secondo comma, anche:
      dal  Tribunale amministrativo regionale per la Calabria, sezione
 staccata di Reggio Calabria, con ordinanza emessa il 5 novembre  1997
 (r.o.  n.  888  del  1997),  nel  ricorso proposto dal dott. Giuseppe
 Caruso,   e    dal    Tribunale    amministrativo    regionale    per
 l'Emilia-Romagna,  con ordinanze emesse il 19 novembre 1997 (r.o. nn.
 72 e 73 del 1998), nei ricorsi proposti, rispettivamente, dai dottori
 Silvio Ignazio Silvestri e Linda Sandulli, per violazione degli artt.
 3, primo comma, 97, primo  comma,  101,  secondo  comma,  107,  terzo
 comma, e 108, secondo comma, della Costituzione;
      dal  Tribunale amministrativo regionale del Lazio, con ordinanza
 emessa il 26 novembre 1997  (r.o.  n.  379  del  1998),  nel  ricorso
 proposto  dal  dott.  Franco  Bianchi, per contrasto con gli artt. 3,
 primo comma, e 97, primo comma, della Costituzione;
     che, nel giudizio iscritto  al  r.o.  n.  379  del  1998,  si  e'
 costituito  il  dott.  Franco  Bianchi invocando l'accoglimento della
 sollevata questione di costituzionalita';
     che in tutti i giudizi e' intervenuto il Presidente del Consiglio
 dei Ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura  generale  dello
 Stato, chiedendo che le questioni vengano dichiarate inammissibili o,
 comunque, infondate;
     che  le  ordinanze  sono  state  tutte emesse in sede di giudizio
 sulla richiesta avanzata dai ricorrenti, ai sensi dell'art. 21  della
 legge   n.   1034   del  1971,  per  la  sospensione  del  menzionato
 provvedimento di indizione delle  elezioni.
   Considerato che i giudizi, aventi ad  oggetto  questioni  identiche
 ovvero  tra  loro  connesse,  vanno  riuniti  per  essere  decisi con
 un'unica pronunzia;
     che, ad avviso dell'ordinanza iscritta al r.o. n. 271  del  1998,
 l'art. 7 della legge 27 aprile 1982, n. 186, viola:
      l'art.   101  della  Costituzione,  in  quanto  la  mancanza  di
 componenti c.d. "laici" nel Consiglio di presidenza  della  giustizia
 amministrativa   rende   tale  organo,  "piu'  che  come  espressione
 dell'autogoverno della magistratura amministrativa,  come  un'entita'
 gerarchica  nella  struttura  funzionale  del  settore,  senza  alcun
 collegamento con il restante assetto costituzionale dello Stato";
      gli  artt.  3,  97,  107,  terzo comma, e 108, secondo comma, in
 quanto la "netta prevalenza" dei componenti provenienti dal Consiglio
 di Stato (per i quali, inoltre, "in virtu' della funzione  consultiva
 assegnata",   sussiste  "una  stretta  correlazione"  con  il  potere
 esecutivo) porta a ritenere che si sia voluto "privilegiare l'aspetto
 funzionale e gerarchico rispetto a quello, piu' corretto, di autonoma
 gestione    dell'assetto    organizzativo    della    giurisdizione",
 incidendosi,  altresi',  "in  modo  rilevante  sull'indipendenza  del
 giudice amministrativo";
      gli artt. 3, 97, 107, terzo comma,  e  108,  secondo  comma,  in
 quanto  "non  risponde  alla  funzione  riservata"  al  Consiglio  di
 presidenza  della  giustizia  amministrativa  la  circostanza   della
 presenza di tre membri di diritto, tutti di provenienza del Consiglio
 di  Stato,  sui  tredici  componenti  complessivi, "minandosi, in tal
 modo, alla base"  l'indipendenza  di  giudizio  "dei  magistrati  dei
 t.a.r.";
     che,  quanto  alle  ordinanze  iscritte  al r.o. n. 888 del 1997,
 nonche' nn. 72  e  73  del  1998,  le  stesse  -  nel  richiamare  il
 "principio  di  cui all'art. 104, quarto comma, della Costituzione" -
 censurano la disposizione dell'art. 7, secondo comma, della legge  27
 aprile  1982, n. 186, "nella parte in cui non e' prevista la presenza
 di componenti ''laici'' nell'organo di  autogoverno  della  giustizia
 amministrativa", per violazione:
      dell'art.  3 della Costituzione, all'uopo invocando il principio
 "ormai da tempo attuato" sia nell'organo di autogoverno  della  Corte
 dei  conti,  che  in  quello  della magistratura militare, nonche' in
 quello della giustizia  tributaria;
      dell'art. 97 della Costituzione, assumendo che  la  presenza  di
 componenti  laici  realizza  un  "sistema  ''aperto  all'esterno'' in
 funzione del buon andamento e dell'imparzialita'" dell'organo e (solo
 r.o.   n. 888 del 1997) "in  funzione  di  garanzia  da  inclinazioni
 curtensi nell'attivita'" dell'organo stesso;
     che  i  rimettenti  -  muovendo  dall'assunto  che  i giudici dei
 tribunali  amministrativi   regionali,   "a   parita'   di   funzioni
 giurisdizionali",  esprimano  nell'ambito  dell'organo  un  numero di
 rappresentanti "irragionevolmente" inferiore rispetto a quelli  della
 componente  del Consiglio di Stato e non rinvenendo, peraltro, alcuna
 "esigenza e logica istituzionale" a  supporto  della  previsione  che
 attribuisce la partecipazione di diritto ai due Presidenti di sezione
 del  Consiglio  di  Stato  piu' anziani - reputano la disposizione in
 contrasto, altresi', con:
      l'art. 3, primo comma, della Costituzione, per la "irragionevole
 discriminazione  quanto  alla   rappresentativita'   nell'organo   di
 autogoverno fra magistrati appartenenti alla stessa giurisdizione con
 violazione del canone di coerenza dell'ordinamento giuridico";
      l'art.   97,   primo   comma,  della  Costituzione,  perche'  la
 prevalenza data "ad una componente minoritaria e, quindi,  a  visioni
 ed  interessi  della  medesima,  appare  violare il principio di buon
 andamento ed imparzialita' dell'organo di autogoverno";
      gli artt. 101,  secondo  comma,  e  108,  secondo  comma,  della
 Costituzione,   per   l'incidenza   che  "lo  sperequato  sistema  di
 rappresentativita' nell'organo di autogoverno"  ha  sull'indipendenza
 del giudice;
      l'art.  107,  terzo comma, della Costituzione, per il vulnus che
 la predetta sperequazione reca al principio della distinzione interna
 dei magistrati "soltanto per diversita' di funzioni";
     che, secondo l'ordinanza del Tribunale  amministrativo  regionale
 del Lazio (r.o. n. 379 del 1998), la disposizione medesima si pone in
 contrasto  gli  artt.  3,  primo  comma,  e  97,  primo  comma, della
 Costituzione in quanto, da  un  lato,  la  presenza,  nell'organo  in
 questione,  dei due Presidenti di sezione del Consiglio di Stato piu'
 anziani  "non  trova  simmetrica  previsione  per  i  Presidenti  dei
 t.a.r.", e, dall'altro, non e' prevista "la presenza di componenti di
 nomina  parlamentare",  a differenza di quanto stabilito, invece, per
 il  Consiglio  superiore   della   magistratura   (art.   104   della
 Costituzione),  per  il Consiglio di presidenza della Corte dei conti
 (art. 10  della  legge  n.  117  del  1988)  ed  il  Consiglio  della
 magistratura militare (art. 1 della legge n. 561 del 1988);
     che  le  ordinanze,  nel  denunciare  l'attuale  disciplina sulla
 composizione   del   Consiglio   di   presidenza   della    giustizia
 amministrativa,  appuntano  la  loro  attenzione su due aspetti della
 medesima senza, peraltro, considerare che  i  problemi  di  struttura
 dell'organo,  soprattutto nel quadro della comparazione con gli altri
 modelli  presi  a   riferimento,   vanno,   invece,   necessariamente
 apprezzati  nell'ambito  dell'intero  sistema,  quale  risultante dai
 diversi elementi che in esso intervengono e fra  loro  si  combinano,
 con  particolare  riguardo  a  modalita'  di estrazione e provenienza
 delle varie componenti, nonche' alle proporzioni in cui si risolve la
 partecipazione dei membri elettivi e di diritto;
     che, in ogni  caso,  i  rimettenti  segnalano  l'esigenza  di  un
 diverso   assetto  che,  anche  in  relazione  agli  elementi  teste'
 richiamati, si presta ad una pluralita' di  soluzioni  fra  le  quali
 solo   il   legislatore   e'   legittimato   a  scegliere  nella  sua
 discrezionalita', non potendosi invece richiedere a questa  Corte  di
 indicare possibili diverse configurazioni dell'organo in questione;
     che,  pertanto,  le  questioni,  prima  ancora  di  delibarne  la
 fondatezza o meno, vanno dichiarate manifestamente inammissibili.
   Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11  marzo  1953,  n.
 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
 alla Corte costituzionale.