ha pronunciato la seguente Ordinanza nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 1, commi 57 e 58, della legge 23 dicembre 1996, n. 662 (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica), promosso con ordinanza emessa il 7 maggio 1998 dal tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, sezione seconda, sul ricorso proposto da M. F. contro Azienda sanitaria locale n. 35 di Magenta ed altra, iscritta al n. 94 del registro ordinanze 1999 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 9, prima serie speciale, dell'anno 1999. Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri; Udito nella camera di consiglio del 24 novembre 1999 il giudice relatore Piero Alberto Capotosti. Ritenuto che il tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, sezione seconda, ha sollevato, con ordinanza del 7 maggio 1998, questione di legittimita' costituzionale dell'art. 1, commi 57 e 58, della legge 23 dicembre 1996, n. 662 (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica), in riferimento agli articoli 3 e 97 della Costituzione; che, nel giudizio a quo un dipendente della Azienda sanitaria locale di Magenta, con la qualifica di coadiutore sanitario dirigente di primo livello, ha impugnato la nota con la quale l'azienda ha rigettato la sua domanda di trasformazione del rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale ex art. 1, commi 57 e 58, legge n. 662 del 1996, da lui motivata con l'intento di svolgere attivita' libero professionale quale odontoiatra; che, ad avviso del collegio rimettente, la disciplina del rapporto di pubblico impiego part-time riguarda anche i dirigenti del ruolo sanitario del Servizio sanitario nazionale (S.S.N.) e, in particolare, ad essi sarebbero applicabili i commi 57 e 58 dell'art. 1, della legge n. 662 del 1996, secondo i quali "il rapporto di lavoro a tempo parziale puo' essere costituito relativamente a tutti i profili professionali appartenenti alle varie qualifiche o livelli dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni, ad esclusione del personale militare, di quello delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco" le modalita' di costituzione del rapporto ed i contingenti massimi di personale che puo' accedervi sono fissati con decreto ministeriale e, in caso di domanda di trasformazione del rapporto da tempo pieno a tempo parziale, la trasformazione avverrebbe automaticamente, decorsi sessanta giorni dalla data di presentazione, potendo l'amministrazione rigettarla soltanto qualora esista un conflitto di interessi tra attivita' interna ed esterna, ovvero in caso di attivita' esterna alle dipendenze di altra amministrazione; che, secondo il T.A.R., le disposizioni censurate violerebbero gli artt. 3 e 97 della Costituzione, in quanto la loro applicabilita' al rapporto di lavoro dei dirigenti del ruolo sanitario del S.S.N. influirebbe negativamente sulla razionale ed efficiente organizzazione delle aziende del S.S.N., dato che queste potrebbero soltanto differire, per un breve tempo, la trasformazione del rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale; che, ad avviso del giudice a quo, le disposizioni censurate si porrebbero in contrasto con la piu' recente legislazione in materia di pubblico impiego, diretta a razionalizzare l'organizzazione delle amministrazioni pubbliche, in quanto non permetterebbero di realizzare una efficace politica di gestione del personale e di utilizzarlo con la necessaria flessibilita', anche perche' la disciplina della destinazione dei risparmi di spesa derivanti dalla trasformazione dei rapporti di lavoro neppure consentirebbe di fare fronte tempestivamente ai "vuoti" di organico, risultando in tal modo vanificato il principio della programmazione triennale del fabbisogno del personale, ancor piu' in quanto i dipendenti pubblici sono titolari del "diritto" di ottenere il ritorno al tempo pieno alla scadenza di un biennio dalla trasformazione; che nel giudizio e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, il quale ha chiesto che la questione sia dichiarata infondata, in quanto la disciplina del rapporto di lavoro part-time nel pubblico impiego costituisce parte di un ampio disegno diretto a ridurre la spesa pubblica ed a conseguire obiettivi di politica economica riservati alla discrezionalita' del legislatore, sicche' essa costituisce espressione di scelte sindacabili esclusivamente sotto il profilo della ragionevolezza; che, a suo avviso, le censure sono infondate anche perche' l'art. 22 della legge 23 dicembre 1994, n. 724, ha fissato un limite alla costituzione dei rapporti di lavoro a tempo parziale e le eventuali carenze di organico derivanti dalla trasformazione di detti rapporti di lavoro possono essere fronteggiate, sia mediante i processi di mobilita', sia destinando una parte del risparmio di spesa, realizzato proprio grazie al part-time, a nuove assunzioni, anche in deroga alle limitazioni vigenti (art. 1, comma 59 della legge n. 662 del 1996). Considerato che il T.A.R. per la Lombardia dubita della legittimita' costituzionale dei commi 57 e 58 dell'art. 1, della legge n. 662 del 1996, in riferimento agli artt. 3 e 97 della Costituzione, deducendo che la disciplina del rapporto di lavoro a tempo parziale da essi recata, ritenuta applicabile anche ai dirigenti del ruolo sanitario del S.S.N., potrebbe influire negativamente sulla razionale ed efficiente organizzazione delle amministrazioni pubbliche; che successivamente alla proposizione della questione di legittimita' costituzionale, la legge 30 novembre 1998, n. 419, ha delegato il Governo ad emanare uno o piu' decreti legislativi aventi ad oggetto, tra l'altro, la disciplina del rapporto di lavoro della dirigenza del ruolo sanitario del Servizio sanitario nazionale, anche allo scopo di prevedere sia che ad esso sia esteso il "regime di diritto privato" sia le "modalita' per pervenire (...) all'esclusivita' del rapporto di lavoro, quale scelta individuale, per il personale della dirigenza in ruolo al 31 dicembre 1998" (art. 2, comma 1, lettere p) e q)); che il d.lgs. 19 giugno 1999, n. 229, emanato nell'esercizio della suindicata delega, ha stabilito, tra l'altro: che il rapporto di lavoro del personale del S.S.N. e' disciplinato dal d.lgs. n. 29 del 1993 (art. 3-bis, comma 14, del d.lgs. n. 502 del 1992, introdotto dall'art. 3, comma 3, del d.lgs. n. 229 del 1999) ed e' riservata alla contrattazione collettiva la fissazione dei criteri per l'assegnazione e la verifica degli incarichi dirigenziali, essendo il dirigente "responsabile del risultato anche se richiedente un impegno orario superiore a quello contrattualmente definito" (art. 15, commi 1 e 3, del d.lgs. n. 502 del 1992, come modificato dall'art. 13, del d.lgs. n. 229 del 1999); che "sono soppressi i rapporti di lavoro a tempo definito per la dirigenza sanitaria" (art. 15-bis, comma 3, del d.lgs. n. 502 del 1992, introdotto dall'art. 13, del d.lgs. n. 229 del 1999); che il rapporto di lavoro dei dirigenti sanitari e' esclusivo e "comporta la totale disponibilita' nello svolgimento delle funzioni dirigenziali" e che la mancata accettazione del rapporto esclusivo, per gli incarichi di funzione apicale, alle scadenze espressamente stabilite, determina il conferimento di un incarico non comportante direzione di struttura (art. 15-quater e 15-quinquies, commi 1 e 7, del d.lgs. n. 502 del 1999, introdotti dall'art. 13, del d.lgs. n. 229 del 1999); che il rapporto di lavoro dei dirigenti sanitari in servizio al 31 dicembre 1998, i quali abbiano comunicato l'opzione per l'esercizio della libera professione extramuraria, in ogni caso, "comporta la totale disponibilita' nell'ambito dell'impegno di servizio, per la realizzazione dei risultati programmati" (art. 15-sexies, comma 1, introdotto dall'art. 13, del d.lgs. n. 229 del 1999); che siffatte disposizioni, tutte sopravvenute all'ordinanza di rimessione, hanno modificato la disciplina del rapporto di lavoro dei dirigenti del S.S.N., anche allo scopo di "perseguire l'efficacia e l'efficienza dei servizi sanitari" (art. 2, comma 1, lettera g), della legge n. 419 del 1998), innovando il complessivo quadro normativo di riferimento; che si palesa, quindi, indispensabile il riesame, da parte del giudice rimettente, della perdurante rilevanza della questione alla luce delle modifiche normative sopravvenute.