ha pronunciato la seguente Ordinanza nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 438, 441 e 442 del codice di procedura penale, come modificati dalla legge 16 dicembre 1999, n. 479 (Modifiche alle disposizioni sul procedimento davanti al tribunale in composizione monocratica e altre modifiche al codice di procedura penale. Modifiche al codice penale e all'ordinamento giudiziario. Disposizioni in materia di contenzioso civile pendente, di indennita' spettanti al giudice di pace e di esercizio della professione forense), promosso, nell'ambito di un procedimento penale, dalla Corte di assise di Palmi con ordinanza emessa il 15 giugno 2000, iscritta al n. 706 del registro ordinanze 2000 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica, 1a serie speciale, n. 48 dell'anno 2000. Udito nella camera di consiglio del 7 marzo 2001 il giudice relatore Guido Neppi Modona. Ritenuto che con ordinanza del 15 giugno 2000 la Corte di assise di Palmi ha sollevato questione di legittimita' costituzionale: dell'art. 438 del codice di procedura penale, in riferimento agli artt. 3, 97, 101 e 111 della Costituzione, "nella parte in cui non prevede il diritto al contraddittorio del pubblico ministero sulla richiesta di rito abbreviato dell'imputato e il potere del giudice di decidere su di essa"; dell'art. 441 cod. proc. pen., in riferimento all'art. 111 Cost., "nella parte in cui prevede l'assunzione anche d'ufficio degli elementi necessari ai fini della decisione e con le forme di cui all'art. 422 c.p.p."; dell'art. 442 cod. proc. pen., in riferimento all'art. 111 Cost., "nella parte in cui prevede la utilizzazione (..) ai fini della delibazione, degli atti contenuti nel fascicolo di cui all'art. 416 e la documentazione di cui all'art. 419 c.p.p.", nonche', in riferimento agli artt. 3, 24, 27 e 111 Cost., "nella parte in cui prevede la diminuzione di un terzo della pena e la sostituzione dell'ergastolo con la reclusione di anni trenta"; che la Corte rimettente premette in fatto che alcuni imputati che dovevano rispondere di reati punibili con l'ergastolo, avevano chiesto di essere giudicati con il rito abbreviato "ai sensi dell'art. 438 c.p.p., come novellato dalla legge 16 dicembre 1999, n. 479, art. 27 e, per la modifica all'art. 223 decreto legislativo 19 febbraio 1998, n. 51, dall'art. 56 della medesima legge e, quindi, successivamente, dall'art. 4-bis e 4-ter del d.l. 7 aprile 2000, n. 82, con le modifiche della legge di conversione n. 144 del 2000"; che il giudice a quo afferma di condividere i contenuti dell'ordinanza 9 maggio 2000, con la quale il Tribunale di Firenze ha sollevato analoga questione di legittimita' costituzionale (r.o. n. 607 del 2000), che viene integralmente riprodotta; che, in particolare, nel fare proprie le argomentazioni svolte nella citata ordinanza, il giudice a quo denuncia: la irragionevolezza di una disciplina che, eliminando i presupposti per l'accesso al rito abbreviato, trasforma il "diritto processuale dell'imputato alla scelta del rito in un sostanziale diritto del medesimo al conseguimento automatico e irragionevole del beneficio della riduzione di pena"; la attribuzione agli imputati di vantaggi significativi ma del tutto ingiustificati; l'esclusione del giudice dall'assolvimento di indefettibili compiti istituzionali che gli sono propri; la mancata previsione del "diritto del pubblico ministero di intervenire sulla richiesta di rito abbreviato formulata dall'imputato, esprimendo consenso o dissenso motivato", e della facolta', da parte dello stesso pubblico ministero, di chiedere d'iniziativa una integrazione probatoria; che secondo il rimettente gli artt. 441, commi 5 e 6, e 442, comma 1-bis, cod. proc. pen. violerebbero anche i principi della terzieta' dell'organo giudicante e della durata ragionevole del processo; che, inoltre, la previsione della riduzione di un terzo della pena e la sostituzione dell'ergastolo con pena detentiva temporanea sarebbero in contrasto con gli artt. 3, 24, 27 e 111 della Costituzione sia per la disparita' di trattamento tra chi chiede il rito abbreviato e chi invece opta per il giudizio ordinario, sia per il previsto potere del giudice di rigettare la richiesta subordinata a una integrazione probatoria, sia infine per la diversita' di trattamento che si determinerebbe tra "chi e' colpevole e tanto risulti provato e magari ammesso" e chi invece "voglia avvalersi della presunzione di innocenza e del diritto di difesa", potendo il sistema nel suo complesso indurre alla "rinuncia (...) della prova dell'innocenza per accettare uno sconto certo a fronte di un'assoluzione solo probabile". Considerato che successivamente all'ordinanza di rimessione e' intervenuto il decreto-legge 24 novembre 2000, n. 341 (Disposizioni urgenti per l'efficacia e l'efficienza dell'amministrazione della giustizia), convertito dalla legge 19 gennaio 2001, n. 4; che l'art. 7 dello stesso decreto-legge, da un lato, ha fornito interpretazione autentica dell'art. 442, comma 2, ultimo periodo, cod. proc. pen., affermando che l'espressione "pena dell'ergastolo" deve intendersi riferita all'ergastolo senza isolamento diurno e, dall'altro, ha modificato l'art. 442 cod. proc. pen., aggiungendo, in fine al comma 2, il periodo "Alla pena dell'ergastolo con isolamento diurno, nei casi di concorso di reati e di reato continuato, e' sostituita quella dell'ergastolo"; che l'art. 8 del medesimo decreto-legge ha espressamente previsto che nei processi penali in corso alla data della sua entrata in vigore, quando e' applicabile la pena dell'ergastolo con isolamento diurno, l'imputato puo' revocare la richiesta di giudizio abbreviato, e che in tali casi il procedimento prosegue "secondo il rito ordinario dallo stato in cui si trovava allorche' era stata fatta la richiesta"; che pertanto, procedendo il giudice rimettente con il rito abbreviato per reati punibili con l'ergastolo con isolamento diurno, si impone la restituzione degli atti allo stesso giudice affinche' verifichi se le questioni siano tuttora rilevanti nel giudizio a quo.