ha pronunciato la seguente


                              Ordinanza

nel  giudizio  di  legittimita' costituzionale del combinato disposto
degli  artt. 305  e  300 del codice di procedura civile, promosso con
ordinanza  emessa  il  2 luglio  1998  dalla  Corte di cassazione nel
procedimento  civile  vertente  tra  Napolitano  Elena  ed altro e il
comune  di  Barberino  di  Mugello,  iscritta  al  n. 11 del registro
ordinanze 1999 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
n. 4, prima serie speciale, dell'anno 1999.
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del Consiglio dei
Ministri;
    Udito  nella  camera  di consiglio del 9 febbraio 2000 il giudice
relatore Fernanda Contri.
    Ritenuto  che  la  Corte  di  cassazione, con ordinanza emessa il
2 luglio  1998,  ha sollevato, in riferimento agli artt. 24 e 3 della
Costituzione,  questione di legittimita' costituzionale del combinato
disposto  degli artt. 305 e 300 del codice di procedura civile, nella
parte in cui prevede che, in caso di morte della parte costituita, il
termine   perentorio  di  sei  mesi  per  la  riassunzione  (rectius:
prosecuzione)  del  processo  decorre,  per  i  soggetti  destinati a
subentrare  nel  rapporto processuale, dalla data dell'interruzione e
non  dalla  data  della  loro  effettiva conoscenza dell'interruzione
medesima;
        che    la    Corte   rimettente   denuncia   l'illegittimita'
costituzionale delle citate norme, in quanto non sarebbe garantito il
diritto  di difesa dei soggetti - cui spetta proseguire il processo -
i  quali,  benche'  estranei ad esso, sono tuttavia tenuti a compiere
attivita'  processuali entro un termine perentorio, la cui decorrenza
non  e'  portata  a  loro  conoscenza  attraverso  atti  processuali,
restando  affidata  alla  diligenza  del  procuratore  mandatario  la
comunicazione dell'avvenuta interruzione del processo;
        che  sussisterebbe anche una disparita' di trattamento tra le
parti,  poiche'  mentre  quelle  non colpite dall'evento hanno legale
conoscenza  dell'interruzione  e  possono  usufruire  per  intero del
termine   semestrale   per  la  riassunzione,  le  parti  cui  spetta
proseguire   il  processo  sono  invece  esposte  al  pericolo  della
consumazione  parziale  del termine, in quanto per esse la conoscenza
della  interruzione  e'  subordinata alla successiva comunicazione ad
opera del procuratore della parte colpita dall'evento;
        che il giudice a quo ritiene che la questione, gia' esaminata
dalla  Corte  costituzionale  con  la  sentenza  n. 136  del 1992, in
relazione  all'ipotesi  di  interruzione del processo per intervenuto
fallimento  della  parte, debba essere ora affrontata con riferimento
al  diverso  evento  interruttivo  del  processo, rappresentato dalla
morte  della  parte,  in  quanto  la  citata  sentenza  sarebbe stata
"condizionata     dalla    peculiarita'    dell'evento    considerato
(fallimento)",  mentre ben diversa sarebbe la situazione che si viene
a creare con la morte della parte;
        che,  secondo  il  giudice  a quo sostenere che la tutela del
soggetto  legittimato a proseguire il giudizio in luogo del suo dante
causa sarebbe assicurata dalle norme che disciplinano le obbligazioni
del  mandatario, tra cui, in particolare, l'art. 1710 cod. civ., come
affermato  dalla  sentenza  n. 136 del 1992, equivale a riconoscere a
detto  soggetto  "una  forma  di protezione per cosi' dire indiretta,
assicurata,  cioe',  non  -  come  sembrerebbe  dover  essere  -  nel
processo,  bensi'  attraverso  disposizioni  volte  a riequilibrare e
sanzionare la (gia' intervenuta) lesione del diritto di difesa";
        che  il Presidente del Consiglio dei Ministri, intervenuto in
giudizio  col  ministero  dell'Avvocatura  generale  dello  Stato, ha
concluso  per  la  infondatezza  della questione, rilevando anzitutto
come  la  ratio  decidendi  della  precedente  pronuncia  della Corte
costituzionale, pur traendo origine da un'ipotesi di interruzione per
intervenuto   fallimento   della   parte,  sia  stata  elaborata  con
riferimento al caso di morte della parte costituita ed osservando che
la  eventuale  previsione  di  una  diversa decorrenza del termine di
prosecuzione  del  processo,  individuata  dal rimettente nel momento
dell'effettiva   conoscenza   dell'interruzione,   introdurrebbe  nel
processo un elemento di assoluta incertezza.
    Considerato   che   le  norme  disciplinanti  l'interruzione  del
processo  prevedono  l'automatismo  dell'effetto interruttivo solo in
conseguenza  del verificarsi di un evento che colpisca la parte prima
della   sua   costituzione  (art. 299  cod.  proc.  civ.),  la  parte
costituita  personalmente  (art. 300,  terzo  comma, cod. proc. civ.)
ovvero il procuratore (art. 301 cod. proc. civ.);
        che,  per  contro, nelle ipotesi in cui l'evento attenga alla
parte  costituita,  la  produzione  dell'effetto  interruttivo non e'
automatica  ma  e' rimessa all'iniziativa del procuratore della detta
parte,  cui  e'  attribuita,  nell'interesse  del mandante e dei suoi
eredi,  la  valutazione dell'opportunita' di rendere o non rendere la
dichiarazione  (e nel caso affermativo in quale momento), che si puo'
considerare  lato  sensu  negoziale e che quando interviene determina
l'interruzione del processo;
        che,  nel  caso  considerato, l'interruzione del processo non
deriva  automaticamente  ed  obbligatoriamente  dal  mero verificarsi
dell'evento,   in  quanto  la  produzione  dell'effetto  interruttivo
postula una specifica dichiarazione di volonta' del procuratore;
        che  appare  dunque evidente come una determinazione di cosi'
incisivo  rilievo  processuale sia rimessa al procuratore della parte
in  dipendenza  del mandato conferitogli con la procura ad litem onde
egli  e'  tenuto  ad  adempiere  le  obbligazioni  derivanti  da tale
contratto  con  la diligenza imposta dall'art. 1710 del codice civile
ed  a  continuare l'esecuzione, se vi e' pericolo nel ritardo, quando
il  mandato si sia estinto per morte del mandante, come stabilisce il
successivo art. 1728 cod. civ;
        che,  in  definitiva, come questa Corte ha gia' avuto modo di
affermare  nella sentenza n. 136 del 1992, la necessaria correlazione
tra  le  norme sostanziali, in tema di mandato, e quelle processuali,
relative   alla  disciplina  dell'interruzione,  attesta  l'esistenza
dell'obbligo  del procuratore di rendere noto agli eredi del mandante
il  verificarsi  dell'evento  che  abbia  colpito  quest'ultimo  e di
concordare  quindi  con  essi  la  eventuale dichiarazione produttiva
dell'effetto  interruttivo,  e cio' in funzione dell'esigenza - avuta
di  mira  dal legislatore - di tutelare gli eredi della parte colpita
dall'evento, nei cui confronti fa stato ad ogni effetto il giudicato;
        che  pertanto  l'ipotetica incuria del procuratore, che abbia
omesso di informare gli eredi della pendenza del processo e della sua
interruzione,  non  costituisce  violazione  del diritto di difesa di
tali  soggetti,  in  quanto  l'obbligo dell'osservanza delle norme in
esame e' di per se' idoneo a garantire l'invocata tutela;
        che,  infine,  non  e'  in  alcun modo ravvisabile la dedotta
disparita'  di  trattamento rispetto alle parti non colpite da evento
interruttivo,  le  quali,  secondo  la  tesi  della Corte rimettente,
usufruiscono  per  intero del termine semestrale per la riassunzione,
avendo  legale  conoscenza  dell'interruzione  sin  dal momento della
dichiarazione o della notificazione;
        che,  infatti,  le  dette  parti, se costituite, sono esposte
anch'esse   al  pericolo  della  consumazione  parziale  del  termine
nell'analoga   ipotesi   in   cui  il  procuratore,  dal  quale  sono
rappresentate,   abbia   loro   tardivamente   comunicato  l'avvenuta
interruzione  del  processo,  in  violazione  a  sua volta dei propri
obblighi di mandato;
        che  pertanto  anche  sotto  tale  profilo  la questione deve
dichiararsi manifestamente infondata.
    Visti  gli  artt. 26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  secondo  comma,  delle norme integrative per i giudizi
davanti alla Corte costituzionale.