ha pronunciato la seguente
                                Sentenza
 nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  82, terzo
 comma, del codice di procedura civile, come sostituito  dall'art.  20
 della  legge  21  novembre  1991,  n. 374 (Istituzione del giudice di
 pace), dell'art. 47 della medesima legge 21 novembre 1991, n.  374  e
 dell'art.    8 del regio d.-l. 27 novembre 1933, n. 1578 (Ordinamento
 delle professioni di avvocato e procuratore), promosso con  ordinanza
 emessa  il  26  gennaio  1998  dal pretore di Milano nel procedimento
 civile vertente tra la G.V.P. s.r.l. e Luciano  Costantini,  iscritta
 al  n.  290  del  registro ordinanze 1998 e pubblicata nella Gazzetta
 Ufficiale della Repubblica n. 18,  prima  serie  speciale,  dell'anno
 1998;
   Udito  nella  camera  di  consiglio  del 14 ottobre 1998 il giudice
 relatore Cesare Mirabelli;
                           Ritenuto in fatto
   Nel corso di un procedimento di opposizione a  decreto  ingiuntivo,
 nel   quale   l'opponente   aveva   conferito   la   procura  per  la
 rappresentanza e difesa in giudizio ad un laureato in  giurisprudenza
 iscritto  nel  registro dei praticanti avvocati ammesso ad esercitare
 il patrocinio davanti alle  preture  del  distretto,  il  pretore  di
 Milano,  con  ordinanza  emessa  il  26  gennaio  1998,  ha sollevato
 questione di legittimita' costituzionale: dell'art. 82, terzo  comma,
 del  codice  di  procedura civile, come sostituito dall'art. 20 della
 legge 21 novembre 1991, n. 374 (Istituzione  del  giudice  di  pace);
 dell'art. 47 della medesima legge 21 novembre 1991, n. 374; dell'art.
 8  del  regio  d.-l.  27  novembre  1933,  n. 1578 (Ordinamento delle
 professioni  di  avvocato  e  procuratore).    Queste   disposizioni,
 complessivamente   considerate,   renderebbero  ammissibile,  secondo
 l'interpretazione  giurisprudenziale  prevalente  e  che  il  giudice
 rimettente  condivide,  il patrocinio e la difesa, per tutte le cause
 di competenza  del  pretore,  ad  opera  di  un  praticante  avvocato
 abilitato dal competente ordine professionale.
   Il  pretore  di  Milano  ritiene  che  consentire  l'esercizio  del
 patrocinio, per cause che  possono  presentare  notevoli  difficolta'
 tecniche,  ai  praticanti avvocati, i quali non hanno ancora superato
 l'esame di Stato prescritto per l'esercizio della professione,  possa
 essere  in  contrasto  con il diritto di difesa in giudizio (art. 24,
 secondo comma, Cost.), giacche' non  sarebbe  assicurata  una  difesa
 tecnica  adeguata  alle  conseguenze  permanenti che possono derivare
 alle parti, tanto piu' che il valore delle cause  di  competenza  del
 pretore  e'  stato  decuplicato  (art.  8  cod. proc. civ., nel testo
 sostituito dall'art.   3 della legge  26  novembre  1990,  n.  353  e
 successive  modificazioni).  Inoltre consentire tale rappresentanza e
 difesa in giudizio contrasterebbe con l'art. 33, quinto comma,  della
 Costituzione,   che   prescrive,   appunto,   l'esame  di  Stato  per
 l'abilitazione  all'esercizio  professionale,  e  determinerebbe,  in
 contrasto   con   l'art.  3  della  Costituzione,  una  irragionevole
 disparita' nel trattamento di situazioni  analoghe.    Difatti  nelle
 altre  professioni,  per il cui esercizio e' egualmente prescritto il
 superamento di un esame di Stato, non si ammette  che  i  praticanti,
 neppure temporaneamente e per questioni di minore importanza, possano
 svolgere  autonomamente  la  relativa professione; inoltre situazioni
 analoghe  verrebbero  trattate  in  modo  irragionevolmente   diverso
 giacche', a seguito della prevista soppressione delle preture, alcune
 cause  pendenti  davanti  al pretore verranno decise da tale giudice,
 davanti al quale saranno ammessi al patrocinio i praticanti avvocati,
 mentre altre saranno proseguite dinanzi al giudice unico, davanti  al
 quale,  secondo  il  giudice  rimettente,  tale  patrocinio non sara'
 ammesso.
   Il pretore di Milano richiama la giurisprudenza costituzionale  che
 ha  ritenuto  necessario un controllo di idoneita' tecnica, quando la
 legge riserva l'esercizio di un'attivita' professionale a determinati
 soggetti iscritti in un albo sulla base di  requisiti  culturali.  Lo
 stesso  giudice  ricorda  che  e'  stata dichiarata la illegittimita'
 costituzionale sia delle norme che ammettevano al  patrocinio  legale
 nei  giudizi  davanti  al  pretore soggetti per i quali non vi era un
 precedente controllo di idoneita' tecnica, costituito  dall'esame  di
 Stato  o  da un equipollente di esso  (sentenza n. 127 del 1985), sia
 delle norme che ammettevano al patrocinio legale dinanzi alle preture
 soggetti pur qualificati (notai o laureati in  legge),  per  i  quali
 tuttavia mancava un vaglio della specifica idoneita' tecnica
  richiesta per la professione forense (sentenza n. 202 del 1987).
   La  questione  di legittimita' costituzionale e' ritenuta rilevante
 per la definizione  del  procedimento  pendente  dinanzi  al  giudice
 rimettente,   giacche'   dalla  soluzione  di  essa  dipenderebbe  la
 validita' della  procura  conferita  al  praticante  avvocato  e,  di
 conseguenza,  la eventuale irrevocabilita' del decreto ingiuntivo per
 il quale e' stata proposta opposizione.
                         Considerato in diritto
   1. -   La questione di legittimita'  costituzionale  sollevata  dal
 pretore  di  Milano  investe  la  norma  che  consente  ai praticanti
 avvocati,  dopo  un  anno  dalla  iscrizione  nell'apposito  registro
 speciale  tenuto  dal Consiglio dell'ordine degli avvocati, di essere
 ammessi ad esercitare il patrocinio, per un periodo non  superiore  a
 sei anni, davanti alle preture del distretto.
   Questa  disciplina  e'  dettata  dall'art.  8  del  regio  d.-l. 27
 novembre 1933, n. 1578 (Ordinamento delle professioni di  avvocato  e
 procuratore),  quale  risulta  dal testo prima sostituito dall'art. 1
 della legge 24 luglio 1985, n. 406  (Modifiche  alla  disciplina  del
 patrocinio  davanti  alle preture e degli esami per la professione di
 procuratore  legale)  e  poi  modificato,  solo  per  la  durata  del
 patrocinio  consentito  ai  praticanti,  dall'art.  10 della legge 27
 giugno 1988,  n.  242  (Modifiche  alla  disciplina  degli  esami  di
 procuratore  legale).  La  stessa  disciplina  sarebbe, ad avviso del
 giudice rimettente, tuttora vigente, non essendo stata  abrogata  ne'
 dall'art. 82, terzo comma, cod. proc. civ., come sostituito dall'art.
 20  della legge 21 novembre 1991, n. 374 (che, salvi i casi in cui la
 legge dispone altrimenti, stabilisce che anche davanti al pretore  le
 parti  debbono  stare  in  giudizio  col  ministero di un procuratore
 legalmente esercente), ne' dall'art. 47 della stessa legge (che,  nel
 contesto   della  istituzione  del  giudice  di  pace,  abroga  norme
 incompatibili con la nuova disciplina), disposizioni,  anche  queste,
 denunciate dal giudice rimettente.
   Il  pretore di Milano ritiene che la norma che consente l'esercizio
 del patrocinio da parte dei praticanti avvocati sia in contrasto:  a)
 con il diritto inviolabile di difesa in giudizio  (art.  24,  secondo
 comma,  della  Costituzione), che implica un'adeguata difesa tecnica;
 b) con la prescrizione  di  un  esame  di  Stato  per  l'abilitazione
 all'esercizio   professionale   (art.   33,   quinto   comma,   della
 Costituzione); c) con  il  principio  costituzionale  di  eguaglianza
 (art.   3   della   Costituzione),  giacche'  per  un  verso  sarebbe
 irragionevole   la   disparita'  di  trattamento  rispetto  ad  altre
 professioni, per il cui esercizio e'  richiesta  l'iscrizione  in  un
 albo   professionale   ed  i  cui  praticanti  non  possono  svolgere
 autonomamente la professione, sia pure per un tempo determinato e per
 questioni di minore importanza; per  altro  verso,  a  seguito  della
 prevista  soppressione delle preture, la disciplina della difesa e la
 sua adeguatezza sarebbero diverse per cause  analoghe,  essendo  solo
 per alcune di esse ammesso il patrocinio dei praticanti a seconda che
 vengano attribuite alla cognizione di giudici diversi.
   2.  - La questione di legittimita' costituzionale e' da considerare
 riferita esclusivamente all'art. 8 dell'ordinamento della professione
 di avvocato (regio d.-l. n. 1578 del 1933), il solo che  consente  di
 ammettere  alla  rappresentanza  e  difesa in giudizio, a determinate
 condizioni,  i  praticanti   avvocati,   mentre   invece   le   altre
 disposizioni denunciate non disciplinano tale situazione.
   3. - La questione, cosi' come e' stata prospettata, non e' fondata.
   La  legge puo' riservare agli iscritti in appositi albi l'esercizio
 di  determinate  professioni,  che  presuppongono   una   particolare
 capacita'  tecnica  ed  il  cui esercizio richiede, per assicurare il
 corretto svolgimento dell'attivita'  professionale,  sia  a  garanzia
 della   collettivita'   che   a   protezione  dei  destinatari  delle
 prestazioni, una specifica idoneita' (sentenze n. 456 del 1993, n. 29
 del 1990 e  n.  77  del  1964).    Per  l'abilitazione  all'esercizio
 professionale e' prescritto un esame di Stato (art. 33, quinto comma,
 della  Costituzione),  che consente di verificare l'idoneita' tecnica
 di  chi,  avendo  i  requisiti  richiesti,  intenda   accedere   alla
 professione ottenendo l'iscrizione nell'apposito albo. Il legislatore
 puo'  stabilire  che  in taluni casi si prescinda dall'esame di Stato
 (sentenza n. 127 del 1985) quando vi sia  stata  in  altro  modo  una
 verifica  di  idoneita' tecnica e sussistano apprezzabili ragioni che
 giustifichino l'eccezione.
   In base  a  questi  criteri  la  giurisprudenza  costituzionale  ha
 ritenuto   priva   di   razionale   giustificazione  l'ammissione  al
 patrocinio davanti al pretore, senza limiti di tempo ed al  di  fuori
 di  ogni  esigenza  apprezzabile, di persone diverse dagli avvocati e
 procuratori, non preventivamente sottoposte al controllo di idoneita'
 tecnica costituito dall'esame di Stato o da un equipollente di  esso.
 Si   e'  cosi'  ritenuto  di  escludere  che  possano  esercitare  la
 professione forense, sia pure nei limiti di competenza  del  pretore,
 patrocinatori  ed  esercenti  altre  attivita'  professionali,  quale
 quella notarile, che, pur in possesso di un titolo culturale o di una
 qualifica professionale,  mancano  dell'indispensabile  vaglio  della
 specifica  idoneita'  tecnica,  che  deve  caratterizzare l'attivita'
 professionale forense  (sentenze n. 202 del 1987 e n. 127 del 1985).
   4. - La disposizione denunciata consente di ammettere i laureati in
 giurisprudenza  che  svolgono  la  pratica  professionale  ed   hanno
 frequentato  per  un anno lo studio di un avvocato, ad esercitare per
 non piu' di sei anni il patrocinio davanti alle preture del distretto
 nel quale e' compreso l'ordine degli avvocati nel cui  registro  essi
 sono iscritti. L'ammissione al patrocinio, per un tempo determinato e
 per  questioni di limitata competenza, si inserisce nel sistema della
 pratica  forense,  che  deve  essere  lodevolmente  e   proficuamente
 esercitata  per  almeno  due  anni  consecutivi, per partecipare agli
 appositi esami, superati i quali e' possibile conseguire l'iscrizione
 nell'albo professionale.
   La pratica deve essere svolta presso lo studio e sotto il controllo
 di  un  avvocato;  ma,  dopo  un anno, puo' essere anche svolta al di
 fuori dello studio, esercitando, appunto, il patrocinio davanti  alle
 preture  e  trattando  un determinato numero di questioni (art. 8 del
 d.P.R. 10 aprile 1990, n. 101).
   Il dubbio di legittimita' costituzionale proposto  dal  pretore  di
 Milano  non  investe la durata dell'esercizio del patrocinio da parte
 del praticante, ma riguarda esclusivamente la possibilita'  che  tale
 patrocinio possa, per un tempo determinato, aver luogo.
   La  disciplina  della  pratica  forense  prevede che essa "comporti
 sempre il compimento delle attivita' proprie della professione",  che
 comprendono  la predisposizione e redazione di atti processuali (art.
 2 e 6 del d.P.R. n. 101 del 1990), giacche'  il  compimento  di  tali
 atti  costituisce  un  elemento della formazione professionale.  Cio'
 che inizialmente per almeno un anno avviene sotto il controllo e  con
 la  responsabilita' di un avvocato. Solo dopo questo primo periodo di
 tirocinio, la pratica, con il  compimento  degli  atti  propri  della
 professione  che  essa  comporta,  puo'  essere  continuata  mediante
 l'autonoma trattazione di almeno  venticinque  procedimenti  all'anno
 (art. 8 del d.P.R. n. 101 del 1990). E' da ritenere che la temporanea
 e  limitata  ammissione  al  patrocinio  che  tale  pratica  comporta
 presupponga una previa verifica e valutazione, da parte dello  stesso
 ordine  professionale,  del  tirocinio  gia'  svolto (artt. 7 e 8 del
 d.P.R. n. 101 del 1990).
   Questo sistema non configura una deroga alla regola  dell'esame  di
 Stato   per   l'abilitazione  all'esercizio  professionale,  giacche'
 consente   una   attivita',   soggetta   al   controllo   dell'ordine
 professionale,  compresa  nell'ambito  della pratica forense e che si
 giustifica nei limiti in cui  essa  sia  preordinata  agli  esami  di
 abilitazione;   sicche'   in   ogni  caso  deve  essere  disposta  la
 cancellazione  dall'apposito  registro,  se  gli  esami  non  vengano
 superati nel termine previsto.
   Non  e' dunque violato l'art. 33, quinto comma, della Costituzione.
 Ne' e' leso il diritto di difesa (art.  24,  secondo  comma,  Cost.),
 giacche'  la  parte  che  conferisce  il  mandato  ad  un  praticante
 avvocato, si avvale della difesa tecnica di un  soggetto  che,  sulla
 base  di  determinati  requisiti, e' stato, sia pure temporaneamente,
 ammesso al patrocinio. Infine la configurazione del  patrocinio,  per
 un  tempo  determinato  e  per questioni di limitata competenza, come
 elemento della pratica professionale forense, esclude  la  denunciata
 violazione  del  principio  costituzionale  di  eguaglianza  (art.  3
 Cost.). Non puo', difatti, essere effettuato utilmente  il  raffronto
 con  le discipline di altre professioni, peraltro neppure specificate
 nell'ordinanza di rimessione,  prendendo  in  esame  uno  solo  degli
 elementi che caratterizzano le attivita' preordinate all'accesso alla
 professione.  Ne',  infine,  hanno  alcun  fondamento  le  situazioni
 denunciate in relazione al patrocinio dei praticanti avvocati dinanzi
 al giudice unico, patrocinio al quale essi  continueranno  ad  essere
 ammessi  limitatamente  ai procedimenti in precedenza attribuiti alla
 competenza del pretore (art. 246 del decreto legislativo 19  febbraio
 1998, n. 51).