ha pronunciato la seguente


                              Ordinanza

nei  giudizi di legittimita' costituzionale degli artt. 459, 461, 464
e  555  del codice di procedura penale, promossi con ordinanze emesse
il  26 luglio 1999, dal giudice per le indagini preliminari presso il
Tribunale  di  Latina  nel  procedimento  penale  a  carico  di Amato
Miranda,  iscritta al n. 73 del registro ordinanze 2000, e pubblicata
nella   Gazzetta   Ufficiale  della  Repubblica  n. 10,  prima  serie
speciale, dell'anno 2000 e il 24 novembre 1999, dal Tribunale di Vibo
Valentia  -  sezione  distaccata  di Tropea nel procedimento penale a
carico  di Giorgio Troielli, iscritta al n. 88 del registro ordinanze
2000,  e  pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 11,
prima serie speciale, dell'anno 2000.
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del Consiglio dei
Ministri;
    udito  nella  camera  di consiglio del 22 giugno 2000, il giudice
relatore Gustavo Zagrebelsky.
    Ritenuto  che  il  giudice  per le indagini preliminari presso il
Tribunale  di  Latina  ha sollevato, con ordinanza del 26 luglio 1999
(pervenuta  alla Corte costituzionale il 1o febbraio 2000), questione
di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 459,  codice di procedura
penale,  nella parte in cui non prevede che la richiesta di emissione
del decreto penale di condanna sia preceduta dall'invito all'indagato
a presentarsi per rendere interrogatorio a norma dell'art. 375, comma
3, codice di procedura penale, in riferimento agli artt. 3 e 24 della
Costituzione;
        che,  svolgendo una disamina del sistema processuale vigente,
il giudice a quo osserva in generale che nel procedimento per decreto
penale la posizione dell'imputato, destinatario di una condanna senza
previo  contraddittorio,  risulta  meno  tutelata rispetto agli altri
riti nei quali il sistema stesso si articola;
        che,  in  questo  quadro, la legge 16 luglio 1997, n. 234, ha
accentuato   le   garanzie   della   parita'   delle   parti   e  del
contraddittorio,   attraverso   la  prescrizione  del  previo  invito
all'indagato  a presentarsi per rendere l'interrogatorio, prima della
citazione  a  giudizio (artt. 416, comma 1, e 555, comma 2, codice di
procedura  penale),  con  la  sola  esclusione  del  procedimento per
decreto penale;
        che  di  tale  esclusione  il  giudice  rimettente  prospetta
l'incostituzionalita',  per violazione del principio di uguaglianza e
per  lesione delle garanzie difensive, risultando ingiustificatamente
trattato  in modo deteriore l'imputato sottoposto al rito per decreto
rispetto  a chi sia sottoposto a procedimento penale secondo un altro
modello  processuale  e  stante  la  preclusione, per il primo, della
possibilita'  di  addurre  elementi  a proprio favore gia' nella fase
delle indagini, in modo da evitare il giudizio;
        che  a  giustificare l'omissione censurata non varrebbero ne'
le  caratteristiche  di  economia  processuale  e speditezza del rito
speciale, ne' la "premialita'" di esso, ne' infine la possibilita' di
recuperare  appieno  le garanzie attraverso l'opposizione al decreto,
trattandosi,  secondo  il  rimettente,  di  argomenti  non decisivi e
confutabili;
        che  e' intervenuto nel giudizio cosi' promosso il Presidente
del  Consiglio  dei  Ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura
generale  dello  Stato,  che,  rilevando  l'analogia tra la questione
sollevata  e altra precedentemente definita nel senso della manifesta
infondatezza  (ordinanza  n. 432, del 1998), ha concluso nel medesimo
senso;
        che  il  Tribunale  di  Vibo Valentia - sezione distaccata di
Tropea,  in  sede  di  giudizio  di  opposizione  a decreto penale di
condanna, ha sollevato, con ordinanza del 24 novembre 1999, questione
di  legittimita'  costituzionale degli artt. 461, 464 e 555 codice di
procedura  penale, nella parte in cui non prevedono che il decreto di
citazione a giudizio emesso a seguito di opposizione a decreto penale
di   condanna   sia   preceduto,  a  pena  di  nullita',  dall'invito
all'indagato   a  presentarsi  per  rendere  interrogatorio  a  norma
dell'art. 375,  comma  3,  codice di procedura penale, in riferimento
agli artt. 3 e 24 della Costituzione;
        che   il   Tribunale   muove  dalla  ratio  della  disciplina
processuale  introdotta con la legge n. 234 del 1997, ravvisata nella
possibilita'  per  l'indagato  di fornire elementi utili alla propria
difesa  fino  alla chiusura delle indagini preliminari, censurando la
scelta legislativa di escludere l'obbligo del previo invito a rendere
interrogatorio  nel  rito  per  decreto,  in  quanto  riduttiva delle
possibilita'    di    difesa    dell'imputato    in   tale   rito   e
ingiustificatamente  svantaggiosa  rispetto  a  chi  sia sottoposto a
procedimento penale in forma diversa;
        che,  in particolare, il rimettente osserva che la perdita di
garanzie   non  puo'  ritenersi  neppure  surrogabile  attraverso  lo
strumento   dell'opposizione  al  decreto  penale,  che  ha  funzione
puramente  processuale  e che non consentirebbe comunque all'imputato
di   addurre  elementi  a  proprio  favore  che  siano  insorti  dopo
l'opposizione stessa e prima del giudizio che ne deriva.
    Considerato che le due ordinanze di rimessione sollevano analoghe
questioni  di  costituzionalita'  e  che  pertanto i relativi giudizi
possono essere riuniti e definiti con unica pronuncia;
        che,   pur  differenziandosi  sul  piano  delle  disposizioni
denunziate  e delle argomentazioni svolte, le ordinanze di rimessione
individuano la possibile lesione del principio di uguaglianza e della
garanzia  della  difesa nella mancata inclusione del procedimento per
decreto  tra  quelli  per  i  quali  e' stabilito, quale requisito di
validita'  del  giudizio  (in riferimento alla richiesta di emissione
del  decreto, secondo r.o. n. 73/2000; ovvero al decreto di citazione
a  giudizio  conseguente  all'opposizione,  secondo r.o. n. 88/2000),
l'obbligo  di  effettuare  l'invito  all'indagato  a  presentarsi per
rendere  l'interrogatorio,  a norma dell'art. 375, comma 3, codice di
procedura  penale,  cosi'  come e' stato previsto per il procedimento
ordinario  a  seguito  delle  modifiche recate dalla legge n. 234 del
1997, agli artt. 416 e 555, codice di procedura penale;
        che  peraltro,  successivamente alle ordinanze di rimessione,
e'  intervenuta  la  legge  16 dicembre  1999, n. 479 (Modifiche alle
disposizioni  sul  procedimento  davanti al tribunale in composizione
monocratica   e  altre  modifiche  al  codice  di  procedura  penale.
Modifiche   al   codice   penale   e   all'ordinamento   giudiziario.
Disposizioni in materia di contenzioso civile pendente, di indennita'
spettanti  al  giudice  di  pace  e  di  esercizio  della professione
forense),  che,  nell'ambito  di  una  piu'  generale  revisione  del
procedimento  penale  dinanzi  al  tribunale,  anche  in composizione
monocratica,  ha,  in  particolare, modificato sia alcune delle norme
denunciate  sia  quelle  assunte  dai  rimettenti  quali  termini  di
raffronto    ai    fini    della   prospettazione   del   dubbio   di
costituzionalita';
        che,  per  effetto  della  nuova disciplina, il previo invito
all'indagato  a  presentarsi  per  rendere interrogatorio nell'ambito
delle   indagini   preliminari   non   costituisce  piu'  un  obbligo
incondizionato  per  il  pubblico ministero, bensi' e' previsto, come
atto  eventuale,  solo  in  seguito  a una specifica richiesta in tal
senso  da  parte  dell'indagato, cui deve essere comunicato l'"avviso
della  conclusione  delle indagini preliminari" (art. 415-bis, codice
di  procedura  penale,  introdotto dall'art. 17, comma 2, della legge
n. 479 del 1999);
        che,  in  connessione con la anzidetta diversa configurazione
dell'eventuale  contraddittorio tra pubblico ministero e indagato, e'
stata  correlativamente posta una nuova e diversa disciplina circa la
nullita'  degli  atti  di citazione a giudizio, nei casi di omissione
dell'avviso  e dell'eventuale invito a presentarsi (v. gli artt. 416,
comma  1,  e  552, comma 2 - quest'ultimo "sostitutivo" dell'art. 555
previgente  codice  -  di  procedura  penale,  quali modificati dagli
artt. 17, comma 3, e 44 della legge n. 479 del 1999);
        che,  stante  il  complessivo  mutamento del quadro normativo
assunto  dai rimettenti a oggetto o comunque a premessa delle censure
di  incostituzionalita',  occorre  restituire  gli  atti  agli stessi
giudici,  a  essi spettando di valutare se, a seguito delle modifiche
intervenute  nella  disciplina  processuale  in  esame,  le questioni
sollevate  siano,  nei  giudizi  principali,  tuttora  rilevanti  nei
termini in cui sono state proposte.