ha pronunciato la seguente


                              Ordinanza

nel  giudizio  di  legittimita' costituzionale del combinato disposto
degli  artt. 117,  commi  4  e  5, 130, comma 2, 136, comma 7, e 142,
comma 9, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice
della  strada),  promosso con ordinanza emessa il 17 ottobre 1998 dal
Pretore di Pordenone nel procedimento civile vertente tra Cortes Eros
Mario  e  il  Prefetto  di Pordenone, iscritta al n. 160 del registro
ordinanze 1999 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
n. 12, prima serie speciale, dell'anno 1999.
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del Consiglio dei
Ministri;
    Udito  nella  camera di consiglio del 23 febbraio 2000 il giudice
relatore Fernando Santosuosso.
    Ritenuto  che  nel corso di un giudizio di opposizione avverso il
provvedimento   di  ordinanza  ingiunzione  emesso  dal  Prefetto  di
Pordenone  nei  confronti  di  un  cittadino argentino in conseguenza
della  violazione  degli  artt. 142, comma 9, e 117, commi 4 e 5, del
decreto  legislativo  30 aprile  1992,  n. 285  (Nuovo  codice  della
strada),  il  Pretore  di  quella  citta'  ha  sollevato questione di
legittimita'   costituzionale,   in   riferimento   all'art. 3  della
Costituzione,  del  combinato  disposto  dei  predetti due articoli e
degli artt. 130, comma 2, e 136, comma 7, del medesimo codice;
        che   il  ricorrente  e'  stato  assoggettato  alla  sanzione
amministrativa  accessoria  della  sospensione della patente di guida
per  il  periodo  complessivo  di mesi cinque, cosi' determinata: tre
mesi per l'eccesso di velocita' (art. 142, comma 9) e due mesi per la
violazione  delle  limitazioni  poste  nei  confronti  di  chi  abbia
conseguito  la  patente  di  guida  da  meno  di tre anni (art. 117);
entrambe  le  sanzioni  sono  state  fissate  sul  presupposto che il
ricorrente   fosse  un  neopatentato,  mentre  quest'ultimo  e'  gia'
titolare  da  oltre  dieci  anni di una patente argentina in corso di
validita';  ne  consegue  che,  ove fossero sussistenti le necessarie
condizioni  di  reciprocita'  tra  l'Italia  e l'Argentina, l'odierno
opponente  avrebbe  potuto  ottenere la patente italiana per semplice
conversione,  senza  sostenere  alcun esame e senza percio' incorrere
nelle  piu'  gravi  sanzioni  previste dalla legge per il titolare di
patente da meno di tre anni;
        che   il  sistema  sanzionatorio  in  questione,  secondo  il
rimettente,  oltre  ad  essere  discriminatorio  e  quindi lesivo del
principio di uguaglianza, si pone anche in conflitto col canone della
ragionevolezza,   poiche'   mentre  il  titolare  di  patente  valida
all'estero  puo' liberamente circolare in Italia alla sola condizione
di  non  avervi  stabilito  la  propria residenza da piu' di un anno,
altrettanto  non  avviene  per chi abbia deciso, per necessita' o per
scelta, di conseguire la patente italiana;
        che da altre norme del codice della strada discende, inoltre,
che  l'ordinamento  ricollega  pur  sempre  un  qualche  rilievo alla
patente  straniera  come  attestato  di  capacita',  idoneo a rendere
inoperante  l'art. 117  in  questione.  L'art. 136, comma 7, infatti,
prevede  che  chi  circola  in  Italia, decorso il termine di un anno
dall'acquisizione  della  residenza,  con  patente  straniera valida,
incorre  nelle  sanzioni  previste per chi guida con patente italiana
scaduta  di  validita',  e  non in quelle previste per la guida senza
patente.  Allo  stesso  modo  l'art. 130,  comma  2, cod. strada, nel
regolare la materia della revoca e della riacquisizione della patente
revocata,  stabilisce  che  le  limitazioni  di  cui  all'art. 117 si
applicano  con  riferimento  alla  data  di  rilascio  della  patente
revocata.  Da  siffatte  ipotesi  si confermerebbe che il trattamento
di maggiore  severita' valevole per lo straniero che abbia conseguito
la   patente  italiana  nonostante  il  possesso  di  patente  valida
all'estero  si  palesa  irrazionale  e  discriminatorio, e percio' in
conflitto con l'art. 3 della Carta fondamentale;
        che  nel  giudizio  davanti  a questa Corte e' intervenuto il
Presidente   del  Consiglio  dei  Ministri,  rappresentato  e  difeso
dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  chiedendo  che la questione
venga  dichiarata manifestamente infondata atteso che le disposizioni
censurate   non   violerebbero   il   principio  di  uguaglianza  ne'
contrasterebbero con quello di ragionevolezza.
    Considerato  preliminarmente  che  l'art. 16  della  Costituzione
garantisce  il  diritto  alla  libera  circolazione e che, per potere
concretamente  esercitare  tale  diritto come conducente di veicolo a
motore, e' necessario che il soggetto sia munito di patente di guida;
        che,  altresi',  per  regola generale la patente di guida nel
territorio   italiano  va  rilasciata  dall'autorita'  amministrativa
italiana (art. 116 del decreto legislativo n. 285 del 1992);
        che  a  questa  regola  fa  parziale eccezione l'art. 135 del
nuovo  codice  della  strada  (che  riproduce  l'art. 98  del vecchio
codice)  che  consente  ai conducenti muniti di patente di guida o di
permesso internazionale, rilasciati da uno Stato estero, la guida nel
territorio del nostro Paese di autoveicoli e motoveicoli delle stesse
categorie  per  le quali e' valida la loro patente o il loro permesso
nel  Paese  di  rilascio; e che la circolazione con patente straniera
viene  tollerata  fino  ad  un  anno  successivo  all'acquisto  della
residenza  in Italia per dare tempo alle pratiche di conversione o al
conseguimento di patente italiana;
        che,  come  affermato  da  questa  Corte (sentenza n. 121 del
1973) a proposito del citato art. 98 del vecchio codice della strada,
la  ratio  di  detta regola e' quella di agevolare quei soggetti che,
residenti in uno Stato estero, trascorrano in Italia brevi periodi di
permanenza;    si    favorisce   cosi'   la   circolazione   stradale
internazionale,  che  consiste  (secondo  la  definizione  che ne da'
l'art. 4  della  Convenzione  di  Ginevra del 19 settembre 1949, resa
esecutiva  in  Italia  con  la  legge  19 marzo 1952, n. 1049) in una
circolazione  di  veicoli  che  implichi  il  passaggio di almeno una
frontiera;
        che  l'art. 136  del  nuovo codice della strada (che subentra
all'art. 98-bis   del   vecchio  codice)  distingue  due  ipotesi  di
conversione  della  patente: quella dell'atto rilasciato da uno Stato
dell'Unione  Europea,  per  la  cui  conversione  e'  sufficiente  la
residenza  in uno Stato membro; e quella di patente rilasciata da uno
Stato  non  comunitario, per la quale l'art. 136, comma 2, del d.lgs.
n. 285  del  1992 prevede l'applicazione delle disposizioni del comma
1,  purche'  a  condizione  di  reciprocita'  o  in presenza di altri
eventuali requisiti previsti in accordi internazionali particolari;
        che,  mentre  la  patente estera puo' avere giuridico rilievo
nel  nostro  ordinamento  solo attraverso la sua conversione, ove non
sussistano  queste  condizioni,  lo  straniero,  sia  pure  munito di
patente  di  guida estera, che consegua quella italiana dovra' essere
considerato,   nel   triennio   dal  conseguimento,  come  gli  altri
neopatentati e assoggettato al relativo regime giuridico;
        che  il  suddetto  diverso  trattamento  non  implica  alcuna
violazione   del  principio  di  uguaglianza,  il  quale  impone  che
situazioni  eguali  siano  trattate  allo  stesso  modo  e che siano,
invece,  disciplinate diversamente le situazioni differenti (sentenza
n. 121 del 1973);
        che,   pertanto,   la   questione   deve   essere  dichiarata
manifestamente infondata.
    Visti  gli  artt. 26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  secondo  comma,  delle norme integrative per i giudizi
davanti alla Corte costituzionale.