Ricorso della regione Veneto, in persona del presidente pro-tempore della giunta regionale, autorizzato mediante deliberazione della giunta stessa n. 791 in data 10 marzo 2000, rappresentata e difesa, per mandato a margine del presente atto, dagli avvocati prof. Mario Bertolissi del foro di Padova e Luigi Manzi del foro di Roma, elettivamente domiciliata presso lo studio dell'avv. Luigi Manzi, in Roma, via F. Confalonieri n. 5; Contro la Presidenza del Consiglio dei Ministri, in persona del Presidente in carica, per regolamento di competenza, in relazione: al decreto, in data 18 giugno 1999, del giudice per le indagini preliminari presso il tribunale di Monza, con il quale il consigliere regionale Fabrizio Comencini e' stato rinviato a giudizio per diffamazione aggravata a mezzo stampa (n. 574/1999, r.g., g.i.p. Airo'), quale autore dell'articolo dal titolo "Dai sindaci al Nordest, altro flop per Cacciari. Che porti jella?", pubblicato sul quotidiano "La Padania" il 29 luglio 1998, considerato offensivo della reputazione di Luca Casarin. F a t t o 1. - La vicenda di cui qui si tratta, della quale la regione e' venuta solo ora a conoscenza, lungi dal rappresentare l'espressione di una polemica politica di quart'ordine, si iscrive nell'ambito di un dibattito che ha interessato il Veneto e la regione Veneto, investendo partiti politici e istituzioni per un non breve periodo. Infatti, e' massima d'esperienza che di Nordest si e' parlato a lungo, a livello sia locale sia nazionale, a causa dei propositi riformatori che si erano manifestati e delle attese maturate. Tra l'altro, la societa' civile aveva prodotto ulteriori soggettivita', operanti quali movimenti: tra essi, si e' segnalato, per le discussione suscitate, le personalita' che ne hanno fatto parte e gli obiettivi perseguiti, il Movimento del Nordest (per una chiara illustrazione delle premesse, cui si riportano le brevissime considerazioni suesposte, vedi, ad esempio, Diamanti, Il male del Nord-Lega, localismo, secessione, Roma, 1996, nonche', dello stesso, gli innumerevoli articoli comparsi in Il Sole 24 ORE e Il Gazzettino; vedi, altresi', le acute puntualizzazioni, formulate con cultura profonda, da Schiavone, Italiani senza Italia, Torino, 1998, e la denuncia spietata di un male istituzionale, che pare irreversibile, di Cassese, Lo Stato introvabile, Roma, 1998). 2. - Per facilitare, ad un tempo, la comprensione degli eventi accennati e del fatto specifico che ha dato luogo al giudizio penale, al quale si riporta questo conflitto di attribuzioni, vale le pena di riprendere pari pari l'articolo scritto dal consigliere Fabrizio Comencini, apparso su "La Padania" del 29 luglio 1998: "Si sfascia il Movimento del Nordest. Da un anno questa iniziativa politica aveva avviato un singolare laboratorio guidato dal sindaco ulivista di Venezia Massimo Cacciari e da Mario Carraro, imprenditore di successo. La convergenza di personaggi cosi' diversi tra loro si e' trasformata in scontro aperto tra i due, consumato vuoi sulle pagine della stampa locale, vuoi durante assemblee organizzative dove alla fine la conta dei voti ha sancito nei fatti il divorzio assegnando la leadership del movimento a Cacciari tramite il suo braccio operativo, l'ex socialista Rigo. La lacerazione nasce, paradossalmente ma non troppo, proprio da quegli elementi innovativi che il movimento portava con se': il coinvolgimento in prima persona della classe imprenditoriale, la serrata critica allo stato e agli apparati dei partiti, la necessita' di rinnovare la politica e i suoi metodi. Punto forte condiviso da tutti, poi, la valorizzazione dell'autonomismo espresso nell'appoggio ad una autentica riforma federale. Carraro ci credeva al punto tale da essersi preso un anno sabbatico dal proprio lavoro per dedicarsi anima e corpo a questa creatura politica. Ma alla fine, sulle speranze dell'imprenditore, hanno prevalso le logiche di parti e il Movimento del Nordest, lungi dall'essere un laboratorio nuovo e dirompente, si e' trasformato in una strana realta' che sembra riproporre sotto nuova formula e con qualche aggiustamento, l'esperienza dell'Ulivo. Cacciari e' persona scaltra. Sa bene che le critiche da sinistra alla coalizione governativa non potranno essere sopite a lungo. Sa bene che il grido di Nanni Moretti - Dateci un segnale di sinistra - rivolto al governo diventera' dapprima uno slogan rischiando di trasformarsi poi in un'ondata di protesta nei cortei se l'autunno che si avvicina sara' veramente caldo come si pensa. Cacciari sa bene i limiti che avvolgono Prodi e compagni: non c'e' solo una gestione economica restrittiva, che penalizza i lavoratori compensata, per altro, dagli obiettivi europei: ci sono i silenzi sul malaffare, sullo stragismo, sulla corruzione, mentre sul fronte della solidarieta' ritornano vecchie ricette democristiane, come l'assistenzialismo nel Mezzogiorno, o la riduzione dell'orario lavorativo e blocco degli straordinari vissuti come una iattura da imprenditori e operai. Cacciari, davanti a tutto cio', sa bene che bisogna dare una risposta di sinistra: in caso contrario le contraddizioni esplodono. Eccolo allora impegnato a dar vita ad un soggetto eterogeneo e, all'apparenza, non ortodosso, che comprenda le spinte dell'estrema sinistra, individuata nelle "riserve indiane" dei centri sociali che per altro rappresentano solo se stessi e non un malessere diffuso, conciliandole con le ambizioni degli ambientalisti e l'operaismo stemperato, il tutto con l'avallo dell'imprenditoria illuminata e l'appoggio dell'associazionismo cattolico e l'imprimatur di vecchi e nuovi riciclati della politica. Un mix ben calibrato a sinistra, capace di dare spazio alle ambizioni e agli interessi personali. Un progetto a medio termine, in altre parole, pronto a sostituirsi all'Ulivo nel caso in cui le contraddizioni intestine a questo raggruppamento lo faranno esplodere, oppure destinato a supportare in chiave locale l'alleanza di centro-sinistra conferendole una patina di nobilta' culturale e di localismo. Ma questo non era esattamente cio' a cui puntava Carraro. Dando voce ad una parte della societa' veneta, l'imprenditore pensava ad un partito interclassista, coeso attorno alla ricerca del bene comune per la realta' veneta: autonomia si', perche' essa e' funzionale ad una societa' moderna, federalismo subito, per non perdere ulteriore tempo, infrastrutture e servizi non come gentile concessione dello Stato padre-padrone ma in quanto opere necessarie e, soprattutto, abbondantemente ripagate dal gettito prodotto, abbandono netto dell'assistenzialismo e drastico taglio a sussidi immotivati. Un esperimento da esportare poi nel resto d'Italia. Due lingue diverse coesistevano nel Movimento del Nordest, due disegni strategici lontani tra loro, che non potevano non cozzare l'uno contro l'altro. Il tutto condito da presenze inquietanti come il leader dei centri sociali veneti, tal Luca Casarin, che vanta non solo un curriculum da autonomo di tutto rispetto, ma anche singolari raccomandazioni da far invidia ai vecchi dorotei democristiani che lo hanno portato ad essere consulente del Ministero degli affari sociali, ad avere in passato anche qualche collaborazione con la Rai, ad essere nominato nei fatti portavoce oggi del Movimento del Nordest oltre che consigliere personale di Cacciari. E' questo in chiave darwiniana l'anello mancante tra la prima e la seconda Repubblica? Oppure e' il senatore ex socialista, ex autonomista, ex quel che volete ma sempre senatore e sempre a galla Mario Rigo? Con questi compagni di strada anche la realpolitik di un imprenditore viene incrinata. Cosi' Carraro ha dovuto prendere atto di persona del trasformismo e non se l'e' sentita ancora di avallare ancora con la sua presenza una struttura con i suoi obiettivi sono, nei fatti, molto diversi dai suoi. Sara' un caso o una coincidenza. Ma questa non e' la prima volta che Cacciari riesce a disinnescare e a snaturare un esperimento politico che, in potenza, aveva delle spinte propositive. Anche il movimento dei sindaci nacque con un forte carattere dirompente: s'impantano' quando Cacciari volle assumerne la guida. Proprio come capita oggi con il Movimento del Nordest. Che il sindaco di Venezia porti jella?" (doc. 1). 3. - Ove si rifletta, anche un istante, sulle premesse suddette, non pare dubbio che il consigliere regionale del Veneto, con lo scritto in esame, ha inteso partecipare alla discussione di un tema politico all'ordine del giorno, illustrare il proprio punto di vista di consigliere regionale (attento alle mutazioni prospettiche del quadro politico) e prospettare le proprie valutazioni, coinvolgenti anche Luca Casarin, che non era - come non e' - un quivis de populo, ma un personaggio noto, esponente di spicco dei "centri sociali" operanti in ambito regionale, impegnato nella politica e, dunque, esposto ai giochi della politica, che prevedono la polemica, la provocazione, la sollecitazione anche forte alle responsabilita' che seguono l'attribuzione di incarichi istituzionali e no. 4. - Naturale - dato un simile contesto - che la regione abbia ritenuto "l'iniziativa dell'autorita' giudiziaria" incidente "in via diretta sull'autonomia di un consigliere regionale ed in via mediata sulla stessa autonomia costituzionalmente garantita della regione, violando gli artt. 121, 122 e 123, Cost., e, piu' in generale, il principio secondo il quale l'esercizio delle funzioni di consigliere regionale non puo' essere sindacato da organi giurisdizionali" ricorrendone - come ricorrono - i presupposti di cui all'art. 122, quarto comma, Cost. (doc. 2). D i r i t t o 1. - Non v'e' dubbio che, ove si considerino testi e contesti della vicenda di cui trattasi, la fattispecie poc'anzi descritta configura la piu' classica delle violazioni dell'art. 122, quarto comma, Cost., secondo cui "i consiglieri regionali non possono essere chiamati a rispondere delle opinioni espresse e dei voti dati nell'esercizio delle loro funzioni": in analogia con cio' che dispone - peraltro in una piu' ampia prospettiva - l'art. 68, primo comma, Cost., per i parlamentari nazionali. Infatti, nel caso in questione e' stata violata "la piu' ampia liberta' di valutazione e di decisione" (per dirla con Martines, Diritto costituzionale, Milano, 1994, p. 294) riservata ad un tempo al membro del Parlamento e del consiglio regionale; ne' il consigliere di cui trattasi ha "commesso un fatto materiale" (op. cit., p. 294), senz'altro perseguibile in sede penale. E' evidente, altresi', come, attraverso la lesione delle prerogative stabilite dall'art. 122, quarto comma, siano state violate ulteriori disposizioni della Costituzione: quelle degli artt. 121 e 123, poiche' l'alterazione delle attribuzioni accordate dalla legge fondamentale al consigliere regionale che esprime opinioni e da' i voti si riverbera sull'intera organizzazione dell'ente e sull'esercizio delle relative funzioni, entrambi costituzionalmente protetti. 2. - Per rendersi conto della fondatezza dell'assunto, basta considerare, infatti, il contenzioso costituzionale cui ha finora dato luogo l'applicazione dell'art. 122, quarto comma, Cost. Stando ad esso, ci si avvede che, pregiudiziale ad ogni pronuncia, e' stato il confronto di "tale norma con le piu' ampie guarentigie concesse ai membri del Parlamento dall'art. 68 della Carta". Dette guarentigie, "eccezionali deroghe all'attuazione della funzione giurisdizionale, considerate necessarie a salvaguardia dell'esercizio delle funzioni sovrane spettanti al Parlamento, risultano legittime in quanto sancite dalla Costituzione. Le attribuzioni dei consigli regionali si inquadrano, invece, nell'applicazione di autonomie costituzionalmente garantite, ma non si esprimono a livello di sovranita'" (Corte cost., sent. 25 marzo 1975, n. 81, in Giur. cost., 1975, p. 786). Questa prima significativa precisazione e' stata successivamente ripresa ed ancor meglio ribadita dal giudice dei conflitti di attribuzione, la' dove ha affermato che "invero la guarentigia" delle opinioni espresse e dei voti dati "dai consiglieri regionali, nel sistema costituzionale, trae fondamento e trova il suo ambito in un determinato modello di funzioni dei consigli regionali, ritenuto meritevole e bisognoso della tutela privilegiata apprestata dall'art. 122, quarto comma, Cost. L'esonero da responsabilita' dei componenti dell'organo (sulla scia di consolidate giustificazioni dell'immunita' parlamentare) e' vista funzionale alla tutela delle piu' elevate funzioni di rappresentanza politica, in primis la funzione legislativa, volendosi garantire da qualsiasi interferenza di altri poteri il libero processo di formazione della volonta' politica". E codesta Corte ha aggiunto - significativamente - che "la giustificazione razionale della guarentigia poggia, pertanto, sulla corrispondenza fra il livello costituzionale della guarentigia stessa, ed il livello costituzionale del tipo di funzioni, il cui esercizio si e' eccezionalmente ritenuto opportuno sottrarre al controllo giudiziario. Quello che la Costituzione ha inteso proteggere, con disposizioni derogatorie rispetto al comune regime di responsabilita', e' un modello funzionale che essa stessa ha delineato ed appunto percio' ha potuto valutare meritevole dell'eccezionale protezione" (Corte cost., sent. 20 marzo 1985, n. 69, in Giur. cost., 1985, pp. 493-494). Dunque - ha precisato la Corte - "la carenza di potere giurisdizionale si traduce ... in un'alterazione dell'ordine costituzionale delle compentenze, posto che la pretesa di esercitare poteri siffatti comporta l'invasione della sfera di autonomia costituzionalmente riservata alla regione ..., alla quale esclusivamente spetta l'esercizio delle funzioni che i magistrati hanno inteso condizionare" (Corte cost., sent. 20 marzo 1985, n. 70, in Giur. cost., 1985, p. 516). 3. - A ben vedere, sono i postulati dell'eguaglianza a fondare il sistema delle guarentigie dei consiglieri regionali, postulati di cui codesto ecc.mo collegio si e' fatto interprete quando ha sottolineato la circostanza che "l'ampliamento della portata dell'immunita' risultante dall'ampliamento, rispetto al modello costituzionale, delle funzioni riservate al consiglio regionale puo' essere operato, ove consentito, soltanto con la legge dello Stato, perche' soltanto il legislatore statale puo' assicurare, come e' costituzionalmente necessario, una uguale protezione ai consiglieri di tutte le regioni nell'esercizio delle medesime funzioni e perche' soltanto una sua scelta sarebbe conforme al principio di legalita' che regge compiutamente il sistema penale" (Corte cost., sent. n. 69/1985, cit., pag. 495). In buona sostanza, la disposizione dell'art. 122, quarto comma, Cost., va interpretata tenendo conto del fatto: a) che essa non e' pienamente assimilabile a quella contenuta nell'art. 68, primo comma, Cost., dal momento che le immunita' dei membri del Parlamento ineriscono alla sovranita' dello Stato, di cui il Parlamento stesso e' organo; b) che essa esprime, relativamente ai componenti dell'organo legislativo della regione, aspetti dell'autonomia di quest'ultima ...; c) la quale non soltanto tollera, ma addirittura implica, affinche' sia assicurata "una uguale protezione ai consiglieri di tutte le regioni" (Corte cost., sent. n. 69/1985, cit., pag. 495), che ogni allargamento delle immunita' sia deliberato con atto normativo dello Stato. 4. - Quanto alle fonti abilitate a disciplinare legittimamente le immunita' spettanti ai consiglieri regionali ai sensi dell'art. 122, quarto comma, Cost., codesta Corte ha precisato "la ratio decidendi della pronuncia del 1975": infatti, "l'affermazione della insindacabilita' delle opinioni e dei voti dei consiglieri regionali nell'esercizio della funzione di organizzazione interna dell'organo non fa che sviluppare coerentemente il parallelismo con le guarentigie dei membri del Parlamento, di cui all'art. 68, primo comma, Cost., in relazione al nucleo essenziale comune e caratterizzante delle funzioni degli organi "rappresentativi" dello Stato e delle regioni: accanto alla funzione primaria, quella legislativa, ed alla funzione di indirizzo politico e di controllo, la funzione di autorganizzazione interna, pacificamente riconosciuta al consiglio regionale al pari che ai due rami del Parlamento" (Corte cost., sent. n. 69/1985, cit., p. 493). Quanto alle predette funzioni - da determinarsi, come si e' accennato, nel rispetto delle esigenze di uniformita' di regime giuridico imposte dal principio costituzionale di eguaglianza - esse debbono trovare la loro fonte regolatrice nella Costituzione oppure in un atto normativo dello Stato, non dovendosi reputare abilitate a disciplinare fattispecie rilevanti ai fini delle immunita' di cui all'art. 122, quarto comma, Cost., ne' la legge regionale e neppure lo statuto (Corte cost., sent. n. 69 e n. 70/1985, cit.). Ma - quanto alla fonte statutaria - il carattere rigido dell'esclusione va temperato la' dove si consideri la funzione di autorganizzazione interna. 5. - Sul piano pratico sono sorti, peraltro, numerosi interrogativi soprattutto per guanto riguarda le fonti in cui si estrinsecano le funzioni di consigliere regionale, ben potendosi articolare, oltre che in atti legislativi, in atti amministrativi. In proposito, e' opportuno dare conto degli orientamenti espressi da codesta ecc.ma Corte costituzionale, che rappresentano un punto di arrivo imprescindibile, del quale ci si limita - normalmente ed autorevolmente - a prendere atto (v., per tutti, Paladin, Diritto regionale, Padova, 1992, p. 322 ss.). Ebbene, se in un primo momento il giudice dei conflitti di attribuzione ha semplicemente affermato come "la forma amministrativa che connota le deliberazioni consiliari ... non valga ad escludere l'irresponsabilita' di coloro che le adottarono nell'esercizio di competenze spettanti al consiglio" (Corte . cost., sent. n. 81/1975, cit., p. 786) - con cio' chiarendo, comunque, che pure l'attivita' amministrativa, e non solo quella legislativa, puo' essere coperta da immunita' - in un secondo momento ha precisato che una simile massima "non implicava una affermazione generale di insindacabilita' in riferimento a qualsiasi atto consiliare in forma amministrativa, bensi', piu' specificamente, l'insufficienza della "forma amministrativa dell'atto ai fini di escludere la guarentigia per atti attinenti allo stato giuridico dei consiglieri, e in definitiva all'autoorganizzazione del consiglio stesso" (Corte cost., sent. n. 69/1985, cit., p. 493). Di piu', e' proprio in riferimento all'adozione di atti amministrativi rilevanti ai fini dell'art. 122, quarto comma, Cost. che codesta Corte ha avuto modo di precisarne i caratteri relativamente agli atti che esprimono la giurisdizione, essendo indubbio "che, nel sistema costituzionale, funzione amministrativa e funzione giurisdizionale sono concepite e devono svolgersi in posizione di reciproca separazione" (art. 97, commi 1 e 2, 102, comma 1, 104, comma 1, 113, u.c.). In particolare - ha osservato la Corte nella sentenza n. 150 del 1981 - l'art. 113, u.c., Cost., "rinviando alla legge la determinazione degli organi giudiziari abilitati ad annullare gli atti della pubblica amministrazione", "con cio' stesso" "esclude che spetti alle autorita' giudiziarie ordinarie di annullare gli atti amministrativi in mancanza di una previsione di legge; ed a piu' forte ragione comporta che tali autorita' non possano contrapporsi o sovrapporsi alle autorita' amministrative, arrogandosi poteri che per legge vadano esercitati dall'esecutivo, in forme e con procedimenti prefissati. Alla stregua di tali principi deve (parimenti) negarsi che spetti ad organi giudiziari ... dettare le linee dell'indirizzo amministrativo regionale nella materia de qua (inquinamento delle acque ...), in cio' sostituendosi agli organi regionali competenti nella determinazione sia degli strumenti di intervento che dei tempi e modi di attuazione di tale indirizzo ed addirittura prescrivendo gli atti specifici che si ritiene debbano essere adottati" (Corte cost. sent. n. 70/1985, cit., p. 516). 6. - E' possibile, a questo punto, formulare alcune notazioni di sintesi, strumentali ad una migliore rappresentazione e comprensione del caso di specie. Si puo' affermare, pertanto, che l'ambito di operativita' dell'art. 122. quarto comma, Cost. (interpretato secondo i criteri enunciati) e' delimitato, quanto al titolo normativo: a) dalla Costituzione; b) dalla legge e dagli atti aventi forza di legge dello Stato (non - verosimilmente - da atti normativi statali subprimari, quali i regolamenti, quantomeno la' dove si versi in materia penale: Corte cost.; sentenza n. 69/1985, cit., p. 495); non dalla legge regionale e dallo statuto. Quanto alle funzioni, tale ambito di operativita' riguarda: a) la funzione legislativa; b) la funzione di indirizzo politico e di controllo; c) la funzione di autoorganizzazione interna. Le funzioni suddette possono estrinsecarsi in atti aventi natura formalmente: a) legislativa; b) amministrativa. 7. - L'ampia ripresa della giurisprudenza di codesto Collegio ha come scopo precipuo, da un lato, di inquadrare nitidamente la fattispecie e, d'altro lato, di evitare l'insorgere di equivoci, sempre possibili quando rimangono in ombra elementi senz'altro qualificanti l'istituto delle guarentigie di cui all'art. 122, quarto comma, Cost. Ora, prescindendo da un'indagine incentrata sulla qualifica soggettiva dell'autorita' precedente (magistrato penale, magistrato investito dei giudizi di responsabilita' amministrativa) ed altresi' dalla minuta analisi della tipologia piu' ricorrente di funzioni svolte dai consiglieri regionali, vale la pena di soffermarsi un istante sulla funzione di indirizzo politico e di controllo, cui codesta Corte ha ricondotto - nell'ottica dell'art. 122, quarto comma, della Costituzione - le attivita' ispettive, quelle che si concretizzano nella partecipazione a commissioni di inchiesta o che si traducono comunque in comportamenti preordinati al controllo politico (da ultimo, Corte cost., sent. n. 209/1994), che hanno sicura base costituzionale (nelle disposizioni che disciplinano la forma di governo nei suoi tratti essenziali), quindi svolta a livello statutario e di regolamento d'assemblea (s'intende, in ogni caso, che il titolo normativo che radica l'immunita' e' quello di rango costituzionale). Pertanto, vanno riferite alle funzioni de quibus, ad esempio: la decisione - squisitamente politica - di prendere in esame oppure no un disegno o progetto di legge regionale; il giudizio circa l'ammissibilita' dei referendum proposti si sulla scorta di specifiche leggi regionali, ma innanzi tutto in ragione di guanto dispone l'art. 123, primo comma, Cost.; le attivita' preordinate alla approvazione dei bilanci e dei piani economici della regione: sia quando si estrinsecano in atti di legislazione sia quando si svolgono in forma amministrativa, dal momento che concretizzano senz'altro manifestazioni della funzione di indirizzo politico; le indagini conoscitive e le inchieste consiliari, le quali ultime esprimono un "potere connaturato e implicito nelle funzioni spettanti ai consigli medesimi" (Corte cost., sent. 28 aprile 1966, n. 29, in Giur. cost., 1966, I, p. 300). Sicche', quantomeno in questo caso, la guarentigia deve considerarsi operante pur in difetto di una clausola costituzionale espressa facoltizzante l'istituzione di commissioni di tal genere; gli atti di nomina alle piu' importanti cariche dell'amministrazione regionale e pararegionale, poiche' nelle regioni di diritto comune l'autonomia politica implica che "la competenza consiliare abbraccia una vasta e mutevole serie di provvedimenti del caso concreto", tra i quali vanno inclusi appunto gli atti di nomina suddetti (Paladin, Diritto regionale, cit., p. 354). Quanto alla funzione di controllo attribuita al consiglio, l'immunita' si estende ovviamente ad ogni intervento attuato in via legislativa (ad esempio: con legge di approvazione di piani e programmi), e copre senz'altro le questioni poste attraverso interrogazioni, interpellanze, mozioni, risoluzioni, ordini del giorno e via discorrendo, quando questi ineriscono - come nel caso in questione - all'esercizio di competenze spettanti alla regione. 8. - Quale naturale sviluppo delle puntualizzazioni poc'anzi accennate, riferite specificamente alla condizione di consigliere regionale, si pone la giurisprudenza di codesto Collegio, stando alla quale "sarebbe, peraltro, riduttivo ritenere che la funzione di rappresentanza politica, garantita dalla citata disposizione (dell'art. 122, quarto comma, Cost.), si risolva negli atti tipici. In tal senso depone l'orientamento espresso, recentemente, da questa Corte in tema di immunita' parlamentare, evidenziando il nesso funzionale che in presenza di attivita' oggetto di indagine penale, rende operante la prerogativa dell'art. 68 della Costituzione (sentenza n. 289 del 1998)". A parere della Corte, "tale orientamento, nonostante la diversa posizione dei componenti delle camere rispetto ai componenti dei consigli regionali, appare estensibile al caso qui in esame, a fronte dell'analogo tenore, per entrambe le categorie, della disposizione sull'irresponsabilita' per le opinioni espresse ed i voti dati nell'esercizio delle funzioni. Il che porta conclusivamente a ritenere che, nell'ambito dell'art. 122, quarto comma, della Costituzione, rientrino non solo le attivita' nelle quali si estrinseca il diritto di interrogazione o di interpellanza, ma, altresi', gli elementi conoscitivi utilizzati ai fini dell'esercizio di quel diritto e che si pongono in funzionale connessione con il medesimo" (cosi' Corte cost., sent. n. 382/1998, cui adde sent. n. 391/1999). 9. - Fermo restando quanto si e' esposto in sede di definizione delle linee generali dell'istituto dell'insindacabilita' di cui all'art. 122, quarto comma, Cost., e ferme restando, altresi', le considerazioni conclusive che si prospetteranno tra un istante, e' indispensabile chiarire come la fattispecie de qua debba misurarsi con le piu' recenti massime rese dal giudice delle leggi: si allude alle sent. n. 10, n. 11 e n. 56/2000. Per limitarsi a quest'ultima, non sfugge a questa difesa l'assunto secondo cui "occorre ... che la prerogativa trovi una sua delimitazione funzionale: senza di essa la prassi attuativa trasformerebbe l'istituto in una sorta di privilegio personale, conferendo a deputati e senatori (e ai consiglieri regionali) uno statuto personale di favore circa l'ambito e i limiti della liberta' di manifestazione del pensiero. Con evidente distorsione del principio di eguaglianza e di pari opportunita' fra i cittadini nella dialettica politica". Ne consegue che "la semplice comunanza di argomento fra la dichiarazione resa ai mezzi di comunicazione o in dibattiti pubblici e le opinioni espresse in sede parlamentare non basta a estendere alla prima l'insindacabilita' che copre le seconde. Ne' si puo' invocare a tal fine l'esistenza di un "contesto politico in cui la dichiarazione si inserisca, giacche' siffatto tipo di collegamenti non vale, di per se', a conferire il carattere di attivita' parlamentare a manifestazioni di pensiero oggettivamente estranee ad esse". Cio' che conta e' che "deve esservi, dunque, un preciso nesso funzionale fra la dichiarazione e l'attivita' parlamentare": nesso funzionale che sussiste (a) "quando le dichiarazioni siano sostanzialmente riproduttive dell'opinione sostenuta in sede parlamentare" oppure (b) in ragione del "contenuto storico" dell'opinione espressa, accompagnata dalla pubblicita' della medesima (Corte cost., sent. n. 56/2000). 10. - Cosi' predeterminati i confini al cui interno possono collocarsi le "opinioni espresse" e i "voti dati", si deve osservare come, nel caso di specie, senz'altro sussiste il "nesso funzionale" richiesto. Da un lato, infatti, ancorche' manchino un'interrogazione, un'interpellanza, una mozione, una risoluzione, un ordine del giorno o altro ancora che radichino formalmente ex ante ad una espressione tipica della funzione di indirizzo politico la manifestazione del pensiero di cui trattasi, nondimeno e' impensabile - perche' intrinsecamente irrazionale - ritenere che la pura e semplice formulazione di un simile atto, tipico appunto, sia idonea a concretizzare l'immunita' di cui all'art. 122, quarto comma, Cost.: in ogni caso, si dovra' esaminare il contenuto della manifestazione del pensiero del consigliere regionale allo scopo di determinare la sussistenza del nesso funzionale richiesto. D'altra parte, come si e' visto, codesta ecc.ma Corte ha escluso che la garanzia "si risolva negli atti tipici" (sent. n. 382/1998, cit.). D'altro lato, una volta che sia escluso altresi' che l'immunita' sia destinata ad operare puramente e semplicemente nella sede consiliare ed in occasione dei lavori dell'organo assembleare, va da se' che l'art. 122, quarto comma, della Costituzione deve trovare applicazione quando le manifestazioni del pensiero siano oggettivamente correlabili alla posizione istituzionale del consigliere stesso: il quale - alla regione appare indubitabile - deve poter esprimere, in ragione del suo status e dei compiti che gli sono assegnati dall'ordinamento, le valutazioni di ordine politico sia particolare sia generale incidenti sulla concreta struttura e sul funzionamento dell'ente di cui fa parte. Ora, anche se a prima vista e superficialmente, si potrebbe ritenere lo scritto "incriminato" riconducibile ad un'area di fenomeni non coperti dall'art. 122, quarto comma, Cost., tuttavia ad un esame soltanto un po' piu' approfondito non puo' sfuggire che le relative manifestazioni del pensiero, il tono polemico e finanche irriverente (ma riconducibili a un modo comune di intendere l'attribuzione di incarichi pubblici e professionali, che non infrequentemente dipendono dalla militanza) espressi dal consigliere Comencini si sono iscritti nel contesto di un dibattito riguardante la vigente e, soprattutto, prospettica composizione del consiglio regionale del Veneto: non a caso, il Movimento del Nordest e' attualmente un soggetto politico schierato, in vista delle elezioni regionali del 16.04.2000, e Massimo Cacciari (di cui si parla diffusamente nell'articolo apparso su "La Padania") e' uno dei candidati alla presidenza della regione Veneto (per non dire del sen. Rigo e della sua azione di sostegno prescelta) (v., al riguardo, Il movimento Nordest: non appoggiamo Galan, in Il Gazzettino, 12 aprile 2000: doc. 3). Probabilmente, quella di cui qui si discute e' una fattispecie non riconducibile in modo puntuale ad altre precedenti esaminate dalla Corte; ma, pare a questa difesa, che essa non si discosti dalla ratio dell'art. 122, quarto comma, Cost., per come e' stata via via ricostruita e definita tra l'altro con le sentenze sopra richiamate. Ove si ritenesse il contrario, ne sarebbe gravemente mutilato il dibattito politico, che oggi sembra collocarsi, il piu' delle volte e salvo rare eccezioni, su livelli non propriamente elevati. Sotto questo profilo e con i toni polemici espressi, il consigliere Comencini ha offerto un quadro di sintesi, utile per discorrere e, si ripete, prospettico rispetto ad eventi che proprio ora stanno disegnando le linee portanti della futura legislatura regionale 2000-2005. Da cio', con evidenza, la violazione, attuata dall'atto indicato in epigrafe, dell'art. 122, quarto comma, e, suo tramite, degli artt. 121 e 123 Cost., di disciplina dell'organizzazione e delle funzioni dei supremi organi regionali.