LA CORTE DI APPELLO Ha pronunciato la seguente ordinanza nella causa civile in primo grado iscritta a ruolo in data 25 novembre 1994 al n. 520/1994 r.g. promossa con atto di citazione notificato in data 16-17 novembre 1994 da Andreaus Marco, residente in Trento, via Falzolgher, 47, Andreaus Clara, residente in Trento, via Giardini n. 43/9, Zanfei Cesare, residente a Mori (Trento), via G. Marconi, n. 36, Gimor S.a.s., in persona del legale rappresentante pro-tempore, con sede in Trento, via del Suffragio n. 3, tutti rappresentati e difesi dall'avv.to Marco Detassis di Trento, domiciliatario per delega a margine dell'atto di citazione, attori. Contro comune di Mori, in persona del sindaco pro-tempore, rappresentato e difeso dall'avv.to Giulio Giovannini di Trento, domiciliatario per delega a margine della comparsa di risposta. Convenuto. Oggetto: determinazione indennita' esproprio. Causa ritenuta in decisione all'udienza collegiale del 23 novembre 1999. Con citazione notificata il 16 novembre 1994 Andreaus Marco, Andreaus Clara, Zanfei Cesare e la S.a.s. Gimor proponevano opposizione avverso il decreto di fissazione dell'indennita' di esproprio dei fondi di loro proprieta' determinata in circa L. 53.000 al mq., assumendo che i valori stimati dalla provincia non rispondevano assolutamente al valore di mercato de beni espropriati ne' costituivano serio ristoro della perdita delle loro proprieta'. Si costituiva in giudizio il comune di Mori precisando che l'indennita' di esproprio era stata calcolata secondo i parametri previsti dalla legge provinciale n. 6/1993. Nel corso della fase istruttoria veniva disposta consulenza tecnica d'ufficio accertativa della consistenza e del valore dei fondi, nonche' supplemento alla stessa. All'udienza del 4 giugno 1999 le parti precisavano le conclusioni come in epigrafe trascritte. Motivazione Deve anzitutto precisarsi, in punto di fatto, che i terreni oggetto di esproprio sono stati, come emerge dagli elaborati tecnici in atti, per lungo tempo utilizzati come cava e sono stati poi, ma prima del decreto di esproprio, trasformati per diverse utilizzazioni. Trattasi, dunque, come anche di recente affermato dalla Suprema Corte, di terreni non aventi vocazione edificatoria, anche se suscettibili di utilizzazione diversa da quella agricola, non assumendo alcun rilievo la pregressa e non piu' in atto utilizzazione industriale quale l'attivita' estrattiva di cava (cfr. Cass. 26 maggio 1999, n. 5085) e dunque valutabili con parametri omogenei a quelli utilizzati per i terreni agricoli. Cio' posto, va premesso che ai fini del presente giudizio irrilevante si appalesa la disciplina introdotta con la legge provinciale di Trento 27 agosto 1999 n. 3 art. 28 che ha riaperto, fino al 30 giugno 2000, i termini per la rideterminazione dell'indennita' di esproprio siccome modificata con l'art. 4 legge provinciale di Trento 11 settembre 1998 n. 10. Ed infatti le modifiche al sistema provinciale di esproprio dei fondi destinati all'esecuzione di opere pubbliche introdotte con la legge provinciale n. 10/1998 hanno riguardato esclusivamente i fondi edificabili e non i fondi agricoli (come nella specie). Deriva da tale considerazione che appare inutile (ed irrilevante) attendere lo spirare dell'indicato termine del 30 giugno 2000 atteso che la nuova legge non ha introdotto nuovi parametri alla stregua dei quali procedere alla rideterminazione della indennita' di esproprio. In altre parole, gli opponenti non possono richiedere alla pubblica amministrazione la rideterminazione dell'indennita' di esproprio non essendo stati in alcun modo variati i criteri di determinazione dell'indennita' per i fondi agricoli. Cio' premesso la Corte ritiene che sussistano problemi di legittimita' costituzionale delle disposizioni della legge provinciale n. 6/1993 relative al calcolo dell'indennita' di esproprio per i fondi agricoli. Si tratta, infatti, di un sistema fondato su un meccanismo tutto tabellare (o categoriale) che vincola il giudice ad un predeterminato iter di ragionamento e restringe la sua cognizione meritoria al solo interno di predeterminate classi legali e cio' anche in quei casi in cui ne derivino conclusioni palesemente avulse dalla realta' oggettiva. Le classificazioni legali portano necessariamente a giudizi di uguaglianza pure nelle disuguaglianze (impossibili da precatalogare) cosa questa inammissibile (art. 3 Cost.) in una materia tanto incisiva sui diritti del cittadino quale quella afferente alle espropriazioni (art. 42 Cost.). In particolare la legge provinciale de qua viene a basare il calcolo dell'indennita' di espropriazione, sulla base di "peremetrazioni" cartografiche che, in termini economici sul terreno non esistono o meglio, che esistono in ben altre e meno rigide e piu' variegate forme rispetto a quelle fissate in base ai criteri previsti dall'art. 13 legge n. 6/1993. Secondo tali criteri (art. 13) le categorie tengono in considerazione esclusivamente la vocazione culturale dei fondi della zona nella quale si inserisce quello espropriato secondo parametri medi che naturalmente non tengono conto della peculiarita' delle singole realta'. E' chiaro che la convenzionalita' e', nella logica, l'esatto contrario della liberta'; difatti un conto e' mediare le stime libere attraverso semisomme dei valori liberi con quelli catastali o tabellari, salvaguardando in tal modo la proporzionalita' caso a caso, ed un altro e', invece, convenzionare le stime mediante estrazioni legali. La Corte ritiene, dunque, di dover ribadire che la realta' delle stime immobiliari non puo' essere racchiusa in categorie legali ma deve rimanere, secondo la sua propria natura, il risultato di una improgrammabile e ben piu' vasta e composita varieta' di fattori a loro volta interdipendenti fra loro caso per caso. Vale la pena di osservare che non sarebbe sufficiente la pura e semplice disapplicazione degli atti amministrativi di fissazione delle tabelle in quanto, oggetto della censura proposta da questo giudice, non e' tanto la fissazione dei valori medi da parte dell'autorita' amministrativa quanto il fatto che tali valori medi sono utilizzati come unico parametro nella determinazione dell'indennita' di esproprio senza considerazione del valore venale del fondo. L'incongruita' del sistema indicato per la determinazione dell'indennita' per i terreni agricoli appare tanto piu' evidente ove si consideri che il nuovo sistema di indennizzo previsto dalla riforma del 1998, abbandona il rigido sistema tabellare per i fondi aventi destinazione edificiale mediandolo proprio con il valore venale del bene oggetto del provvedimento ablativo. In altre parole, solo per i fondi agricoli la legge rimane ancorata al sistema tabellare ormai abbandonato per i fondi destinati all'edilizia. Soltanto un sistema che direttamente consenta di tenere in considerazione il valore venale del fondo espropriato (ancorche' unitamente ad altri parametri, pure, in ipotesi, tabellari) puo' sottrarsi al sospetto di incostituzionalita'. La questione oltreche' non manifestamente infondata e', per i motivi anche dianzi esposti, rilevante nel presente giudizio. Infatti, secondo il C.T.U. i beni oggetto dell'esproprio hanno una valutazione di libero mercato di circa L. 73.000 al mq. (non potendosi del tutto escludere una futura destinazione edificatoria il C.T.U. considera una media fra i migliori terreni agricoli - L. 26.000 al mq. - ed il valore minimo per le aree edificabili - L. 120.000 al mq.) anziche' L. 53.000 al mq. La sperequazione indicata mostra la rilevanza della questione di costituzionalita' ai fini della definizione del presente giudizio.