ha pronunciato la seguente Ordinanza nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 11, numeri 3 e 4, del regio decreto 30 dicembre 1923, n. 3282 (Approvazione del testo di legge sul gratuito patrocinio), promosso con ordinanza emessa il 28 agosto 1999 dal Tribunale di La Spezia, iscritta al n. 591 del registro ordinanze 1999 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 43, prima serie speciale, dell'anno 1999. Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri; Udito nella camera di consiglio del 21 giugno 2000 il giudice relatore Carlo Mezzanotte. Ritenuto che con ordinanza in data 28 agosto 1999 - emessa nel corso di un procedimento civile avente ad oggetto la domanda di risoluzione di un contratto di locazione per inadempimento del conduttore, ammesso al gratuito patrocinio, e la domanda di quest'ultimo di determinazione dell'equo canone - il Tribunale di La Spezia, in composizione monocratica, dovendo provvedere sulla richiesta di liquidazione del compenso di un consulente tecnico d'ufficio, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, questione di legittimita' costituzionale delle disposizioni di cui all'articolo 11, numeri 3 e 4, del regio decreto 30 dicembre 1923, n. 3282 (Approvazione del testo di legge sul gratuito patrocinio), "nella parte in cui non prevedono che siano anticipate dal pubblico erario anche le somme spettanti ai periti nominati dal giudice a titolo di compenso per l'opera prestata, salva annotazione a debito e ripetizione nelle forme di cui al medesimo art. 11, numeri 3 e 4"; che, ad avviso del remittente, le norme censurate, imponendo al perito di prestare gratuitamente la propria opera (salvo che per le spese vive anticipate dall'erario e prenotate a campione e salvo eventuale ripetizione del compenso nei confronti della parte non ammessa al gratuito patrocinio, se soccombente, ovvero nei confronti della stessa parte ammessa, qualora venga per essa a cessare lo stato di poverta'), porrebbero il perito stesso in una condizione di assai dubbia imparzialita', poiche', al di la' dell'evenienza del tutto aleatoria ed ipotetica di una ripresa dell'indigente dallo stato di poverta' per cause diverse, la concreta possibilita' di ottenere il compenso per l'opera prestata sarebbe agganciata in modo quasi esclusivo alla soccombenza di una delle parti, con sensibile alterazione della parita' delle parti nel processo e in violazione diretta del diritto di difesa ed indiretta del principio di eguaglianza, che imporrebbe "l'equidistanza di chi eserciti nel processo attivita' idonea ad influire sul giudizio"; che, secondo il giudice a quo le disposizioni censurate sarebbero in contrasto con l'art. 3 della Costituzione anche per l'ingiustificata diversita' di trattamento che i periti, ausiliari del giudice, ricevono in caso di gratuito patrocinio (recte: patrocinio a spese dello Stato) ai sensi degli artt. 13 e 14 della legge 11 agosto 1973, n. 533 (Disciplina delle controversie individuali di lavoro e delle controversie in materia di previdenza e di assistenza obbligatoria) rispetto a quello loro riservato in ipotesi di gratuito patrocinio ai sensi del regio decreto n. 3282 del 1923 (in quanto nel rito speciale del lavoro il compenso del consulente tecnico d'ufficio e' anticipato dallo Stato); che e' intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, e ha chiesto che la questione sia dichiarata inammissibile o, in subordine, infondata. Considerato che il Tribunale di La Spezia, in composizione monocratica, dubita, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, della legittimita' costituzionale delle disposizioni di cui all'art. 11, numeri 3 e 4, del regio decreto 30 dicembre 1923, n. 3282, "nella parte in cui non prevedono che siano anticipate dal pubblico erario anche le somme spettanti ai periti nominati dal giudice a titolo di compenso per l'opera prestata, salva annotazione a debito e ripetizione nelle forme di cui al medesimo art. 11, numeri 3 e 4"; che, secondo il remittente, la circostanza che la prestazione del perito, a parte il caso del tutto aleatorio ed ipotetico della ripresa dell'indigente dallo stato di poverta', abbia possibilita' di essere remunerata soltanto se rimanga soccombente la parte non ammessa al gratuito patrocinio, comporterebbe violazione del diritto di difesa e insieme del principio di parita' delle parti, in forza del quale deve essere assicurata l'equidistanza di chi eserciti nel processo un'attivita' destinata ad influire sul giudizio; che la questione e' irrilevante, dal momento che, come riferisce lo stesso giudice a quo l'incarico peritale ha gia' avuto svolgimento ed egli e' chiamato a pronunciarsi sulla liquidazione del compenso, sicche', quand'anche la questione dovesse essere accolta, giammai la decisione di questa Corte potrebbe rimuovere il vulnus al diritto di difesa e alla parita' delle parti che il remittente opina possa derivare dall'applicazione delle disposizioni censurate; che il giudice a quo dubita della legittimita' costituzionale dell'art. 11, numeri 3 e 4, del regio decreto n. 3282 del 1923, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, anche sotto altro profilo, deducendo la disparita' di trattamento tra i consulenti tecnici nominati nei giudizi in cui trova applicazione la disciplina di cui al citato regio decreto e quelli nominati nelle controversie individuali di lavoro e in quelle in materia di previdenza e assistenza obbligatoria, in relazione alle quali l'art. 14, secondo comma, della legge 11 agosto 1973, n. 533, stabilisce che l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato produce l'effetto dell'anticipazione, a carico dello erario, dei compensi spettanti ai consulenti tecnici d'ufficio; che anche sotto questo profilo la questione deve essere dichiarata manifestamente inammissibile, per ragioni analoghe a quelle esposte nell'ordinanza n. 200 del 2000: una pronuncia della Corte costituzionale non potrebbe assimilare gli effetti dell'ammissione al gratuito patrocinio disposta dalla speciale commissione prevista dall'articolo 5 del regio decreto n. 3282 del 1923 sul presupposto dello stato di poverta' a quelli dell'ammissione al patrocinio a spese dello Stato, che si fonda su presupposti non coincidenti, rientra nella competenza del giudice che procede ed ha una portata piu' ampia; che la disciplina del gratuito patrocinio dei poveri e quella del patrocinio a spese dello Stato, pur collocandosi entrambe nel solco tracciato dall'art. 24, terzo comma, della Costituzione, danno luogo a sistemi fra loro diversi non solo per presupposti, procedimento ed effetti dei provvedimenti di ammissione, ma anche per la concezione che rispettivamente le ispira: la prima e' improntata alla solidarieta' tra persone, e grava di oneri, presumibilmente sporadici, soggetti iscritti in speciali albi e che proprio dall'iscrizione traggono di norma anche opportunita' professionali remunerate; la seconda rimanda a un'idea della solidarieta' che postula l'intervento e il sostegno finanziario dello Stato; che l'unificazione degli istituti volti a dare attuazione all'art. 24, terzo comma, della Costituzione non puo' avvenire mediante sentenze della Corte intese a far trasmigrare singole disposizioni da un sistema all'altro, ma postula una radicale riforma alla quale solo il legislatore puo' attendere; che, pertanto, in relazione ad entrambi i profili prospettati, la questione di legittimita' costituzionale deve essere dichiarata manifestamente inammissibile. Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.