ha pronunciato la seguente
                               Ordinanza
 nel  giudizio  di legittimita' costituzionale dell'art. 151 del regio
 decreto 18 giugno 1931, n. 773 (Approvazione del  testo  unico  delle
 leggi  di  pubblica  sicurezza),  promosso  con ordinanza emessa il 1
 ottobre 1997 dal pretore di Ravenna, sezione distaccata di Lugo,  nel
 procedimento penale a carico di Ammalky Moualy Abdelhadi, iscritta al
 n.  832  del  registro  ordinanze  1997  e  pubblicata nella Gazzetta
 Ufficiale della Repubblica n. 49, prima serie    speciale,  dell'anno
 1997.
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio dei
 Ministri;
   Udito nella camera di consiglio del 30 settembre  1998  il  giudice
 relatore Francesco Guizzi.
   Ritenuto  che  nel corso di un procedimento penale nei confronti di
 un cittadino marocchino il difensore  faceva  conoscere  l'intenzione
 dell'imputato   di  essere  presente  al  dibattimento,  possibilita'
 preclusa da un decreto di  espulsione  del  predetto  dal  territorio
 dello Stato;
     che,   secondo  quanto  esposto,  il  questore  competente  aveva
 respinto l'istanza dell'imputato per  il  rientro  in  Italia,  e  il
 pretore  di  Ravenna, sezione distaccata di Lugo, aveva sollevato, in
 riferimento agli artt. 122 (recte: 112) e 24,  secondo  comma,  della
 Costituzione,  questione di legittimita' costituzionale dell'art. 151
 del regio decreto 18 giugno 1931,  n.  773  (Approvazione  del  testo
 unico  delle  leggi  di  pubblica  sicurezza),  nella  parte  in  cui
 subordina all'autorizzazione del  Ministro  dell'interno  il  rientro
 dello  straniero  sottoposto a procedimento penale ed espulso, ma che
 voglia prender parte al processo;
     che, ad avviso del giudice a quo,  in  base  al  codice  di  rito
 penale  l'imputato ha diritto di presenziare al dibattimento, come si
 ricava dal capo II di  detto  codice,  che  contiene  il  divieto  di
 celebrazione  del  processo  quando  vi  sia un legittimo impedimento
 dell'imputato, e subordina a tale accertamento  la  dichiarazione  di
 contumacia;
     che  si  tratterebbe  di una situazione assimilabile al legittimo
 impedimento, a  cagione  del  rifiuto  dell'autorita'  di  polizia  a
 concedere il visto di ingresso per presenziare al processo;
     che,   peraltro,   nel   caso  di  specie  non  potrebbe  trovare
 applicazione, per difetto dei presupposti di legge, l'art.  7,  comma
 12-quinquies,  del  d.-l.  30 dicembre 1989, n. 416 (Norme urgenti in
 materia  di  asilo  politico,  ingresso  e  soggiorno  dei  cittadini
 extracomunitari  e  di regolarizzazione dei cittadini extracomunitari
 ed apolidi gia' presenti nel territorio dello Stato), convertito, con
 modificazioni, nella legge 28 febbraio 1990, n.  39;  comma  aggiunto
 dall'art.  8  del  d.-l.    14  giugno  1993, n. 187, convertito, con
 modificazioni, nella legge 12 agosto 1993, n. 296;
     che l'unica possibilita' di partecipazione sarebbe quella dettata
 dall'art. 151 del regio  decreto  n.  773  del  1931,  affidata  alla
 discrezionalita'   del  Ministro  dell'interno,  ma  tale  situazione
 ostacolerebbe  di   fatto   l'esercizio   dell'azione   penale,   non
 consentendo   al   giudice   di  svolgere  il  processo  e  impedendo
 all'imputato la difesa in  giudizio;
     che il Ministro dell'interno avrebbe, in tal modo, il  potere  di
 creare  un  legittimo  impedimento,  permanente,  in  violazione  sia
 dell'art. 112 della Costituzione, che obbliga il  pubblico  ministero
 all'esercizio  dell'azione  penale  (mentre,  nel  caso  in esame, il
 giudice dovrebbe obbligatoriamente sospendere il dibattimento,  senza
 che  venga  sospeso il decorso della prescrizione, con la inevitabile
 paralisi dell'azione penale); sia dell'art. 24, secondo comma,  della
 Costituzione, che garantisce all'imputato il diritto al processo (con
 la  conseguente  pretesa  di  vedere proclamata la sua innocenza, ove
 sussista);
     che e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei Ministri,  con
 il   patrocinio   dell'Avvocatura   dello   Stato,   concludendo  per
 l'inammissibilita' e, in subordine, per l'infondatezza.
   Considerato che e' stata sollevata, in riferimento agli artt. 112 e
 24, secondo comma,  della  Costituzione,  questione  di  legittimita'
 costituzionale  dell'art.  151  del  regio decreto 18 giugno 1931, n.
 773;
     che, in data successiva all'ordinanza  di  rimessione,  e'  stata
 approvata  la legge 6 marzo 1998, n. 40 (Disciplina dell'immigrazione
 e norme sulla condizione dello straniero);
     che con l'art. 15 della citata legge il legislatore ha  previsto,
 per  lo  straniero  espulso  e  sottoposto  a procedimento penale, la
 possibilita' di far rientro in Italia,  sia  pure  al  solo  fine  di
 partecipare  al  giudizio  o  al  compimento  di  atti per i quali e'
 necessaria la sua presenza;
     che, pertanto,  gli  atti  vanno  restituiti  al  giudice  a  quo
 affinche',  alla  luce  del  ius  superveniens  possa  valutare se la
 questione sia tuttora rilevante nel giudizio principale.