ha pronunciato la seguente


                              Ordinanza

nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'articolo 1, comma 8,
della  legge  30  luglio  1990,  n. 217 (Istituzione del patrocinio a
spese  dello Stato per i non abbienti), promosso con ordinanza emessa
il  30  aprile  1998  dal  pretore  di Catania, sezione distaccata di
Trecastagni,  iscritta  al  n. 568  del  registro  ordinanze  1999  e
pubblicata  nella  Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica  - 1a serie
speciale - n. 42, dell'anno 1999.
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del Consiglio dei
Ministri;
    Udito  nella  camera  di  consiglio dell'8 giugno 2000 il giudice
relatore Carlo Mezzanotte.
    Ritenuto  che  il  pretore  di  Catania,  sezione  distaccata  di
Trecastagni,  nel  corso  di  un  procedimento  penale a carico di un
imputato della contravvenzione di cui all'articolo 116, commi 1 e 13,
del  decreto  legislativo  30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della
strada),  con  ordinanza  in  data  30  aprile  1998 ha sollevato, in
riferimento  agli  articoli  3 e 24, terzo comma, della Costituzione,
questione  di  legittimita'  costituzionale dell'articolo 1, comma 8,
della  legge  30  luglio  1990,  n. 217 (Istituzione del patrocinio a
spese  dello Stato per i non abbienti), nella parte in cui "limita il
beneficio  del  gratuito  patrocinio (recte: patrocinio a spese dello
Stato)  soltanto  agli  imputati  di  delitti,  escludendolo  per gli
imputati di contravvenzioni";
        che  nell'ordinanza  di  rimessione si premette che l'istanza
presentata  dall'imputato  di  ammissione al patrocinio a spese dello
Stato  era stata respinta dal giudice a quo in data 12 agosto 1996 in
quanto  relativa a procedimento per reato contravvenzionale, e che il
difensore   del   predetto   imputato,   nel   corso  del  successivo
dibattimento,   aveva   eccepito   la  illegittimita'  costituzionale
dell'art. 1, comma 8, della legge n. 217 del 1990;
        che,  ad avviso del remittente, l'esclusione del patrocinio a
spese dello Stato nei procedimenti penali concernenti contravvenzioni
determinerebbe una ingiustificata disparita' di trattamento per i non
abbienti   a   seconda   che   siano   imputati   di   delitti  o  di
contravvenzioni,  che  oltretutto possono essere punite con pene piu'
severe,  e  renderebbe lo Stato inadempiente all'impegno di rimuovere
gli  ostacoli  di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto
la  liberta'  e  l'eguaglianza  dei  cittadini,  impediscono il pieno
sviluppo  della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i
lavoratori  all'organizzazione  politica,  economica  e  sociale  del
Paese;
        che,  sempre secondo il remittente, la disposizione censurata
violerebbe  anche l'art. 24, terzo comma, della Costituzione, poiche'
non    assicurerebbe    al    non   abbiente,   imputato   di   reato
contravvenzionale,  i mezzi per agire e per difendersi davanti a ogni
giurisdizione,   non   potendo  l'istituto  del  gratuito  patrocinio
previsto  dal  regio  decreto 30 dicembre 1923, n. 3282 (Approvazione
del  testo  di  legge  sul  gratuito  patrocinio)  essere considerato
"attuazione in misura sufficiente del dettato costituzionale";
        che  e'  intervenuto  nel presente giudizio il Presidente del
Consiglio   dei  Ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura
generale  dello  Stato,  chiedendo  che  la questione, gia' decisa da
questa  Corte  nel  senso della non fondatezza con la sentenza n. 243
del  1994  e  della manifesta inammissibilita' con l'ordinanza n. 145
del 1999, sia dichiarata inammissibile o infondata.
    Considerato  che il giudice a quo nel corso del dibattimento e su
eccezione  della difesa, ha sollevato, in riferimento agli articoli 3
e  24,  terzo  comma,  della  Costituzione, questione di legittimita'
costituzionale dell'articolo 1, comma 8, della legge n. 217 del 1990,
nella  parte  in  cui esclude il patrocinio a spese dello Stato per i
non abbienti nei procedimenti penali concernenti contravvenzioni;
        che  dall'ordinanza  di  rimessione si evince che l'anzidetta
questione  e'  stata  sollevata  dopo  che  lo  stesso  giudice aveva
respinto,   in   una  precedente  fase,  l'istanza  dell'imputato  di
ammissione   al   beneficio,   proprio   perche'   relativa  a  reato
contravvenzionale;
        che   il   remittente   non   e'  chiamato  ad  applicare  la
disposizione censurata;
        che,  infatti,  egli,  gia'  prima  di sollevare questione di
legittimita'   costituzionale,   si  e'  definitivamente  pronunciato
sull'istanza  di  ammissione al beneficio, adottando un provvedimento
di  diniego, che, salvo eventuali variazioni di reddito, e' destinato
a  produrre  effetti,  in  difetto  di  tempestiva  impugnazione, per
l'intero procedimento (ordinanza n. 145 del 1999);
        che    pertanto   la   questione   deve   essere   dichiarata
manifestamente inammissibile.
    Visti  gli  artt. 26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  secondo  comma,  delle norme integrative per i giudizi
davanti alla Corte costituzionale.