IL MAGISTRATO DI SORVEGLIANZA
    Premesso  che,  con  sentenza  del  24  marzo  1999  del  Giudice
  dell'Udienza  Preliminare  presso  il  Tribunale per i Minorenni di
  Catanzaro, D.S. E., nato il 18 novembre 1976 a Lamezia Terme ed ivi
  residente  in  C.da  Barbuto, veniva condannato alla sanzione della
  semidetenzione  per  mesi  sei  e  alla  multa  di  L.  200.000  in
  sostituzione  della  pena di mesi sei di reclusione e L. 200.000 di
  multa  per il reato di cui all'art. 73 d.P.R. 309/1990;         che
  in  sede  di  applicazione della predetta pena, la difesa del D.S.,
  con  istanza  depositata  in  data 30 settembre 1999, ne chiedeva a
  questo  giudice la sospensione dell'esecuzione in analogia a quanto
  previsto  dall'art. 656  c.p.p.,  nuova  formulazione,  in  tema di
  esecuzione   di   pene   detentive  brevi,  sul  presupposto  della
  sostanziale  equivalenza  tra  la  pena  detentiva  e  quella della
  semidetenzione;            che,   iniziato   il   procedimento   di
  sorveglianza,  all'odierna  udienza,  comparendo  l'interessato, il
  P.M.M. e la difesa concludevano come in atti.
                            O s s e r v a
    L'art.  656  c.p.p., cosi' come rinovellato dalla legge 27 maggio
  1998,  n. 165,  (c.d.  Legge  Simeone), in attuazione del principio
  dell'automaticita'  della  sospensione  dell'esecuzione  delle pene
  detentive  brevi,  dispone  che  se  la  pena  detentiva,  anche se
  costituente  residuo  di  maggior pena, non e' superiore a tre o in
  alcuni  casi a quattro anni, il p.m. ne sospende l'esecuzione e che
  l'interessato,  entro  trenta  giorni  dalla  consegna del relativo
  avviso,  puo' presentare istanza di concessione di una delle misure
  alternative alla detenzione di cui agli artt. 47, 47 ter e 50 della
  legge  n. 354/1975.      Analoga  possibilita' di sospensione della
  pena detentiva viene attribuita dal nuovo testo dell'art.47, quarto
  comma,  della  legge  n. 375/1975 al Magistrato di Sorveglianza nel
  caso  in  cui l'istanza di affidamento in prova al Servizio Sociale
  venga  proposta  dopo  che ha avuto inizio l'esecuzione della pena.
      In tale ipotesi il Magistrato di Sorveglianza puo' (e non deve)
  sospendere  l'esecuzione  della  pena in corso quando siano offerte
  concrete indicazioni in ordine alla sussistenza dei presupposti per
  l'ammissione  all'affidamento  in  prova  e  al  grave  pregiudizio
  derivante  dalla protrazione dello stato di detenzione e non vi sia
  pericolo  di fuga.     Non vi e' dubbio che tale ultima fattispecie
  di  sospensione  dell'esecuzione  della pena detentiva presenta una
  natura diversa da quella precedente, non avendo lo stesso carattere
  di  automaticita'  e presupponendo una pena detentiva gia' in corso
  di  espiazione, nonche' una valutazione sommaria di merito da parte
  del Magistrato di Sorveglianza circa la sussistenza dei presupposti
  per  la  concessione  del  beneficio  dell'affidamento  in prova al
  Servizio  Sociale.      Alla  luce di tali premesse e scendendo nel
  merito   della   richiesta   avanzata  dalla  difesa  del  D.S.  di
  sospensione   della   pena  sostitutiva  della  semidetenzione  sul
  presupposto  della  sostanziale equivalenza tra la stessa e la pena
  detentiva,   occorre   rilevare   come   la  Corte  di  cassazione,
  interpretando  estensivamente  le disposizioni di cui agli artt. 47
  legge  354/1975  e  57  legge  689/1981,  abbia in maniera costante
  ammesso  al beneficio dell'affidamento in prova al Servizio Sociale
  il   condannato   alla   pena   sostitutiva  della  semidetenzione.
      Infatti,  la Suprema Corte in diverse pronunce ha affermato che
  "l'affidamento  in  prova al Servizio Sociale, siccome compreso tra
  le misure alternative alla detenzione, trova applicazione anche con
  riguardo  alla  pena  sostitutiva  della semidetenzione, atteso che
  quest'ultima,  ai  sensi  dell'art. 57, primo comma, della legge 24
  novembre  1981,  n. 689, e', per ogni effetto giuridico, equiparata
  alla pena detentiva della specie corrispondente a quella della pena
  sostitutiva"  (Cass.  pen.,  sez. I, n. 2195 del 15 giugno 1992; ma
  vedi  anche  Cass. pen., sez. I, n. 1740 del 28 maggio 1996 e Cass.
  pen.,  sez.  I,  n. 524  del  6 marzo 1997).     In applicazione di
  detto  principio si puo' agevolmente desumere che, se al condannato
  a  semidetenzione  e'  applicabile il beneficio dell'affidamento in
  prova  al Servizio Sociale, allo stesso puo' ritenersi applicabile,
  sia pure nel silenzio della legge e sempre che l'entita' della pena
  lo  consenta,  anche  l'istituto  della  sospensione della relativa
  esecuzione,  posto che l'equiparazione ad ogni effetto giuridico ai
  sensi  dell'art. 57  legge  n. 689/1981  tra la semidetenzione e la
  corrispondente  pena  detentiva sostitutiva deve ritenersi operante
  anche  su  quest'ultimo  piano.     Infatti, in virtu' dello stesso
  art. 57,  terzo  comma, legge 689/1981, un giorno di pena detentiva
  equivale  a  un  giorno  di semidetenzione e inoltre la sospensione
  puo'   qualificarsi  come  un  effetto  giuridico  della  condanna.
      Tale ultima affermazione puo' a maggior ragione sostenersi alla
  luce  del nuovo testo dell'art. 656 c.p.p., ove si consideri che la
  sospensione  dell'esecuzione  della pena detentiva breve e' effetto
  automatico  della  condanna  definitiva  in  assenza di determinate
  condizioni  ostative.     Ulteriore argomentazione a sostegno della
  sospendibilita' automatica ex art. 656 c.p.p. dell'esecuzione della
  pena  della  semidetenzione  per i condannati minorenni risiede nel
  testo   dell'art. 67   della   legge   n. 689/19981  che  la  Corte
  costituzionale,   con  sentenza  n. 109  del  22  aprile  1997,  ha
  dichiarato  costituzionalmente  illegittimo  nella  parte in cui si
  applica  ai  condannati  minori  di eta' al momento della condanna.
      Per  effetto  di  tale  pronuncia  e'  stata  eliminata  per  i
  condannati  minorenni  la preclusione prevista dalla citata norma e
  consistente  nella  esclusione  del  beneficio  dell'affidamento in
  prova  al  Servizio  Sociale per i condannati in espiazione di pena
  detentiva  derivante  da  conversione, quando la conversione stessa
  sia  l'effetto  della violazione di una delle prescrizioni inerenti
  alla  semidetenzione  o alla liberta' controllata.     L'esclusione
  della citata preclusione potrebbe determinare conseguenze aberranti
  nel   caso  in  cui,  non  ritenendo  sospendibile  automaticamente
  l'esecuzione  della  pena  della  semidetenzione, il minore di eta'
  condannato   a   tale   pena   potrebbe  per  ipotesi  violarne  le
  prescrizioni,   subire   la   conversione  della  stessa  ai  sensi
  dell'art. 66  legge  689/1981  nella  corrispondente pena detentiva
  sostituita  ed ottenere poi la sospensione automatica per l'effetto
  dell'art. 656 c.p.p., meccanismo questo che puo' definirsi perverso
  nella  misura in cui, in definitiva, premia il condannato che viola
  le prescrizioni inerenti alla sanzione sostitutiva.     Ma vi e' di
  piu':  a  sostegno  della  tesi  di  cui sopra, considerando che in
  concreto  la  pena della semidetenzione comporta l'internamento per
  una   parte  della  giornata  in  una  struttura  carceraria,  puo'
  richiamarsi  il  principio  ispiratore  e la finalita' stessa della
  Legge   Simeone,   che   tende   a  personalizzare  il  trattamento
  rieducativo  e a limitare il ricorso alla carcerazione solo ai casi
  in    cui   e'   inevitabile,   anche   per   ovviare   all'attuale
  sovraffollamento  delle  strutture cacerarie.     Puo' richiamarsi,
  inoltre,   il   principio   affermato   piu'   volte   dalla  Corte
  costituzionale  che,  anche  nell'ultima  pronuncia  n. 436  del 22
  novembre   1999,  nel  dichiarare  l'illegittimita'  costituzionale
  dell'art. 58  quarter  della  legge 354/1975  nella parte in cui si
  applica  anche  ai  minori, ha ribadito che nei confronti di questi
  ultimi  entrano  in  gioco  i  principi  costituzionali di cui agli
  artt. 27,  terzo comma, e 31, secondo comma, che sanciscono il fine
  rieducativo  della pena e la loro protezione.     In definitiva, la
  stessa   Giurisprudenza  della  Corte  costituzionale  (gia'  nelle
  sentenze  nn. 125/1992  e  109/1997)  ha  sempre censurato le norme
  dell'Ordinamento Penitenziario che introducono rigidi automatismi i
  quali   compromettono  le  esigenze  di  individualizzazione  e  di
  flessibilita'  tipiche  del  trattamento  rieducativo  relativo  ai
  minori,   cercando   di  introdurre  una  disciplina  differenziata
  "fondata  su  valutazioni  flessibili  e  individualizzate circa le
  idoneita'  e  la opportunita' delle diverse misure per perseguire i
  fini di risocializzazione del condannato minore, nel rispetto delle
  specifiche   caratteristiche   della   sua   personalita'".      In
  quest'ottica  sarebbe  certamente  contrario ai citati principi non
  considerare  sospendibile  automaticamente  l'esecuzione della pena
  della  simidetenzione  applicata  ai  condannati  minori  di  eta'.
      Ebbene,  seguendo  questo ragionamento e tenuto conto del fatto
  che  ex  art. 661 c.p.p. organo dell'esecuzione nel procedimento di
  applicazione   delle  sanzioni  sostitutive  e'  il  Magistrato  di
  Sorveglianza e non il Pubblico Ministero, deve giudicarsi rilevante
  e   non  manifestamente  infondata  la  questione  di  legittimita'
  costituzionale   dell'art. 656   c.p.p.,   per   violazione   degli
  artt. 3,27,  terzo  comma, e 31, secondo comma, della Costituzione,
  nella  parte  in  cui non prevede che il Magistrato di Sorveglianza
  possa,  in  sede  di  applicazione della sanzione sostitutiva della
  semidetenzione  al  soggetto  minorenne  al momento della condanna,
  sussistendo  gli  stessi  presupposti  previsti  per la sospensione
  dell'esecuzione  della  pena  detentiva, sospendere automaticamente
  l'esecuzione  di tale sanzione, concedendo al condannato termine di
  trenta  giorni per la presentazione di istanza volta ad ottenere la
  concessione di una delle misure alternative alla detenzione.