ha pronunciato la seguente


                              Ordinanza

nel  giudizio  di ammissibilita' del conflitto tra poteri dello Stato
sorto  a  seguito  della  delibera  della  Camera dei deputati del 31
gennaio  1996  relativa alla insindacabilita' delle opinioni espresse
dall'on.  Umberto Bossi nei confronti dell'on. Fernando Dalla Chiesa,
promosso  dalla  Corte  di appello di Milano - sezione quarta penale,
con  ricorso  depositato  il 6 ottobre 2000 ed iscritto al n. 168 del
registro ammissibilita' conflitti.
    Udito  nella  camera di consiglio del 13 dicembre 2000 il giudice
relatore Fernando Santosuosso.
    Ritenuto  che,  nel  corso  del  giudizio  d'appello  avverso  la
sentenza   di  condanna  dell'on.  Umberto  Bossi  per  il  reato  di
diffamazione  aggravata  nei  confronti  di Fernando Dalla Chiesa, la
Corte  d'appello  di Milano aveva sollevato conflitto di attribuzione
tra  poteri  dello  Stato  contro  la  deliberazione della Camera dei
deputati del 31 gennaio 1996, con cui tale Assemblea aveva dichiarato
che  i  fatti  per  i  quali  l'on.  Bossi era sottoposto al suddetto
procedimento  penale  concernevano  opinioni  espresse nell'esercizio
delle  funzioni  di parlamentare, ai sensi dell'art. 68, primo comma,
della Costituzione;
        che   il  conflitto  era  stato  dichiarato  ammissibile  con
l'ordinanza n. 339 del 1996;
        che, in seguito a cio', il 31 ottobre 1996 la Corte d'appello
di Milano aveva notificato il proprio ricorso e la predetta ordinanza
alla  Camera  dei deputati, la quale si era ritualmente costituita in
giudizio;
        che  il  ricorso  e  l'ordinanza, con la prova delle avvenute
notifiche,  erano  stati,  invece,  depositati  in  cancelleria il 21
novembre 1996;
        che,   con   la   sentenza   n. 449   del   1997,   la  Corte
costituzionale,  accogliendo l'eccezione in tal senso formulata dalla
Camera,  aveva dichiarato improcedibile il conflitto di attribuzione,
poiche' il deposito del ricorso era stato effettuato oltre il termine
di  venti giorni dalla notifica, stabilito dall'art. 26, terzo comma,
delle   norme   integrative   per   i   giudizi  davanti  alla  Corte
costituzionale;
        che,  in conseguenza di cio', la Corte d'appello aveva, a sua
volta, dichiarato l'improcedibilita' dell'azione penale nei confronti
di Umberto Bossi, ma contro tale pronuncia era stato proposto ricorso
per cassazione dalla parte civile;
        che  la  Corte  di  cassazione,  con  sentenza 27 aprile - 10
maggio  2000, n. 777, ha annullato la suddetta sentenza d'appello per
illogicita'  della  motivazione  -  che era basata sul presupposto di
diritto  che il conflitto di attribuzione non fosse riproponibile - e
ha rinviato il giudizio davanti alla Corte d'appello di Milano;
        che  ora  tale  Corte ripropone il conflitto di attribuzione,
rilevando  che,  "vista  la  decisione  della  Corte  di cassazione a
seguito  di  gravame  della  parte  civile,  non  puo'  esimersi  dal
sottoporre  nuovamente alla Consulta la soluzione della situazione di
contrapposizione tra l'organo giudicante e l'assemblea parlamentare".
    Considerato  che,  in questa fase del giudizio, a norma dell'art.
37, quarto comma, della legge n. 87 del 1953, la Corte costituzionale
e'  chiamata  a  deliberare,  senza  contraddittorio,  se  "esiste la
materia   di   un  conflitto  la  cui  risoluzione  spetti  alla  sua
competenza",  restando impregiudicata ogni ulteriore decisione, anche
riguardo all'ammissibilita' della riproposizione di un conflitto gia'
dichiarato improcedibile;
        che, pertanto, in questa sede e' sufficiente rilevare che non
e'  previsto alcun termine di decadenza per sollevare un conflitto di
attribuzione  fra  poteri  dello  Stato,  per  cui prima facie non ne
appare  preclusa  la  riproposizione, qualora sia stato in precedenza
dichiarato  improcedibile  per  tardivita' del deposito, a condizione
che  permanga  l'interesse a ricorrere (v. le ordinanze n. 61 e n. 62
del 2000);
        che dal tenore dell'ordinanza della Corte d'appello di Milano
sembra permanere tale interesse;
        che   nella   fattispecie   sussistono   anche  i  requisiti,
soggettivo ed oggettivo, del conflitto (cfr., da ultimo, le ordinanze
n. 91, n. 150 e n. 389 del 2000);
        che infatti, quanto al primo, devono ritenersi legittimati ad
essere  parti del presente conflitto sia la Corte d'appello di Milano
-  essendo  principio  costantemente  affermato da questa Corte che i
singoli  organi  giurisdizionali,  esplicando  le  loro  funzioni  in
situazione  di piena indipendenza, costituzionalmente garantita, sono
da  considerarsi  legittimati,  attivamente e passivamente, ad essere
parti  di conflitti di attribuzione - sia la Camera dei deputati - in
quanto  organo  competente  a  dichiarare  definitivamente la propria
volonta'  in  ordine  all'applicabilita'  dell'art.  68, primo comma,
della Costituzione;
        che,  quanto  al  profilo  oggettivo, sussiste la materia del
conflitto,  dal  momento  che  la ricorrente lamenta la lesione della
propria sfera di attribuzioni, costituzionalmente garantita, da parte
della citata deliberazione della Camera dei deputati;
        che  la  forma  dell'ordinanza,  utilizzata  per  proporre il
ricorso,  deve  ritenersi  idonea  per  una  valida instaurazione del
conflitto  -  ove  sussistano sostanzialmente i requisiti richiesti -
come  ripetutamente  affermato  da questa Corte (cfr., ex plurimis le
sentenze n. 10, n. 11 e n. 82 del 2000);
        che  dal ricorso possono ricavarsi "le ragioni del conflitto"
e  "le  norme costituzionali che regolano la materia", come richiesto
dall'art.  26  delle  norme integrative per i giudizi avanti la Corte
costituzionale.