ha pronunciato la seguente
                                Sentenza
 nel  giudizio  per  conflitto  di  attribuzione sorto a seguito degli
 artt. 1, 2, comma 1, lett. b) c) d) ed f) e 4, comma 2,  del  decreto
 del  Ministro  della  sanita'  17  luglio  1997,  n. 308 concernente:
 "Regolamento  recante  norme  per  la  disciplina  dei   compiti   di
 coordinamento   a   livello  nazionale  delle  attivita'  dei  centri
 regionali di coordinamento e compensazione in materia  di  sangue  ed
 emoderivati",   promosso  con  ricorso  della  provincia  di  Trento,
 notificato il 14 novembre  1997,  depositato  in  Cancelleria  il  20
 successivo ed iscritto al n. 53 del registro dei conflitti 1997;
   Visto  l'atto  di  costituzione  del  Presidente  del Consiglio dei
 Ministri;
   Udito nell'udienza  pubblica  del  28  settembre  1999  il  giudice
 relatore Piero Alberto Capotosti;
   Uditi  l'avv.  Giandomenico  Falcon  per  la  provincia di Trento e
 l'Avvocato dello Stato Giuseppe Orazio Russo per  il  Presidente  del
 Consiglio dei Ministri;
                           Ritenuto in fatto
   1.  -  Con  ricorso  notificato il 14 novembre 1997 e depositato il
 successivo 20 novembre, la provincia di Trento ha sollevato conflitto
 di attribuzione nei confronti dello Stato in relazione agli  articoli
 1,  2,  comma  1,    lettere  b), c), d), e) ed f), e 4, comma 2, del
 decreto  del  Ministro  della  sanita'  17  luglio  1997,   n.   308,
 concernente  "Regolamento recante norme per la disciplina dei compiti
 di coordinamento a  livello  nazionale  delle  attivita'  dei  centri
 regionali  di  coordinamento  e compensazione in materia di sangue ed
 emoderivati". Secondo la provincia, il provvedimento  ministeriale  -
 che  all'art.  4,  comma  2,  si  indirizza  espressamente anche alle
 province autonome, e che la ricorrente ritiene pero' di impugnare "in
 via cautelativa" anche con riferimento alle altre  disposizioni,  che
 si  riferiscono piu' genericamente alle "Regioni" - invade le proprie
 competenze in materia di igiene e sanita', in violazione dell'art. 9,
 numero  10)  e  dell'art.  16  dello  statuto  speciale di autonomia;
 dell'art. 2, comma 2, del d.P.R. 28  marzo  1975  n.  474  (Norme  di
 attuazione  dello  Statuto  per  la  regione  Trentino  Alto-Adige in
 materia di igiene e sanita'); dell'articolo  8,  comma  1,  comma  2,
 lett. b) e c) e comma 4, e dell'articolo 11, comma 1 e comma 3, lett.
 h)  della  legge  4  maggio 1990, n. 107 (Disciplina per le attivita'
 trasfusionali relative al sangue umano ed ai suoi componenti e per la
 produzione  di  plasmaderivati),  ed  infine  dell'art.   136   della
 Costituzione e dell'art. 17, comma 1, lett. b), e comma 3 della legge
 23  agosto  1988,  n.  400  (Disciplina  dell'attivita'  di Governo e
 ordinamento della Presidenza del Consiglio dei ministri).
   La  Provincia   premette   che,   nel   settore   delle   attivita'
 trasfusionali  e  della  raccolta  di sangue umano, il Ministro della
 sanita' e' titolare di un potere  regolamentare  limitato  all'ambito
 "della  competenza sua propria e delle autorita' a lui sottordinate",
 anche  per  effetto  della  sentenza  n.  49  del  1991  della  Corte
 Costituzionale  che  ha  dichiarato  illegittimo  l'art. 11, comma 1,
 della citata legge  n.  107  del  1990,  nella  parte  in  cui  detta
 disposizione  prevedeva  un  potere  del Ministro di emanare norme di
 indirizzo  e  coordinamento  nei  confronti  delle  Regioni  e  delle
 Province autonome. Il provvedimento impugnato, secondo la ricorrente,
 esorbita   quindi  dalle  competenze  ministeriali,  proprio  perche'
 stabilisce una serie di compiti, di  adempimenti,  di  finalita'  che
 intendono   indirizzare   l'attivita'   dei  servizi  sanitari  della
 provincia nel settore  delle  emotrasfusioni  e  della  raccolta  del
 sangue.
   2.  - In particolare la Provincia deduce l'invasivita' dell'art.  1
 del decreto, in quanto pone quale compito del decreto  stesso  quello
 di  individuare  "gli obiettivi generali e gli interventi da compiere
 per assicurare una risposta organica ai problemi  che  caratterizzano
 il  settore  trasfusionale",  compito  che,  sempre  ad  avviso della
 Provincia, non puo' essere assunto da un regolamento ministeriale ma,
 se mai, da una legge-quadro.
   Anche l'art. 2, comma 1, lettere b), c), d), esorbita,  secondo  la
 ricorrente, dalle competenze statali, in quanto prevede il potere del
 Ministro  della sanita' di definire particolari procedure fondate "su
 poteri ministeriali di codeterminazione e verifica"  nello  specifico
 settore    delle   attivita'   relative   al   raggiungimento   della
 autosufficienza di sangue, in violazione del principio secondo cui le
 funzioni amministrative dirette ad  assicurare  l'autosufficienza  di
 sangue  ed  emoderivati  e  le  eventuali redistribuzioni spettano ai
 centri regionali di coordinamento.
  Lo stesso art. 2, comma  1,  lettere  e)  ed  f),  sarebbe  altresi'
 illegittimo  in  quanto  attribuisce  al  Ministro  della  sanita' il
 compito di "emanare le linee guida relative ai modelli  organizzativi
 e  di  funzionamento  delle  attivita'  trasfusionali ed alla pratica
 trasfusionale  nonche'  alla  formazione  ed  all'aggiornamento   del
 personale,  che  competono  alle regioni ed all'istituto superiore di
 sanita'", nonche' quello, ulteriore, di  definire  "il  programma  di
 emovigilanza",  nozione  che  non sarebbe prevista dalla legislazione
 vigente.
   Infine,  l'art.  4,  comma 2, del decreto impugnato e' invasivo, ad
 avviso della Provincia, delle proprie attribuzioni, poiche'  dispone,
 al fine di assicurare "il coordinamento delle attivita' trasfusionali
 sotto  il  profilo programmatorio e finanziario", che le regioni e le
 province autonome adottino le iniziative di  carattere  organizzativo
 necessarie  per  espletare  una  serie  di  funzioni  che  la  stessa
 disposizione elenca alle lettere a), b), c), d) ed e).  La ricorrente
 lamenta che una tale previsione  configurerebbe  l'esercizio  di  una
 vera  e  propria funzione di indirizzo e coordinamento dell'attivita'
 regionale  e   conclude   chiedendo   l'annullamento   del   decreto,
 limitatamente alle disposizioni impugnate.
   3.  -  Si e' costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei
 Ministri, con il patrocinio  dell'Avvocatura  generale  dello  Stato,
 chiedendo   che   il  ricorso  sia  dichiarato  inammissibile  ovvero
 infondato, in quanto, a suo avviso, il decreto impugnato non  sarebbe
 espressione  di  una  funzione di indirizzo e coordinamento, invasiva
 della sfera di competenza costituzionalmente riservata  alle  Regioni
 ed  alle  Province autonome. In una memoria depositata in prossimita'
 dell'udienza, la difesa erariale osserva che  l'art.  1  del  decreto
 integra  una  mera  dichiarazione  di  intenti, di per se' stessa non
 lesiva, e  comunque  rientrante  nella  competenza  dello  Stato.  Le
 lettere   b),   c)   e   d),   dell'art.  2,  contengono,  ad  avviso
 dell'Avvocatura   generale,   soltanto   una   sollecitazione    alla
 collaborazione  -  costituzionalmente  obbligatoria  - da parte delle
 regioni e delle province autonome. Inoltre, per quanto  attiene  alle
 lettere  e)  ed  f)  dello  stesso articolo, la Provincia non avrebbe
 interesse ad impugnarle, in  quanto  sia  "le  linee  guida"  sia  il
 programma  di  emovigilanza  cui esse fanno riferimento non sarebbero
 comunque vincolanti per la provincia stessa.
   La difesa dello Stato  eccepisce  infine  l'inammissibilita'  della
 censura  riferita  all'art.  4,  comma  2, per difetto di una congrua
 motivazione,  e  comunque  ne  deduce  l'infondatezza,   perche'   la
 disposizione   tende   ad   assicurare   la  soluzione  del  problema
 dell'autosufficienza della disponibilita' di sangue, che e' obiettivo
 direttamente fissato dall'art. 8, comma 1, della  legge  n.  107  del
 1990. L'art. 4 del decreto, di conseguenza, stabilisce che le regioni
 si  organizzino per svolgere una serie di funzioni che "discendono, o
 sono collegate" agli obiettivi posti dallo stesso art.  8,  lasciando
 alla  "assoluta  discrezionalita'  degli  enti  locali"  la scelta di
 stabilire se e quali iniziative adottare per l'espletamento di  dette
 funzioni.
                        Considerato in diritto
   1.  -  Il ricorso per conflitto di attribuzione nei confronti dello
 Stato promosso dalla provincia autonoma  di  Trento  ha  per  oggetto
 l'art.  1,  l'art.  2, comma 1, lettere b), c), d) e) ed f), e l'art.
 4, comma 2, del decreto del Ministro della sanita' 17 luglio 1997, n.
 308.  Queste  disposizioni,  stabilendo  una  serie  di  compiti,  di
 adempimenti, di finalita' relativi all'attivita' dei servizi sanitari
 della Provincia nel settore delle emotrasfusioni e della raccolta del
 sangue,  ad avviso della ricorrente, violerebbero, in quanto invasive
 delle competenze provinciali, l'art. 9, numero 10 e l'art.  16  dello
 statuto speciale di autonomia, come attuato dall'art. 2, comma 2, del
 d.P.R.  28  marzo  1975,  n. 474, che appunto prevedono la competenza
 provinciale in materia di igiene e sanita', nonche' l'art.  8,  comma
 1,  comma 2, lett. b) e c) e comma 4, e l'art. 11, comma 1 e comma 3,
 lett.  h)  della  legge  4  maggio 1990, n. 107. Secondo la Provincia
 ricorrente, inoltre, sarebbero violati, sotto diversi profili,  anche
 l'art. 136 della Costituzione e l'art. 17, comma 1, lett. b), e comma
 3 della legge 23 agosto 1988, n. 400.
   2. - Il ricorso deve essere accolto.
   Il  conflitto  in esame verte sull'asserita invasione, da parte del
 decreto ministeriale impugnato,  delle  attribuzioni  in  materia  di
 igiene,  sanita'  ed  assistenza  sanitaria ed ospedaliera, riservate
 alla Provincia di Trento dalle suindicate disposizioni  statutarie  e
 di  attuazione,  in base alle quali "alle Province autonome competono
 le potesta' legislative ed amministrative attinenti al  funzionamento
 ed alla gestione delle istituzioni ed enti sanitari".
   L'accertamento  del  carattere  lesivo  del  predetto  decreto deve
 quindi prendere  le  mosse  dall'individuazione  del  suo  fondamento
 legislativo  al fine di precisarne l'ambito di applicazione; a questo
 riguardo appaiono invocabili essenzialmente l'art. 8, comma 4,  della
 legge 4 maggio 1990, n. 107 e l'art. 11 della stessa legge.
   La  prima  di  queste  due  disposizioni,  che  va  considerata "in
 particolare" - come  risulta  testualmente  stabilito  dal  preambolo
 dell'atto  impugnato  -  prevede  come  proprio  soggetto  l'Istituto
 superiore  di  sanita',  cui  compete  il   compito   di   coordinare
 l'attivita'  dei  centri  regionali  e  di favorire l'autosufficienza
 nazionale di sangue  e  di  emoderivati,  mentre  al  Ministro  della
 sanita' compete solo di emanare, sentita la Commissione nazionale per
 il  servizio  trasfusionale,  le  "normative  tecniche",  che appunto
 l'Istituto superiore di sanita' deve attuare.
   La seconda disposizione da prendere in considerazione e' l'art.  11
 della stessa legge n. 107, che nel testo originario stabiliva che  il
 Ministro  della  sanita' "emana le norme di indirizzo e coordinamento
 alle quali devono conformarsi le regioni e le  province  autonome  di
 Trento e di Bolzano per l'attuazione della presente legge". Senonche'
 questa  Corte  con  la  sentenza  n.  49  del 1991 ha deciso che, pur
 potendosi considerare, per certi aspetti, la predetta  legge  n.  107
 come  legge-cornice, non era comunque possibile ricondurre, per forma
 e per contenuti, la potesta' normativa prevista dall'art.  11,  comma
 1,  alla  funzione  di  indirizzo  e  coordinamento, cosicche' doveva
 essere  dichiarato  costituzionalmente   illegittimo   l'inciso   "di
 indirizzo e coordinamento, alle quali devono conformarsi le regioni e
 le  province  autonome di Trento e di Bolzano". Il comma in questione
 pertanto, secondo la predetta  sentenza,  "rimane  circoscritto  alla
 previsione  che  il  Ministro  della  sanita'  ''emana  le  norme per
 l'attuazione della presente legge''", naturalmente nel  rispetto  dei
 limiti,  trattandosi  di  potesta' regolamentare volta all'attuazione
 della legge, previsti dall'art. 17 della legge n. 400 del  1988,  tra
 cui quello fissato dal primo comma lett. b) che preclude appunto alla
 fonte  secondaria  di disciplinare "materie riservate alla competenza
 regionale"  (sentenza  n.  49  del  1991).  In  base  a  queste   due
 disposizioni,  che  costituiscono lo specifico fondamento legislativo
 del decreto, si puo' dunque ritenere che la competenza normativa  del
 Ministro   della   sanita'  in  questo  settore  vada  essenzialmente
 circoscritta alla formulazione di norme di attuazione della legge  n.
 107  del  1990,  non  incidenti su materie "riservate alla competenza
 regionale". Questi limiti, pero', non appaiono rispettati dal decreto
 ministeriale in oggetto.
   3.  -  Premesso che, riguardo al testo normativo in esame, non c'e'
 ragione per discostarsi da quanto stabilito nella citata decisione n.
 49 del 1991 in ordine alla conclusione che "la locuzione  ''regioni''
 abbia  il suo significato piu' ampio comprensivo anche delle province
 ad  autonomia  differenziata,  oltreche'  delle  regioni  a   statuto
 speciale",  il primo profilo da valutare concerne proprio l'incidenza
 del  decreto  impugnato  su   materie   riservate   alla   competenza
 provinciale.
   A questo riguardo, e' palese il carattere invasivo delle competenze
 provinciali  del suddetto regolamento ministeriale, che, all'art.  1,
 si propone di individuare addirittura "gli obiettivi generali  e  gli
 interventi  da  compiere  per  assicurare  una  risposta  organica ai
 problemi che caratterizzano il settore trasfusionale";  all'art.    2
 stabilisce,  tra l'altro, che il Ministero della sanita' concorda con
 le regioni, evidentemente in funzione di indirizzo  e  coordinamento,
 particolari  procedure per il raggiungimento della autosufficienza di
 sangue o per la distribuzione dei plasmaderivati eccedenti, emana "le
 linee guida relative ai  modelli  organizzativi  e  di  funzionamento
 delle  attivita'  trasfusionali ed alla pratica trasfusionale nonche'
 alla formazione ed aggiornamento del  personale  che  competono  alle
 regioni  ed  all'Istituto  superiore di sanita'" e definisce altresi'
 "il programma di emovigilanza"; all'art. 4 dispone che,  al  fine  di
 assicurare  "il  coordinamento delle attivita' trasfusionali sotto il
 profilo programmatorio e finanziario",  "le  regioni  e  le  province
 autonome   adottano   le   iniziative   di  carattere  organizzativo"
 necessarie per l'adempimento di una serie di funzioni.
   4. - Si tratta di prescrizioni che, per il loro contenuto diretto a
 vincolare  lo  svolgimento  di  funzioni  provinciali  attraverso  la
 fissazione  di  particolari  compiti  e  procedure  obbligatoriamente
 concordati con regioni e  province,  nonche'  di  forme  di  verifica
 ministeriali,  chiaramente  eccedono  l'ambito  dell'attuazione della
 legge per integrare viceversa un modo surrettizio di esercizio di una
 vera e propria funzione di indirizzo e  coordinamento  dell'attivita'
 provinciale  in  materia;  funzione  gia'  dichiarata  illegittima da
 questa Corte.   Risulta cosi'  lesa  la  competenza  provinciale  nel
 settore  dell'assistenza  sanitaria  ed  ospedaliera,  non potendo un
 regolamento ministeriale porre norme volte a limitare la sfera  delle
 competenze  delle  Regioni  e delle Province autonome in materie loro
 attribuite (sentenze n.   61 del  1997  e  n.  250  del  1996).  Ne',
 d'altronde,  e'  evidentemente  accoglibile  la  prospettazione della
 difesa dello Stato che, nel caso in esame, si tratterebbe di una pura
 "sollecitazione alla collaborazione" tra Stato e Provincia,  giacche'
 l'atto impugnato ha comunque l'efficacia tipica di una fonte.
   D'altra  parte,  l'atto  impugnato neppure realizza una particolare
 forma di coordinamento "tecnico", perche', in base all'art. 8,  comma
 4,  della  legge  n.  107,  tale coordinamento doveva essere affidato
 all'Istituto superiore di sanita', in quanto dotato delle  necessarie
 competenze  tecniche  (sentenza  n.  49 del 1991), mentre al Ministro
 della sanita' spettava solo  l'emanazione  di  "normative  tecniche",
 basate  cioe'  su  criteri  e  giudizi  scientifici, quali invece non
 possono  considerarsi  le  disposizioni  in   esame,   che   appaiono
 precipuamente  dirette  "a  fissare  criteri  di  organizzazione,  ad
 individuare organi e procedure" (sentenza n. 61 del 1997).
   Per tutte queste ragioni e' quindi palese il carattere invasivo del
 decreto   impugnato   rispetto   alle  attribuzioni  della  provincia
 ricorrente. L'accoglimento  del  ricorso  per  i  motivi  prospettati
 assorbe ogni altra censura.