ha pronunciato la seguente Sentenza nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 47, della legge regionale della Liguria, riapprovata il 22 aprile 1997, recante: "Modifiche ed integrazioni alla legge regionale 22 febbraio 1995, n. 12 (Riordino delle aree protette) modificata con legge regionale 21 aprile 1995, n. 32", promosso con ricorso del Presidente del Consiglio dei Ministri, notificato il 12 maggio 1997, depositato in cancelleria il 22 successivo ed iscritto al n. 40 del registro ricorsi 1997. Visto l'atto di costituzione della regione Liguria; Udito nell'udienza pubblica del 23 novembre 1999 il giudice relatore Piero Alberto Capotosti; Uditi l'Avvocato dello Stato Giuseppe Fiengo per il Presidente del Consiglio dei Ministri e l'avv. Giampaolo Zanchini per la regione Liguria. Ritenuto in fatto 1. - Con ricorso notificato il 12 maggio 1997 e depositato il successivo 22 maggio, il Presidente del Consiglio dei Ministri ha impugnato l'art. 1, comma 47, della legge approvata dal Consiglio regionale della Liguria il 12 marzo 1997, e riapprovata, a seguito di rinvio governativo, il 22 aprile seguente, recante "Modifiche ed integrazioni alla legge regionale 22 febbraio 1995, n. 12 (Riordino delle aree protette), modificata con legge regionale 21 aprile 1995, n. 32", per violazione degli articoli 3 e 117 della Costituzione, in riferimento all'art. 21, comma 1, lettera b) e 30, comma 1, lettera d) della legge 11 febbraio 1992, n. 157 (Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio), nonche' all'art. 22, comma 6, della legge 6 dicembre 1991, n. 394 (Legge quadro sulle aree protette). Il ricorrente osserva che la disposizione impugnata, dopo avere stabilito che "per le aree protette regionali l'attribuzione della definizione di Parco naturale regionale decorre dal 1 febbraio 1996", disciplina l'ipotesi che le province abbiano adottato, prima di detta data, i piani faunistico-venatori previsti dall'art. 6 della legge regionale 1 luglio 1994, n. 29 (Norme regionali per la protezione della fauna omeoterma e per il prelievo venatorio). In quel caso, ad avviso della difesa erariale, la norma regionale prevede che "fino all'adozione del Piano del parco (...) il divieto dell'esercizio dell'attivita' venatoria si applica a quella parte dell'area che rientra in quelle individuate dalle province", mentre a seguito "dell'entrata in vigore del Piano del parco, il divieto di esercizio dell'attivita' venatoria nelle aree protette diventa operante a partire dalla stagione venatoria immediatamente successiva". Si tratterebbe, ad avviso del Governo, di un "regime del tutto contraddittorio", in quanto "o il divieto riguarda aree nelle quali non si poteva gia' cacciare, ed allora non ha senso la moratoria, ovvero il divieto riguarda aree nelle quali si poteva cacciare, ed allora il richiamo ai tempi indefiniti di adozione del piano del Parco costituisce elusione sostanziale del principio di legislazione nazionale che nelle aree protette non si pratica la caccia in base a divieto assistito da sanzione penale". 2. - Si e' costituita in giudizio la regione Liguria, chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile ovvero infondata. La regione sottolinea che la prima parte della disposizione impugnata riproduce letteralmente l'art. 47, comma 8, della legge regionale 22 febbraio 1995, n. 12 (Riordino della aree protette) e che quindi l'impugnativa del Governo, per tale parte, e' inammissibile, non essendo consentito "che una medesima norma regionale possa essere assoggettata, una volta ottenuto il visto del Commissario del Governo, ad un ulteriore controllo ai sensi dell'art. 127 della Costituzione". Nel merito, la questione sarebbe infondata, in quanto la disposizione regionale prevede un regime secondo il quale, ferma la definizione dei parchi naturali, occorre distinguere le aree per le quali, in base a piani faunistici gia' adottati, vige il divieto di attivita' venatoria, dalle aree non soggette a tale divieto, per le quali l'attivita' venatoria viene eccezionalmente consentita fino all'approvazione del piano del Parco. Non si puo' sostenere, prosegue la difesa della regione, che tale previsione transitoria sia "elusiva dei principi statali", in quanto l'art. 18, comma 10, della stessa legge regionale n. 12 del 1995 prescrive tassativamente "in 30 mesi dall'insediamento del Consiglio dell'Ente il termine ultimo per l'adozione di detto piano, collegando a tale scadenza sia un potere sostitutivo regionale, sia l'applicabilita' di norme di salvaguardia, comprendenti il divieto dell'attivita' venatoria". Anche le censure del Governo relative alla seconda parte della disposizione impugnata sarebbero, secondo la difesa regionale, infondate, in quanto la previsione che riferisce il divieto di caccia alla stagione venatoria successiva all'approvazione del Piano del parco intende evitare l'insorgere di situazioni di incertezza relative al regime venatorio nelle aree considerate, in relazione non soltanto alle "aspettative maturate", ma anche alle "situazioni giuridiche, presidiate anche penalmente, coinvolte". In una memoria presentata in prossimita' dell'udienza, la regione ribadisce l'inammissibilita' del ricorso governativo avverso una legge regionale meramente riproduttiva di discipline gia' passate al vaglio del controllo statale, il quale si tradurrebbe quindi, nel caso di specie, in una "vanificazione dei termini perentori" previsti al riguardo dalla Costituzione. La resistente ribadisce altresi' che il divieto di caccia nei parchi naturali regionali, operando "esclusivamente in presenza di strumenti regionali di individuazione delle aree protette come parchi regionali", non puo' ritenersi applicabile in difetto del Piano del parco, che la legislazione della Liguria individua come strumento puntuale di disciplina, di indirizzo e di perimetrazione dell'area protetta, con la conseguenza che, "a prescindere dalla formale acquisizione del nomen iuris", "l'effettivo status di parco naturale regionale e' acquisito dalle aree" soltanto con l'approvazione del piano medesimo. Per quanto attiene al differimento del divieto di caccia alla stagione venatoria successiva all'approvazione del Piano, secondo la resistente "non puo' non rientrare nell'ambito della discrezionalita' del legislatore regionale nell'adattamento delle norme di principio statali al proprio ordinamento, pena la dequalificazione del relativo potere a normazione secondaria". 3. - All'esito dell'udienza pubblica dell'11 maggio 1999, la Corte, con l'ordinanza istruttoria del 26 maggio 1999, ha ordinato al ricorrente il deposito della relazione del Ministro per la funzione pubblica e gli affari regionali, risultante allegata al verbale della deliberazione del Consiglio dei ministri di proposizione del ricorso, ma non prodotta in giudizio. Dopo il regolare deposito della documentazione a cura dell'Avvocatura generale dello Stato, il giudizio e' stato nuovamente discusso alla pubblica udienza del 23 novembre 1999. Considerato in diritto 1. - La questione di legittimita' costituzionale, promossa con il ricorso indicato in epigrafe, riguarda l'art. 1, comma 47, della delibera legislativa approvata dal Consiglio regionale della Liguria il 12 marzo 1997 e, a seguito del rinvio governativo, riapprovata dallo stesso Consiglio il 22 aprile 1997. La disposizione impugnata, dettando la disciplina transitoria delle aree protette, viene censurata con riferimento esclusivo al numero 8, la' dove prevede che, all'interno delle medesime aree, qualificate ex lege "parco naturale regionale" a decorrere dal 1 febbraio 1996, i piani faunistici provinciali - di cui all'art. 6 della legge regionale n. 29 del 1994 - abbiano gia' individuato aree non destinate alla caccia, alle quali si applica il divieto di attivita' venatoria; in ogni caso "a seguito dell'entrata in vigore del piano del parco, il divieto di esercizio dell'attivita' venatoria nelle aree protette diventa operante a partire dalla stagione venatoria immediatamente successiva". Secondo il ricorrente, la formulazione della disposizione e' incomprensibile e comunque contraddittoria, perche' "o il divieto riguarda aree nelle quali non si poteva gia' cacciare, ed allora non ha senso la moratoria, ovvero il divieto riguarda aree nelle quali si poteva cacciare, ed allora il richiamo ai tempi indefiniti di adozione del piano del parco costituisce elusione sostanziale del principio di legislazione nazionale che nelle aree protette non si pratica la caccia in base a divieto assistito da sanzione penale sulla quale non puo' incidere il legislatore regionale". Conseguentemente, ad avviso della difesa dello Stato, risulterebbero violati i precetti dell'art. 117 della Costituzione, nonche' dell'art. 3 per il contenuto irrazionale della disciplina. 2. - Premesso che in esecuzione dell'ordinanza istruttoria del 26 maggio 1999 il ricorrente ha provveduto alla regolare integrazione della documentazione depositata, in via preliminare va respinta l'eccezione di inammissibilita' del ricorso sollevata dalla regione, secondo cui non sarebbe configurabile che "una medesima norma regionale possa essere assoggettata, una volta ottenuto il visto del Commissario del Governo, ad un ulteriore controllo ai sensi dell'art. 127 della Costituzione". Nella specie, in realta', non si verifica alcuna forma di reiterazione del controllo: e' vero infatti che la disposizione censurata, espressamente sostitutiva dell'art. 47 della legge regionale 22 febbraio 1995, n. 12, lo riproduce integralmente, sia pure con l'aggiunta di un ulteriore precetto, ma e' altrettanto vero che la delibera legislativa, cui appartiene la norma riproduttrice censurata, e' un atto formalmente nuovo, che viene assoggettato al controllo governativo per la prima volta. Ne', in ogni caso, la norma censurata puo' essere considerata identica a quella che sostituisce, appunto perche' contiene un precetto del tutto nuovo. Infine, neppure puo' essere invocata alcuna forma di acquiescenza, in considerazione del costante orientamento espresso in proposito da questa Corte (sentenze n. 93 del 1996, n. 224 del 1994). 3. - Nel merito, il ricorso e' fondato. La disposizione in oggetto, che definisce, con valore retroattivo, le "aree protette esistenti" come "parco naturale regionale" a decorrere dal 1 febbraio 1996, incontra il limite, contenuto nella legislazione nazionale sulle aree protette e sulla protezione della fauna selvatica, la quale, rispettivamente all'art. 22, comma 6 della legge n. 394 del 1991 e agli artt. 21, comma 1, lettera b e 30, comma 1, lettera d) della legge n. 157 del 1992, sancisce un esplicito divieto, penalmente sanzionato, di attivita' venatoria, tra l'altro, "nei parchi naturali regionali"; divieto che la giurisprudenza costituzionale ha costantemente considerato come principio fondamentale in grado di vincolare la competenza regionale in materia (da ultimo, cfr. sentenza n. 389 del 1999). Anche se la disposizione censurata e' formulata in modo che il suo oggetto sembra consistere nel divieto di attivita' venatoria, tuttavia e' agevole constatare che questo divieto non puo' logicamente estendersi ne' essere rispettato almeno in quelle parti di "territorio agro-silvo-pastorale in cui e' ammessa la caccia", secondo quanto espressamente stabilisce l'art. 6 della legge regionale n. 29 del 1994 con riferimento a quei piani faunisticovenatori provinciali, alla cui disciplina proprio la stessa norma censurata rinvia, appunto fino all'adozione del piano del parco. Cio' e' tanto piu' vero se si considera che il termine finale per l'adozione del predetto piano non e' prestabilito e che esso neppure e' implicitamente derivabile dall'art. 18, comma 10, della citata legge regionale n. 12 del 1995, che prevede un termine di trenta mesi dall'insediamento del Consiglio direttivo dell'Ente parco per l'adozione di detto piano, perche' neppure la data di insediamento del Consiglio direttivo si puo' dire che sia prestabilita, in ragione dell'indeterminatezza del momento iniziale della relativa procedura di formazione. In questo modo, invocando la pretesa transitorieta' della disposizione impugnata, l'attivita' venatoria puo' essere praticata nei predetti territori per un tempo indefinito, rendendo cosi' configurabile, come dice la difesa dello Stato, una "elusione sostanziale" del principio fondamentale del divieto di caccia. La disposizione legislativa impugnata deve pertanto essere dichiarata costituzionalmente illegittima per violazione dell'art. 117 della Costituzione, restando assorbiti gli altri motivi di censura. 4. - La dichiarazione di illegittimita' costituzionale, sotto il profilo indicato, dell'art. 1, comma 47, n. 8 della delibera legislativa in questione comporta che essa sia estesa, ai sensi dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, all'art. 47, comma 8, della legge regionale n. 12 del 1995, il cui contenuto, come gia' rilevato, e' stato testualmente riprodotto nella norma impugnata. Secondo la giurisprudenza di questa Corte, infatti, la dichiarazione di illegittimita' conseguenziale puo' essere applicata anche ai giudizi in via principale (sentenze n. 441 del 1994, n. 34 del 1961), in quanto esprime un principio di diritto processuale che e' valido per tutte le questioni di legittimita' costituzionale previste dal capo II della predetta legge n. 87, come si desume anche dalla dizione letterale del citato art. 27.