IL TRIBUNALE
   Sulle eccezioni sollevate dalle difese degli imputati con  riguardo
 all'incompetenza per territorio di questo tribunale a conoscere delle
 odierne  imputazioni per esserlo il tribunale di Ravenna, nonche' con
 riferimento all'individuazione dell'autorita' giudiziaria alla quale,
 in  caso  di  accoglimento,  andrebbero   trasmetti   gli   atti   in
 applicazione della disciplina di cui all'art. 23 c.p.p.,
                           Ritenuto in fatto
   Con  decreto  in  data 30 luglio 1996 il g.u.p. presso tribunale di
 Bologna disponeva il rinvio a giudizio, dinanzi a quel tribunale,  di
 Bellini  Luciano  piu'  dieci, per rispondere dei delitti di cui agli
 artt. 416-bis, 629 c.p.v. c.p., 73 d.P.R. 309/1990 ed altro,  secondo
 l'articolazione di cui in rubrica.
   Con  sentenza  in  data  10  marzo  1998,  il  tribunale di Bologna
 declinava  la  propria  competenza  per  territorio,  disponendo   la
 trasmissione  degli  atti  al  tribunale  di  Forli',  indicato  come
 competente.
   Con successiva sentenza in data 8 giugno 1998 il medesimo tribunale
 dichiarava la propria incompetenza anche nel procedimento n. 157/1998
 Reg.  trib.  a  carico  di  Giannone  Antonio,   e   la   conseguente
 trasmissione degli atti a questo giudice.
   Quindi,  il  Presidente del tribunale di Forli' emetteva decreto di
 rinvio a giudizio nei confronti  di  tutti  gli  imputati  e  per  le
 rispettive imputazioni.
  Preliminarmente, disposta la riunione dei richiamati procedimenti ed
 altresi'  di  quello n. 3/1999 reg. trib. a carico di Segni Luigi, la
 difesa del Segni eccepiva l'incompetenza  per  territorio  di  questo
 tribunale  per  esserlo il tribunale di Ravenna, questione alla quale
 si associavano le altre difese ed il p.m.; la difesa di  Pace  Pietro
 eccepiva  inoltre  l'intervenuta  violazione  dell'art. 23 c.p.p. per
 essere stati trasmessi gli atti da  parte  del  tribunale  che  aveva
 declinato  la  propria  competenza  per  territorio  al  tribunale di
 Forli', anziche' al p.m. funzionalmente competente.
                          Osserva in diritto
   Quest'ultima eccezione  -  il  cui  accoglimento  comporterebbe  la
 declatatoria  di  nullita'  del  decreto  di  rinvio  a giudizio - e'
 logicamente preliminare rispetto a quella  relativa  alla  competenza
 per  territorio.  Infatti,  essa  involge  l'esercizio  dell'azione e
 quindi  la  regolare instaurazione del rapporto processuale dinanzi a
 questo collegio.
   Al riguardo la difesa del Pace ha richiamato una  recente  sentenza
 della  Corte di Appello di Firenze che, in una situazione processuale
 analoga, in applicazione della sentenza della Corte costituzionale 15
 marzo 1996, n. 70, aveva disposto la  trasmissione  degli  atti  alla
 Procura  della Repubblica - Direzione distrettuale antimafia - presso
 il tribunale del capoluogo del distretto in cui aveva sede il giudice
 territorialmente competente.
   Mette conto rilevare  che  i  giudici  del  tribunale  di  Bologna,
 rimettendo   gli   atti   direttamente   a  questo  tribunale,  hanno
 implicitamente ritenuto che nel caso non dovesse trovare applicazione
 la disciplina derivante dalla  pronunzia  additiva  sopra  richiamata
 sull'art.  23 c.p.p.; ritenevano infatti quei giudici che, essendo il
 g.u.p. del capoluogo del distretto funzionalmente  competente  per  i
 reati  di  cui  all'art. 51, comma 3-bis c.p.p., dovesse considerarsi
 conclusa la fase delle indagini preliminari e che gli atti  potessero
 essere rimessi direttamente alla autorita' giudicante.
   E'  evidente  che  l'assunto si pone in insanabile contrasto con la
 disciplina dettata dall'art 23 c.p.p.,  cosi'  come  ridisegnato  dal
 giudice  della  legge  con le sentenze 11 marzo 1993 n. 76 e 15 marzo
 1996 n. 70; al  riguardo  e'  diritto  vivente  che  tale  disciplina
 comporti  la  regressione automatica del procedimento alla fase delle
 indagini preliminari con conseguente abnormita' del provvedimento che
 disponga la  trasmissione  degli  atti  direttamente  alla  autorita'
 giudicante.   La ratio della decisione si coglie nella violazione del
 diritto di difesa e dell'art. 25, primo comma  Cost.,  in  quanto  la
 remissione  immediata  al  collegio  priva  l'imputato delle facolta'
 difensive  esplicabili  in  udienza  preliminare  celebrata  dal  suo
 giudice naturale.
    Ne  deriva che la perfetta osservanza del dettato normativo appena
 illustrato,   imporrebbe   a    questo    tribunale,    conformandosi
 all'indirizzo  espresso  dalla Corte di Appello di Firenze citata, la
 declaratoria di nullita' del  decreto  di  rinvio  a  giudizio  e  la
 trasmissione degli atti alla Direzione distrettuale di Bologna.
   Ritiene  il  collegio che la situazione processuale che verrebbe ad
 essere determinata dalla applicazione  di  tale  meccanismo  non  sia
 ragionevole,  e  collida  altresi'  con i canoni della economicita' e
 celerita' processuali.
    Ed invero, ai sensi dell'art. 328 comma 1-bis c.p.p.,  al  g.i.p.,
 del  capoluogo del distretto e' attribuita una competenza funzionale,
 sia per la celebrazione dell'udienza preliminare che per  l'eventuale
 giudizio  abbreviato,  a  nulla  rilevando  che il giudizio di merito
 debba poi celebrarsi dinanzi ad altro giudice del distretto.
   Risulta allora evidente che la regressione alla fase delle indagini
 preliminari, nel caso che occupa, risulta  priva  proprio  di  quelle
 giustificazioni  poste  dalla Corte costituzionale a fondamento delle
 ricordate decisioni: nel caso  di  reati  attribuiti  alla  Direzione
 distrettuale  antimafia, la sopra ricordata competenza funzionale del
 g.u.p. del capoluogo del distretto  fa  si'  che,  anche  qualora  il
 g.u.p.  abbia  emesso  decreto  di  rinvio  a  giudizio  di fronte al
 tribunale del distretto territorialmente incompetente, l'imputato sia
 stato in ogni caso  giudicato  da  giudice  dell'udienza  preliminare
 naturalmente competente.
   Il quadro normativo che si viene delineando risulta cosi' composto:
 da  un  lato  il  g.u.p.  del  capoluogo  di  distretto  e'  comunque
 funzionalmente competente; all'altro, la disciplina di  cui  all'art.
 23  c.p.p.  non offre alcun spazio interpretativo al giudice, essendo
 previsto un automatismo che non ammette alcuna eccezione.
   Per tale ordine di considerazioni, si viene pertanto  a  creare  un
 farraginoso  meccanismo  di  automatica  regressione del procedimento
 che, nel  caso  che  occupa,  risulta  privo  di  alcuna  sostanziale
 giustificazione,   e   quindi      collidente   con   i  principi  di
 ragionevolezza   e   di    economia    processuale,    argomentabili,
 rispettivamente, dagli  artt. 3 e 112 Cost.
   Quanto  alla  violazione  dell'art.  3 Cost., la meccanicistica, ma
 (iure  condito)  doverosa,  applicazione  della  disciplina  di   cui
 all'art.23,  primo  comma,  c.p.p. anche per i procedimenti aventi ad
 oggetto i reati di cui all'art. 51, comma 3-bis c.p.p.,  fa  si'  che
 situazioni processuali profondamente diversificate siano assoggettate
 alle  medesima disciplina, in spregio al canone di ragionevolezza; ed
 infatti, prevedere la  trasmissione  degli  atti  al  p.m.  significa
 imporre al processo una regressione che, nel caso in esame, non trova
 giustificazione  nella  effettivita' di tutela del diritto di difesa,
 atteso che l'udienza preliminare gia' ab origine era stata  celebrata
 dinanzi al giudice naturale.
   Proprio  la  peculiarita' dei procedimenti richiamati nell'art. 51,
 comma 3-bis, c.p.p. -  consistente  nel  fatto  che  le  funzioni  di
 pubblico  ministero  e  di g.i.p. - g.u.p. quale che sia il tribunale
 territorialmente competente nel distretto, comunque  si  concentrano,
 in  deroga  ai  criteri  ordinari,  in  capo  al  p.m.  ed  al g.i.p.
 rispettivamente indicati agli artt. 51,  comma  3-bis  e  328,  comma
 1-bis  c.p.p.  -  impone  la  previsione  di  un specifica disciplina
 rispetto ai procedimenti ordinari.
   Le evidenziate peculiarita' delle regole attributive di  competenza
 imporrebbero,  invece,  una  diversificazione  della disciplina nelle
 situazioni processuali che, come quella in  esame,  ne  costituiscono
 logico  sviluppo, differenziazione allo stato preclusa all'interprete
 dal rigido meccanismo normativo sopra descritto.
   Quanto all'art. 112 della Costituzione l'ingiustificata  previsione
 di  una regressione processuale rallenta la definizione del processo,
 aumenta il rischio che lo stesso non possa definirsi in  tempo  utile
 rispetto   al   termine   prescrizionale,  con  cio'  sostanzialmente
 vanificandosi il principio di obbligatorieta' dell'azione penale.
   La questione di diritto sopra  esposta  appare  rilevante  ai  fini
 delle  decisione  che  occupa  il  collegio, in quanto trattasi della
 regola che  disciplina  le  attivita'  processuali  conseguenti  alla
 declaratoria   di   incompetenza  territoriale  gia'  pronunciata  da
 tribunale di Bologna.
    La  stessa,  alla  luce  dei   superiori   rilievi,   appare   non
 manifestamente infondata.
    Il  tribunale solleva pertanto d'ufficio questione di legittimita'
 costituzione dell'art. 23, comma 1 c.p.p., per violazione degli artt.
 3 e 112 Cost., laddove impone al  giudice  che  dichiari  la  propria
 incompete  territoriale,  di  trasmettere  gli  atti  al  p.m. presso
 l'autorita' giudiziaria indicata come competente, anche  nell'ipotesi
 di  reati  di pertinenza della Direzione distrettuale antimafia. Cio'
 che  si  invoca  quindi  dal  giudice  delle  leggi, e' una ulteriore
 sentenza  additiva  del  citato  art.  23,  che   indichi   specifica
 disciplina per il caso predetto, evitando la regressione del processo
 alla  fase  delle  indagini  preliminari,  e  prevedendo di contro la
 diretta trasmissione degli atti alla  autorita'  giudicante  ritenuta
 territorialmente competente.