ha pronunciato la seguente Sentenza nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 6 del d.P.R. 29 marzo 1973, n. 156 (Approvazione del testo unico delle disposizioni legislative in materia postale, di bancoposta e di telecomunicazioni), promosso con ordinanza emessa il 6 giugno 1997 dal tribunale di Roma, nel procedimento civile vertente tra Vittorio Macchioni e il Ministero delle poste e delle telecomunicazioni, pervenuta alla Corte costituzionale il 21 gennaio 1998, iscritta al n. 68 del registro ordinanze 1998 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 7, prima serie speciale, dell'anno 1998; Udito nella camera di consiglio del 1 luglio 1998 il giudice relatore Cesare Mirabelli; Ritenuto in fatto 1. - Nel corso di un giudizio promosso nei confronti del Ministero delle poste e delle telecomunicazioni per il risarcimento del danno causato dal ritardato pagamento di un vaglia telegrafico, che sarebbe stato recapitato diciassette giorni dopo la spedizione, con ordinanza emessa il 6 giugno 1997 il tribunale di Roma ha sollevato, in riferimento agli artt. 2, 3 e 41 della Costituzione, questione di legittimita' costituzionale dell'art. 6 del d.P.R. 29 marzo 1973, n. 156 (Approvazione del testo unico delle disposizioni legislative in materia postale, di bancoposta e di telecomunicazioni), nella parte in cui esclude la responsabilita' per il servizio postale di vaglia telegrafico e, in particolare, per l'ipotesi di grave ritardo nell'espletamento dello stesso servizio. La disposizione denunciata stabilisce che l'amministrazione non incontra alcuna responsabilita' per i servizi postali, di bancoposta e delle telecomunicazioni fuori dei casi e dei limiti espressamente stabiliti dalla legge. Avendo le Poste - italiane ente succeduto all'amministrazione delle poste, per effetto della trasformazione disposta dall'art. 6, comma 1, del d.-l. 1 dicembre 1993, n. 487, convertito, con modificazioni, nella legge 29 gennaio 1994, n. 71 - eccepito che, indipendentemente dall'entita' del ritardo, l'art. 6 del d.P.R. n. 156 del 1973 esclude ogni responsabilita', il tribunale di Roma, ritenendo di dover applicare questa norma, reputa che essa stabilisca una anacronistica situazione di privilegio e determini una ingiustificata disparita' di trattamento. Lo stesso giudice ricorda che e' stata gia' dichiarata la illegittimita' costituzionale della stessa disposizione denunciata: sia nella parte in cui essa stabiliva che l'amministrazione non e' tenuta al risarcimento dei danni, oltre all'indennita' di cui all'art. 28 dello stesso codice postale e delle telecomunicazioni, in caso di perdita o di manomissione di raccomandate con le quali siano stati spediti vaglia cambiari emessi in commutazione di debiti dello Stato (sentenza n. 303 del 1988); sia nella parte in cui disponeva che il concessionario del servizio telefonico non e' tenuto al risarcimento dei danni per le interruzioni del servizio dovute a sua colpa (sentenza n. 1104 del 1988) e per le erronee indicazioni nell'elenco degli abbonati (sentenza n. 456 del 1994). La questione si porrebbe, ora, in termini analoghi per il servizio postale di vaglia telegrafico. Anzi, la nuova qualificazione di ente pubblico economico del gestore del servizio postale accentuerebbe il carattere e l'impronta privatistica di tale servizio, che a maggior ragione sarebbe da ritenere inconciliabile con limitazioni di responsabilita' non piu' giustificabili ne' logicamente sostenibili. Considerato in diritto 1. - La questione di legittimita' costituzionale investe la disciplina della responsabilita' per il servizio postale di vaglia telegrafico. Il tribunale di Roma ritiene che l'art. 6 del d.P.R. 29 marzo 1973, n. 156, stabilendo che l'amministrazione non incontra alcuna responsabilita' per i servizi postali, di bancoposta e delle telecomunicazioni fuori dei casi e dei limiti stabiliti dalla legge, escluda il risarcimento del danno determinato da grave ritardo nell'espletamento del servizio di vaglia telegrafico e sia in contrasto con gli artt. 2, 3 e 41 della Costituzione. 2. - La questione non e' fondata, nei sensi di seguito precisati. 2.1. - Nell'esaminare le disposizioni che limitano la responsabilita' dell'amministrazione delle poste per danni cagionati agli utenti, la giurisprudenza costituzionale ha piu' volte considerato superata la concezione amministrativa del servizio postale, che consentiva di collegare le limitazioni di responsabilita' alla necessita' di garantire la discrezionalita' dell'Amministrazione. In presenza di un servizio organizzato e gestito in forma di impresa ed improntato a criteri di economicita', il rapporto con gli utenti assume carattere contrattuale e perde le connotazioni autoritative, venendo cosi' progressivamente assimilato alla disciplina di diritto comune. Nella regolamentazione della responsabilita' per il danno causato agli utenti per inadempimenti inerenti ai servizi erogati, viene meno il rilievo un tempo attribuito ai profili soggettivi, attinenti all'amministrazione, all'ente o alla societa' che li gestisce, mentre diventano decisivi i profili oggettivi, relativi alle caratteristiche proprie di ciascun servizio, che possono anche giustificare una disciplina speciale che, nel rispetto della ragionevolezza, limiti, senza escluderla del tutto, la responsabilita' per l'esecuzione delle prestazioni contrattualmente dovute da chi fornisce i servizi. In base a questi criteri, per i servizi di bancoposta, che non si discostano per struttura e funzione dagli analoghi servizi propri dell'attivita' bancaria, si e' ritenuta non giustificata l'esclusione generalizzata di qualsiasi responsabilita' per il colpevole inadempimento da parte dell'amministrazione postale (sentenza n. 463 del 1997). 2.2. - Per quanto specificamente si riferisce alla disciplina della responsabilita' per grave ritardo nell'espletamento del servizio di vaglia telegrafico, che e' posta ad oggetto del giudizio di legittimita' costituzionale, il codice postale e delle telecomunicazioni (approvato con il d.P.R. n. 156 del 1973) attribuisce rilievo all'osservanza delle norme stabilite dal regolamento generale dei servizi postali e di bancoposta: l'amministrazione e' liberata da ogni responsabilita' quando il pagamento delle somme ad essa affidate dagli utenti sia effettuato con l'osservanza delle norme stabilite da tale regolamento (art. 102). E' da intendere che il pagamento non riguardi solo la fase terminale del servizio, consistente nella materiale consegna del denaro al destinatario, ma comprenda anche la disciplina relativa a quanto sia preordinato a tale consegna, giacche' il pagamento ad una persona e presso un ufficio designati dal mittente costituisce l'oggetto stesso del servizio di vaglia postali (art. 104 dello stesso codice postale). La responsabilita' dell'Amministrazione e', dunque, esclusa quando siano osservate le norme che disciplinano il servizio, quali risultano dall'apposito regolamento e dalle istruzioni da esso richiamate. Il regolamento di esecuzione del libro terzo del codice postale e delle telecomunicazioni (servizi di bancoposta), approvato con il d.P.R. 1 giugno 1989, n. 256, stabilisce che i vaglia che dispongono i pagamenti per telegrafo (art. 28, comma 5) siano recapitati ai destinatari nei modi e nelle forme previsti dalle istruzioni (art. 48). Queste ultime, oltre che regolamentare le modalita' di consegna al destinatario del telegramma-avviso (art. 80), prevedono anche i termini di consegna, i tempi e i mezzi di recapito (art. 121). Quando la mancata o ritardata consegna avvenga per cause imputabili all'amministrazione, i termini previsti dalle istruzioni, cui rinvia il regolamento, assumono rilievo ai fini non solo del rimborso delle tasse, ma anche della responsabilita' dell'amministrazione, giacche' se essa non rispetta le norme stabilite dal regolamento e dalle istruzioni non puo' essere liberata da responsabilita' (art. 102 del codice postale). La disposizione denunciata, nel contesto normativo nel quale si colloca, non esclude pertanto la responsabilita' dell'Amministrazione postale per il grave e colpevole ritardo nell'espletamento del servizio di vaglia telegrafico. Essendo dunque possibile una interpretazione che supera il contrasto con i parametri indicati per la verifica della legittimita' costituzionale, questa interpretazione deve essere preferita.