ha pronunciato la seguente


                              Ordinanza

nel  giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 4-bis comma 1,
primo   periodo,   della   legge   26   luglio  1975,  n. 354  (Norme
sull'ordinamento   penitenziario  e  sulla  esecuzione  delle  misure
privative  e  limitative  della  liberta' personale), come modificato
dalla  legge 7 agosto 1992, n. 356 (Modifiche urgenti al nuovo codice
di  procedura  penale  e provvedimenti di contrasto alla criminalita'
mafiosa),  promosso  con  ordinanza  emessa  il  25 febbraio 1999 dal
Tribunale di sorveglianza di Sassari sul reclamo proposto da C. P.G.,
iscritta  al  n. 247  del  registro ordinanze 1999 e pubblicata nella
Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica  n. 19,  prima serie speciale,
dell'anno 1999;
    Visto  l'atto  di  costituzione  di  C.  P.G.,  nonche' l'atto di
intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri;
    Udito  nella  camera  di  consiglio del 13 aprile 2000 il giudice
relatore Guido Neppi Modona.
    Ritenuto  che  con ordinanza del 25 febbraio 1999 il Tribunale di
sorveglianza  di  Sassari  ha  sollevato  su  eccezione  della difesa
questione  di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 4-bis comma 1,
primo   periodo,   della   legge   26   luglio  1975,  n. 354  (Norme
sull'ordinamento   penitenziario  e  sulla  esecuzione  delle  misure
privative e limitative della liberta' personale), come modificato dal
decreto-legge   8   giugno   1992,  n. 306,  convertito  in  legge  7
agosto 1992,  n. 356  (Modifiche urgenti al nuovo codice di procedura
penale  e  provvedimenti  di contrasto alla criminalita' mafiosa), in
riferimento all'art. 25, secondo comma, della Costituzione;
        che il giudice a quo premette di essere investito del reclamo
avverso un provvedimento di diniego di permesso premio proposto da un
detenuto  condannato per sequestro di persona a scopo di estorsione e
che,  nel  caso  di  specie,  non  sono  ravvisabili  i requisiti ne'
dell'utile    collaborazione,    ne'    della    "impossibilita'"   o
"inesigibilita'"  della  condotta  collaborativa,  ma  il detenuto in
esecuzione di pena dal luglio del 1991 (dopo aver sofferto anni due e
mesi  quattro  di  custodia  cautelare) ha abbondantemente espiato un
quarto  della  pena  inflitta, e potrebbe ottenere il permesso premio
anche  in  ragione  della  positiva evoluzione della personalita' nel
corso di circa dieci anni di detenzione";
        che,  secondo  il rimettente, la norma censurata, nella parte
in cui subordina alla collaborazione con la giustizia l'ammissione ai
benefici  penitenziari di soggetti condannati per determinati delitti
con sentenza passata in giudicato anteriormente all'entrata in vigore
della   legge,   si   pone   in   contrasto   con   il  principio  di
irretroattivita',  applicabile a suo giudizio non soltanto alle norme
che  disciplinano  le  fattispecie  astratte  di  reato e le relative
conseguenze  sanzionatorie,  ma  anche  alle  "norme  che  formano il
diritto  dell'esecuzione  e  che  incidono sulla qualita' e quantita'
della pena da espiare in concreto";
        che   si   e'   costituita  in  giudizio  la  parte  privata,
rappresentata  e  difesa  dagli  avvocati Mario Lai e Dino Milia, che
nell'atto  di  intervento  e nella memoria successivamente depositata
insiste per l'accoglimento della questione;
        che  e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei Ministri,
rappresentato   e   difeso   dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,
concludendo  per  l'irrilevanza  e  comunque per l'infondatezza della
questione.
    Considerato che, successivamente alla pronuncia dell'ordinanza di
rimessione,  questa  Corte con sentenza n. 137 del 1999 ha dichiarato
l'illegittimita'  costituzionale dell'art. 4-bis comma 1, della legge
26  luglio  1975,  n. 354,  "nella  parte  in  cui non prevede che il
beneficio  del permesso premio possa essere concesso nei confronti di
condannati  che,  prima dell'entrata in vigore dell'art. 15, comma 1,
del   decreto-legge   8   giugno   1992,   n. 306,   convertito,  con
modificazioni,  dalla  legge 7 agosto 1992, n. 356, abbiano raggiunto
un  grado  di  rieducazione  adeguato  al beneficio richiesto e per i
quali  non  sia  accertata l'esistenza di collegamenti attuali con la
criminalita' organizzata";
        che appare pertanto necessario restituire gli atti al giudice
a  quo  affinche' valuti se, alla stregua delle statuizioni contenute
in  tale  pronuncia,  la  questione  sia  tuttora  rilevante (v., per
analoga decisione, ordinanza n. 397 del 1999).