ha pronunciato la seguente
                               Ordinanza
 nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'art.  513,  comma  2,
 del  codice di procedura penale, come modificato dalla legge 7 agosto
 1997, n. 267 (Modifica delle disposizioni  del  codice  di  procedura
 penale  in  tema  di valutazione delle prove), promossi con ordinanze
 emesse il 12 novembre 1997 dal tribunale di  Monza,  il  13  novembre
 1997  dal  tribunale  di  Lecco  e il 7 gennaio 1998 dal tribunale di
 Crotone,  rispettivamente  iscritte  ai nn. 36, 66 e 144 del registro
 ordinanze  1998  e  pubblicate   nella   Gazzetta   Ufficiale   della
 Repubblica, nn. 6, 7 e 11, prima serie speciale, dell'anno 1998.
   Visti  gli  atti  di  intervento  del  Presidente del Consiglio dei
 Ministri;
   Udito nella camera di consiglio del  13  gennaio  1999  il  giudice
 relatore Guido Neppi Modona;
   Ritenuto  che  il  tribunale  di  Monza  (r.o.  n. 36 del 1998), il
 tribunale di Lecco (r.o. n. 66 del 1998) e il  tribunale  di  Crotone
 (r.o. n.  144 del 1998) hanno sollevato, in riferimento agli artt. 3,
 24,  25,  101, secondo comma, 111 e 112 della Costituzione, questione
 di legittimita' costituzionale dell'art. 513, comma 2, del codice  di
 procedura  penale,  come modificato dalla legge 7 agosto 1997, n. 267
 (Modifica delle disposizioni del codice di procedura penale  in  tema
 di valutazione delle prove), nella parte in cui subordina all'accordo
 delle   parti   l'utilizzabilita'   ai  fini  della  decisione  delle
 dichiarazioni   rese   nella   fase   delle   indagini    preliminari
 dall'imputato in procedimento connesso che si avvalga in dibattimento
 della facolta' di non rispondere;
     che  tutte  le  questioni  sono  state  sollevate  nel  corso  di
 dibattimenti nei quali  alcuni  imputati  in  procedimenti  connessi,
 citati per la prima volta dopo l'entrata in vigore della legge n. 267
 del  1997, si sono avvalsi della facolta' di non rispondere, e che le
 parti  non  hanno  prestato  il  consenso  alla  utilizzazione  delle
 dichiarazioni rese in precedenza;
     che,   secondo  i  rimettenti,  la  norma  impugnata  sarebbe  in
 contrasto con  l'art.  3  della  Costituzione  per  la  irragionevole
 diversita'  della  disciplina  riservata  alle dichiarazioni rese nel
 corso  delle  indagini  preliminari  dall'imputato  in   procedimento
 connesso  che  in  dibattimento  si  avvalga  della  facolta'  di non
 rispondere rispetto a quella  dettata  per  le  stesse  dichiarazioni
 quando  per  fatti  o  circostanze  imprevedibili  non  sia possibile
 ottenere la presenza del soggetto citato ai sensi dell'art. 210  cod.
 proc.  pen.  (r.o.  n. 66 del 1998), nonche' rispetto alla disciplina
 riservata  alle  dichiarazioni  testimoniali  rese  nel  corso  delle
 indagini preliminari (r.o. n. 144 del 1998);
     che  i  rimettenti  lamentano  inoltre  che  la  norma impugnata,
 vietando in  mancanza  dell'accordo  delle  parti  l'acquisizione  di
 quanto  legittimamente  acquisito  prima  del  dibattimento,  deroghi
 irragionevolmente al principio  di  non  dispersione  della  prova  e
 impedisca  al  giudice  la  piena  conoscenza dei fatti del giudizio,
 cosi' sacrificando l'esercizio della funzione giurisdizionale, il cui
 fine e' quello della ricerca della verita', con  conseguente  lesione
 anche  del  principio  dell'obbligatorieta'  dell'azione  penale,  in
 contrasto con gli artt. 3, 25, 101, secondo comma, 111  e  112  della
 Costituzione  (r.o.  n.  36 del 1998 in riferimento agli artt. 3, 25,
 101, secondo comma, e 112 Cost.; r.o. n. 144 del 1998 in  riferimento
 agli  artt.  3, 111 e 112 Cost., nonche' all'art.  24 Cost., sotto il
 profilo della violazione del diritto  dell'imputato  raggiunto  dalle
 dichiarazioni accusatorie al contraddittorio sulle fonti di prova);
     che  nei  giudizi  promossi con le ordinanze iscritte ai nn. 36 e
 144 del r.o. del 1998 e' intervenuto il Presidente del Consiglio  dei
 Ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
 Stato, riportandosi integralmente, stante l'analogia delle questioni,
 al   contenuto   dell'atto  di  intervento  relativo  ai  giudizi  di
 costituzionalita' promossi con le ordinanze iscritte ai nn. 776 e 787
 del r.o. del 1997, gia' decisi con sentenza n. 361 del 1998.
   Considerato che tutte le  ordinanze  di  rimessione,  muovendo  dal
 quadro  normativo risultante dalle modifiche introdotte dalla legge 7
 agosto  1997,  n.  267,  sottopongono  a   censura   il   regime   di
 inutilizzabilita'  ai  fini della decisione, in mancanza dell'accordo
 delle parti, delle  dichiarazioni  rese  nella  fase  delle  indagini
 preliminari  dall'imputato in procedimento connesso che si avvalga in
 dibattimento della facolta' di non rispondere;
     che i giudizi, attesa la sostanziale identita'  delle  questioni,
 vanno riuniti;
     che,  successivamente  alla  emissione  delle  ordinanze,  questa
 Corte, con sentenza n. 361 del 1998, ha inciso  sul  predetto  quadro
 normativo, dichiarando la illegittimita' costituzionale, tra l'altro,
 dell'art.    513,  comma  2,  ultimo periodo, del codice di procedura
 penale "nella parte in cui non prevede che,  qualora  il  dichiarante
 rifiuti  o comunque ometta in tutto o in parte di rispondere su fatti
 concernenti la  responsabilita'  di  altri  gia'  oggetto  delle  sue
 precedenti  dichiarazioni,  in mancanza dell'accordo delle parti alla
 lettura si applica l'art.   500, commi  2-bis  e  4,  del  codice  di
 procedura penale";
     che  pertanto  occorre  restituire gli atti ai giudici rimettenti
 affinche'  verifichino  se,  alla   luce   della   nuova   disciplina
 applicabile  a  seguito  della sentenza n. 361 del 1998, le questioni
 sollevate siano tuttora rilevanti.