ha pronunciato la seguente


                              Sentenza

nel  giudizio  di legittimita' costituzionale dell'art. 11 del codice
di  procedura penale, promosso con ordinanza emessa il 30 aprile 1999
dalla  Corte di appello di Genova nel procedimento penale a carico di
Mario  Benvenuto,  iscritta  al  n. 380 del registro ordinanze 1999 e
pubblicata  nella  Gazzetta  Ufficiale della Repubblica n. 27 - prima
serie speciale - dell'anno 1999;
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del Consiglio dei
Ministri;
    Udito  nella  camera  di consiglio del 9 febbraio 2000 il giudice
relatore Cesare Mirabelli;

                          Ritenuto in fatto

    1. -   Nel  corso di un giudizio nel quale l'imputato, condannato
in  primo grado, aveva proposto appello eccependo che la parte civile
esercitava  all'epoca dei fatti le funzioni di componente privato del
tribunale per i minorenni di Genova - circostanza questa appresa dopo
la  scadenza  dei termini stabiliti dall'art. 21, comma 2, cod. proc.
pen. per  proporre  eccezioni  in  ordine  alla  competenza  la Corte
d'appello  di  Genova, con ordinanza del 30 aprile 1999, ha sollevato
questione   di   legittimita'  costituzionale,  in  riferimento  agli
artt. 3,  24,  101  e 107 della Costituzione, dell'art. 11 cod. proc.
pen.,  nella  parte  in  cui  non  prevede  che  in  caso  di tardiva
conoscenza  della qualita' di magistrato la eccezione di incompetenza
possa essere sollevata oltre il termine stabilito dall'art. 21, comma
2, cod. proc. pen.
    La  disposizione  denunciata prevede che i procedimenti in cui un
magistrato  assume  la  qualita'  di  persona  sottoposta ad indagini
ovvero  di  persona  offesa  o  danneggiata  dal reato, che sarebbero
attribuiti  alla  competenza  di  un ufficio giudiziario compreso nel
distretto di corte d'appello in cui il magistrato esercita le proprie
funzioni o le esercitava al momento del fatto, sono di competenza del
giudice, egualmente competente per materia, che ha sede nel capoluogo
del distretto di corte d'appello determinato dalla legge.
    La  Corte  d'appello di Genova ritiene che la speciale competenza
stabilita dall'art. 11 cod. proc. pen. per i procedimenti riguardanti
i  magistrati abbia natura di competenza per territorio; le eccezioni
ad  essa  relative devono essere proposte, a pena di decadenza, prima
della  conclusione  dell'udienza  preliminare (art. 21, comma 2, cod.
proc.   pen.)  e,  se  respinte,  sono  precluse  qualora  non  siano
riproposte  subito  dopo  compiuto  per la prima volta l'accertamento
della costituzione delle parti (art. 491 cod. proc. pen.).
    Il   giudice   rimettente  sottolinea  che  tale  spostamento  di
competenza sarebbe destinato a garantire la serenita' ed obiettivita'
del   giudizio,  l'imparzialita'  e  la  terzieta'  del  giudice:  si
risponderebbe cosi' all'esigenza, analoga a quella posta a fondamento
della  disciplina  della  ricusazione  del giudice (artt. 37 ss. cod.
proc.  pen.), di evitare il rischio che la valutazione conclusiva del
processo  sia  o possa apparire condizionata dal fatto che la persona
offesa  dal  reato,  o  comunque  il  danneggiato,  eserciti funzioni
giurisdizionali   nello  stesso  distretto  del  giudice  chiamato  a
decidere   sulla   responsabilita'   dell'imputato.   Ma   mentre  e'
espressamente  previsto  (art. 38,  comma  2, cod. proc. pen.) che la
dichiarazione  di  ricusazione del giudice possa essere proposta dopo
il termine stabilito per le questioni preliminari (art. 491, comma 1,
cod.  proc. pen.) qualora la relativa causa sia divenuta nota dopo la
scadenza di tale termine, analoga possibilita' non e' invece prevista
dall'art. 21   cod.  proc.  pen. per  l'incompetenza  per  territorio
determinata   dall'applicazione  dell'art. 11  cod.  proc.  pen. Cio'
comporterebbe,  appunto,  la  denunciata  lesione  del  principio  di
eguaglianza e della garanzia costituzionale di un giudizio reso da un
giudice imparziale.

    2. - Nel  giudizio  di legittimita' costituzionale e' intervenuto
il  Presidente  del  Consiglio  dei  Ministri, rappresentato e difeso
dall'Avvocatura  generale dello Stato, chiedendo che la questione sia
dichiarata inammissibile e, in subordine, non fondata.
    In   particolare  la  disposizione  denunciata  riguarderebbe  la
determinazione  della  competenza  per  i  procedimenti riguardanti i
magistrati, piuttosto che i tempi e i modi per rilevarne la eventuale
violazione.  Inoltre,  se  pure  la  deroga alla ordinaria competenza
territoriale    per   i   procedimenti   riguardanti   i   magistrati
comprendesse,  come nel caso in esame, gli esperti componenti privati
del  tribunale  per  i minorenni, la diversita' dei termini stabiliti
per  eccepire l'incompetenza, rispetto a quelli previsti per rilevare
la   esistenza   di   cause  di  astensione  o  ricusazione,  sarebbe
giustificata; comunque, anche l'esistenza di cause di astensione o di
ricusazione  potrebbe  essere  rilevata  solo nel corso della fase di
giudizio cui esse si riferiscono e non nei gradi successivi.

                       Considerato in diritto

    1. -   La  questione  di  legittimita'  costituzionale investe la
disciplina  della  competenza per i procedimenti penali riguardanti i
magistrati.
    La  Corte d'appello di Genova ritiene che l'art. 11 del codice di
procedura  penale - che attribuisce al giudice competente per materia
del  capoluogo  del  distretto  di  corte d'appello determinato dalla
legge   la  cognizione  dei  procedimenti  che  altrimenti  sarebbero
attribuiti  alla  competenza  di  un ufficio giudiziario compreso nel
distretto  nel  quale esercita, o esercitava al momento del fatto, le
proprie  funzioni  il  magistrato  imputato,  ovvero persona offesa o
danneggiata  dal reato -, nella parte in cui non consente alla difesa
di  sollevare la eccezione di incompetenza oltre il termine stabilito
dall'art. 21,  comma  2, del codice di procedura penale, possa essere
in   contrasto   con   il  principio  di  eguaglianza  (art. 3  della
Costituzione)  e  con  le garanzie di imparzialita' del giudizio e di
neutralita'  del giudice (artt. 24, 101 e 107 della Costituzione), la
cui  obiettivita' potrebbe, invece, essere condizionata dal fatto che
la  persona  offesa dal reato eserciti funzioni giurisdizionali nello
stesso    distretto   del   giudice   chiamato   a   decidere   sulla
responsabilita'  dell'imputato; cio' mentre, per analoghe esigenze di
obiettivita'  del  giudizio,  la  ricusazione del giudice puo' essere
proposta  anche dopo il termine stabilito per eccepire l'incompetenza
(art. 38, comma 2, cod. proc. pen.).

    2. - La questione non e' fondata.
    Il  giudice  rimettente  considera la disciplina della competenza
per  i  procedimenti  riguardanti  i  magistrati  come un particolare
criterio di predeterminazione della competenza per territorio, per il
quale  operano i comuni meccanismi e le preclusioni previste per tale
tipo  di  incompetenza:  essa  va  rilevata  o  eccepita,  a  pena di
decadenza,  prima  della  conclusione  dell'udienza preliminare o, se
questa  manchi,  appena  compiuto  l'accertamento  della costituzione
delle  parti  (art. 21,  comma  2,  cod.  proc.  pen.),  rimanendo la
relativa questione altrimenti preclusa (art. 491 cod. proc. pen.).
    La deroga - determinata dalle funzioni svolte da uno dei soggetti
del processo in relazione all'ufficio giudicante alle regole generali
della  competenza  per  territorio, solitamente ancorate al luogo del
commesso  reato,  viene  in  tal  modo  considerata nell'ambito della
logica  propria  dei  criteri  di  determinazione  di  questo tipo di
competenza:   essa  non  riguarda  la  persona  del  giudice,  bensi'
l'ufficio  giudiziario  ed  il suo collegamento con la cognizione del
reato,  e  va  verificata entro la fase preliminare del giudizio, non
dopo che questo sia stato incardinato ed abbia avuto inizio.
    La  diversa  disciplina  della  ricusazione, indicata dal giudice
rimettente   quale   termine   di  comparazione  per  denunciare  una
ingiustificata  disparita'  di trattamento, non costituisce un idoneo
elemento  di  raffronto  con  la  disciplina  della  competenza (cfr.
sentenza  n. 381  del  1999). La ricusazione, difatti, e' destinata a
prendere   in   considerazione   non  l'ufficio  giudiziario  cui  e'
attribuita l'astratta competenza a conoscere del reato, ma la persona
del  giudice  investito del concreto giudizio; essa puo' dipendere da
cause  sorte  anche  nel  corso  del  giudizio  ed  e'  fondata sulla
valutazione  in  concreto  di una situazione di possibile pregiudizio
per  l'imputato  o  per  una  delle  altre  parti.  Non  e',  dunque,
irragionevole  la  scelta  del  legislatore  di stabilire termini per
proporre  la  dichiarazione di ricusazione diversi da quelli previsti
per eccepire o rilevare l'incompetenza per territorio e di consentire
che  la  dichiarazione di ricusazione possa essere fatta dopo la fase
introduttiva del giudizio, quando la causa che la determina sia sorta
o,   se  preesistente,  sia  divenuta  nota  successivamente.  I  due
istituti,  dello  spostamento  della  competenza  per  i procedimenti
riguardanti  i  magistrati  e  della  ricusazione,  pur concorrendo a
garantire  la imparzialita' del giudice, rispondono difatti a criteri
diversi e non si impone una loro parificazione.

    3. - Anche  i  dubbi  di  legittimita' costituzionale proposti in
riferimento alla garanzia costituzionale di imparzialita' del giudice
e di obiettivita' del giudizio non sono fondati.
    La  regola processuale denunciata prevede un termine per proporre
la   questione   di  incompetenza  per  territorio,  stabilendo,  non
irragionevolmente,   che  esso  si  esaurisca  nell'arco  degli  atti
introduttivi del giudizio, prima dell'apertura del dibattimento.
    Rientra, difatti, nella discrezionalita' del legislatore limitare
la possibilita' di rilevare l'incompetenza per territorio a vantaggio
dell'interesse  all'ordine  e alla speditezza del processo (ordinanze
n. 130  del  1995  e n. 521 del 1991), evitando cosi' che, avviato il
giudizio  di  merito,  esso  possa  essere  vanificato  da un tardivo
spostamento  di  competenza  territoriale  o  che  le  parti  possano
sottrarne la cognizione al giudice oramai investito; tutto cio' senza
che  venga  in  rilievo  una  situazione  idonea a ledere in concreto
l'imparzialita'  del  giudice, per la quale opera, invece, l'istituto
della ricusazione.