ha pronunciato la seguente
                                Sentenza
 nei giudizi di legittimita' costituzionalita' dell'art. 13 del d.P.R.
 29  dicembre  1973, n. 1092 (Approvazione delle norme sul trattamento
 di quiescenza  dei  dipendenti  civili  e  militari  dello  Stato)  e
 dell'art.    2  del  decreto  legislativo  30  aprile  1997,  n.  184
 (Attuazione della delega conferita dall'art. 1, comma 39, della legge
 8 agosto 1995, n. 335, in materia di ricongiunzione, di riscatto e di
 prosecuzione  volontaria  ai  fini   pensionistici),   promossi   con
 ordinanze  emesse  il  20  maggio  1998  dal Tribunale amministrativo
 regionale per la Lombardia sul ricorso proposto da  Girombelli  Fabia
 contro  il  Ministero della pubblica istruzione ed altro, iscritta al
 n. 705 del  registro  ordinanze  1998  e  pubblicata  nella  Gazzetta
 Ufficiale  della  Repubblica  n.  40, prima serie speciale, dell'anno
 1998  e  il  17  febbraio  1998  dalla  Corte  dei   conti,   sezione
 giurisdizionale  per  la  Regione  Siciliana, sul ricorso proposto da
 Cardinale Nunzia contro il  Provveditorato  agli  studi  di  Trapani,
 iscritta  al  n.  516  del registro ordinanze 1998 e pubblicata nella
 Gazzetta Ufficiale della Repubblica  n.  29,  prima  serie  speciale,
 dell'anno 1998.
   Uditi  nella  camera  di  consiglio  del  13 ottobre 1999 i Giudici
 relatori Fernando Santosuosso e Riccardo Chieppa.
                           Ritenuto in fatto
   1.1. - Con ricorso presentato nel 1997 al Tribunale  amministrativo
 regionale  per la Lombardia un'insegnante di una scuola media statale
 che era stata immessa in ruolo a seguito di concorso a cattedre a cui
 aveva potuto partecipare in quanto era in  possesso,  in  alternativa
 alla laurea in architettura, del diploma rilasciato dall'Accademia di
 belle  arti  congiunto  ad  altro diploma di istruzione secondaria ha
 contestato il mancato riconoscimento  del  diritto  al  riscatto  del
 periodo  di  studi  compiuto  presso tale Accademia ed il conseguente
 rigetto della domanda di  dimissioni,  da  lei  presentata,  a  causa
 dell'insufficiente anzianita' di servizio in tal modo maturata.
   La   ricorrente  ha,  inoltre,  dedotto  l'incostituzionalita'  del
 combinato disposto dell'art. 13 del d.P.R. 29 dicembre 1973, n.  1092
 (Approvazione   delle   norme   sul  trattamento  di  quiescenza  dei
 dipendenti civili e militari dello Stato) e dell'art. 2  del  decreto
 legislativo 30 aprile 1997, n. 184 (Attuazione della delega conferita
 dall'art.  1, comma 39, della legge 8 agosto 1995, n. 335, in materia
 di ricongiunzione, di riscatto e di prosecuzione volontaria  ai  fini
 pensionistici),   per   contrasto   con   gli  artt.  3  e  97  della
 Costituzione.
   1.2. - Il t.a.r., con ordinanza del 10 giugno 1998 (R.  O.  n.  705
 del  1998),  ha  accolto  l'eccezione di parte, rimettendo alla Corte
 costituzionale detta questione di legittimita' costituzionale.
   Essa, secondo il giudice a quo sarebbe rilevante nel  giudizio,  in
 quanto  il  mancato  riconoscimento del periodo di studi svolto dalla
 ricorrente  presso  l'Accademia  di   belle   arti   costituisce   il
 presupposto   dei   provvedimenti   amministrativi   impugnati:  tale
 riconoscimento sarebbe impedito dall'art. 13 del d.P.R.  29  dicembre
 1973,  n.  1092,  per  cui non puo' trovare applicazione l'art. 2 del
 d.lgs 30 aprile 1997, n. 184.
   Secondo  il t.a.r. la questione sarebbe altresi' non manifestamente
 infondata,  alla   luce   delle   numerose   pronunce   della   Corte
 costituzionale  in  materia  di  riscatto, ai fini pensionistici, dei
 periodi di durata del corso legale degli studi per  il  conseguimento
 di un diploma che sia richiesto come condizione per lo svolgimento di
 una determinata attivita' (da ultimo, la sentenza n. 20 del 1996).
   In   particolare,   un'analoga   questione  riferita  alla  mancata
 previsione del  diritto  di  riscatto,  ai  fini  pensionistici,  del
 periodo  di  studi per il conseguimento di uno dei diplomi rilasciati
 dall'Accademia di belle arti e' gia' stata accolta dal giudice  delle
 leggi  con  la  sentenza  n. 535 del 1990: ma, poiche' si riferiva al
 caso in cui il titolo di studio era  richiesto  per  l'ammissione  ai
 concorsi  per la docenza di ruolo all'interno della stessa Accademia,
 gli effetti di tale pronuncia,  secondo  il  t.a.r.,  non  potrebbero
 applicarsi  all'ipotesi  come  nella  specie  in  cui  il diploma sia
 richiesto per l'ammissione ai concorsi a cattedre per la  generalita'
 degli istituti medi, inferiori e superiori.
   1.3.  -  Nel  giudizio  davanti alla Corte costituzionale non si e'
 costituita la parte privata, ne' e'  intervenuto  il  Presidente  del
 Consiglio dei Ministri.
   2.1.  -  Analoga  questione  e'  stata  sollevata  nel  corso di un
 giudizio davanti alla Corte dei conti, sezione giurisdizionale per la
 Regione Siciliana, promosso nel 1995 da un'insegnante  elementare  di
 ruolo,  avente  funzioni  di  insegnante  di  "sostegno",  avverso il
 provvedimento con cui il Provveditore agli  studi  di  Trapani  aveva
 respinto  la domanda di riscatto ai fini pensionistici di due anni di
 servizio, corrispondenti alla durata del  corso  di  specializzazione
 della scuola magistrale ortofrenica di Trapani.
   La   ricorrente,  in  specie,  aveva  contestato  l'interpretazione
 restrittiva dell'art. 13 del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, cui si
 era  uniformata  l'Amministrazione:  la  previsione  che  ammette  il
 riscatto  del  periodo  di  tempo corrispondente alla durata di corsi
 universitari di specializzazione, costituenti  condizione  necessaria
 per  l'ammissione  al  servizio,  avrebbe  dovuto estendersi anche al
 corso frequentato dalla stessa ricorrente,  previsto  dal  d.P.R.  31
 ottobre  1975,  n. 970 (Norme in materia di scuole aventi particolari
 finalita'), in quanto presupposto  indefettibile  per  la  nomina  in
 ruolo  e  la  conseguente  immissione in servizio quale insegnante di
 sostegno. Cio' in conformita' ai numerosi interventi con cui la Corte
 costituzionale ha  ampliato  la  portata  dell'art.    13  anzidetto,
 sancendo  la  riscattabilita'  di  ogni  periodo  di  studi espletato
 nell'ambito  di  un  corso  di  specializzazione  identificato   come
 presupposto  necessario per l'ammissione ad una determinata qualifica
 professionale.
   In   via   subordinata,   la   ricorrente   aveva   osservato   che
 l'interpretazione  seguita dall'Amministrazione avrebbe reso evidente
 l'illegittimita' costituzionale del citato art. 13,  per  la  mancata
 previsione   della   facolta'  di  riscattare  il  periodo  di  tempo
 corrispondente alla durata  del  corso  di  specializzazione  oggetto
 della controversia.
   La  Corte  dei  conti, con ordinanza del 4 maggio 1998 (r.o. n. 516
 del 1998), ha sollevato, per contrasto con gli artt. 3 e 97 della
  Costituzione, questione di legittimita' costituzionale del  suddetto
 art.  13 del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, nella parte in cui non
 prevede l'ammissione a riscatto, ai fini di quiescenza,  del  periodo
 di  tempo  corrispondente  alla  durata del corso di specializzazione
 ortofrenica  di  cui  all'art.  8 del d.P.R. 31 ottobre 1975, n. 970,
 richiesto per l'assegnazione degli insegnanti ad  uno  dei  posti  di
 "sostegno".
   2.2.  - La Corte dei conti ha preso le mosse dal tenore della norma
 impugnata, secondo cui il dipendente  civile  al  quale  siano  stati
 richiesti,  come  condizione necessaria per l'ammissione in servizio,
 il diploma di laurea  o,  in  aggiunta,  quello  di  specializzazione
 rilasciato dopo la frequenza di corsi universitari di perfezionamento
 puo'   riscattare   in   tutto   o  in  parte  il  periodo  di  tempo
 corrispondente alla durata legale  degli  studi  universitari  e  dei
 corsi   speciali  di  perfezionamento,  verso  corresponsione  di  un
 contributo specificamente determinato.  Quindi la Corte ha  osservato
 che  il corso di specializzazione frequentato dalla ricorrente non e'
 compreso tra quelli ammessi al riscatto dalla norma  in  questione  e
 che,   pertanto,   la   questione   di   legittimita'  costituzionale
 prospettata e' rilevante ai fini del giudizio, potendo concedersi  la
 facolta'   di   riscatto   solo  previo  accertamento  dell'eventuale
 illegittimita' di siffatta esclusione  ad  opera  della  disposizione
 censurata.
   Il  diploma  di  specializzazione  ortofrenica,  ha  proseguito  il
 giudice rimettente, non e' titolo di  livello  universitario,  bensi'
 titolo  destinato  a cumularsi al diploma di istruzione secondaria di
 secondo grado; esso e', comunque, richiesto  per  il  reclutamento  e
 l'assegnazione al posto di insegnante di "sostegno".
   La  nomina della ricorrente e' avvenuta, invero, ai sensi dell'art.
 12, quarto comma, della legge 20 maggio 1982, n. 270 (Revisione della
 disciplina  del  reclutamento  del  personale  docente  della  scuola
 materna,  elementare, secondaria ed artistica, ristrutturazione degli
 organici, adozione di misure  idonee  ad  evitare  la  formazione  di
 precariato  e sistemazione del personale precario esistente), secondo
 cui  le  dotazioni  organiche  dei  ruoli  provinciali  della  scuola
 elementare e della scuola media comprendono anche i posti di sostegno
 a  favore  degli  alunni  portatori  di  handicap. L'accesso ai posti
 anzidetti giusta quanto previsto dall'art. 8 del d.P.R.  n.  970  del
 1975,  precedentemente citato e' subordinato al possesso di un titolo
 di  specializzazione  da  conseguire   al   termine   di   un   corso
 teorico-pratico  di  durata biennale, tenuto presso scuole o istituti
 riconosciuti dal Ministero della pubblica istruzione, salvi i  titoli
 di   specializzazione   acquisiti   in   precedenza.   Il  titolo  di
 specializzazione ortofrenica ottenuto dalla ricorrente, ha  osservato
 il giudice a quo appartiene proprio alla fattispecie prevista da tale
 ultima  norma ed e' stato utilizzato insieme al diploma di istruzione
 secondaria di secondo grado per la nomina in ruolo  con  assegnazione
 al posto di "sostegno".
   Il  corso  di  specializzazione  ortofrenica  di cui si discute non
 sarebbe stato rilasciato in ambito universitario, sempre  secondo  il
 giudice a quo sicche' non sarebbe testualmente previsto dall'art.  13
 del  d.P.R.  n.  1092  del 1973 tra quelli per i quali e' concessa la
 facolta' di riscatto ai fini pensionistici del  relativo  periodo  di
 frequenza.   Tale   esclusione   e'  apparsa  al  giudice  rimettente
 irrazionale ed illogica alla luce dei principi affermati dalla  Corte
 costituzionale  in  casi  analoghi,  nei  quali si e' riconosciuta la
 riscattabilita' dei periodi di studi richiesti nell'ambito  di  corsi
 di  specializzazione  e  preparazione  professionale individuati come
 condizione necessaria per l'accesso  nei  ruoli  dell'Amministrazione
 (si sono richiamate, in particolare, le sentenze n. 128 del 1981, nn.
 765  e  1016  del  1988  e  n.  163  del 1989). La Corte dei conti ha
 segnalato al riguardo che  l'evoluzione  legislativa  in  materia  si
 sarebbe  spinta nella direzione di un significativo ampliamento della
 facolta' di riscatto del dipendente, al fine di attribuire la  giusta
 considerazione alle esperienze di studio e di specializzazione idonee
 a  garantire  l'elevazione della preparazione professionale di coloro
 che vengono immessi nei ruoli della pubblica amministrazione, con  la
 conseguenza   di   ritenere   costituzionalmente   illegittima,   per
 violazione dei parametri costituzionali  di  eguaglianza  e  di  buon
 andamento  dell'amministrazione,  ogni  normativa  che  impedisca  il
 riscatto   degli   anni   impiegati   per   frequentare   corsi    di
 specializzazione,     immediatamente     posteriori    all'istruzione
 secondaria, richiesti quale condizione necessaria per l'ammissione ad
 uno dei posti occupati in carriera.
   Il giudice a quo dunque, ha ritenuto che la situazione  emersa  nel
 corso  del  giudizio  presentasse  univoci  elementi  di analogia con
 quelle gia' decise dalla Corte  costituzionale  ed  ha  sollevato  la
 questione di legittimita' costituzionale nei termini sopra indicati.
   2.3.  -  Anche  in  tale  giudizio  di  costituzionalita' non si e'
 costituita la parte privata, ne' e'  intervenuto  il  Presidente  del
 Consiglio dei Ministri.
                         Considerato in diritto
   1.  -  Il  Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, con
 ordinanza del 10 giugno 1998 (R. O. n. 705 del 1998),  ha  sollevato,
 in  riferimento  agli  artt.  3 e 97 della Costituzione, questione di
 legittimita' costituzionale del combinato disposto  degli  artt.  13,
 primo  comma,  del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092 e dell'art. 2 del
 d.lgs. 30 aprile 1997, n. 184, nella parte in cui non  consentono  di
 riscattare,  ai fini pensionistici, il periodo di studi svolto presso
 l'Accademia di belle arti, quando il diploma da questa rilasciato sia
 stato richiesto, congiunto ad altro diploma di istruzione secondaria,
 per l'ammissione a concorsi a cattedre  negli  istituti  d'istruzione
 medi, inferiori e superiori.
   La   Corte  dei  conti,  sezione  giurisdizionale  per  la  Regione
 Siciliana, con ordinanza del 4 maggio 1998 (R.O. n. 516 del 1998), ha
 sollevato, in riferimento agli  artt.  3  e  97  della  Costituzione,
 questione  di legittimita' costituzionale del medesimo art. 13, primo
 comma, del d.P.R. 20 dicembre 1973,  n.  1092,  nella  parte  in  cui
 prevede  l'ammissione  a riscatto, ai fini di quiescenza, del periodo
 di  tempo  corrispondente  alla  durata  di  corsi  universitari   di
 specializzazione,  mentre  non  lo  prevede  per  il periodo di tempo
 corrispondente alla durata del corso di specializzazione  ortofrenica
 di  cui  all'art. 8, primo comma, del d.P.R. 31 ottobre 1975, n. 970,
 richiesto per l'assegnazione ad uno dei posti di "sostegno".
   I giudici a quibus hanno denunciato la violazione dei due parametri
 dell'art. 3 e dell'art.  97  della  Costituzione,  rispettivamente  a
 causa  dell'irragionevole  disparita'  di  trattamento tra situazioni
 equivalenti, e del collegamento esistente tra l'istituto del riscatto
 ed il principio di buon andamento dell'azione amministrativa.
   2.  -  I  due  giudizi sono connessi per la sostanziale coincidenza
 delle norme denunciate e per l'identita' dei parametri costituzionali
 invocati, nonche' per quella dei profili in  contestazione;  pertanto
 puo'  esserne  disposta  la  riunione  ai  fini  della unicita' della
 decisione.
   3. - Le questioni sono fondate.
   La giurisprudenza di questa Corte ha avuto ripetutamente  occasione
 di  occuparsi  della  questione  della riscattabilita' dei periodi di
 studi e dei servizi dei dipendenti statali, giungendo  alle  seguenti
 conclusioni: nell'attuale assetto normativo, che consente il riscatto
 dei   corsi   di   studi   superiori,   l'omessa   previsione   della
 riscattabilita' di un periodo di studi integra una  violazione  della
 Costituzione  per  irragionevolezza, quando ricorrono le seguenti due
 condizioni:   a) il corso  di  studi  abbia  natura  universitaria  o
 post-secondaria  (accompagnato in questo caso dal precedente possesso
 di titolo di studio di scuola secondaria superiore); b)  il  relativo
 diploma  ovvero  la frequenza con profitto e con superamento di prova
 finale di corso  di  specializzazione  (di  livello  post-secondario)
 siano  richiesti  per  l'ammissione  a  determinati  ruoli  o  per lo
 svolgimento  di  determinate  funzioni  o  per  la  progressione   in
 carriera.
   Sulla   base   di   tali   principi,  questa  Corte  ha  dichiarato
 l'illegittimita' costituzionale della medesima norma oggi  denunciata
 nella  parte  in cui non prevede il riscatto, ai fini del trattamento
 di quiescenza, degli anni corrispondenti alla durata legale del corso
 di studi per il conseguimento di uno dei  diplomi  dell'Accademia  di
 belle  arti,  richiesto  congiuntamente  al  diploma di maturita', in
 alternativa alla laurea in architettura, per l'ammissione ai concorsi
 per la docenza di ruolo nella stessa Accademia (sentenza n.  535  del
 1990).
   Pur  nell'ambito della discrezionalita' di cui gode nello scegliere
 i periodi e i servizi da ammettere a riscatto (sentenze  n.  218  del
 1984;  n.  104  del  1990;  n.  535  del  1990;  n. 112 del 1996), il
 legislatore, in una lunga evoluzione normativa, ha  voluto  garantire
 alla  preparazione  professionale  ogni  considerazione ai fini della
 quiescenza, onde potere incentivare, segnatamente nelle carriere piu'
 elevate, personale idoneo per formazione  e  per  cultura,  anche  in
 armonia con l'interesse del buon andamento dell'amministrazione (art.
 97  della  Costituzione).    Pertanto l'incentivazione all'accesso di
 personale qualificato  nella  pubblica  amministrazione  si  traduce,
 nella    giurisprudenza   costituzionale,   nel   riconoscere   "alla
 preparazione, acquisita anteriormente all'ammissione  in  servizio  e
 richiesta  per  quest'ultimo, ogni migliore considerazione ai fini di
 quiescenza" (da ultimo, sentenza n. 112 del 1996).
   L'estensione, ad opera di questa Corte, della facolta' di  riscatto
 anche  riguardo  ad  alcuni  diplomi  postsecondari  e'  avvenuta per
 l'accertato  livello  superiore  dei  corsi;  cio'  che   lo   stesso
 legislatore  ha  riconosciuto  richiedendo appunto come requisito per
 l'ammissione a determinati posti il  possesso  di  detti  titoli  (in
 aggiunta  al  diploma  di scuola secondaria superiore) in alternativa
 alla laurea, senza che per questo si dovesse  porre  un  problema  di
 rigorosa   equipollenza   dei  relativi  corsi  rispetto  agli  studi
 universitari (sentenza n. 535 del 1990).
   Pertanto,  in  applicazione  di  questi  principi,  non  resta  che
 estendere l'illegittimita' costituzionale  (gia'  dichiarata  per  la
 parte  relativa  al  riscatto  dei  periodi di studi necessari per il
 conseguimento dei diplomi dell'Accademia di belle arti richiesti  per
 i  concorsi  per la docenza in ruolo nella stessa Accademia: sentenza
 n. 535 citata), al caso di possesso dei medesimi titoli nelle ipotesi
 in cui i relativi diplomi siano richiesti,  congiuntamente  ad  altri
 titoli  di studio di maturita', per l'ammissione in servizio di ruolo
 nella pubblica amministrazione.
   4. - Sulla base delle predette considerazioni risulta la fondatezza
 anche  della  questione  relativa  alla  mancata   previsione   della
 riscattabilita', ai fini del trattamento di quiescenza, dei titoli di
 studio  di specializzazione o di perfezionamento (post-secondari) non
 rilasciati da universita', ma da istituti e scuole  riconosciuti  dal
 Ministero della pubblica istruzione e richiesti per l'assegnazione ai
 posti di insegnante di "sostegno".
   In  base  al  combinato disposto degli artt. 2, 7 e 8 della legge 4
 agosto  1977,  n.  517  (Norme  sulla  valutazione  degli  alunni   e
 sull'abolizione  degli  esami  di riparazione, nonche' altre norme di
 modifica dell'ordinamento  scolastico),  dell'art  8  del  d.P.R.  31
 ottobre   1975,  n.  970  e  della  legge  30  marzo  1971,  n.  118,
 l'istruzione dell'obbligo per i  portatori  di  handicap  deve  ormai
 avvenire  non  piu'  con gli strumenti delle classi differenziali, ma
 nelle classi normali della scuola pubblica, salvo  ipotesi  residuali
 ed  eccezionali di sezioni staccate della scuola statale in centri di
 degenza e ricovero.
   A tal fine, per agevolare l'attuazione del diritto allo studio e la
 promozione della piena formazione della  personalita'  (come  diritto
 primario  della  persona  senza distinzioni, argomentando dagli artt.
 2, 3, 34, primo comma, e 38, terzo comma, della  Costituzione),  sono
 previste  forme  di  integrazione e di sostegno a favore degli alunni
 portatori di handicap con impiego di docenti specializzati  (sentenza
 n. 215 del 1987).
   I  particolari  titoli  di specializzazione per l'adempimento delle
 ineliminabili (anche sul piano costituzionale) forme di  integrazione
 e di sostegno a favore dei suddetti alunni costituiscono un requisito
 per  l'utilizzazione  dei  docenti  in tali funzioni, con conseguente
 obbligo per l'Amministrazione  di  provvedersi  degli  insegnanti  di
 sostegno forniti di idonei titoli di specializzazione.
   Tali  titoli  possono attualmente essere rilasciati anche a seguito
 di corsi biennali gestiti da universita', per i quali non si  pongono
 particolari  problemi  ai fini del riscatto, soprattutto quando siano
 in aggiunta alla laurea, essendo innegabile il loro livello di titolo
 universitario. Invece la  restrittiva  dizione  dell'art.  13,  primo
 comma,  del  d.P.R.  29  dicembre  1973,  n.1092  esclude i titoli di
 specializzazione rilasciati da quelle  scuole  o  istituti  (estranei
 all'ambito  universitario)  che, in quanto riconosciuti dal Ministero
 della  pubblica  istruzione,  sono  previsti  dalla   normativa   che
 prescrive  il possesso del titolo di specializzazione per l'accesso a
 determinati posti e l'esercizio di specifiche funzioni  (art.  8  del
 d.P.R.  31 ottobre 1975, n. 970).  Tale riconoscimento della scuola o
 dell'istituto  deve  necessariamente  avvenire  sulla  base  di   una
 equipollenza  di  livello  di  organizzazione  e  di  preparazione di
 carattere superiore (post-secondario), in  modo  da  corrispondere  a
 quelle  esigenze  inderogabili di professionalita' di grado superiore
 per l'esercizio delle delicate funzioni, anche per un assetto di buon
 andamento del servizio pubblico, cui e' destinato detto personale.
   La  dichiarazione  di illegittimita' costituzionale non puo' essere
 limitata  al  tipo  di  corso   di   specializzazione   (ortofrenica)
 corrispondente  a  quello vantato dal soggetto che ha agito avanti al
 giudice a quo come sembra propendere tale giudice, ma sulla base  dei
 profili  dedotti  deve  riguardare,  come  categoria di intervento su
 norma astratta di legge, la disposizione denunciata  nella  parte  in
 cui non consente al dipendente dello Stato di riscattare, ai fini del
 trattamento  di  quiescenza, il periodo di durata legale del corso di
 studi  svolto  presso  istituti  o  scuole  riconosciuti  di  livello
 superiore  (post-secondario),  quando il relativo diploma o titolo di
 studio di specializzazione o di  perfezionamento  sia  richiesto,  in
 aggiunta  ad  altro titolo di studio, per l'ammissione in servizio di
 ruolo o per lo svolgimento di determinate funzioni.