ha pronunciato la seguente
                               Ordinanza
 nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 10, lettera c),
 del  d.P.R.  29  settembre  1973,  n.  597  (Istituzione e disciplina
 dell'imposta  sul  reddito  delle  persone  fisiche),  promosso   con
 ordinanza   emessa  l'8  luglio  1997  dalla  Commissione  tributaria
 regionale di Firenze sul ricorso proposto dall'Ufficio delle  imposte
 dirette  di  Firenze  contro Barbieri Umberto, iscritta al n. 739 del
 registro ordinanze 1997 e pubblicata nella Gazzetta  Ufficiale  della
 Repubblica n. 44, prima serie speciale, dell'anno 1997.
   Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri;
   Udito nella camera di consiglio del 25  novembre  1998  il  giudice
 relatore Cesare Ruperto.
   Ritenuto  che - nel corso di un giudizio di appello, riguardante il
 preteso diritto d'un  contribuente  di  dedurre  dal  reddito  IRPEF,
 relativo   agli  anni  1984,  1985  e  1986,  gli  interessi  passivi
 corrisposti a  fronte  di  un  finanziamento  ipotecario  finalizzato
 all'acquisto  di un immobile - la Commissione tributaria regionale di
 Firenze, con ordinanza emessa l'8 luglio 1997, ha sollevato questione
 di legittimita' costituzionale dell'art. 10, lettera c),  del  d.P.R.
 29  settembre 1973, n. 597 (Istituzione e disciplina dell'imposta sul
 reddito delle persone fisiche), dove  e'  prevista  la  deducibilita'
 degli  "interessi  passivi ed oneri accessori pagati in dipendenza di
 mutui garantiti da ipoteca su immobili";
     che, secondo la rimettente, tale deducibilita' non e' applicabile
 ad analoghi rapporti contrattuali,  e  tuttavia  l'analisi  comparata
 delle  figure  negoziali  del  mutuo (artt. 1813 e segg. cod. civ.) e
 dell'apertura di credito bancario (artt. 1842  e  segg.  cod.  civ.),
 alle  quali  viene  funzionalmente  collegata  la  prestazione  della
 garanzia reale ipotecaria (rispettivamente ex artt. 2808 e 1844  cod.
 civ.),   porterebbe   ad   escludere  la  sussistenza  di  differenze
 strutturali ed effettuali per  i  due  tipi  di  contratto,  entrambi
 produttivi  di  interessi  a  carico  del  beneficiario  ed  entrambi
 finalizzati al finanziamento dell'acquisto dell'abitazione;
     che,  sempre  secondo  la  rimettente,   la   limitazione   della
 deducibilita'  degli  interessi  passivi  al  solo contratto di mutuo
 ipotecario pone dunque la denunciata norma in contrasto con gli artt.
 3  e  53  della  Costituzione,  rispettivamente,  per  disparita'  di
 trattamento  di  situazioni  equivalenti  e per lesione del principio
 della concorrenza alle spese  pubbliche  in  ragione  della  concreta
 capacita' contributiva di ciascun cittadino;
     che  e'  intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio dei
 Ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
 Stato, concludendo per l'infondatezza della sollevata questione.
   Considerato  che  la  denunciata norma, ripetutamente sottoposta al
 vaglio  di  costituzionalita',  e'  stata  sempre  ritenuta  non   in
 contrasto  con i princi'pi di uguaglianza e di capacita' contributiva
 (v. sentenza n. 143 del 1982, che il giudice a  quo  ha  mostrato  di
 ignorare  insieme  con tutta la successiva conforme giurisprudenza di
 questa Corte);
     che in detta sentenza si e' osservato come non  irragionevolmente
 il  legislatore  abbia  ritenuto necessaria, al fine di consentire la
 deducibilita'  degli  interessi  passivi,  la  coesistenza  dei   due
 requisiti  della natura reale del contratto e della pubblicita' della
 garanzia ipotecaria (v. anche le ordinanze n. 365 del 1983 e  n.  549
 del 1987);
     che,  nell'assenza  di  ulteriori  argomentazioni  offerte  dalla
 rimettente,  e'  percio'  sufficiente,   onde   escludere   qualsiasi
 contrasto  con  i  parametri  evocati,  ribadire  che  - nell'a'mbito
 dell'ampia  discrezionalita'  spettante  al  legislatore  in  materia
 fiscale  (v.,  da  ultimo, sentenza n. 227 del 1998) - la limitazione
 della deducibilita' ai soli  interessi  passivi  derivanti  da  mutui
 ipotecari  trova  giustificazione  nell'esigenza dell'Amministrazione
 finanziaria di controllare, celermente e  proficuamente,  l'effettiva
 sussistenza  del  negozio  da  cui  nascono  gli  interessi medesimi,
 attraverso la congiunta concorrenza dei predetti requisiti,  uno  dei
 quali  certamente  manca  nell'ipotesi - oggetto del giudizio a quo -
 d'apertura di  credito  bancario,  contratto  meramente  consensuale,
 ontologicamente  diverso  dal  mutuo  quanto a struttura, funzione ed
 effetti (v. ordinanze n. 342 del 1985 e n. 263 del 1987);
     che, pertanto, la questione e' manifestamente infondata.
   Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11  marzo  1953,  n.
 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
 alla Corte costituzionale.