ha pronunciato la seguente


                              Ordinanza

nel  giudizio  di legittimita' costituzionale dell'art. 555, comma 2,
del  codice  di  procedura  penale, come modificato dall'art. 2 della
legge  16  luglio  1997,  n. 234  (Modifica  dell'art. 323 del codice
penale,  in  materia di abuso d'ufficio, e degli artt. 289, 416 e 555
del  codice  di  procedura penale), promosso con Ordinanza emessa l'8
luglio  1999  dal  pretore di Palermo sezione distaccata di Bagheria,
nel  procedimento  penale  a  carico  di  Filippo Pomara, iscritta al
n. 634  del  registro  ordinanze  1999  e  pubblicata  nella Gazzetta
Ufficiale  della  Repubblica - prima serie speciale - n. 47 dell'anno
1999;
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del Consiglio dei
Ministri;
    Udito  nella  camera  di  consiglio dell'8 giugno 2000 il giudice
relatore Gustavo Zagrebelsky;
    Ritenuto  che  con  ordinanza  dell'8  luglio  1999 il pretore di
Palermo  sezione  distaccata  di  Bagheria  ha sollevato questione di
legittimita'  costituzionale dell'art. 555, comma 2, cod. proc. pen.,
in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione;
        che,  respinta  una  eccezione  di  nullita'  del  decreto di
citazione  a  giudizio  sollevata  dalla  difesa dell'imputato per la
mancata  presenza  del difensore all'interrogatorio dell'indagato, il
pretore  solleva  questione  di  costituzionalita' in quanto la norma
impugnata  non  prevede  la  nullita'  del  decreto  di  citazione  a
giudizio,  oltre  che  nell'ipotesi, in essa prevista, in cui non sia
stato  emesso  l'invito  a  presentarsi per rendere interrogatorio ai
sensi  dell'art. 375,  comma 3, cod. proc. pen., "anche quando non e'
stata  data  comunque  la  possibilita'  all'indagato  di  sottoporsi
liberamente e validamente all'interrogatorio";
        che,   ad   avviso   del   rimettente,   la   norma   sarebbe
"insufficiente  e  claudicante"  in relazione alla ratio sottesa alla
legge  16  luglio  1997,  n. 234  (che  ha modificato la disposizione
stabilendo  appunto  l'obbligo  del  previo  invito a presentarsi per
rendere  l'interrogatorio),  poiche'  da  essa  deriverebbero  a)  la
lesione  del  diritto  alla  difesa,  in  quanto  il  mero  invito  a
presentarsi    per    rendere    interrogatorio    non   garantirebbe
all'interessato   la   necessaria   assistenza   tecnica,  e  b)  una
irragionevole disparita' di trattamento fra i soggetti che sono messi
nella  condizione di esercitare appieno il proprio diritto di difesa,
attraverso  lo svolgimento dell'interrogatorio, e coloro che, invece,
"rischiano  di  giungere  alla  fase  processuale non avendo avuto la
possibilita' di conoscere le accuse mosse a proprio carico";
        che  e'  intervenuto  in giudizio il Presidente del Consiglio
dei  Ministri,  rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello
Stato,  che, richiamando le ordinanze nn. 325 del 1999 e 432 del 1998
della  Corte  costituzionale,  ha concluso nell'assunto dell'analogia
tra  le  questioni  definite  con  le  citate  ordinanze e quella ora
all'esame della Corte nel senso della manifesta infondatezza.
    Considerato  che  il  giudice  rimettente  prospetta la possibile
lesione  del  principio  di uguaglianza e della garanzia della difesa
nella "insufficienza" della disposizione dell'art. 555, comma 2, cod.
proc.  pen.,  che,  per  effetto  delle  modifiche recate dalla legge
n. 234  del  1997,  prevede  la  nullita'  del decreto di citazione a
giudizio  se  questo  non  e' preceduto dall'invito a presentarsi per
rendere  l'interrogatorio  ai  sensi  dell'art. 375,  comma  3, dello
stesso codice;
        che peraltro, successivamente all'ordinanza di rimessione, e'
intervenuta  la  legge  16  dicembre  1999,  n. 479  (Modifiche  alle
disposizioni  sul  procedimento  davanti al tribunale in composizione
monocratica   e  altre  modifiche  al  codice  di  procedura  penale.
Modifiche   al   codice   penale   e   all'ordinamento   giudiziario.
Disposizioni in materia di contenzioso civile pendente, di indennita'
spettanti  al  giudice  di  pace  e  di  esercizio  della professione
forense), che ha modificato la norma denunciata;
        che,  per  effetto  della  nuova disciplina, il previo invito
all'indagato  a  presentarsi  per  rendere interrogatorio nell'ambito
delle   indagini   preliminari   non   costituisce  piu'  un  obbligo
incondizionato  per  il pubblico ministero, bensi' e' previsto, quale
atto eventuale, solo in seguito a una richiesta in tal senso da parte
dell'indagato  stesso,  cui  deve  essere  comunicato l'"avviso della
conclusione  delle  indagini  preliminari"  (art. 415-bis  cod. proc.
pen., introdotto dall'art. 17, comma 2, della legge n. 479 del 1999);
        che,   in   connessione   con   la   diversa   configurazione
dell'eventuale  contraddittorio tra pubblico ministero e indagato, e'
stata  correlativamente posta una nuova e diversa disciplina circa la
nullita' del decreto di citazione a giudizio per il caso di omissione
degli  atti  sopra  detti  (v.  l'art. 552,  comma  2,  "sostitutivo"
dell'art. 555  previgente,  quale risultante dall'art. 44 della legge
n. 479 del 1999);
        che,  stante  il  complessivo  mutamento  (in una prospettiva
contraria  a  quella  cui  mira  la  questione  sollevata) del quadro
normativo  su  cui  cade  la censura di incostituzionalita', occorre,
preliminarmente   rispetto   a   ogni   profilo   di  valutazione  di
ammissibilita'  della  addizione  richiesta,  restituire  gli atti al
giudice  rimettente, a esso spettando di valutare se, a seguito delle
modifiche  intervenute  nella  disciplina  processuale  in  esame, la
questione  sollevata  sia, nel giudizio principale, tuttora rilevante
nei termini in cui e' stata proposta.