ha pronunciato la seguente


                              Ordinanza

nel  giudizio  di  legittimita' costituzionale dell'art. 52, comma 4,
del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131 (Approvazione del testo unico delle
disposizioni   concernenti   l'imposta  di  registro),  promosso  con
ordinanza  emessa  il  23  febbraio 1998 dalla Commissione tributaria
centrale  sul  ricorso  proposto  da  Nista  Vittorio ed altri contro
l'Ufficio del Registro di San Severo, iscritta al n. 389 del registro
ordinanze 1999 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
n. 28, prima serie speciale, dell'anno 1999.
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del Consiglio dei
Ministri;
    Udito  nella  camera  di  consiglio del 21 giugno 2000 il giudice
relatore Fernando Santosuosso.
    Ritenuto  che  nel  corso  di  un  giudizio  promosso  da  alcuni
contribuenti   contro  la  decisione  con  la  quale  la  Commissione
tributaria  di  secondo grado, in parziale accoglimento dell'appello,
aveva  rettificato  il  valore  del fondo oggetto di accertamento, la
Commissione   tributaria   centrale   ha   sollevato   questione   di
legittimita'  costituzionale  dell'art. 52,  comma  4,  del d.P.R. 26
aprile  1986, n. 131 (Approvazione del testo unico delle disposizioni
concernenti  l'imposta  di registro), in riferimento agli artt 3 e 53
della  Costituzione,  nella  parte  in  cui preclude la rettifica sul
valore  dei  suoli  forniti  di  rendita  catastale, inedificabili ma
utilizzabili per coltivazione di cava;
        che,  in fatto, l'ufficio del registro aveva accertato che il
terreno  oggetto  del  contratto  di compravendita era classificato a
pascolo  ma  era  "utilizzato  a  cava  per  l'estrazione  e  per  la
commercializzazione";
        che   la   disposizione  censurata  violerebbe  gli  indicati
parametri  costituzionali,  atteso  che  opererebbe una disparita' di
trattamento  tra  i  fondi  edificabili,  per  i quali e' liquidabile
l'imposta  di  registro  sul  valore reale, eventualmente superiore a
quello  catastale,  rispetto  a quelli non edificabili ma destinati a
cava,  la  cui  imposta di registro dovrebbe essere liquidata non sul
valore catastale, ma con il criterio dell'effettivo valore venale. In
tali  casi,  inoltre, l'atto conterrebbe una espressione di ricchezza
che  rimarrebbe,  senza  alcuna giustificazione, estranea al prelievo
tributario;
        che  nel  presente giudizio di legittimita' costituzionale e'
intervenuta  la Presidenza del Consiglio dei ministri rappresentata e
difesa dall'Avvocatura generale dello Stato che ha concluso chiedendo
che  sia  dichiarata  la  manifesta  infondatezza della questione, in
quanto  la  disposizione  censurata  ponendo  un  limite al potere di
rettifica  da  parte  dell'ufficio  del  registro,  qualora il valore
dichiarato  sia  superiore  a  quello  determinato  sulla  base delle
rendite  catastali  non  e' applicabile ai terreni utilizzati a cava,
atteso  che,  l'attivita'  posta  in essere con la coltivazione di un
fondo  adibito  a  questo fine e' riconducibile a quelle di carattere
industriale  e, come tale, non e' suscettibile di valutazione secondo
i  canoni  utilizzati  per  i terreni agricoli e per i fabbricati. Ed
invero, ex art. 18 del r.d. 8 ottobre 1931, n. 1572 (Approvazione del
testo unico delle leggi sul nuovo catasto) le cave sono escluse dalla
stima  fondiaria  per  la  determinazione  delle  tariffe  di reddito
dominicale  ed agrario dei terreni. Ne' alcuna conseguenza sul potere
di  rettifica  dell'ufficio  del registro puo' derivare dal fatto che
l'interessato  non  abbia  adempiuto  all'obbligo  di  presentare  la
denuncia di variazione da terreno agricolo a cava, dal momento che il
presupposto  della  valutazione  automatica viene meno per il terreno
effettivamente  adibito  a  cava,  non  per  la  circostanza  che sia
presentata la prescritta denuncia di variazione.
    Considerato  che  la  disciplina dell'imposta di registro (d.P.R.
n. 131  del  1986)  si  fonda  sul  principio generale secondo cui il
valore  degli immobili che deve essere assunto per i beni e i diritti
afferenti  all'atto  assoggettato ad imposta e' quello corrispondente
al  loro  valore  venale,  con  il conseguente potere di rettifica da
parte dell'ufficio ex art. 52, comma 1;
        che il successivo comma 4 dello stesso articolo, introducendo
la  c.d.  valutazione  forfettaria,  pone  un  limite  al  potere  di
rettifica  di  cui  sopra,  impedendo all'ufficio di procedere ad una
maggiore valutazione allorche' il valore degli immobili sia superiore
all'ammontare determinato in modo automatico mediante applicazione di
determinati     coefficienti    di    rivalutazione    sulla    base,
rispettivamente,  del  reddito dominicale risultante in catasto per i
terreni e per i fabbricati;
        che l'art. 18 del r.d. n. 1572 del 1931 esclude le cave dalla
stima fondiaria per la determinazione del reddito dominicale, sicche'
il  reddito  del  terreno formalmente risultante in catasto di natura
agricola  non  e' espressivo dell'effettiva ricchezza derivante dalla
sua  pacifica  destinazione  e  dallo  sfruttamento  del  medesimo  a
finalita' estrattiva, essendo riconducibile l'utilizzazione a cava ad
una attivita' di carattere esclusivamente industriale;
        che,  come  gia'  in  sede  di  accertamento  fiscale  e  nel
contenzioso tributario, l'ordinanza di rimessione parte da un erroneo
presupposto   interpretativo  non  considerando  che  avrebbe  dovuto
tenersi conto del menzionato art. 18, che fa sistema con le norme che
piu' direttamente riguardano l'imposta di registro;
        che  una  corretta  interpretazione  della normativa su detta
imposta  esclude  l'applicazione dell'istituto della c.d. valutazione
automatica  quando  le  risultanze  catastali  non corrispondano alla
effettiva   e   giuridica  destinazione  del  terreno,  anche  se  il
contribuente non abbia avuto cura di denunciare la variazione;
        che,   pertanto,   la   sollevata   questione  va  dichiarata
manifestamente infondata.
    Visti  gli  artt. 26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  secondo  comma,  delle norme integrative per i giudizi
davanti alla Corte costituzionale.