ha pronunciato la seguente


                              Ordinanza

nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 2052 del codice
civile promosso con ordinanza emessa il 27 aprile 2000 dal giudice di
pace   di  Ceva  nel  procedimento  civile  vertente  tra  Fornaciari
Alessandro  e  il  Ministero  delle  finanze,  iscritta al n. 442 del
registro  ordinanze  2000 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica n. 35, 1a serie speciale, dell'anno 2000.
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nella  camera di consiglio del 13 dicembre 2000 il giudice
relatore Fernando Santosuosso.
    Ritenuto  che, nel corso di un giudizio di risarcimento del danno
causato da un capriolo a un motociclista, il giudice di pace di Ceva,
con   ordinanza  del  27  aprile  2000,  ha  sollevato  questione  di
legittimita'  costituzionale  dell'art.  2052  del  codice  civile in
riferimento  all'art.  3  Cost., in quanto la disposizione censurata,
cosi'   come   interpretata  dalla  giurisprudenza  di  legittimita',
escludendo  dall'ambito  della  sua  applicazione  la responsabilita'
dello Stato per i danni causati dalla fauna selvatica, contrasterebbe
con il principio costituzionale di uguaglianza;
        che, secondo il rimettente, la legge 27 dicembre 1977, n. 968
(Principi generali e disposizioni per la protezione e la tutela della
fauna  e  la  disciplina  della caccia), sul punto non innovata dalla
successiva  legge  n. 157  del  1992,  nel  prevedere  che  la  fauna
selvatica  e'  entrata a far parte del patrimonio indisponibile dello
Stato,  avrebbe  comportato la proprieta' di detta fauna in capo alla
P.A., con conseguente applicabilita' dell'art. 2052 cod. civ., atteso
che  il  fondamento  della  responsabilita' per il danno cagionato da
animali   risiede  nel  concetto  di  utilita'  che  dall'animale  il
proprietario o chi se ne serve ritrae;
        che,  pertanto,  sussisterebbe  una disparita' di trattamento
tra  il  privato proprietario di un animale, il quale e' responsabile
ex  art. 2052 cod. civ., salvo che provi il caso fortuito, e la P.A.,
pure  proprietaria  della  fauna selvatica, che di fatto e' esonerata
dal  risarcimento  dei  danni  de quibus in quanto, "in virtu' di una
sorta  di privilegio", non e' tenuta ad alcun obbligo di sorveglianza
sulla fauna di natura selvatica;
        che  la disparita' di trattamento sarebbe ancor piu' evidente
ove  si  consideri  che,  mentre  per  i  danni  causati  dalla fauna
selvatica  alle  colture  esiste  un  fondo  costituito  presso  ogni
regione,  il  cui  scopo  e'  quello  di  prevenire  e risarcire tale
tipologia  di  danni (art. 26 della legge n.157 del 1992), un'analoga
disposizione  mancherebbe  totalmente  nel caso di danni alle persone
e/o alle cose;
        che  infine,  in  ordine  alla  rilevanza della questione, il
giudice  a  quo  osserva  che  nella causa sottoposta al suo esame si
prospetta in concreto l'applicabilita' dell'art. 2052 cod.civ;
        che  nel  presente giudizio di legittimita' costituzionale e'
intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e
difeso  dall'Avvocatura  generale  dello  Stato, chiedendo il rigetto
della questione.
    Considerato che l'irragionevolezza e la disparita' di trattamento
lamentata  dal rimettente e da questo ricollegata all'interpretazione
restrittiva  dell'art. 2052 cod. civ. fornita dalla giurisprudenza di
legittimita'  non  sussiste  poiche'  la  disposizione  in  parola e'
applicabile solo in presenza di danni provocati da animali domestici,
mentre  per  quelli  cagionati da animali selvatici si applica invece
l'art. 2043 cod. civ;
        che  tale diversita' trova la sua giustificazione, nonostante
i dubbi espressi in dottrina, nella diversita' delle situazioni poste
a   raffronto,   considerato   lo  stato  di  naturale  liberta'  che
caratterizza  la  fauna  selvatica  e  il  differente  interesse  che
distingue i soggetti proprietari degli animali di cui si tratta;
        che,  infatti,  nel  caso  in  cui il danno e' arrecato da un
animale  domestico  (o in cattivita'), e' naturale conseguenza che il
soggetto  nella  cui  sfera  giuridica rientra la disponibilita' e la
custodia  di  questo  si faccia carico dei pregiudizi subiti da terzi
secondo  il  criterio di imputazione ex art. 2052 cod. civ; laddove i
danni  prodotti  dalla  fauna  selvatica,  e  quindi  da  animali che
soddisfano  il  godimento dell'intera collettivita', costituiscono un
evento  puramente  naturale  di  cui  la  comunita' intera deve farsi
carico  secondo  il  regime  ordinario e solidaristico di imputazione
della responsabilita' civile ex art 2043 cod. civ;
        che,  parimenti,  non sussiste il lamentato vulnus all'art. 3
della  Costituzione  dal  momento  che,  ad  avviso  di questa Corte,
l'esigenza  di  una parita' di trattamento tra la situazione di fatto
di chi patisce un danno alla produzione agricola e di chi invece vede
danneggiata  la propria persona o i propri beni dalla fauna selvatica
non  sussiste,  atteso  che  non solo sono differenti le predette due
fattispecie,  ma  la  ratio  stessa della normativa di cui alla legge
n. 157  del  1992 risiede nella specificita' della protezione offerta
in  relazione ai danni subiti dalle produzioni agricole a causa della
fauna  selvatica;  il  legislatore  - nella sua scelta discrezionale,
suscettibile  ovviamente  di variare nel tempo - ha inteso approntare
una  tutela  peculiare  dell'agricoltura  indennizzando  gli  effetti
negativi  ad  essa  derivanti  dalla  presenza  di quegli animali sul
territorio,  presenza  che  nell'attuale  contesto storico sociale e'
ritenuta   meritevole   di  protezione  nel  quadro  di  un  armonico
equilibrio ambientale;
        che,  pertanto,  la  questione sollevata deve ritenersi sotto
ogni profilo, manifestamente infondata.
    Visti  gli  artt.  26,  secondo comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  secondo  comma,  delle norme integrative per i giudizi
davanti alla Corte costituzionale.