ha pronunciato la seguente
                               Ordinanza
 nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 291 e 292 del
 codice di procedura penale,  promosso  con  ordinanza  emessa  il  16
 febbraio  1998  dal  giudice  per  le  indagini preliminari presso il
 tribunale di Matera, iscritta al n. 381 del registro ordinanze 1998 e
 pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della  Repubblica  n.  23,  prima
 serie speciale, dell'anno 1998;
   Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri;
   Udito nella camera di consiglio del  13  gennaio  1999  il  giudice
 relatore Giuliano Vassalli.
   Ritenuto  che  il  giudice  per  le  indagini preliminari presso il
 Tribunale di Matera,  nel  premettere,  in  fatto,  che  il  pubblico
 ministero,  contestualmente alla richiesta di convalida dell'arresto,
 ha formulato  richiesta  di  applicazione  di  misura  cautelare  nei
 confronti  di  una  persona "in ordine ai reati di cui agli artt. 56,
 628 e 337 c.p.", omettendo di "indicare gli  elementi  di  fatto  che
 devono  essere  oggetto  di  contestazione  specifica  all'indagato",
 solleva questione di legittimita' costituzionale degli  artt.  291  e
 292 cod. proc. pen. per contrasto:
     a) con l'art. 24 della Costituzione, in quanto, non venendo fatto
 obbligo  al  pubblico  ministero di descrivere sommariamente il fatto
 nella richiesta  di  misura,  non  si  consentirebbe  al  giudice  di
 verificarne  la  sussistenza  ed  alla difesa di interloquire in modo
 effettivo;
     b) con gli artt. 111 e 112 della stessa Carta,  stante  l'obbligo
 del  pubblico  ministero  di  individuare  l'area  normativa-fattuale
 relativa alle ipotesi di reato e motivare  la  richiesta  di  misura,
 "corollario  preliminare" dell'obbligo di esercitare l'azione penale,
 non delegabile ne' alla polizia giudiziaria, ne' al giudice;
     che nel giudizio e' intervenuto il Presidente del  Consiglio  dei
 Ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
 Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata non fondata.
   Considerato che, come emerge dagli atti, il giudice  rimettente  ha
 nella  specie  convalidato l'arresto, respinto la richiesta di misura
 cautelare e ordinato la liberazione dell'indagato, "riservandosi"  di
 inoltrare  gli atti a questa Corte per la dedotta omessa formulazione
 del capo di imputazione da parte del pubblico ministero, sicche', con
 quel provvedimento, ha esaurito tanto il  procedimento  di  convalida
 che  quello relativo alla decisione sulla domanda cautelare, rendendo
 quindi priva di rilevanza la  questione  sottoposta  all'esame  della
 Corte;
     che,  d'altra  parte,  l'intervenuta  chiusura  della sequenza de
 libertate e la correlativa perdita di qualsiasi potere delibativo  da
 parte del giudice, e' asseverata dal fatto che nella stessa ordinanza
 di  rimessione  non  v'e' traccia di alcun provvedimento sospensivo a
 norma dell'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87: e  cio'  proprio
 perche',  a  quel  momento,  non  esisteva  piu' un "procedimento" da
 sospendere;
     che, pertanto,  la  questione  proposta  deve  essere  dichiarata
 manifestamente inammissibile.
   Visti  gli  artt.  26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
 87 e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi  davanti
 alla Corte costituzionale.