ha pronunciato la seguente


                              Sentenza

nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 2, primo comma,
lettera  c), della legge della Regione Umbria 21 novembre 1983, n. 44
(Disciplina  della  gestione  degli  alloggi di edilizia residenziale
pubblica  e  determinazione dei canoni di locazione), come modificato
dall'art. 7  della  legge  della regione Umbria 25 agosto 1988, n. 30
(Modificazioni  ed  integrazioni  della  legge  regionale 21 novembre
1983, n. 44, concernente: "Disciplina della gestione degli alloggi di
edilizia   residenziale  pubblica  e  determinazione  dei  canoni  di
locazione"),  promosso  con  ordinanza  emessa  il  6 maggio 1998 dal
tribunale  amministrativo  regionale dell'Umbria sul ricorso proposto
da  R.C.  contro  la commissione provinciale per l'assegnazione degli
alloggi di edilizia residenziale pubblica di Terni ed altro, iscritta
al  n. 894  del  registro  ordinanze 1998 e pubblicata nella Gazzetta
Ufficiale  della  Repubblica - prima serie speciale - n. 52 dell'anno
1998;
    Udito  nella  camera  di  consiglio  del 5 aprile 2000 il giudice
relatore Piero Alberto Capotosti;

                          Ritenuto in fatto


    1.  -  Il  tribunale  amministrativo  regionale  dell'Umbria, con
ordinanza  emessa  il 6 maggio 1998, in un giudizio avente ad oggetto
l'impugnazione  di  una  delibera  di  esclusione  dalla  graduatoria
definitiva  di  un concorso per l'assegnazione di alloggi di edilizia
residenziale  pubblica, ha sollevato, in riferimento all'art. 3 della
Costituzione  ed  all'art. 26  dello  statuto  della  regione Umbria,
approvato con legge 23 gennaio 1992, n. 44, questione di legittimita'
costituzionale  dell'art. 2,  comma  1, lettera c), della legge della
regione  Umbria  21  novembre  1983, n. 44 (Disciplina della gestione
degli  alloggi di edilizia residenziale pubblica e determinazione dei
canoni di locazione).

    2.   -   Premesso  che  il  ricorrente  e'  stato  escluso  dalla
graduatoria  in  quanto  proprietario  di  un  alloggio di superficie
adeguata   e   staticamente  sicuro,  benche'  lo  stesso  sia  stato
dichiarato  inagibile  per  "umidita'  diffusa  non  risolvibile", il
giudice  rimettente  osserva  che  la  disposizione impugnata esclude
dalla  partecipazione  al  concorso  i  titolari  di  alloggi  aventi
superficie  utile  adeguata  ed  abitabili  sotto il profilo statico,
senza   attribuire  rilievo  all'eventuale  inagibilita'  per  motivi
igienico-sanitari,  i  quali,  ai sensi dell'art. 8, comma 2, lettera
b3)  della  legge  regionale  n. 44  del  1983, cosi' come modificato
dall'art. 7   della   legge   regionale   25   agosto   1988,  n. 30,
costituiscono  soltanto  titolo  per  l'attribuzione  di un punteggio
aggiuntivo, ai fini della formazione della graduatoria.
    Tale disciplina, configurando l'insicurezza statica dell'alloggio
come  requisito  necessario  per  la  partecipazione al concorso, non
suscettibile  di interpretazione estensiva o analogica, senza neppure
distinguere  tra  alloggi dichiarati antigienici per cause facilmente
rimediabili  ed  alloggi  dichiarati  tali  per  carenze strutturali,
determinerebbe,  ad  avviso  del  giudice  a  quo  una ingiustificata
disparita'   di   trattamento   tra  soggetti  titolari  di  immobili
ugualmente  inidonei  alla  soddisfazione  delle proprie esigenze, in
contrasto  con la stessa ratio della legge regionale, consistente nel
far conseguire un'abitazione adeguata a coloro che non la possiedano,
e  con  l'art. 26  dello  statuto regionale, che impegna la regione a
favorire   la  realizzazione  del  diritto  alla  casa  per  tutti  i
cittadini.

    3.  - Nel giudizio dinanzi alla Corte, non vi e' stato intervento
della  regione  Umbria,  ne' vi e' stata costituzione delle parti del
giudizio principale.

                       Considerato in diritto


    1. -    La  questione  di  legittimita'  costituzionale  riguarda
l'art. 2,  comma  1,  lettera  c) della legge della regione Umbria 21
novembre   1983,   n. 44,   il  quale,  nel  prevedere  che  ai  fini
dell'assegnazione  degli  alloggi  di  edilizia residenziale pubblica
occorre,  tra  l'altro,  non  essere  titolare  di  diritti  reali di
godimento  su  alloggio  adeguato alle esigenze del nucleo familiare,
stabilisce  espressamente  che  "non si considera adeguato l'alloggio
dichiarato inabitabile per motivi statici".
    Tale  norma,  secondo  il  giudice rimettente, contrasterebbe con
l'art. 3     della     Costituzione    in    quanto    determinerebbe
un'ingiustificata  disparita'  di  trattamento  tra  coloro  che sono
titolari  di  alloggi  definiti  "non  adeguati",  perche' dichiarati
inabitabili  per motivi statici e coloro che sono titolari di alloggi
dichiarati  inabitabili  per motivi igienico-sanitari, come, nel caso
di  specie,  e' ritenuta "l'umidita' diffusa non risolvibile", ma che
invece  non  sono  definiti "non adeguati". La stessa norma, inoltre,
violerebbe  anche  l'art. 26  dello  statuto della regione Umbria, in
quanto  contrasterebbe  con  l'obiettivo  statutario  di  favorire la
realizzazione del diritto alla casa per tutti i cittadini.

    2. - La questione e' fondata.
    L'art. 2  della  legge  della  regione  Umbria  n. 44 del 1983 ha
adottato  il  criterio in base al quale e' preclusa la partecipazione
al concorso per l'assegnazione degli alloggi di edilizia residenziale
pubblica  a  coloro  che,  tra  l'altro, siano titolari di diritti di
proprieta',  usufrutto,  uso  e  abitazione su alloggio adeguato alle
esigenze  del  nucleo  familiare,  precisando  al  riguardo  che  per
alloggio adeguato si intende quello avente una determinata superficie
utile per i componenti del nucleo familiare e che in ogni caso non si
considera  adeguato  l'alloggio  dichiarato  inabitabile  per  motivi
statici.
    E'    chiaro    che    il    rilievo    conferito   al   criterio
dell'inabitabilita'  dell'alloggio  per  motivi  statici rappresenta,
rispetto  alle  direttive  fissate  dal CIPE con deliberazione del 19
novembre  1981  -  applicabile,  secondo il giudice a quo nel caso di
specie  -  una  specificazione di particolari esigenze regionali, che
peraltro     rientrano,    secondo    questa    Corte,    nell'ambito
dell'articolazione   organizzativa  dell'intervento  pubblico  in  un
settore,  quale e' quello dell'edilizia residenziale pubblica, in cui
si  manifestano  piu'  intensamente le necessita' di differenziazione
territoriale  (sentenza  n. 27  del  1996).  Del  resto, dalla stessa
delibera   del  CIPE  emerge  un  orientamento  complessivo  volto  a
riconoscere  il  rilievo  di  situazioni  particolari  di  disagio  o
precarieta'  abitativa, in conformita' con le finalita' sociali della
disciplina in esame.
    Cio'  premesso,  il criterio della adeguatezza della sistemazione
abitativa,  accolto  dalla norma regionale in questione, comporta che
non  vi  sia  alcuna  differenza,  ai  fini  della  partecipazione al
concorso   per  l'assegnazione  degli  alloggi  in  oggetto,  tra  la
titolarita' di un'abitazione avente una superficie inferiore a quella
minima  stabilita  in  relazione  al numero dei componenti del nucleo
familiare  e  la  titolarita'  di  un'abitazione,  che,  pur  essendo
adeguata   sotto  il  profilo  della  superficie,  non  sia  tuttavia
utilizzabile  per  la  precarieta'  delle condizioni in cui versa. In
entrambe   le   ipotesi,  infatti,  la  norma  esclude  l'adeguatezza
dell'alloggio  poiche'  esso  non e' effettivamente godibile da parte
del titolare.
    Ma   rispetto   allo  stesso  criterio  della  adeguatezza  della
sistemazione  abitativa, in ordine al quale va valutata la congruita'
della  scelta  legislativa,  appare  irragionevole  la  disparita' di
trattamento  che  la  norma  impugnata  introduce  in  relazione alle
diverse  cause  che  possono  determinare  la  medesima situazione di
inabitabilita' dell'alloggio per la precarieta' delle sue condizioni;
cause  che, secondo la vigente disciplina, riguardano non solo i vari
profili   inerenti   al  collaudo  statico,  ma  anche  la  "avvenuta
prosciugatura  dei  muri  e la salubrita' degli ambienti" (art. 4 del
d.P.R.  22  aprile  1994, n. 425). Mentre, infatti, il titolare di un
immobile inabitabile per motivi statici e' legittimato a partecipare,
in  presenza  degli  altri  requisiti  prescritti,  al  concorso  per
l'assegnazione  di  un alloggio di edilizia residenziale pubblica, in
quanto  l'immobile stesso e' considerato inadeguato ex lege viceversa
il  titolare  di un immobile inabitabile per motivi igienico-sanitari
non  e'  legittimato  a  partecipare  al concorso predetto, in quanto
l'immobile  in questione non puo' essere considerato, solo per questa
specifica  ragione,  inadeguato. Ne' a giustificare questa disparita'
puo' essere invocata la circostanza che l'art. 8, comma 2, lettera b)
della legge regionale in questione preveda un punteggio preferenziale
per  l'aspirante  che  abiti  in alloggio antigienico, perche' questa
condizione,  operando  soltanto  in  sede  di  graduatoria finale del
concorso,  presuppone  che la partecipazione dell'interessato non sia
preclusa proprio dalla titolarita' di quell'alloggio.
    D'altra  parte,  il  trattamento deteriore risultante dalla norma
impugnata  non  puo' trovare sufficiente giustificazione nella minore
onerosita'  delle  opere che ordinariamente sono necessarie per porre
rimedio  all'inabitabilita'  derivante da motivi igienico-sanitari, o
nella  maggiore  difficolta'  di  un  apprezzamento oggettivo di tali
situazioni,  poiche'  si tratta di distinzioni meramente accidentali,
le  quali,  attenendo  alla  fase  applicativa delle disposizioni che
prevedono  i requisiti per l'assegnazione degli alloggi, non appaiono
suscettibili   di   incidere   sulla  sostanziale  omogeneita'  delle
situazioni  in cui versano i titolari di immobili comunque inadeguati
alla soddisfazione delle loro esigenze abitative (sentenza n. 123 del
1988).
    Va,  a  questo  proposito,  specificato  che  il  riferimento  al
parametro   dell'art. 3   della   Costituzione   impone   che   anche
l'inabitabilita'  per  motivi  igienico-sanitari  debba,  al  pari di
quella  derivante  da  motivi  statici,  fondarsi su un provvedimento
formale dell'autorita' competente. Tale provvedimento, che implica un
rigoroso  accertamento  di situazioni di antigienicita' dell'immobile
(art. 222  del  regio  decreto  27  luglio 1934, n. 1265), presuppone
un'oggettiva  valutazione  sia  dello  stato  dell'alloggio sia delle
connesse possibilita' che le sue condizioni possano essere ricondotte
alla normalita'.
    La  norma  impugnata va pertanto censurata nella parte in cui non
considera  inadeguato  anche  l'alloggio  dichiarato  inabitabile per
ragioni igienico-sanitarie.