ha pronunciato la seguente


                              Ordinanza

nei  giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 1, commi da 260
a   265,   della   legge   23 dicembre   1996,   n. 662   (Misure  di
razionalizzazione  della  finanza  pubblica) e dell'art. 52, comma 2,
della   legge  9 marzo  1989,  n. 88  (Ristrutturazione  dell'INPS  e
dell'INAIL),  promossi  con  ordinanze  emesse  il  5 luglio 1999 dal
tribunale  di  La  Spezia  nel  procedimento civile vertente tra Anna
Maria  Baria  e  la  Prefettura  di La Spezia, iscritta al n. 655 del
registro  ordinanze  1999 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica  n. 48,  1a  serie  speciale, dell'anno 1999 e il 5 aprile
2000 dal tribunale di Potenza nel procedimento civile vertente tra il
Ministero  dell'interno  e Filomena Benevento, iscritta al n. 312 del
registro  ordinanze  2000 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica n. 24, 1a serie speciale, dell'anno 2000.
    Visti  gli  atti  di  intervento del Presidente del Consiglio dei
Ministri;
    Udito  nella camera di consiglio del 27 settembre 2000 il giudice
relatore Franco Bile.
    Ritenuto  che  con ordinanza del 5 luglio 1999 il tribunale di La
Spezia  -  in  un  giudizio  tra  un  soggetto titolare di assegno di
invalidita'  civile  ed  il  Ministero dell'interno avente ad oggetto
l'accertamento della non ripetibilita' della restituzione delle somme
pretese   dal   Ministero  in  quanto  dal  ricorrente  indebitamente
percepite  dal  14 marzo  1994  al  31 ottobre 1995, quali mensilita'
dell'assegno  predetto  -  ha ritenuto rilevante e non manifestamente
infondato  -  in  riferimento  agli  artt. 3 e 38, primo comma, della
Costituzione  - il dubbio di legittimita' costituzionale dell'art. 1,
commi  260-265,  della  legge  23 dicembre  1996,  n.662  (Misure  di
razionalizzazione  della finanza pubblica), dei quali il comma 263 e'
stato sostituito dall'art. 38, comma 1, della legge 23 dicembre 1998,
n. 448,  nella  parte  in  cui  -  ponendo  limiti alla ripetibilita'
dell'indebito  previdenziale,  ma non anche di quello assistenziale -
non  si  applica  alla ripetizione di somme indebitamente percepite a
titolo di assegno di invalidita' civile;
        che  -  a giudizio del tribunale rimettente - la disposizione
invocata  dal  Ministero a fondamento della pretesa alla restituzione
di quanto indebitamente percepito dall'assistito nell'anno precedente
la  visita  di  revisione,  ossia  l'art.11,  comma  4,  della  legge
24 dicembre  1993,  n.537,  e'  stata  abrogata  dall'art. 4 del d.l.
20 giugno 1996, n.323, convertito in legge 8 agosto 1996, n.425, onde
l'unica norma applicabile e' l'art. 2033 del codice civile e non gia'
-  come  invocato  dalla  difesa  del  ricorrente  -  l'art. 1, commi
260-265,  della legge 23 dicembre 1996, n.662 citata, che riguarda la
fattispecie  contigua,  ma  diversa,  degli  indebiti per prestazioni
pensionistiche,  trattamenti  di  famiglia e rendite a carico di enti
pubblici che gestiscono forme di previdenza obbligatoria;
        che in tal modo pero', risultando differenziate la disciplina
dell'indebito  assistenziale  (che  il  tribunale  rimettente ritiene
essere  quella  comune  dell'art. 2033  cod.  civ.)  e  la disciplina
dell'indebito  previdenziale (quella speciale, oltre che transitoria,
dell'art. 1,  commi 260-265, della legge 23 dicembre 1996, n.662), si
sarebbe determinata un'ingiustificata disparita' di trattamento;
        che,  secondo il tribunale rimettente, la normativa censurata
-  predisponendo  una disciplina speciale e di miglior favore per gli
indebiti  previdenziali, senza estenderla agli indebiti assistenziali
- violerebbe anche il principio di razionalita';
        che  e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei Ministri,
rappresentato   e   difeso   dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,
concludendo  per  l'inammissibilita' o l'infondatezza della questione
di costituzionalita';
        che con ordinanza del 5 aprile 2000 il tribunale di Potenza -
in  un  giudizio  tra  un  invalido civile, titolare di indennita' di
accompagnamento,  ed  il Ministero dell'interno, avente ad oggetto la
restituzione  delle somme dal ricorrente indebitamente percepite fino
al dicembre  1997  quali  mensilita'  dell'indennita'  predetta  - ha
ritenuto  rilevante  e  non  manifestamente infondato, in riferimento
agli  artt. 3  e  38,  primo  comma, Cost., il dubbio di legittimita'
costituzionale   del   medesimo   art. 1,   comma  260,  della  legge
23 dicembre  1996  n. 662, nonche' dell'art. 52, comma 2, della legge
9 marzo  1989, n.88 (Ristrutturazione dell'INPS e dell'INAIL), "nella
parte   in   cui   non   prevedono   l'irripetibilita'   delle  somme
indebitamente percepite a titolo di indennita' di accompagnamento";
        che  -  secondo  il  tribunale - la stessa ratio sottesa alla
disciplina   dell'indebito   previdenziale  sussiste  per  l'indebito
assistenziale   e  segnatamente  per  l'indebito  avente  ad  oggetto
l'indennita'  di accompagnamento in favore degli invalidi, talche' la
disciplina  ingiustificatamente  differenziata  ridonda in violazione
del  principio  di  eguaglianza,  oltre  che  del diritto alla tutela
previdenziale;
        che  e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei Ministri,
rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura generale dello Stato, ed ha
parimenti    concluso   per   l'infondatezza   della   questione   di
costituzionalita'.
    Considerato  che i due giudizi possono essere riuniti riguardando
entrambi    la   legittimita'   costituzionale   del   regime   della
ripetibilita' delle prestazioni assistenziali indebitamente percepite
per mancanza del requisito dell'inabilita' del percettore;
        che  la  specifica  disciplina dettata (nel piu' ampio quadro
del  riordino  dei  procedimenti  in  materia  di invalidita' civile,
cecita'  civile  e  sordomutismo) dal quarto comma dell'art. 11 della
legge 24 dicembre 1993, n.537 - secondo cui l'accertata insussistenza
dei  requisiti  prescritti  per  il godimento di pensioni, assegni ed
indennita' in favore delle menzionate categorie protette, comporta la
restituzione  di  quanto indebitamente percepito nell'anno precedente
la  visita  di  revisione  -  e'  stata  abrogata  dall'art. 4, comma
3-nonies del d.l. 20 giugno 1996, n.323, convertito in legge 8 agosto
1996, n.425;
        che,  contestualmente, il precedente comma 3-ter del medesimo
art. 4   citato,   dettando   un   nuovo  criterio  regolatore  della
ripetibilita'  dell'indebito,  ha  previsto  che in caso di accertata
insussistenza  dei requisiti sanitari le prestazioni assistenziali in
godimento  sono  revocate  a  decorrere  dalla  data  della visita di
verifica;
        che  successivamente  il  legislatore,  nel  fissare un piano
straordinario  di  verifica delle invalidita' civili, ha confermato e
meglio  definito  questo  nuovo  criterio, da ultimo prescrivendo, in
caso di accertata insussistenza dei prescritti requisiti sanitari, la
sospensione immediata dell'erogazione del beneficio in godimento e la
revoca  della  provvidenza,  entro  i  successivi  novanta  giorni, a
decorrere  dalla  data  della  visita  di verifica (art. 37, comma 8,
della legge 23 dicembre 1998, n.448);
        che   pertanto   si  e'  transitati  dalla  piu'  restrittiva
disciplina  di cui all'art. 11, comma 4, della citata legge n.537 del
1993,   che   prevedeva   la  possibilita'  della  ripetizione  delle
prestazioni   indebitamente  erogate  nell'anno  precedente  la  data
dell'accertamento   della   mancanza  dei  requisiti  sanitari,  alla
regolamentazione  piu'  favorevole per l'assistito posta dall'art.37,
comma  8,  della  legge  n. 448 del 1998, che fa retroagire la revoca
delle  provvidenze  economiche,  della  cui  erogazione  e'  comunque
prevista  la  sospensione,  solo  alla data della visita di verifica,
sicche'  non  sono  ripetibili le prestazioni percepite prima di tale
data,  senza che peraltro la successiva percezione indebita, che pone
il  problema  della ripetibilita', possa protrarsi eccessivamente nel
tempo,   atteso   che  la  sospensione  dell'erogazione  deve  essere
immediata e che il provvedimento di revoca deve intervenire nel breve
lasso di tempo di novanta giorni dalla sospensione;
        che   tale   disciplina   (di   cui   la   giurisprudenza  di
legittimita',   con  riferimento  gia'  alla  prima  citata  modifica
normativa  del  1996,  ha ritenuto l'applicabilita' retroattiva anche
alle  situazioni  non  ancora  definite  di  indebita  erogazione  di
prestazioni assistenziali) si avvicina a quella relativa all'indebito
previdenziale,  sia  transitoria  che a regime, censurata dai giudici
rimettenti  nella  parte  in  cui  non  si  applica  anche alle somme
indebitamente  percepite  a titolo di assegno di invalidita' civile e
di   indennita'  di  accompagnamento,  ed  e'  parimenti  diretta  ad
approntare  una  tutela  idonea,  come  tale rispettosa dell'art. 38,
primo  comma,  Cost., in favore di chi prima della visita di verifica
abbia  in  buona  fede  percepito  le  prestazioni erogate, senza che
sussista  la necessita' di un'assoluta identita' di regolamentazione,
in  ragione  della  peculiarita' dell'accertamento dell'insussistenza
del  requisito  sanitario  che  giustifica,  anche con riferimento al
principio  di  eguaglianza,  una  normativa  specifica (cfr. sentenza
n.382 del 1996);
        che in particolare poi le previsioni dell'art. 1, commi 260 -
265  della  legge  23 dicembre  1996,  n.662,  che  hanno tra l'altro
introdotto  una  soglia  reddituale  per  scriminare la ripetibilita'
delle prestazioni previdenziali indebite, hanno carattere transitorio
applicandosi  solo  ai periodi (e quindi agli indebiti previdenziali)
anteriori  al  1o gennaio  1996  e  pertanto,  per  la  loro  marcata
specialita',  non  sono  idonee  ad  essere  estese  al  di la' delle
fattispecie per le quali sono previste;
        che   pertanto   le   sollevate   questioni  di  legittimita'
costituzionale risultano essere manifestamente infondate.
    Visti  gli  artt. 26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n.87,  e  9,  secondo  comma,  delle  norme integrative per i giudizi
davanti alla Corte costituzionale.