IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE
   Ha pronunciato la seguente  ordinanza  sui  ricorsi  nn.  12165/98,
 12166/98,   12169/98,   12485/98,   12487/98,  12488/98  e  12489/98,
 proposti, rispettivamente, da Lazzaroni  Marco  (ric.  n.  12165/98),
 Comotti   Rinaldo  (ric.  n.  12166/98)  e  Casilli  Licia  (ric.  n.
 12169/98), rappresentati e difesi dagli avvocati Giuseppe Ramadori  e
 Mauro  Ballarini,  elettivamente  domiciliati  nello studio del primo
 difensore,  in  Roma,  via  Marcello   Prestinari   n.   13;   contro
 l'Universita'  degli  studi di Brescia e Ministero dell'universita' e
 della  ricerca  scientifica  e  tecnologica  rappresentati  e  difesi
 dall'Avvocatura  generale  dello  Stato, ex lege domiciliata in Roma,
 via dei Portoghesi n. 12, per l'annullamento del decreto del Ministro
 dell'universita' e della ricerca scientifica e tecnologica 21  luglio
 1997, n. 245, del decreto 11 giugno 1998 dello stesso Ministro  nella
 parte in cui limita, rispettivamente, a 22 ed a 136 il numero massimo
 di  ammissibili  a frequentare i corsi di laurea di odontoiatria e di
 medicina e chirurgia  presso  l'Universita'  di  Brescia  per  l'anno
 1998/1999   delle   deliberazioni  dell'Universita'  di  Brescia  che
 fissano, rispettivamente, in 22 ed in 136 il numero di posti  massimi
 disponibili  per l'ammissione ai detti corsi; della deliberazione del
 senato  accademico  29   giugno   1998;   del   bando   del   rettore
 dell'Universita'  di  Brescia 20 luglio 1998 in parte qua; dell'esito
 del concorso per l'ammissione ai detti corsi di  laurea;  nonche'  di
 ogni altro atto presupposto, connesso e conseguenziale.
   Nonche',   rispettivamente,   da  Ferrara  Fortunato  F.,  Catalano
 Domenico, Barreca Dario, Monterosso  Antonio,  Vita  Viviana,  Parisi
 Giuseppa,  Marando  Luisa  e  Pizzata  Tiziana (ric. n. 12485/98); da
 Pezzimenti Maria V.;  Borgo  Rosario,  Mandarini  Marcello,  Morabito
 Annunziato  e  Di  Giuseppe  Veronica  (ric.  n. 12487/98); da Micale
 Rosanna, Bolignano  Davide,  Genovese  Francesco  A.,  D'Amico  Maria
 Claudia,   Romeo   Angela,  Longordo  Caterina,  Bonanno  Alessandro,
 Quattromano  Esterina,  Mafrica  Federica,  Ristagno   Rita,   Zappia
 Cristina,  Zappia  Giacomo,  Biondo  Anna  Elisa,  Quartarone  Marco,
 Migliara Marco, Cavallaro Laura, Lucisano  Andrea,  Soliera  Massimo,
 Califano  Andrea  Domenico,  Busacca Roberta, Papadakis Vasileios, La
 Rosa Maria Barbara, Ielo Davide, Foti Michelangelo,  Bosurgi  Andrea,
 Panama  Giuseppe, Panama Luciano, Pirrotta Antonio, La Spina Tiziana,
 Nasso Elena, Puglisi Guerra Vincenzo, Lagana' Giada Lidia,  Pellicano
 Demetrio  (ric.  n. 12488/98); da Barillaro Andrea, Piffari Maurizio,
 Crialesi Esposito Enzo, Puntorieri  Alessandro,  Musci'  Ivan,  Rizzo
 Rosa,  Velo  Alessia,  Coello  Bruno, Scalisi Vincenzo, Romeo Orazio,
 Crea Concetta Patrizia, Mafrici Italo, Surace Antonio Renato, Scarfo'
 Maria, Cuzzocrea Claudia, Mantovani  Enzo,  Giuliano  Massimiliano  e
 Curatola  Federico  (ric.  n. 12489/98); tutti rappresentati e difesi
 dall'avv. Antonino Pellicano', elettivamente domiciliati in Roma, via
 Filippo Corridoni n. 23, nello studio dell'avv. Enzo Antonucci;
   Contro il Ministero dell'universita' e della ricerca scientifica  e
 tecnologica,  in  persona del Ministro in carica; l'Universita' degli
 studi  di  Messina,  in  persona  del  rettore   pro-tempore   legale
 rappresentante; il consiglio della facolta' di medicina e chirurgia e
 consiglio  di  facolta'  di medicina e chirurgia - corso di laurea in
 odontoiatria - Universita' degli studi  di  Messina  in  persona  del
 preside  pro-tempore  legale  rappresentante,  rappresentati e difesi
 dall'Avvocatura generale dello Stato ex lege domiciliata in Roma, via
 dei Portoghesi n. 12, per l'annulIamento:
     a) delle graduatorie generali di merito, pubblicate in data 15-16
 settembre 1998 relative alla prova di ammissione ai corsi  di  laurea
 in  medicina  e  chirurgia  e  in  odontoiatria  e  protesi  dentaria
 dell'Universita' di Messina per  l'anno  accademico  1998/1999  nella
 parte  in  cui  non  risultano  inseriti i ricorrenti tra i vincitori
 ammessi all'iscrizione al primo anno di detti corsi;
     b) del decreto  ministeriale  del  Ministero  dell'universita'  e
 della   ricerca   scientifica   e  tecnologica  dell'11  giugno  1998
 pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 143 del  22  giugno  1998  che
 fissa,  relativamente  all'anno accademico 1998/1999, il numero degli
 studenti da ammettere ai detti corsi; e i relativi bandi di  concorso
 pubblicati dall'Universita' di Messina;
     c) del decreto ministeriale n. 245 del 21 luglio 1997;
     d) di ogni altro provvedimento, delibera e/o atto amministrativo,
 presupposto  contestuale  e  comunque  connesso  agli atti impugnati,
 assunti dal Ministro dell'universita' e della ricerca  scientifica  e
 tecnologica ovvero dagli organi accademici cui e' diretto il presente
 ricorso e non conosciuto dai ricorrenti.
   Visti i ricorsi con i relativi allegati;
   Visti  gli  atti  di  costituzione in giudizio dell'amministrazione
 intimata;
   Visti gli atti tutti della causa;
   Nominato relatore, per la camera di consiglio del 28 ottobre  1998,
 il consigliere Bruno Mollica;
   Uditi,   altresi',   i  difensori  delle  parti,  come  da  verbale
 d'udienza;
   Ritenuto e considerato in fatto e in diritto;
                            Fatto e diritto
   1. - Con i ricorsi all'esame della Sezione - di cui va disposta  la
 riunione  ai  soli  fini  della  trattazione  della  presente fase di
 giudizio - i ricorrenti  investono  i  provvedimenti  specificati  in
 epigrafe  nella  parte in cui determinano la preclusione dell'accesso
 ai corsi universitari cui i medesimi aspirano ad essere iscritti  per
 l'anno  accademico  1998/1999,  e ne chiedono, in via incidentale, la
 sospensione: e su tale richiesta cautelare la sezione e'  chiamata  a
 decidere.
   Trattasi  di  corsi  per i quali l'amministrazione, attraverso atti
 regolamentari e di attuazione,  ha  imposto  consistenti  limitazioni
 nelle iscrizioni.
   L'agire   dell'amministrazione,   -   in   particolare  il  decreto
 ministeriale 21 luglio 1997 n. 245  ("Regolamento  recante  norme  in
 materia  di  accessi  alla  istruzione  universitaria  e  di connesse
 attivita' di orientamento" - trova dichiaratamente supporto normativo
 nell'art. 9, quarto comma, della legge 19 novembre 1990, n. 341, come
 modificato dall'art. 17, comma 116, della legge 15  maggio  1997,  n.
 127,   che   ha   attribuito   ad   un   atto  emanato  dal  Ministro
 dell'universita' e della ricerca scientifica e tecnologica il  potere
 di determinare la limitazione degli accessi di cui trattasi.
   Ed  invero,  l'art.  9  citato,  a  seguito  della  detta modifica,
 stabilisce  che  il  Ministro  "definisce,  su  conforme  parere  del
 Consiglio   universitario   nazionale,  i  criteri  generali  per  la
 regolamentazione dell'accesso alle scuole di specializzazione  ed  ai
 corsi  universitari,  anche  a  quelli per i quali l'atto emanato dal
 Ministro preveda una limitazione nelle iscrizioni".
   La sezione dubita della legittimita'  costituzionale  della  norma;
 pertanto,  ritiene di dover sollevare, anche  d'ufficio per i profili
 non   trattati   dai   ricorrenti,   la   relativa    questione    di
 costituzionalita', per contrasto col principio della riserva di legge
 e, conseguentemente, con gli artt. 33 e 34 della Costituzione.
   2. - La questione appare rilevante sotto un duplice profilo.
   Da  un  lato,  sembra  incontrovertibile  che  la  tutela  cui mira
 l'azione  intrapresa  discende,   nella   specie,   dalla   eventuale
 eliminazione   dalla   realta'   giuridica  della  disposizione  che,
 conferendo il detto potere all'amministrazione, consente alla  stessa
 di  precludere  o  limitare  l'accesso ai corsi universitari: si' che
 viene a configurarsi   un'assoluta priorita' - anche  in  ragione  di
 principi  attinenti  all'economia  di giudizio - di trattazione della
 detta  questione.  E' infatti evidente che la caducazione delle norme
 che consentono al Ministro dell'universita' di porre limitazioni alle
 iscrizioni  consentirebbe  la  soddisfazione   piena   dell'interesse
 dedotto   in   giudizio   dai  ricorrenti,  consentendo  agli  stessi
 l'iscrizione al corso  senza  sottomettersi  a  procedure  selettive,
 mentre  le  altre  censure  sollevano  questioni  che,  ove  fondate,
 assicurerebbero un grado minore di  soddisfazione  all'interesse  dei
 ricorrenti   e  si  presentano  subordinate  all'esito  eventualmente
 negativo dell'incidente di costituzionalita'.
   Dall'altro, la  indicata  rilevanza  deve  ritenersi  configurabile
 anche  nella  presente  fase  cautelare,  atteso  che  il  dubbio  di
 costituzionalita' in ordine alla norma precitata, che costituisce  la
 fonte   del  potere  nella  specie  esercitato  dall'amministrazione,
 preclude al collegio una pronuncia definitiva, sia pure  in  sede  di
 sommaria  delibazione,  sull'esistenza o meno del fumus della pretesa
 azionata,  non  potendo  tale  valutazione  essere  svincolata  dalla
 decisione  della  Corte  sulla  portata della norma sottoposta al suo
 esame.
   3. - La questione appare altresi' non manifestamente infondata.
   Ritiene la sezione che, in materia di  accesso  agli  studi,  anche
 universitari,  sussista in base agli artt. 33 e 34 della Costituzione
 una riserva relativa di legge, con la conseguenza che, in mancanza di
 norme  legislative  che  attribuiscano  all'amministrazione   -   nel
 rispetto  dei  caratteri costitutivi della riserva stessa - il potere
 di stabilire limitazioni alle iscrizioni ai corsi,  devono  ritenersi
 illegittimi  i  provvedimenti  regolamentari o di attuazione che tali
 limitazioni prevedano.
   La configurabilita', nella materia,  di  una  riserva  relativa  di
 legge  costituisce  ius  receptum  nella  giurisprudenza  del giudice
 amministrativo (in tal senso, T.A.R. Lazio, III sez., 3  aprile  1996
 n. 763 e 14 settembre 1994, n. 1632; TA.R. Toscana, I sez., 24 aprile
 1997,  n.    78;  T.A.R. Veneto, I sez., 13 giugno 1992, n. 222 e, II
 sez., 13 giugno 1997, n. 1015; T.A.R.  Liguria,  II  sez.,  21  marzo
 1995, n.  197).
   Ed  invero,  e'  l'art.  33,  secondo  comma,  della Costituzione a
 stabilire espressamente che "la Repubblica detta  le  norme  generali
 sull'istruzione  e  istituisce scuole statali di ogni ordine e grado"
 nel quadro di quella previsione del successivo art. 34, primo  comma,
 che  sancisce  che  "la  scuola  e' aperta a tutti" (e che ha trovato
 attuazione, per le Universita', con la legge  11  dicembre  1969,  n.
 910).
   E  laddove  il  legislatore  ha  ritenuto di introdurre limitazioni
 all'accesso, vi ha provveduto, di norma direttamente (basti ricordare
 l'art. 24, secondo comma, della legge 7 febbraio 1958, n. 88, che, in
 ordine all'iscrizione al  primo  anno  degli  istituti  superiori  di
 educazione   fisica,  prevede  un  numero  di  posti  determinati  da
 assegnare mediante concorso per esami; l'art. 3 della legge 21 luglio
 1961, n. 685, che limitava l'accesso  dei  diplomati  degli  istituti
 tecnici a determinate facolta' per gli anni accademici dal 1961/62 al
 1964/65,  per un numero predeterminato di posti da assegnare mediante
 concorso per  titoli  ed  esami)  ovvero  mediante  attribuzione  del
 relativo  potere alla pubblica amministrazione nell'ambito, peraltro,
 fissato dalla legge stessa (ci si  riferisce,  ad  es.,  all'art.  38
 della  legge  14  agosto 1982, n. 590, con cui, al fine di consentire
 l'avvio   programmato   dei   corsi  di'  laurea,  si  e'  attribuito
 all'amministrazione universitaria il potere di determinare,  peraltro
 con  espressa  limitazione  temporale  - ai primi sei anni successivi
 all'attivazione di ciascun corso di laurea - il numero massimo  delle
 iscrizioni).
   Orbene,  la  previsione costituzionale di riserva relativa di legge
 per una determinata materia non preclude al legislatore ordinario  di
 demandare  ad  altre  fonti sottoordinate la disciplina della materia
 stessa,  consentendo  anzi  che  il  precetto  espresso  dalla  norma
 primaria  possa essere integrato da atti di normazione secondaria che
 lo rendano meglio aderente alla multiforme  realta'  socio-economica,
 ma  cio'  e'  possibile  solo  previa  determinazione di una serie di
 precetti idonei ad indirizzare e vincolare la  normazione  secondaria
 entro  confini  ben  delineati  o,  quantomeno, previa determinazione
 delle linee essenziali della disciplina stessa.
   In proposito, e' costante l'insegnamento del  giudice  delle  leggi
 sulla necessita' che non "residui la possibilita' di scelte del tutto
 libere  e  percio'  eventualmente  arbitrarie  della  stessa pubblica
 amministrazione,  ma    sussistano  nella  previsione  legislativa  -
 considerata  nella  complessiva  disciplina della materia - razionali
 ed adeguati criteri" (Corte costituzione 5 febbraio  1986,  n.  34  e
 giurisprudenza ivi richiamata:  sentenze nn. 4, 30 e 122 del 1957; 70
 del 1960; 48 del 1961; 72 e 129 del 1969; 144 del 1972; 257 del 1982;
 ordinanza nn. 31 e 139
  del 1985).
   Se  cio'  e' vero, la disposizione dell'art. 9, quarto comma, della
 legge n. 341 del 1990, come modificata dal l'art. 17, comma 116,  non
 sembra esente da precitati profili di incostituzionalita'.
   La  norma,  invero, conferisce al Ministro, come gia' ricordato, il
 potere di determinare la  limitazione  degli  accessi  all'istruzione
 universitaria,  e  cio' fa non solo senza alcuna individuazione delle
 linee essenziali della disciplina - pur vertendo in  materia  coperta
 da  riserva di legge - ma addirittura attribuendo al Ministro stesso,
 con  l'ausilio  di  altro  organo   dell'amministrazione   (Consiglio
 universitario nazionale), la stessa definizione dei "criteri generali
 per la regolamentazione dell'accesso... ai corsi universitari".
   Sembra   pertanto   ipotizzabile   la   violazione   del  principio
 costituzionale  della  riserva  relativa  di  legge;  il  che  sembra
 comportare  altresi' la violazione, mediante l'adozione di meccanismi
 di produzione giuridica non conformi al dettato  costituzionale,  del
 principio della tutela del diritto allo studio, postulalo dagli artt.
 33 e 34 della Costituzione.
   4.  -  Per  le  considerazioni  che  precedono, va conseguentemente
 sollevata; la questione di legittimita' costituzionale  dell'art.  9,
 quarto comma citato, per contrasto col principio costituzionale della
 riserva  relativa  di  legge  nonche'  con  gli  artt.  33 e 34 della
 Costituzione.
   Va disposta,  pertanto,  la  trasmissione  degli  atti  alla  Corte
 costituzionale  con  conseguente  sospensione  del  giudizio ai sensi
 dell'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n.  87,    per  la  pronuncia
 sulla legittimita' costituzionale della suindicata norma.