ha pronunciato la seguente Sentenza nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 460, comma 4, del codice di procedura penale, in relazione all'art. 161, comma 4, dello stesso codice, promossi, nell'ambito di diversi procedimenti penali, con due ordinanze emesse il 3 luglio 1999 dal giudice per le indagini preliminari del tribunale di Brescia, iscritte ai nn. 735 e 736 del registro ordinanze 1999 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 3, 1a serie speciale, dell'anno 2000. Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri; Udito nella camera di consiglio del 27 settembre 2000 il giudice relatore Guido Neppi Modona. Ritenuto in fatto 1. - Con due ordinanze di identico contenuto, emesse entrambe in data 3 luglio 1999 nel corso di due distinti processi, il giudice per le indagini preliminari del tribunale di Brescia ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 24, secondo comma, della Costituzione, questione di legittimita' costituzionale dell'art. 460, comma 4, in relazione all'art. 161, comma 4, del codice di procedura penale, nella parte in cui prevede la revoca del decreto penale e la restituzione degli atti al pubblico ministero nel solo caso in cui la notificazione risulta impossibile per irreperibilita' dell'imputato (art. 159, comma 1, cod. proc. pen.) e non anche nella "identica situazione di cui all'art. 161, comma 4", cioe' nell'ipotesi in cui, essendo impossibile la notificazione al domicilio dichiarato, la notificazione stessa viene effettuata mediante consegna al difensore. Osserva in fatto il rimettente che in entrambi i processi era stato emesso decreto penale di condanna nei confronti degli imputati, privi di difensore di fiducia; che non era stato possibile notificare tali provvedimenti al domicilio dagli stessi dichiarato alla polizia giudiziaria; che pertanto aveva provveduto, in applicazione dell'art. 460, comma 4, cod. proc. pen., a revocare i decreti, con conseguente restituzione degli atti al pubblico ministero. La Corte di cassazione, investita a seguito del ricorso del pubblico ministero, aveva pero' annullato senza rinvio, per ritenuta abnormita', tale provvedimento, affermando che la disciplina dettata dall'art. 460, comma 4, cod. proc. pen., in relazione all'art. 161, comma 4, cod. proc. pen, consente la revoca del decreto penale nel solo caso di irreperibilita' del condannato e non anche nella situazione di cui all'art. 161, comma 4, cod. proc. pen. Si verrebbe cosi' a determinare, secondo il rimettente, "una evidente disparita' di trattamento tra colui che e' irreperibile (e che si vedrebbe revocare il decreto penale e garantito un processo con facolta' per il difensore di ufficio (art. 159 c.p.p.) di impugnare) e colui che, come nella specie, solo per aver dichiarato (o eletto) domicilio presso il quale la notificazione diventa impossibile avra' un procedimento che, oltre a non essere da lui conosciuto, va notificato ad un difensore privo di tale facolta' (argomentando ex art. 461 comma 1 cod. proc. pen. ove si parla expressis di "...difensore eventualmente nominato..." che non puo' che essere quello fiduciario)". Tale diversita' di disciplina sarebbe priva di ragionevolezza in quanto entrambe le procedure di cui agli artt. 161, comma 4, e 159 cod. proc. pen. si basano su regole di mera conoscenza presunta dell'atto notificato. Risulterebbe altresi' compromesso il diritto di difesa in quanto "il semplice fatto di aver dichiarato [...] domicilio non puo' comportare l'eliminazione in toto del diritto di impugnazione (rectius = opporsi)". A seguito del principio di diritto affermato dalla Corte di cassazione, il giudice a quo ritiene infatti di doversi limitare a nominare "un difensore domiciliatario, privo di poteri difensivi effettivi", essendo il difensore di ufficio "un mero domiciliatario ex lege per la notifica degli atti, senza poteri di difesa tecnica". 2. - Nel giudizio e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, che ha concluso per la manifesta inammissibilita' della questione e, in subordine, per la infondatezza della stessa. A parere dell'Avvocatura, l'ordinanza di rimessione sarebbe infatti priva di motivazione in ordine alla rilevanza essendosi il giudice a quo limitato ad affermare l'inidoneita' del domicilio dichiarato senza dar mostra di aver verificato, come sarebbe stato necessario, la sussistenza di tutte le condizioni che renderebbero applicabile alla concreta fattispecie la disposizione censurata ed in mancanza delle quali dovrebbe trovare applicazione l'art. 171, comma 1, lettera e) cod. proc. pen; disposizione quest'ultima che prevede la nullita' della notificazione eseguita mediante consegna al difensore nel caso in cui l'imputato, all'atto della dichiarazione od elezione di domicilio, non venga avvisato sia dell'obbligo, previsto dal comma 1 dello stesso art. 161 cod. proc. pen., di comunicare ogni eventuale mutamento del domicilio dichiarato, sia delle relative conseguenze in caso di omissione. Nel merito l'Avvocatura rileva poi che ragionevolmente e' disciplinata in modo differente la situazione di chi (irreperibile ex art. 159 cod. proc. pen.) non ha mai avuto conoscenza del procedimento e di chi, invece, tale conoscenza abbia avuto e, benche' avvisato di comunicare ogni mutamento del domicilio dichiarato, si sia successivamente reso irreperibile senza ottemperare all'onere di comunicare la variazione. Secondo l'Avvocatura non sussisterebbe neppure la violazione dell'art. 24 della Costituzione in quanto la mancanza di comunicazione del cambiamento di domicilio da parte del soggetto che lo abbia in precedenza dichiarato, e che sia stato avvertito ai sensi di legge, costituisce acquiescenza all'eventuale esito del procedimento. Considerato in diritto 1. - Il giudice per le indagini preliminari del tribunale di Brescia dubita della legittimita' costituzionale dell'art. 460, comma 4, del codice di procedura penale, in relazione all'art. 161, comma 4, dello stesso codice, nella parte in cui, a differenza di quanto stabilito nell'ipotesi di imputato irreperibile, non prevede la revoca del decreto penale anche nel caso in cui, essendo inidoneo o insufficiente il domicilio dichiarato, la notificazione del decreto deve essere eseguita, a norma dell'art. 161, comma 4, cod. proc. pen., mediante consegna al difensore. Ad avviso del rimettente, tale disciplina si pone in contrasto con gli artt. 3 e 24 della Costituzione, in quanto due situazioni sostanzialmente identiche, entrambe contrassegnate dalla mancanza di effettiva conoscenza del decreto penale di condanna, vengono irragionevolmente disciplinate in maniera diversa. In caso di irreperibilita', l'art. 460, comma 4, cod. proc. pen., prevede la revoca del decreto, cosi' assicurando all'imputato le garanzie del processo. Nell'ipotesi in cui risulti impossibile eseguire la notificazione al domicilio dichiarato, il decreto deve invece essere notificato, a norma dell'art. 161, comma 4, cod. proc. pen., mediante consegna al difensore, con la conseguenza che, essendo il difensore nominato d'ufficio privo - secondo l'opinione del rimettente - del potere di proporre opposizione, il decreto penale potrebbe divenire esecutivo senza che l'imputato ne abbia mai avuto effettiva conoscenza. Poiche' la questione e' stata sollevata con due ordinanze identiche, va disposta la riunione dei relativi giudizi di costituzionalita'. 2. - Il procedimento per decreto si configura come rito a contraddittorio eventuale e differito, connotato dall'anticipazione della pronuncia di condanna rispetto all'esperimento dei mezzi di difesa, la cui esplicazione e' rinviata alla fase che segue la notificazione del decreto stesso: ove venga proposta opposizione, il decreto di condanna e' infatti posto nel nulla dalla mancata acquiescenza dell'imputato e opera come mero mezzo di contestazione dell'accusa (v. sentenze n. 344 del 1991 e n. 27 del 1966, nonche', da ultimo, ordinanze nn. 326 e 325 del 1999, n. 432 del 1998). Le caratteristiche di celerita' e semplificazione del rito rendono ragione sia della possibilita' che il destinatario del decreto venga a conoscenza del procedimento penale solo nel momento della notificazione del decreto di condanna, sia dell'efficacia di giudicato riconosciuta al decreto penale in caso di mancata opposizione. Le rilevanti conseguenze collegate all'opposizione o all'acquiescenza - rispettivamente, la revoca del decreto penale di condanna ovvero la sua esecutivita' - spiegano il rilievo centrale che assume la notificazione di tale provvedimento e le cautele adottate dal legislatore per renderne effettiva la conoscenza e mettere cosi' l'imputato in grado di operare la scelta di accettare o di impedire il passaggio in giudicato della condanna. Infatti, a differenza di quanto previsto in via generale dall'art. 159, comma 1, cod. proc. pen. (notificazione dell'atto all'imputato irreperibile mediante consegna al difensore), l'art. 460, comma 4, cod. proc. pen. preclude la notificazione del decreto penale di condanna all'imputato irreperibile, imponendo al giudice di revocare il decreto e di restituire gli atti al pubblico ministero, che dovra' procedere nelle forme ordinarie. La norma censurata non impedisce, invece, che, nell'ipotesi in cui non sia possibile eseguire la notificazione del decreto penale di condanna per inidoneita' o insufficienza della dichiarazione di domicilio, la notificazione sia eseguita mediante consegna al difensore secondo la disciplina generale prevista dall'art. 161, comma 4, cod. proc. pen. In sostanza - a prescindere dalle non condivisibili affermazioni circa la mancanza di legittimazione del difensore nominato d'ufficio a proporre opposizione - il rimettente denuncia la irragionevole disparita' di disciplina riservata a due situazioni accomunate dalla concreta probabilita' che il decreto penale possa divenire irrevocabile senza che il destinatario ne abbia avuto effettiva conoscenza. 3. - Nei termini cosi' precisati, la questione e' fondata, in effetti, se la ratio che sorregge la specifica disciplina di cui all'art. 460, comma 4, cod. proc. pen., e' quella di ancorare il regime della notificazione alla conoscenza effettiva del decreto penale, in modo che il destinatario dell'atto sia posto in condizione di esercitare concretamente la scelta tra opposizione e acquiescenza; se, in attuazione di questa ratio, il legislatore ha ritenuto che l'opzione tra acquiescenza e opposizione, a causa delle rilevanti conseguenze che ne derivano, non puo' essere demandata esclusivamente al difensore, e ha quindi stabilito l'incompatibilita' tra il decreto penale di condanna e la irreperibilita' dell'imputato, non vi e' ragione per cui la revoca del decreto penale non debba essere prevista anche nel caso in cui, essendo inidonea o insufficiente la dichiarazione di domicilio, la notificazione dovrebbe essere eseguita mediante consegna al difensore a norma dell'art. 161, comma 4, cod. proc. pen. Anche in tale ipotesi, infatti, l'impossibilita' di eseguire la notificazione al domicilio dichiarato dall'imputato comporta l'alta probabilita' che questi non abbia conoscenza effettiva del decreto e che l'eventuale proposizione dell'opposizione sia rimessa esclusivamente alla valutazione e alla iniziativa del difensore. La disparita' di disciplina riservata a queste due situazioni, che dovrebbero ricevere un trattamento analogo sotto il profilo delle garanzie di effettiva conoscibilita' del decreto penale di condanna, si risolve in una menomazione del diritto di difesa di cui all'art. 24 Cost., anche in relazione all'art. 3 Cost., in quanto la formalita' della notificazione mediante consegna al difensore prevista dall'art. 161, comma 4, cod. proc. pen. non garantisce adeguatamente che il destinatario del decreto penale sia informato dell'esistenza del decreto e abbia quindi la possibilita' di effettuare personalmente la scelta se proporre o meno opposizione. Va pertanto dichiarata l'illegittimita' costituzionale dell'art. 460, comma 4, cod. proc. pen., nella parte in cui non prevede la revoca del decreto penale di condanna e la restituzione degli atti al pubblico ministero anche nel caso in cui non sia possibile la notificazione nel domicilio dichiarato a norma dell'art. 161 cod. proc. pen.