ha pronunciato la seguente
                               Ordinanza
 nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 34, comma 2, del
 codice di procedura penale, promossi con due ordinanze  emesse  il  6
 febbraio 1997 dalla Corte d'appello di Torino, iscritte ai nn.  372 e
 373 del registro ordinanze 1997 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale
 della Repubblica n. 26, prima serie speciale, dell'anno 1997.
   Udito  nella  camera  di  consiglio del 24 febbraio 1999 il giudice
 relatore Carlo Mezzanotte.
   Ritenuto che  la  Corte  d'appello  di  Torino,  nel  corso  di  un
 procedimento di ricusazione, con ordinanza in data 6 febbraio 1997 ha
 sollevato  questione  di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 34,
 comma 2, del codice di procedura penale,  "nella  parte  in  cui  non
 prevede  l'incompatibilita' per il giudice del dibattimento che abbia
 pronunciato sentenza di applicazione della pena nei confronti  di  un
 concorrente  in  reato  a  concorso necessario di giudicare gli altri
 coimputati del medesimo reato";
     che con altra ordinanza in pari data  di  identico  contenuto  la
 stessa  Corte d'appello di Torino, nel corso di altro procedimento di
 ricusazione, ha sollevato la medesima questione;
     che le due ordinanze non  indicano  il  parametro  sul  quale  la
 disposizione   censurata   andrebbe  scrutinata,  ma  si  limitano  a
 richiamare la sentenza n. 371  del  1996  di  questa  Corte,  che  ha
 dichiarato  l'illegittimita' costituzionale del citato art. 34, nella
 parte in cui non prevede che non possa partecipare  al  giudizio  nei
 confronti  di un imputato il giudice che abbia pronunciato o concorso
 a  pronunciare  una  precedente  sentenza  nei  confronti  di   altri
 soggetti,  nella  quale  la  posizione  di  quello stesso imputato in
 ordine alla  sua  responsabilita'  penale  sia  gia'  stata  comunque
 valutata;
     che  il  giudice  a  quo  riferisce di dover decidere in ordine a
 dichiarazioni di ricusazione motivate sull'assunto di una  situazione
 di  incompatibilita'  dei  componenti il collegio della prima sezione
 del Tribunale di Torino, avendo essi concorso a pronunciare  sentenze
 di  applicazione  della  pena  su  richiesta  nei  confronti di altri
 concorrenti necessari nel medesimo reato;
     che, ad avviso del remittente, la gia'  intervenuta  applicazione
 della  pena  su richiesta a carico di alcuni soltanto dei concorrenti
 comporterebbe per quel collegio, chiamato a  giudicare  i  ricusanti,
 una   doppia   valutazione   di   merito,   sicche'   non  apparrebbe
 manifestamente infondata la questione di legittimita'  costituzionale
 dell'art.  34,  comma  2,  del codice di procedura penale, poiche' la
 specifica  ipotesi  di  applicazione  della  pena  su  richiesta  nei
 confronti  di  un concorrente necessario non sarebbe stata oggetto di
 esame nella citata sentenza n. 371 del 1996.
   Considerato che le due  ordinanze  hanno  ad  oggetto  la  medesima
 disposizione,  censurata  sotto  identici profili, sicche' i relativi
 giudizi possono essere riuniti per essere decisi congiuntamente;
     che il giudice a quo  dubita  della  legittimita'  costituzionale
 dell'art. 34, comma 2, del codice di procedura penale, nella parte in
 cui  non prevede l'incompatibilita' del giudice del dibattimento, che
 abbia pronunciato sentenza di applicazione della pena  nei  confronti
 di  concorrente in reato a concorso necessario, a giudicare gli altri
 concorrenti nel medesimo reato non patteggianti;
     che il remittente, pur  senza  indicare  alcun  parametro  ne'  i
 principi costituzionali che si assumono violati, richiama la sentenza
 n.  371  del  1996, che ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale
 dell'art.  34, comma 2, del codice di procedura penale,  nella  parte
 in  cui  non  prevede  che  non  possa  partecipare  al  giudizio nei
 confronti di un imputato il giudice che abbia pronunciato o  concorso
 a pronunciare una precedente sentenza nei confronti di altri soggetti
 nella quale la posizione di quello stesso imputato in ordine alla sua
 responsabilita' penale sia gia' stata comunque valutata;
     che le due ordinanze di remissione devono essere interpretate nel
 senso  che,  col  richiamo  alla  sentenza  n. 371 del 1996, si siano
 intesi evocare quali parametri gli artt. 3 e 24  della  Costituzione,
 alla luce dei quali quella pronuncia e' stata resa;
     che,  ad  avviso del remittente, in tale sentenza la questione se
 possa esercitare  le  funzioni  di  giudizio  il  giudice  che  abbia
 concorso   ad  emettere  sentenza  di  applicazione  della  pena  nei
 confronti del concorrente necessario non sarebbe stata fatta  oggetto
 di specifico esame;
     che,  invece,  la dedotta questione e' stata gia' risolta proprio
 dalla sentenza n. 371 del 1996, nella quale si e'  affermato  che  il
 principio costituzionale del giusto processo impedisce che uno stesso
 giudice  valuti  piu'  volte,  in sentenza, in successivi processi la
 responsabilita' penale di una persona in relazione al medesimo reato,
 sicche' tale principio puo' operare anche in ipotesi di  concorso  di
 persone  nel reato, allorche' nei confronti di alcuni dei concorrenti
 vengano celebrati distinti processi;
     che, peraltro, l'incompatibilita' del  giudice  non  puo'  essere
 estesa  a  tutte  le  ipotesi  in  cui  si  proceda separatamente nei
 confronti di diversi soggetti, concorrenti o meno nel  reato,  ma  e'
 circoscritta  ai  casi  in  cui,  con  la  sentenza  che definisce il
 processo  a  carico  di  un  imputato,  vengano  compiute,  sia  pure
 incidentalmente, valutazioni in ordine alla responsabilita' penale di
 una persona formalmente estranea al processo;
     che  accertare  se  in  una  precedente  sentenza  che  si assuma
 pregiudicante sia  stata  effettivamente  compiuta,  in  ordine  alla
 responsabilita'  penale del concorrente rimasto estraneo al processo,
 una valutazione suscettibile di  determinare  l'incompatibilita'  del
 giudice al successivo giudizio non e' compito di questa Corte, ma del
 giudice  a  cui  spetta  decidere  se  la  concreta  fattispecie  sia
 sussumibile sotto l'art.   34,  comma  2,  del  codice  di  procedura
 penale,  quale esso risulta a seguito della parziale dichiarazione di
 illegittimita' costituzionale che lo ha investito;
     che, pertanto, la questione deve essere dichiarata manifestamente
 inammissibile.
   Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11  marzo  1953,  n.
 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi innanzi
 alla Corte costituzionale.