ha pronunciato la seguente


                              Ordinanza

nei  giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 40, commi sesto
e settimo del codice di procedura civile come modificato dall'art. 19
della  legge  21 novembre  1991,  n. 374  (Istituzione del giudice di
pace)  e dell'art. 36 stesso codice, promossi con ordinanze emesse il
23 ottobre 1998 dal giudice di pace di Ancona nel procedimento civile
vertente  tra Rossi Giovanni e la Marche Impianti S.A.S., iscritta al
n. 913  del  registro  ordinanze  1998  e  pubblicata  nella Gazzetta
Ufficiale della Repubblica n. 3, prima serie speciale, dell'anno 1999
e  il 21 settembre 1999 dal giudice di pace di Osimo nel procedimento
civile  vertente  tra Pra Monego Marco e Liviabella Sara, iscritta al
n. 641  del  registro  ordinanze  1999  e  pubblicata  nella Gazzetta
Ufficiale  della  Repubblica  n. 48,  prima serie speciale, dell'anno
1999.
    Udito  nella  camera  di  consiglio  del 5 aprile 2000 il giudice
relatore Fernanda Contri.
    Ritenuto  che  nel  corso  di  un  procedimento  di opposizione a
decreto   ingiuntivo,   nel   quale   e'   stata   proposta   domanda
riconvenzionale  di  valore  superiore  alla  competenza  del giudice
adito,  il  giudice  di  pace  di  Ancona,  con  ordinanza  emessa il
23 ottobre  1998,  ha  sollevato, in riferimento agli artt. 25, primo
comma,   e   107,  terzo  comma,  della  Costituzione,  questione  di
legittimita' costituzionale del novellato art. 40, settimo comma, del
codice  di  procedura  civile,  nella  parte in cui, disciplinando la
connessione  tra una causa di competenza del giudice di pace ed altra
di  competenza  del pretore o del tribunale, stabilisce la competenza
del giudice superiore a decidere dell'intera causa;
        che,  ad  avviso  del  giudice  a quo, il principio affermato
costantemente  dalla  Corte  di  cassazione  - in forza del quale nel
giudizio  di  opposizione  a decreto ingiuntivo, qualora sia proposta
domanda  riconvenzionale  di  valore  superiore  alla  competenza del
giudice  adi'to,  questi,  stante  la propria competenza funzionale e
inderogabile  sull'opposizione,  non puo' rimettere tutta la causa al
giudice  superiore  ma  deve  disporre  la  separazione delle cause e
rimettere  al giudice competente per valore solo quella relativa alla
domanda  riconvenzionale,  trattenendo  quella  di opposizione - deve
essere   riesaminato,   tenuto   conto   delle  modifiche  introdotte
dall'art. 19  della  legge  21 novembre 1991, n. 374 (Istituzione del
giudice di pace) alla disciplina della connessione;
        che  tale  disciplina, stabilendo in ogni caso di connessione
la  competenza  del  giudice togato, si porrebbe in contrasto con gli
artt. 107,  terzo  comma,  e  25, primo comma, della Costituzione, in
quanto la determinazione della competenza in base alla caratteristica
soggettiva  del giudice, e quindi alla sua capacita' e affidabilita',
produrrebbe  una  disparita'  di trattamento tra i giudici togati e i
giudici  di  pace,  discriminando  questi ultimi nell'esercizio della
medesima  funzione  giurisdizionale,  e  costituirebbe violazione del
principio costituzionale in base al quale i magistrati si distinguono
fra loro solo per diversita' di funzioni;
        che   inoltre   l'attribuzione   della   competenza  per  vis
attractiva al giudice togato consentirebbe alle parti di scegliere il
giudice,  mediante  la proposizione di altre domande artificiosamente
connesse  alle  cause  di  competenza  del  giudice  di  pace, con la
conseguente  lesione  del principio della precostituzione del giudice
naturale;
        che,  sulla base delle medesime considerazioni, il rimettente
ha   sollevato   per  analogia  identica  questione  di  legittimita'
costituzionale  del  sesto  e  del  settimo  comma dell'art. 40 dello
stesso  codice, in relazione alle altre fattispecie di connessione di
cause per accessorieta', per garanzia, per accertamenti incidentali e
per compensazione;
        che  e'  intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio
dei  Ministri,  rappresentato  e  difeso dall'Avvocatura dello Stato,
concludendo  per  l'inammissibilita'  o  comunque  per l'infondatezza
delle questioni;
        che questione di legittimita' costituzionale in parte analoga
e'  stata  sollevata,  con ordinanza emessa il 21 settembre 1999, dal
giudice  di  pace  di  Osimo,  il  quale censura, in riferimento agli
artt. 24,  primo  comma,  e  25, primo comma, della Costituzione, gli
artt. 36  e  40, settimo comma, del codice di procedura civile, nella
parte in cui, in presenza di domanda riconvenzionale proposta in sede
di  opposizione davanti all'ufficio del giudice di pace che ha emesso
il  decreto ingiuntivo, impongono la pronuncia - anche d'ufficio - di
connessione  a favore del giudice superiore, nonostante la competenza
del giudice di pace a conoscere dell'opposizione;
        che,  in  particolare,  ad  avviso  del rimettente, sarebbero
compressi  il  diritto di azione e di difesa, in quanto, nell'ipotesi
di  rimessione  dell'intera  causa  al  giudice  superiore,  la parte
opposta  sarebbe  obbligata  in  ogni  caso  a  stare in giudizio con
l'assistenza  di un difensore e non potrebbe invece stare in giudizio
personalmente,  sia  pure  nei limiti di cui al primo e secondo comma
dell'art. 82 cod. proc. civ;
        che,  inoltre, sussisterebbe una violazione del principio del
giudice  naturale  precostituito  per  legge, il quale e' chiaramente
individuato  dall'art. 645  cod. proc. civ. nel giudice che ha emesso
il  decreto,  pur  in presenza di situazioni, come la proposizione di
domande  riconvenzionali,  che  potrebbero determinare spostamenti di
competenza;
        che anche in questo giudizio e' intervenuto il Presidente del
Consiglio  dei Ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura dello
Stato,    concludendo   per   l'inammissibilita'   o   comunque   per
l'infondatezza delle questioni.
    Considerato  che puo' disporsi la riunione dei giudizi, in quanto
questi   hanno   ad   oggetto   analoghe  questioni  di  legittimita'
costituzionale;
        che   entrambi  i  rimettenti  denunciano  la  illegittimita'
costituzionale  della  disciplina  della  connessione, come novellata
dalla   legge   n. 374   del  1991,  poiche'  in  forza  di  essa  si
determinerebbe  sempre  uno  spostamento  di  competenza a favore del
giudice  superiore, in violazione del principio della precostituzione
del giudice;
        che  il  giudice di pace di Ancona ravvisa anche un contrasto
con  l'art. 107,  terzo  comma, della Costituzione, ed implicitamente
anche  con l'art. 3, in quanto la norma in esame darebbe luogo ad una
disparita'  di  trattamento tra giudici togati e giudici di pace, che
non sarebbero distinti per funzione ma per capacita' o provenienza;
        che il giudice di pace di Osimo ritiene invece sussistente la
violazione  del diritto di azione e di difesa della parte opposta, la
quale,  nell'ipotesi  di  rimessione  dell'intera  causa  al  giudice
superiore,  sarebbe obbligata a stare in giudizio con l'assistenza di
un difensore e non potrebbe stare in giudizio personalmente, sia pure
nei  limiti  di  cui al primo e secondo comma dell'art. 82 cod. proc.
civ;
        che  le  questioni  appaiono  manifestamente  infondate ed in
parte manifestamente inammissibili;
        che  deve  anzitutto  escludersi  la violazione dell'art. 25,
primo comma, della Costituzione, dedotta da entrambi i rimettenti, in
quanto,  come  costantemente  affermato da questa Corte, il principio
della  precostituzione  del  giudice e' rispettato tutte le volte che
l'organo  giudicante risulti istituito sulla base di criteri generali
prefissati;
        che  la  deroga agli ordinari criteri di determinazione della
competenza,  introdotta dall'art. 40 cod. proc. civ. nelle ipotesi di
connessione  di  cause,  costituisce  anch'essa  una  regola generale
prestabilita,   in   forza  della  quale  e'  consentito  individuare
preventivamente  l'organo  giudicante  competente  a  decidere  delle
cause, quando fra le stesse ricorra un vincolo di connessione;
        che  appare  altresi' erroneo il richiamo all'art. 107, terzo
comma,  Cost.,  poiche'  tale  precetto  inerisce esclusivamente allo
status  dei  magistrati  e  non  puo'  essere  utilmente invocato per
argomentare  le  censure  relative  alle  norme di ripartizione delle
competenze (ordinanze n. 122 del 1998, nn. 424 e 63 del 1997);
        che  circa  la  pretesa violazione del diritto di azione e di
difesa  della  parte  opposta  - la quale, a seguito della translatio
iudicii  sarebbe  tenuta  a  stare in giudizio con l'assistenza di un
difensore  -  e' sufficiente il rilievo che, come risulta dagli atti,
la  detta  parte  era  gia' costituita innanzi al giudice di pace con
l'assistenza di un difensore, si' che la questione e' del tutto priva
di  concreta  rilevanza  e  deve  percio'  dichiararsi manifestamente
inammissibile;
        che,  infine, devono dichiararsi manifestamente inammissibili
anche  le ulteriori questioni sollevate dal giudice di pace di Ancona
"per  analogia",  in  considerazione  della  assoluta  estraneita' al
giudizio  a  quo  dei  casi di connessione diversi dalla proposizione
della domanda riconvenzionale.
    Visti  gli  artt. 26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  secondo  comma,  delle norme integrative per i giudizi
davanti alla Corte costituzionale.