ha pronunciato la seguente


                              Ordinanza

    nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'articolo 4, commi
1,  2,  3  e 4, del decreto-legge 15 gennaio 1993, n. 6 (Disposizioni
urgenti  per  il  recupero  degli  introiti  contributivi  in materia
previdenziale), convertito in legge 17 marzo 1993, n. 63 (Conversione
urgente,  con modificazioni, del decreto-legge 15 gennaio 1993, n. 6,
recante   disposizioni   urgenti   per  il  recupero  degli  introiti
contributivi  in materia previdenziale), e dell'articolo 18, commi 1,
2,   3  e  4,  della  legge  23  dicembre  1994,  n. 724  (Misure  di
razionalizzazione   della  finanza  pubblica);  dell'articolo  2  del
decreto-legge  23  ottobre  1996,  n. 538  (Disposizioni  urgenti  in
materia  di  sanzioni  per  violazione  di obblighi contributivi e di
regolarizzazione  di posizioni previdenziali), promossi con ordinanze
emesse  il 26 novembre 1998 dal tribunale di Brescia nel procedimento
civile  INPS  contro  Scuola  Edile  Bresciana,  iscritta al n. 7 del
registro  ordinanze  1999 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica  n. 4,  prima  serie  speciale,  dell'anno  1999,  e il 23
ottobre  1998  dal pretore di Treviso nei procedimenti civili riuniti
SOGEDIN  S.p.A.  contro INPS ed altro, iscritta al n. 55 del registro
ordinanze 1999 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
n. 6, prima serie speciale, dell'anno 1999.
    Visti  gli  atti  di  costituzione  della Scuola Edile Bresciana,
della  SOGEDIN S.p.A. e dell'INPS, nonche' gli atti di intervento del
Presidente del Consiglio dei Ministri;
    Udito nell'udienza pubblica del 6 giugno 2000 il giudice relatore
Franco Bile;
    Uditi  gli avvocati Mattia Persiani per la Scuola Edile Bresciana
e  la  SOGEDIN  S.p.A.,  Fabio  Fonzo  e  Antonino Sgroi per l'INPS e
l'avvocato   dello  Stato  Giuseppe  Stipo,  per  il  Presidente  del
Consiglio dei Ministri;
    Ritenuto  che  con  l'ordinanza  n. 7  del  1999  il tribunale di
Brescia - nel corso di un giudizio di appello avverso la sentenza con
cui  il  pretore di Brescia aveva rigettato la domanda proposta dalla
Scuola  Edile  Bresciana  contro  l'INPS, per ottenere l'accertamento
dell'inesistenza  del  debito contributivo vantato dall'Istituto e la
sua  condanna alla restituzione della somma nel frattempo corrisposta
a  titolo  di  condono  previdenziale  -  ha  sollevato  questione di
costituzionalita'  delle  disposizioni  alla  stregua delle quali era
stato  eseguito il condono, cioe' dell'art. 4, commi 1, 2, 3 e 4, del
decreto-legge  15  gennaio  1993,  n. 6  (Disposizioni urgenti per il
recupero  degli  introiti  contributivi  in  materia  previdenziale),
convertito  in  legge  17  marzo 1993 n. 63 (Conversione urgente, con
modificazioni,  del  decreto-legge  15  gennaio  1993,  n. 6, recante
disposizioni  urgenti  per il recupero degli introiti contributivi in
materia  previdenziale),  nonche'  dell'art.  18,  commi 1, 2, 3 e 4,
della  legge  23  dicembre  1994, n. 724 (Misure di razionalizzazione
della  finanza pubblica), per contrasto con gli artt. 3, 23, 24, 38 e
53 della Costituzione;
        che  nel giudizio a quo l'INPS aveva eccepito che la clausola
di  riserva  apposta alla richiesta di condono doveva reputarsi priva
di effetti;
        che  il  rimettente,  preso  atto  che - in conformita' ad un
recente  orientamento delle Sezioni unite della Corte di cassazione -
la  suddetta  eccezione  dovrebbe  reputarsi fondata e che al condono
dovrebbe  attribuirsi  valore  preclusivo  dell'azione di ripetizione
dell'indebito,   ha   ritenuto  che  la  norma  in  questione,  cosi'
interpretata, non sia conforme ai suddetti parametri costituzionali;
        che   in  particolare  l'art. 3  della  Costituzione  sarebbe
violato  in quanto quell'interpretazione equiparerebbe il trattamento
del  condono  previdenziale  e  di  quello  tributario, nonostante la
diversita' di effetti fra i due tipi;
        che gli artt. 3 e 24 della Costituzione sarebbero violati per
la  lesione  del  diritto d'azione e per la disparita' di trattamento
fra le parti del rapporto, potendo l'ente previdenziale pretendere in
giudizio,  pur  dopo  il  condono,  un  credito  maggiore  di  quello
soddisfatto con il condono;
        che  ancora  il  combinato  disposto degli artt. 3 e 24 della
Costituzione  sarebbe  leso  per la discriminazione fra chi agisca in
ripetizione  di  indebito  dopo  aver  pagato nei modi ordinari e chi
agisca invece dopo avere pagato con il condono;
        che  l'art. 38  della  Costituzione sarebbe violato in quanto
l'irripetibilita'  di  somme versate - in esecuzione di condono - per
contribuzioni  effettivamente  non  dovute determinerebbe un'indebita
erogazione di prestazioni previdenziali;
        che  l'art. 23  della Costituzione sarebbe violato perche' la
situazione  ora  descritta  si  risolverebbe  nell'imposizione di una
prestazione non prevista dalla legge;
        che con l'ordinanza n. 55 del 1999 il pretore di Treviso - in
una  controversia  di  opposizione a decreto ingiuntivo per omissioni
contributive,  nella  quale  l'INPS,  al  fine  di  ottenere sentenza
dichiarativa  della cessazione della materia del contendere, invocava
l'avvenuta  esecuzione  di  un condono previdenziale rateale da parte
dell'opponente   s.p.a.   Sogedin   -   ha   sollevato  questione  di
costituzionalita'  della disposizione in applicazione della quale era
avvenuto  il  condono, cioe' dell'art. 2 del decreto-legge 23 ottobre
1996,  n. 538  (Disposizioni  urgenti  in  materia  di  sanzioni  per
violazione   di   obblighi  contributivi  e  di  regolarizzazione  di
posizioni  previdenziali)  -  decaduto  per  mancata  conversione, ma
riguardo al quale gli atti compiuti e gli effetti prodottisi sotto la
sua  vigenza  sono  stati  fatti  salvi dall'art. 1, comma 233, della
legge  23  dicembre  1996,  n. 662 (Misure di razionalizzazione della
finanza  pubblica)  -  per  contrasto  con  gli artt. 23, 24, 38 e 97
Cost.,  nel  presupposto che la norma impugnata - in base al suddetto
orientamento  delle  Sezioni  unite  della  Corte di cassazione circa
l'esclusione  della validita' della clausola di riserva - comportasse
la conseguenza invocata dall'INPS;
        che  il  rimettente  ravvisa violazione del diritto di difesa
nella  circostanza  che l'ente previdenziale, pur avendo il dovere di
verificare l'effettiva debenza dei contributi, si trova pur sempre in
posizione  di  contenzioso con il contribuente che esegue il condono;
mentre il secondo comma dell'art. 38 della Costituzione sarebbe leso,
in  quanto  la  combinazione fra l'impossibilita' per il soggetto che
provvede  al  condono  di  esercitare  successivamente  un'azione  di
ripetizione  di  indebito  e  la  possibilita'  che l'ente accetti il
condono anche per contributi previdenziali non dovuti si risolverebbe
nella attribuzione all'ente previdenziale del potere di accreditare e
addebitare  contributi  previdenziali  non dovuti in contrasto con la
indisponibilita' degli stessi;
        che  in  entrambi  i giudizi e' intervenuto il Presidente del
Consiglio  dei  Ministri,  sollecitando la restituzione degli atti ai
giudici  a  quibus per la sopravvenienza dell'art. 81, comma 9, della
legge  23  dicembre  1998,  n. 448 (Misure di finanza pubblica per la
stabilizzazione   e   lo   sviluppo),   ed   eccependo  in  subordine
l'inammissibilita' e comunque l'infondatezza della questione;
        che  nel  giudizio di cui all'ordinanza n. 7 del 1999 si sono
costituite entrambe le parti private;
        che  la  Scuola Edile Bresciana ha chiesto che gli atti siano
restituiti  al  giudice  rimettente,  essendo  sopravvenuta una nuova
norma  applicabile  al  giudizio  a  quo  mentre in via preliminare -
rilevato  che  tale  norma  ammette  la  validita'  delle clausole di
riserva  e  la  ripetibilita'  delle  somme  pagate indebitamente, ma
dispone  che  su  di esse non sono dovuti interessi - ne ha sostenuto
l'illegittimita'  costituzionale,  per  violazione  del  principio di
eguaglianza   ex   art. 3  Cost.,  nella  parte  in  cui  esclude  la
corresponsione   di   interessi  per  una  determinata  categoria  di
creditori  degli  enti  previdenziali,  sollecitando  questa  Corte a
sollevare d'ufficio la questione;
        che  nella  memoria depositata nell'imminenza dell'udienza la
Scuola Edile Bresciana ha sollecitato in alternativa il trasferimento
della  questione  sull'art. 81, comma 9, della legge n. 448 del 1998,
richiamandosi alla sentenza n. 84 del 1996 di questa Corte;
        che, invece, l'INPS nella sua memoria ha chiesto che gli atti
siano restituiti al giudice a quo;
        che   la   Sogedin   s.p.a.,   parte   del  giudizio  di  cui
all'ordinanza   n. 55   del   1999,   ha   sollecitato  anch'essa  la
restituzione  degli  atti per jus superveniens ma in via preliminare,
assumendo  che  la  nuova  norma  sarebbe  incostituzionale in quanto
esclude  gli  interessi  sull'indebito  verificatosi  per effetto del
condono  per  contribuzione  non  dovuta, ha chiesto che questa Corte
trasferisca  su  di  essa  la  questione,  sostenendo  che  la  norma
denunciata dal rimettente (che escludeva la ripetizione dell'indebito
pur  in presenza della clausola di riserva) sarebbe in realta' venuta
meno  solo  in  parte,  residuando  l'effetto  dell'esclusione  degli
interessi;
        che,   per   il  caso  che  non  si  reputasse  possibile  il
trasferimento,  la  stessa  Sogedin  ha  sollecitato  questa  Corte a
sollevare  d'ufficio  la questione onde poterla esaminare in altro ed
apposito giudizio per violazione, da parte dell'art. 81, comma 9, del
principio di eguaglianza, in quanto esclude totalmente l'applicazione
degli  interessi  nei  confronti  di  una  determinata  categoria  di
creditori;
        che   si   e'   pure  costituito  l'INPS  insistendo  per  la
restituzione  degli  atti  ed  in  subordine  per  la declaratoria di
inammissibilita' o infondatezza della questione;
        che  con  memoria  depositata  nell'imminenza  della pubblica
udienza  l'INPS  ha contestato sia i presupposti per l'autorimessione
sia  la  fondatezza  del  dubbio  di costituzionalita' sul nono comma
dell'art. 81 citato.
    Considerato  che  le  questioni poste dalle ordinanze in epigrafe
pur   concernendo   normative  fra  loro  diverse,  sono  palesemente
connesse, onde i relativi giudizi possono essere riuniti;
        che,  successivamente  alla  pronuncia  delle  ordinanze,  e'
entrato  in  vigore  l'art. 81, comma 9, della legge n. 448 del 1998,
secondo  cui  le clausole di riserva di ripetizione, subordinate agli
esiti  del  contenzioso  per  il  disconoscimento del proprio debito,
apposte  alle  domande  di  condono previdenziale presentate ai sensi
dell'art.  4  del  decreto-legge 28 marzo 1997, n. 79 (Misure urgenti
per  il  riequilibrio della finanza pubblica), convertito nella legge
28  maggio 1997, n. 140 (Conversione in legge, con modificazioni, del
decreto-legge  28  marzo  1997,  n. 79, recante misure urgenti per il
riequilibrio  della finanza pubblica), e dei precedenti provvedimenti
di legge sempre in materia di condono previdenziale sono valide e non
precludono   la   possibilita'   di  accertamento  negativo  in  fase
contenziosa  della  sussistenza  del  relativo  debito ed ha altresi'
stabilito   che  "per  tali  fattispecie  sulle  eventuali  somme  da
rimborsare  da parte degli enti impositori, a seguito degli esiti del
contenzioso, non sono comunque dovuti interessi";
        che   in  forza  della  suddetta  disposizione  -  la  quale,
riferendosi  ai  "precedenti  provvedimenti" vale a comprendere anche
ipotesi  di condono effettuato ai sensi delle disposizioni denunciate
dai   rimettenti  -  il  quadro  normativo  potenzialmente  idoneo  a
disciplinare il giudizio a quo e' obbiettivamente mutato;
        che,  in  assenza di specifiche norme di diritto transitorio,
si  pone  il  problema  dell'immediata  applicabilita'  dell'indicata
innovazione legislativa nei giudizi in corso;
        che   compete   ai   giudici  rimettenti  valutare  se  detta
applicabilita'  sussista  (e  quali  siano,  in caso positivo, le sue
conseguenze  sui giudizi a quibus), oppure se tali giudizi continuino
ad  essere disciplinati dalla normativa precedente, come interpretata
dal giudice di legittimita' nella pronuncia che gli stessi rimettenti
hanno citato;
        che,  inoltre,  compete  ai  giudici  rimettenti,  una  volta
risolto  positivamente il problema dell'applicabilita' della norma ai
giudizi  pendenti, chiarire quale sia il significato dell'espressione
clausole  di  riserva  di  ripetizione,  subordinate  agli  esiti del
contenzioso  per  il disconoscimento del proprio debito, apposte alle
domande di condono previdenziale;
        che  conseguentemente  - essendo il suddetto jus superveniens
atto  ad incidere sulla valutazione di rilevanza della questione, che
compete  ai  giudici  rimettenti  -  si  impone,  secondo consolidata
giurisprudenza  di  questa  Corte,  la  restituzione  degli  atti  ai
medesimi,  perche'  riesaminino  la  persistenza della rilevanza alla
luce della norma sopravvenuta;
        che  la  preliminare  necessita'  di  tale  riesame  preclude
l'esame  delle  richieste  delle  parti  private per l'autorimessione
della  questione di costituzionalita' sulla norma sopravvenuta, nella
parte  in  cui  esclude  che  siano  dovuti  interessi, ovvero per il
trasferimento  su  di  essa  della  questione  di  costituzionalita',
indipendentemente   da   ogni   valutazione   sulla  sussistenza  dei
presupposti  per l'una o per l'altro e sulla correttezza dell'assunta
presenza  nella  disposizione  in  esame  di due norme diverse, l'una
negante   la  ripetibilita'  del  capitale  e  l'altra  quella  degli
interessi.