ha pronunciato la seguente


                              Ordinanza

nel  giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 438, commi 1
e  4,  441  e  443, comma 3, del codice di procedura penale, promosso
nell'ambito  di  un  procedimento  penale  con  ordinanza emessa il 4
luglio  2000 dal giudice per le indagini preliminari del tribunale di
Napoli,  iscritta  al n. 615 del registro ordinanze 2000 e pubblicata
nella  Gazzetta Ufficiale della Repubblica, n. 44, 1a serie speciale,
dell'anno 2000.
    Udito  nella  camera  di consiglio del 24 gennaio 2001 il giudice
relatore Guido Neppi Modona.
    Ritenuto che, con ordinanza in data 4 luglio 2000, il giudice per
le  indagini  preliminari  del  tribunale  di  Napoli, in funzione di
giudice   della   udienza  preliminare,  ha  sollevato  questione  di
legittimita' costituzionale:
        dell'art. 438,  commi  1 e 4, del codice di procedura penale,
in  riferimento  all'art. 111,  secondo  comma,  della  Costituzione,
"nella  parte in cui non prevede il contraddittorio con il p.m. nella
richiesta di giudizio abbreviato e non conferisce efficacia giuridica
alle  sue  richieste  eventualmente  contrarie all'ammissibilita' del
rito";
        dell'art. 441  cod.  proc.  pen.,  in riferimento al medesimo
parametro, "nella parte in cui non prevede che il p.m. abbia autonoma
facolta' di formulare richieste di prova";
        dell'art. 441  cod.  proc. pen., in riferimento all'art. 111,
terzo  comma,  Costituzione,  "nella  parte in cui non prevede che il
p.m.  abbia  autonoma  facolta'  di  interrogare  e  far interrogare,
davanti  al  giudice,  le  persone che rendono dichiarazioni a carico
dell'imputato";
        dell'art. 438,  comma  4,  cod.  proc.  pen.,  in riferimento
all'art. 111,  primo,  secondo  e  sesto  comma, Costituzione, "nella
parte  in  cui  non  prevede  che l'ordinanza con la quale il giudice
ammette la richiesta di giudizio abbreviato debba essere giustificata
da  una  valutazione  della  compatibilita'  del  procedimento con la
semplificazione  (almeno  parziale) dell'istruttoria propria del rito
abbreviato, sulla base del controllo dei presupposti che giustificano
il  beneficio  della  riduzione  della  pena", nonche', per i delitti
punibili  con  l'ergastolo,  anche  in  riferimento agli artt. 3, 25,
primo  comma, 102, terzo comma, Costituzione, "nella parte in cui, in
base  a  mera  richiesta  dell'imputato, determina automaticamente la
sottrazione   al  giudice  naturale  indicato  dall'art. 5  c.p.p.  e
l'applicazione  di  una  pena  di  specie  diversa da quella edittale
prevista per lo stesso fatto";
        dell'art. 443,  comma 3, cod. proc. pen., in riferimento agli
artt. 111, secondo comma, e 112 Costituzione, "nella parte in cui non
consente al p.m. di proporre appello contro le sentenze di condanna";
        che  il  rimettente  precisa in fatto che, in sede di udienza
preliminare,  due imputati per il delitto di cui all'art. 416-bis del
codice  penale e per altri reati di competenza della Corte di assise,
punibili  con l'ergastolo, avevano chiesto di essere giudicati con il
rito abbreviato;
        che  la  nuova  disciplina del giudizio abbreviato introdotta
dalla  legge  "n. 497" (recte, n. 479) del 1999 comporta "la completa
estromissione  del p.m. dalla decisione del rito correlata al mancato
riconoscimento  dell'iniziativa  di chiedere prove", e "l'automatismo
della  [...]  ammissione  [di  tale rito] che determina, a priori, il
diritto  a  uno  sconto  di pena e, nel caso dei delitti punibili con
l'ergastolo, ad una pena di specie diversa";
        che   nel   sistema  accusatorio  la  sede  naturale  per  la
formazione  della  prova  e'  il  dibattimento,  sicche'  impedire al
pubblico  ministero  la  facolta'  sia di interloquire, quanto meno a
livello   meramente   consultivo,   sugli   aspetti   attinenti  alla
ammissibilita'  e procedibilita' del rito, sia di assumere iniziative
probatorie   a   seguito  della  unilaterale  richiesta  di  giudizio
abbreviato  formulata dall'imputato, pone l'organo dell'accusa in una
condizione  di  inferiorita',  contrastante  con  l'art. 111, secondo
comma,  Costituzione,  secondo  cui  "ogni  processo  si  svolge  nel
contraddittorio  tra  le  parti,  in condizioni di parita', davanti a
giudice terzo e imparziale";
        che  tale  precetto non sarebbe derogato da quello recato dal
successivo comma quinto del medesimo articolo (alla stregua del quale
"la legge regola i casi in cui la formazione della prova non ha luogo
in  contraddittorio  per  consenso  dell'imputato"), che va correlato
alla  precedente  disposizione  del  comma quarto, quale eccezione al
principio  del contraddittorio "nella formazione della prova", mentre
la  previsione  del  comma  secondo  riveste una portata piu' ampia e
riguarda tutte le fasi del procedimento;
        che,  nel  caso  di  specie,  trattandosi  di  accusa fondata
essenzialmente   su  dichiarazioni  di  collaboratori  di  giustizia,
l'imputato puo' ben rinunciare alla facolta' "di interrogare o di far
interrogare  le  persone  che rendono dichiarazioni a suo carico", ma
senza che cio' possa "neutralizzare il paritetico diritto dell'accusa
di  ottenere  la  convocazione  e  l'interrogatorio  di persone a suo
carico" mediante l'unilaterale opzione di un rito;
        che,  ancora,  l'automatismo  della  sostituzione  della pena
dell'ergastolo  con  quella  della  reclusione  di anni trenta non e'
necessariamente  giustificato  dalla  prospettiva  premiale correlata
alla  esigenza di semplificazione del procedimento, in quanto, specie
nei  procedimenti  che si basano su dichiarazioni di collaboratori di
giustizia,  "si  potrebbe prospettare la necessita' di un'istruttoria
d'ufficio paritetica a quella dibattimentale", sicche' l'introduzione
del rito diverrebbe "mero strumento per la cancellazione non motivata
della  pena  dell'ergastolo"  e  "per  la sottrazione alla competenza
[della  Corte di assise] di cui agli artt. 102, terzo comma [Cost.] e
5 c.p.p.";
        che,  infine,  anche il disposto dell'art. 443, comma 3, cod.
proc.  pen.,  nella  parte in cui non consente al pubblico ministero,
salvo  casi  limitati,  di  proporre  appello  avverso le sentenze di
condanna,  "appare  del tutto sproporzionato, nei casi come quello in
oggetto concernente reati astrattamente punibili con l'ergastolo";
        che  successivamente  lo stesso giudice ha trasmesso a questa
Corte  il  verbale  di  una  udienza preliminare tenuta il 12 gennaio
2001, in pendenza della sospensione del procedimento, nel corso della
quale  il  giudice, preso atto della "rinuncia" di uno degli imputati
al rito abbreviato e tenuto conto del decreto-legge 24 novembre 2000,
n. 341,  revocava  l'ordinanza  di  sospensione  del processo "per la
sopravvenuta    irrilevanza    della   questione"   di   legittimita'
costituzionale  e  disponeva,  all'esito  dell'udienza,  il  rinvio a
giudizio dell'imputato.
    Considerato  che  successivamente  all'ordinanza di rimessione e'
intervenuto  il  decreto-legge 24 novembre 2000, n. 341 (Disposizioni
urgenti  per  l'efficacia  e  l'efficienza dell'Amministrazione della
giustizia), convertito dalla legge 19 gennaio 2001, n. 4;
        che  l'art. 7  dello  stesso  decreto-legge,  da  un lato, ha
fornito  interpretazione  autentica  dell'art. 442,  comma  2, ultimo
periodo,   cod.   proc.  pen.,  affermando  che  l'espressione  "pena
dell'ergastolo"   deve   intendersi   riferita   all'ergastolo  senza
isolamento  diurno e, dall'altro, ha modificato l'art. 442 cod. proc.
pen.,  aggiungendo,  in  fine  al  comma  2,  il  periodo  "Alla pena
dell'ergastolo con isolamento diurno, nei casi di concorso di reati e
di reato continuato, e' sostituta quella dell'ergastolo.";
        che  l'art. 8  del  medesimo  decreto-legge  ha espressamente
previsto che nei processi penali in corso alla data della sua entrata
in   vigore,   quando  e'  applicabile  la  pena  dell'ergastolo  con
isolamento  diurno, l'imputato puo' revocare la richiesta di giudizio
abbreviato,  e  che  in tali casi il procedimento prosegue secondo il
rito  ordinario  dallo  stato  in  cui si trovava allorche' era stata
fatta la richiesta;
        che  pertanto,  procedendo  il giudice rimettente con il rito
abbreviato  per reati punibili con l'ergastolo con isolamento diurno,
si  impone  la  restituzione degli atti allo stesso giudice affinche'
verifichi se le questioni siano tuttora rilevanti nel giudizio a quo.