ha pronunciato la seguente
                               Ordinanza
 nei  giudizi  di  legittimita' costituzionale dell'art. 513, comma 1,
 del codice di procedura penale, come modificato dalla legge 7  agosto
 1997,  n.  267  (Modifica  delle disposizioni del codice di procedura
 penale in tema di valutazione delle prove),  promossi  con  ordinanze
 emesse   il   7  maggio  1998  dal  tribunale  di  Civitavecchia  nel
 procedimento penale a carico di R. L. ed altri, iscritta  al  n.  842
 del  registro  ordinanze  1998  e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale
 della Repubblica n. 47, prima serie speciale, dell'anno 1998 e il  30
 ottobre  1998  dalla Corte di assise di Santa Maria Capua Vetere, nel
 procedimento penale a carico di S. G. ed altri, iscritta al n. 74 del
 registro ordinanze 1999 e pubblicata nella Gazzetta  Ufficiale  della
 Repubblica n. 8, prima serie speciale, dell'anno 1999;
   Visto   l'atto  di  itervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri;
   Udito nella camera di consiglio  del  25  maggio  1999  il  giudice
 relatore Guido Neppi Modona.
   Ritenuto che il tribunale di Civitavecchia (r.o. n. 841 del 1998) e
 la  Corte di assise di Santa Maria Capua Vetere (r.o. n. 74 del 1999)
 hanno sollevato, in riferimento agli artt. 3, 25, 101, 102, 111 e 112
 della  Costituzione,   guestione   di   legittimita'   costituzionale
 dell'art.  513,  comma  1,  del  codice  di  procedura  penale,  come
 modificato  dalla  legge  7  agosto  1997,  n.  267  (Modifica  delle
 disposizioni  del  codice  di procedura penale in tema di valutazione
 delle prove), nella parte in cui subordina all'accordo delle parti la
 lettura dei verbali  contenenti  le  dichiarazioni  predibattimentali
 rese   dal   coimputato   contumace,  assente  o  che  si  avvale  in
 dibattimento della facolta' di non rispondere;
     che a parere del tribunale di Civitavecchia l'art. 513 cod. proc.
 pen. sarebbe in contrasto con i predetti precetti costituzionali,  in
 guanto "sulla base delle stesse emergenze processuali taluno potrebbe
 essere  condannato  ed  altri,  imputati  degli  stessi fatti, essere
 assolti per la inutilizzabilita' delle dichiarazioni  (...)  con  una
 manifesta disparita' di trattamento davanti alla legge per le persone
 imputate dello stesso reato";
     che  ad  avviso della Corte di assise di Santa Maria Capua Vetere
 risulterebbe  violato  l'art.  3  della   Costituzione   perche'   la
 disciplina  censurata  potrebbe  in concreto produrre una irrazionale
 disparita' di trattamento tra gli  imputati  di  delitto  a  concorso
 necessario,   lasciando  aperta  la  possibilita'  che  nello  stesso
 processo si addivenga per l'imputato  dichiarante  ad  una  decisione
 diversa rispetto a quella adottata per gli imputati nei cui confronti
 costui ha formulato accuse;
     che  a  parere  del medesimo rimettente sarebbero inoltre violati
 gli  artt.  3,  25,  101,  e  112  della   Costituzione   in   quanto
 risulterebbero    irragionevolmente    sacrificati:   l'esigenza   di
 contemperare il rispetto del principio dell'oralita' con la finalita'
 di evitare che sia tradita la funzione conoscitiva  del  processo,  e
 cosi'  lo  scopo  essenziale  del  processo penale che consiste nella
 ricerca della verita' e  in  una  decisione  giusta;  i  principi  di
 legalita'  (art.  25  Cost.)  e di obbligatorieta' dell'azione penale
 (art. 112 Cost.), che rendono doverosa la  punizione  delle  condotte
 penalmente   sanzionate;   il  principio  di  indefettibilita'  della
 giurisdizione,  perche'  il  diritto  riconosciuto  all'imputato   di
 opporsi  all'utilizzazione di prove a suo carico gli consentirebbe di
 disporre della prova e, quindi, del processo;
     che  le  questioni  sono  state sollevate nel corso di giudizi di
 primo grado nei quali i difensori degli imputati non avevano prestato
 il loro consenso alla acquisizione delle dichiarazioni  rese  durante
 la fase delle indagini preliminari da un coimputato rimasto contumace
 in dibattimento;
     che  nel giudizio relativo alla questione sollevata dal tribunale
 di Civitavecchia e'  intervenuto  il  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
 Stato, riportandosi integralmente all'atto di intervento relativo  al
 giudizio  di  costituzionalita'  promosso con la ordinanza n. 776 del
 r.o. del 1997, deciso con la sentenza n. 361 del  1998,  e  chiedendo
 che la questione sia dichiarata inammissibile e comunque infondata.
   Considerato  che  le  ordinanze  di rimessione, muovendo dal quadro
 normativo risultante dalle modifiche introdotte dalla legge 7  agosto
 1997,  n.  267, sottopongono a censura il regime di inutilizzabilita'
 ai fini' della  decisione,  in  mancanza  del  consenso  degli  altri
 imputati,  delle  dichiarazioni  rese sul fatto altrui dal coimputato
 che in dibattimento rimanga contumace ovvero  rifiuti  di  sottoporsi
 all'esame;
     che i giudizi, attesa l'identita' delle questioni, vanno riuniti;
     che,  successivamente  alla  emissione  delle  ordinanze,  questa
 Corte, con la  sentenza  n.  361  del  1998,  ha  inciso  sul  quadro
 normativo   oggetto  delle  censure,  dichiarando  la  illegittimita'
 costituzionale in  parte  qua,  degli  artt.  513,  comma  2,  ultimo
 periodo, e 210 del codice di procedura penale;
     che,  per effetto di detta pronuncia, all'esame dell'imputato nel
 medesimo procedimento su  fatti  concernenti  la  responsabilita'  di
 altri,  gia'  oggetto  di precedenti dichiarazioni rese all'autorita'
 giudiziaria  o  alla  polizia  giudiziaria  su  delega  del  pubblico
 ministero,  si  applica la disciplina degli artt. 210 e 513, comma 2,
 cod. proc.  pen.;
     che, di conseguenza, al coimputato, che abbia in precedenza  reso
 dichiarazioni  su fatti concernenti la responsabilita' di altri e che
 in dibattimento rimanga contumace ovvero rifiuti o comunque ometta in
 tutto o in parte di  rispondere  in  relazione  a  tali  fatti,  sono
 applicabili,    per   effetto   dell'equiparazione   alla   posizione
 dell'imputato di reato connesso ai sensi dell'art. 513, comma 2, cod.
 proc. pen., l'obbligo  di  presentarsi  al  giudice    e  l'eventuale
 accompagnamento coattivo;
    che  l'art.  513,  comma  2,  cod.  proc. pen. e' stato dichiarato
 illegittimo con la sopra menzionata sentenza nella parte in  cui  non
 prevede  che,  in  mancanza dell'accordo delle parti alla lettura, si
 applica il meccanismo delle contestazioni ex art. 500, commi 2-bis  e
 4, cod.  proc. pen.;
     che  pertanto  occorre  restituire gli atti ai giudici rimettenti
 affinche' verifichino se, alla luce della disciplina applicabile  nei
 giudizi  a  quibus  a  seguito  della  sentenza  n.  361 del 1998, le
 questioni sollevate siano tuttora rilevanti.