ha pronunciato la seguente
                               Ordinanza
 nei  giudizi di legittimita' costituzionale degli artt. 210, comma 4,
 e 513 comma 2, del codice di procedura penale  e  dell'art.  6  della
 legge  7 agosto 1997, n. 267 (Modifiche delle disposizioni del codice
 di procedura penale in tema di valutazione delle prove), promossi con
 ordinanze emesse il 27 marzo 1998 dal Tribunale  di  Venezia,  il  24
 marzo  1998  dal pretore di Trento, il 22 dicembre 1997 dal Tribunale
 di Bergamo, il 5 maggio 1998 dal pretore di Avezzano, rispettivamente
 iscritte ai nn. 440, 450, 563 e 605 del  registro  ordinanze  1998  e
 pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 25, 36 e 37,
 prima serie speciale dell'anno 1998.
   Visti  gli  atti  di  intervento  del  Presidente del Consiglio dei
 Ministri;
   Udito nella camera di consiglio del 24  febbraio  1999  il  giudice
 relatore Guido Neppi Modona.
   Ritenuto  che  il  Tribunale  di Venezia (r.o. n. 440 del 1998), il
 pretore di Trento (r.o. n. 450 del 1998),  il  Tribunale  di  Bergamo
 (r.o.  n.  563  del  1998)  e il pretore di Avezzano (r.o. n. 605 del
 1998) hanno sollevato questione di legittimita' costituzionale  degli
 artt.  210,  comma 4, e 513, comma 2, del codice di procedura penale,
 nonche' dell'art. 6 della legge n. 267 del 7 agosto  1997  (Modifiche
 delle  disposizioni  del  codice  di  procedura  penale  in  tema  di
 valutazione delle prove), in riferimento agli artt. 3, 24,  25,  101,
 102, 111 e 112 della Costituzione;
     che  i rimettenti censurano l'art. 210, comma 4, cod. proc. pen.,
 nella parte in cui prevede che l'imputato in  procedimento  connesso,
 che   abbia   reso   in   precedenza   dichiarazioni  direttamente  o
 indirettamente indizianti a carico di altri soggetti non presenti nel
 momento  in  cui  tali  dichiarazioni  venivano   rilasciate,   possa
 avvalersi  della facolta' di non rispondere nel dibattimento a carico
 di tali persone, e l'art. 513, comma 2, cod. proc. pen., nella  parte
 in  cui  subordina  all'accordo  delle  parti  la lettura dei verbali
 contenenti le dichiarazioni erga alios precedentemente rese;
     che, a parere dei giudici a  quibus  le  disposizioni  denunciate
 violerebbero  gli  artt.  3,  101 e 112 della Costituzione (r. o. nn.
 440, 450, 563 e 605 del 1998), nonche' gli artt. 24, 25  (r.  o.  nn.
 440,  450  e  563  del 1998), 102 e 111 della Costituzione (r. o. nn.
 450 e 563 del 1998),  perche',  disciplinando  l'utilizzazione  delle
 precedenti  dichiarazioni,  divenute  oggettivamente  irripetibili  a
 causa della scelta imprevedibile di non rispondere  dell'imputato  in
 procedimento  connesso, in maniera irragionevolmente diversa rispetto
 alla  situazione,  analoga,  del  testimone,  condizionerebbero  alla
 volonta'  dei  dichiaranti  o  di  parti controinteressate la ricerca
 della verita' - cui e' funzionale la non dispersione  degli  elementi
 di  prova legittimamente e doverosamente raccolti durante le indagini
 - necessaria per pervenire ad una giusta decisione e  alla  punizione
 dei colpevoli;
     che,  di  conseguenza,  le  disposizioni  denunciate sarebbero di
 ostacolo anche all'effettivo esercizio  della  azione  penale  e  del
 diritto    di    difesa   dell'accusato,   alla   realizzazione   del
 contraddittorio e dei principi di uguaglianza e  legalita',  violando
 pure  i  principi  del  libero  convincimento  del giudice, della sua
 sottoposizione solamente alla legge e  della  indefettibilita'  della
 giurisdizione;
     che  il  Tribunale  di Venezia e il pretore di Avezzano dubitano,
 inoltre, della legittimita' costituzionale dell'art. 6 della legge  7
 agosto 1997, n. 267, nella parte in cui non e' previsto che il regime
 transitorio  trovi  applicazione nei giudizi in corso anche quando al
 momento dell'entrata in vigore della legge n. 267 del  1997  non  sia
 ancora  stata  disposta  la  lettura  delle  dichiarazioni rese dalle
 persone indicate dall'art. 513 cod. proc. pen.  che  si  avvalgono  a
 dibattimento    della    facolta'    di   non   rispondere,   perche'
 irragionevolmente disciplina in  maniera  diversa  l'acquisizione  di
 tali  dichiarazioni  rispetto  a  quelle rese da soggetti che abbiano
 esercitato la facolta' di non rispondere prima dell'entrata in vigore
 della  legge:  cosi'  facendo  dipendere  da  circostanze   temporali
 meramente   casuali,  per  situazioni  analoghe,  regole  diverse  di
 utilizzazione probatoria;
     che tutte le questioni sono state sollevate nel corso di  giudizi
 di  primo  grado nei quali la difesa degli imputati non ha consentito
 alla utilizzazione delle dichiarazioni erga  alios  rese  durante  la
 fase  delle  indagini  da  persone che, citate ai sensi dell'art. 210
 cod. proc. pen., si erano avvalse a dibattimento  della  facolta'  di
 non rispondere;
     che  e'  intervenuto  il  Presidente  del Consiglio dei Ministri,
 rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura   generale   dello   Stato,
 riportandosi   integralmente,   stante  l'analogia  delle  questioni,
 all'atto di intervento  relativo  al  giudizio  di  costituzionalita'
 promosso  con ordinanza r.o. n. 776 del 1997 e deciso con la sentenza
 n. 361 del 1998.
   Considerato che tutte le ordinanze  di  rimessione  sottopongono  a
 censura  la  facolta',  riconosciuta  alle persone indicate dall'art.
 210, comma 1, cod. proc. pen., di avvalersi, a norma del comma 4  del
 medesimo articolo, della facolta' di non rispondere;
     che l'esercizio di tale facolta' viene denunciato in relazione al
 regime  di  inutilizzabilita'  ai  fini  della decisione, in mancanza
 dell'accordo delle parti, delle dichiarazioni rese nella  fase  delle
 indagini  preliminari  dall'imputato  in  procedimento connesso, alla
 stregua delle modifiche introdotte nell'art. 513, comma 2, cod. proc.
 pen. dalla legge n. 267 del 1997, anch'esso sottoposto a scrutinio di
 legittimita' costituzionale;
     che, attesa la sostanziale identita' delle questioni, deve essere
 disposta la riunione dei relativi giudizi;
     che, successivamente all'emissione delle ordinanze, questa Corte,
 con sentenza  n.  361  del  1998,  ha  inciso  sul  quadro  normativo
 risultante dal disposto degli artt. 210 e 513 cod. proc. pen;
     che  con  tale  sentenza  la Corte ha dichiarato l'illegittimita'
 costituzionale dell'art. 513, comma 2, cod. proc. pen.  "nella  parte
 in  cui  non  prevede  che, qualora il dichiarante rifiuti o comunque
 ometta in tutto o in parte di  rispondere  su  fatti  concernenti  la
 responsabilita'   di   altri   gia'   oggetto  delle  sue  precedenti
 dichiarazioni, in mancanza dell'accordo delle parti alla  lettura  si
 applica  l'art.    500,  commi  2-bis  e  4,  del codice di procedura
 penale";
     che con la medesima sentenza la Corte, respingendo le censure nei
 confronti dell'art. 210, comma 4, cod. proc. pen.,  ha  rilevato  che
 l'attuale  qualificazione come imputati dei soggetti indicati in tale
 norma rende coerente la scelta del legislatore di attribuire loro  la
 facolta'  di non rispondere, ed ha individuato lo strumento per porre
 rimedio alle denunce di incostituzionalita'  rivolte  all'art.    210
 cod.   proc.   pen.   nell'estensione   all'esame   dell'imputato  in
 procedimento connesso su  fatti  concernenti  la  responsabilita'  di
 altri  della  disciplina  delle contestazioni prevista dall'art. 500,
 commi 2-bis e 4, cod.  proc. pen;
     che,  infine,  con  riguardo  alle   questioni   concernenti   la
 disciplina transitoria, nella citata sentenza la Corte aveva rilevato
 che,  a  seguito  della  modifica  della  disciplina a regime e della
 possibilita', cosi' introdotta, di "recuperare  mediante  il  sistema
 delle contestazioni i singoli contenuti narrativi delle dichiarazioni
 rese  in  precedenza",  doveva  essere  valutato dai rimettenti se le
 questioni potessero considerarsi superate;
     che pertanto occorre restituire gli atti  ai  giudici  rimettenti
 affinche'  verifichino  se,  alla luce della disciplina applicabile a
 seguito della sentenza n. 361 del 1998, le questioni sollevate  siano
 tuttora rilevanti.