ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nei giudizi di legittimita' costituzionale degli artt. 1, 2, 3, 7, 8,
9,  12,  16,  17,  18  e 19 del decreto legislativo 19 novembre 1997,
n. 422  (Conferimento  alle regioni ed agli enti locali di funzioni e
compiti in materia di trasporto pubblico locale, a norma dell'art. 4,
comma 4, della legge 15 marzo 1997, n. 59) promossi con ricorsi delle
Regioni  Puglia e Lombardia, notificati il 9 gennaio 1998, depositati
in  cancelleria il 16 successivo e iscritti ai nn. 8 e 9 del registro
ricorsi 1998.
    Visti  gli  atti di costituzione del Presidente del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  16 gennaio  2001  il  giudice
relatore Gustavo Zagrebelsky;
    Uditi  l'avvocato  Beniamino  Caravita  di Toritto per le Regioni
Puglia  e Lombardia e l'avvocato dello Stato Ignazio F. Caramazza per
il Presidente del Consiglio dei ministri.

                          Ritenuto in fatto

    1. -   La  Regione  Puglia, con ricorso regolarmente notificato e
depositato il 16 gennaio 1998 (reg. ric. n. 8 del 1998), ha sollevato
questione  di  legittimita'  costituzionale  in  via principale degli
artt. 1,  2,  7,  comma  2,  16,  18  e  19  del  decreto legislativo
19 novembre  1997,  n. 422  (Conferimento  alle  regioni ed agli enti
locali di funzioni e compiti in materia di trasporto pubblico locale,
a  norma dell'articolo 4, comma 4, della legge 15 marzo 1997, n. 59),
per  violazione  degli  artt. 3,  5,  76,  117,  118, 119 e 128 della
Costituzione.
    Richiamato   un   proprio   precedente   ricorso  avverso  alcune
disposizioni  contenute  nella  legge  di delega 15 marzo 1997, n. 59
(Delega  al  Governo  per  il conferimento di funzioni e compiti alle
regioni ed enti locali, per la riforma della Pubblica Amministrazione
e  per  la  semplificazione  amministrativa),  e  sottolineato che le
censure allora sollevate possono nuovamente essere ripetute in ordine
a  corrispondenti previsioni del decreto legislativo (artt. 1, 2 e 7,
comma  2,  relativamente al richiamo al principio di sussidiarieta'),
la  ricorrente  si  sofferma  su  alcune  specifiche  disposizioni di
quest'ultimo.
    L'art. 18 configurerebbe una elusione dell'art. 4, comma 4, della
legge  n. 59  del  1997  che,  nel  prevedere  una delega al Governo,
disponeva  che  questi  affidasse  alle regioni i compiti di generale
riordino del trasporto regionale e locale, nella espressa prospettiva
del  superamento  degli  assetti  monopolistici  della  gestione  dei
trasporti,  assetti che invece il decreto legislativo consoliderebbe,
in  violazione  dunque  dell'art. 76 della Costituzione e altresi' in
contrasto  con  i principi in tema di concorrenza tra imprese sanciti
dalla  normativa europea e con il principio di uguaglianza: l'art. 18
del  decreto  legislativo  n. 422  del  1997  esclude infatti da ogni
confronto  concorrenziale  le  gestioni  dirette  degli enti locali e
quelle svolte tramite loro aziende speciali (comma 2, lettere b e c),
prevedendo  unicamente  per  tali  forme  di  gestione  un divieto di
ampliamento  dei  bacini  di  servizio,  conseguendone  "soltanto una
indefinita  previsione di affidamento facoltativo di quote di servizi
mediante  procedure  concorrenziali",  incompatibile con la normativa
comunitaria.    Una   ulteriore   forma   gestionale   di   carattere
monopolistico,   mediante  societa'  per  azioni,  gia'  disciplinata
dall'art. 22,  comma  3,  lettera  c),  della  legge  n. 142 del 1990
(Ordinamento  delle  autonomie locali), e' esclusa da ogni previsione
di    superamento.   Incongrua   sarebbe   altresi'   la   previsione
dell'art. 18,  comma  3, secondo il quale l'affidamento diretto della
gestione si protrae per cinque anni nei casi in cui l'esercizio venga
proseguito  da  societa' o cooperative derivanti dalla trasformazione
disciplinata  dalla  medesima  norma.  Alle  regioni,  in definitiva,
sarebbe   impedito  il  riordino  del  settore,  sia  per  il  regime
differenziato stabilito direttamente dal decreto legislativo, sia per
il ruolo che gli enti locali mantengono, in mancanza dell'abrogazione
dell'art. 22 della legge n. 142 del 1990.
    L'art. 16  del  decreto  legislativo  n. 422  viene  impugnato in
ragione  della  "impropria  formulazione"  delle modalita' secondo le
quali deve verificarsi l'intesa tra regioni ed enti locali in tema di
definizione dei servizi minimi i cui costi sono a carico del bilancio
delle  regioni,  sotto  il profilo del ruolo marginale assegnato alla
legge regionale nella definizione di tali modalita'.
    Infine,  l'art. 19  e'  censurato  in quanto esso sarebbe oscuro,
risultando  incomprensibile, secondo la ricorrente, la corrispondenza
da  questo  fissata  tra oneri per i servizi e risorse disponibili al
netto  dei  proventi tariffari: solo la determinazione di un rapporto
tra  oneri  per i servizi e risorse disponibili al lordo dei proventi
tariffari potrebbe evitare "assurde" pretese di ripiani integrali dei
disavanzi  di  gestione  da  parte  delle  imprese  di  trasporto nei
confronti della regione.
    2. - Nel giudizio cosi' instaurato si e' costituito il Presidente
del  Consiglio  dei  ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura
generale dello Stato.
    Secondo  l'Avvocatura,  la  censura  relativa all'art. 18 sarebbe
infondata:   nella   legge   delega   il  superamento  degli  assetti
monopolistici  appare delineato non come risultato da realizzare gia'
con  il decreto legislativo, ma come mera finalita' da incentivare in
quella  sede.  L'autonomia delle regioni, poi, non sarebbe intaccata,
ben  potendo esse nella propria legislazione andare oltre rispetto al
livello minimo disposto dal medesimo art. 18.
    Quanto  alla dedotta oscurita' degli artt. 16 e 19, da questa non
deriverebbe   comunque   alcuna   lesione   dell'autonomia  regionale
costituzionalmente garantita.
    3. - La  Regione Lombardia, con ricorso regolarmente notificato e
depositato il 16 gennaio 1998 (reg. ric. n. 9 del 1998), ha sollevato
anch'essa   questioni   di   legittimita'  costituzionale  di  alcune
disposizioni   del   decreto   legislativo  n. 422  del  1997,  e  in
particolare degli artt. 2, 3, 7, 8, 9, 12, 16, 17, 18 e 19, assumendo
la   violazione   degli  artt. 3,  76,  97,  117,  118  e  119  della
Costituzione, secondo i profili di seguito sintetizzati.
    L'art. 2,  che  definisce  la  nozione di "conferimento", sarebbe
incostituzionale  in quanto comprende in tale voce sia la delega, sia
il  trasferimento,  sia  l'attribuzione  di funzioni e compiti, tanto
alle regioni quanto agli enti locali, confondendo in tal modo nozioni
che  sono  da tenere distinte in base agli artt. 117, 118 e 128 della
Costituzione.
    L'art. 3,  che  definisce  i  servizi  pubblici  di trasporto "di
interesse  nazionale",  senza  ispirarsi  ad  un univoco criterio, si
porrebbe  in contrasto con gli artt. 3, 117 e 118 della Costituzione:
se  dalla  lettera  f)  parrebbe  ricavarsi il criterio del carattere
internazionale  o  anche nazionale dei servizi, purche' a percorrenza
medio-lunga,  viceversa  questo  non  vale  per  la  lettera  c), che
definisce  di  interesse  nazionale anche le linee interregionali che
collegano  piu'  di  due  regioni,  mentre risulterebbe incongruente,
nello   specifico  contesto  geografico  italiano,  l'esclusione  dai
servizi   di   interesse   nazionale  di  trasporto  aereo  dei  soli
collegamenti  che  si  svolgono  esclusivamente  nell'ambito  di  una
regione.
    L'art. 7,  comma  3,  secondo  periodo,  che  riprende il dettato
dell'art. 4,  comma  5,  della legge n. 59 del 1997, relativamente al
potere  sostitutivo  statale  nei  confronti  delle  regioni  che non
conferiscano  entro il termine previsto le funzioni agli enti locali,
nel   precisare   l'an   e   il  quando  della  sostituzione  sarebbe
incostituzionale:  da  un  lato,  tenterebbe  di  porre  rimedio alla
indeterminatezza  della  norma  di delega cui fa richiamo, dall'altro
configurerebbe  un  tentativo  del Governo di fornire a se stesso una
nuova ulteriore delega, assolutamente extra ordinem.
    L'art. 12,   nell'attribuire  al  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri  il  potere  di  effettuare direttamente i conferimenti e la
distribuzione delle risorse agli enti locali, lederebbe le competenze
regionali,  violando  al  contempo i principi della legge di delega e
quindi  gli  artt. 3,  76,  97, 117, 118 e 119 della Costituzione: la
ripartizione  tra  regioni  ed enti locali delle risorse finanziarie,
umane,  strumentali  e  organizzative,  in quanto misure accessorie e
strumentali  al  riparto  di  funzioni  tra  regioni  ed enti locali,
dovrebbe  avvenire  dopo  (e  non  prima)  che tale riparto sia stato
definito  dalle regioni, ai sensi dell'art. 7 del decreto legislativo
n. 422 del 1997 in questione.
    L'art. 16,  relativo  alla  determinazione  dei  servizi  minimi,
violerebbe gli artt. 117, 118 e 119 della Costituzione, in quanto non
terrebbe  nel  dovuto conto, nel disciplinare la partecipazione degli
enti locali a tale operazione, delle competenze attribuite in materia
alle regioni, anche sulla base della legge delega. L'art. 4, comma 4,
lettera  a),  della  legge  n. 59  del 1997 stabilisce infatti che il
Governo  provvede  ad attribuire alle regioni il compito di definire,
d'intesa  con gli enti locali, i servizi minimi da porre a carico dei
bilanci  regionali.  Soltanto  la  previsione, chiara, di una "intesa
debole"  con gli enti locali, le cui modalita' siano disciplinate con
legge  regionale,  sarebbe  rispettosa  dell'autonomia  regionale, ma
questo non e' dato desumere dalla disposizione impugnata.
    L'art. 18,  comma  2,  limitandosi  a  stabilire,  per il caso di
gestione  diretta  o  affidamento  diretto dei servizi da parte degli
enti  locali  a  propri consorzi o aziende speciali, il solo criterio
dell'ampliamento  dei  bacini di servizio (lettera b), e l'obbligo di
affidamento  da  parte degli enti locali di quote di servizio tramite
procedure  concorsuali  (lettera  c),  senza  prevedere  il divieto o
comunque  una  limitazione  dell'esercizio  dei  servizi di trasporto
pubblico  sotto  tali  forme,  nonche' in quanto non abroga l'art. 22
della  legge  n. 142  del  1990,  si  porrebbe  in  contrasto  con la
finalita'  di  superamento  degli  assetti  monopolistici, violando i
principi  in  tema di concorrenza tra imprese sanciti dalla normativa
europea, il principio di uguaglianza e l'art. 4, comma 4, lettera b),
della  legge  delega  n. 59 del 1997, con rilevanti conseguenze anche
sul bilancio regionale.
    L'art. 8,  comma 5, in materia di servizi ferroviari di interesse
regionale  e  locale  non  in  concessione alle Ferrovie dello Stato,
fissando  un  preciso  rapporto  tra  ricavi  e costi senza prevedere
alcuna  forma  di  garanzia  della copertura finanziaria, si porrebbe
anch'esso in contrasto con l'art. 4, comma 4, lettera b), della legge
n. 59  del  1997  (secondo  il quale i contratti di servizio pubblico
dovranno  avere le caratteristiche della certezza finanziaria e della
copertura  di  bilancio),  con conseguente violazione degli artt. 76,
117,  118  e  119  della  Costituzione.  Ne' potrebbe valere in senso
contrario  il  comma  6  del  medesimo  articolo, secondo il quale si
provvede,  con  successivi  provvedimenti legislativi, alla copertura
dei disavanzi maturati alla data del conferimento delle funzioni.
    Censure  analoghe  a  quelle relative all'art. 8 vengono avanzate
riguardo  all'art. 9,  che detta la disciplina dei servizi ferroviari
di  interesse  regionale  e locale in concessione alle Ferrovie dello
Stato,   rinviando   anch'esso   ai  contratti  di  servizio  di  cui
all'art. 19 del decreto legislativo.
    L'art. 17,  nel prevedere per le regioni l'obbligo di contemplare
nei  contratti  di  servizio  compensazioni  economiche  alle aziende
esercenti  i  servizi  pubblici di trasporto di interesse regionale e
locale,  conterrebbe  un  incostituzionale  trasferimento di "oneri a
secco"  a  carico della regione, in violazione degli artt. 117, 118 e
119  della  Costituzione.  E  analoga censura viene avanzata riguardo
all'art. 19,  comma  1,  del quale si rileva altresi' l'incongruenza,
analogamente al ricorso della Regione Puglia.
    4. - Nel  giudizio  si  e' costituito il Presidente del Consiglio
dei  ministri,  rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello
Stato,  chiedendo  che  le questioni siano dichiarate inammissibili o
infondate  e  riservandosi di illustrare le proprie argomentazioni in
una successiva memoria.
    5. - In  prossimita'  dell'udienza  hanno  depositato memorie sia
l'Avvocatura  dello  Stato,  per  il  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri, sia le due Regioni ricorrenti.
    6. - L'Avvocatura  dello Stato, nella memoria relativa al ricorso
della  Regione  Lombardia,  rilevato  che  le  censure  relative agli
artt. 2  e  7  hanno ormai trovato risposta nella sentenza n. 408 del
1998 della Corte costituzionale, si sofferma sulle rimanenti.
    Riguardo  all'art. 3  del  decreto  legislativo  n. 422 del 1997,
l'Avvocatura   afferma   che   nella   individuazione  dei  trasporti
qualificabili "di interesse nazionale" nulla imponeva la scelta di un
unico  criterio  ispiratore,  peraltro  esistente, e costituito da un
criterio  misto,  a un tempo qualitativo e quantitativo, ancorato sia
alla dimensione territoriale del collegamento che alla sua tipologia;
quanto  ai  servizi  aerei  di  interesse  interregionale, la riserva
statale,  oltre  a  rientrare nella discrezionalita' del legislatore,
appare  comunque  ragionevole;  mentre, rispetto alle competenze gia'
attribuite  in  precedenza  alle  regioni,  la  nuova  disciplina non
determinerebbe  alcuna  riappropriazione  da  parte  dello Stato, non
risultando sottratto alla competenza regionale alcun collegamento fra
regioni finitime che non sia di nuova attribuzione.
    La  censura  rivolta  all'art. 12  sarebbe  fondata su una errata
lettura  della  norma,  in  quanto  il  Presidente  del Consiglio dei
ministri puo' ripartire le risorse tra regioni ed enti locali solo se
sia intervenuta una previa intesa, quindi solo se il conferimento sia
gia' avvenuto o sia stato concordato.
    Su   una   errata   lettura   si  baserebbe  anche  la  questione
sull'art. 16,  in  quanto  spetta  alla legge regionale la disciplina
dell'intesa con gli enti locali sui "servizi minimi".
    Quanto  all'art. 18,  la  doglianza  relativa alla violazione dei
principi  di  concorrenza  tra  imprese posti dalla normativa europea
sarebbe  inammissibile,  perche' essa non potrebbe comunque ridondare
in   lesione   dell'autonomia   regionale,   mentre  quella  relativa
all'eccesso  di  delega  sarebbe  infondata,  in  quanto il principio
direttivo    posto   dal   legislatore   delegante   sarebbe   quello
dell'incentivazione  del  superamento  degli  assetti  monopolistici,
costituendo  l'art. 18  solo  un  minimo che ben puo' essere superato
dalle regioni.
    Riguardo  agli  artt. 8  e 9, l'Avvocatura afferma che in sede di
determinazione  delle risorse finanziarie da trasferire alle regioni,
ai  sensi  dell'art. 20  del  medesimo  decreto, potra' tenersi conto
degli oneri conseguenti a tali disposizioni.
    Infine, infondata sarebbe la censura relativa agli artt. 17 e 19,
comma  1,  in  quanto  le  "risorse  disponibili"  che devono coprire
l'eventuale  disavanzo  sono  quelle  di  cui all'art. 20 del decreto
legislativo.
    7. - La difesa della Regione Puglia, nella memoria, rileva che il
fatto  di  aver  dato  attuazione  con  propria  normativa al decreto
legislativo  impugnato  non  fa  venire meno l'interesse regionale al
ricorso: l'attuazione e' dovuta unicamente alla necessita' di evitare
l'intervento  sostitutivo  statale.  Ne'  il sopravvenire del decreto
legislativo  20 settembre  1999, n. 400 (Modifiche ed integrazioni al
decreto  legislativo  19 novembre  1997, n. 422, recante conferimento
alle  regioni ed agli enti locali di funzioni e compiti in materia di
trasporto   pubblico   locale),   che   ha  modificato  alcune  delle
disposizioni  impugnate,  inciderebbe  sul  giudizio. In particolare,
anche se l'art. 18 sembra essere stato modificato proprio nella parte
oggetto  del ricorso, con l'abrogazione del comma 2, lettere b) e c),
la  normativa  censurata  e'  stata  tuttavia  riprodotta nella nuova
formulazione  del  comma 3 e nel comma 3-bis risultando ulteriormente
disattesi  i  principi  della  delega  in ordine al superamento degli
assetti  monopolistici  per  tutto  il periodo transitorio, ed almeno
fino   al   1o gennaio   2004.  Ne',  secondo  la  Regione,  potrebbe
condividersi l'impostazione dell'Avvocatura dello Stato nella lettura
del  criterio direttivo, in quanto la delega non prevede solo la mera
incentivazione   del  superamento  degli  assetti  monopolistici,  ma
prescriverebbe l'introduzione di regole di concorrenzialita'.
    Superati   paiono   invece   alla  ricorrente  i  dubbi  relativi
all'art. 16,  anche  alla  luce  della legge regionale di attuazione,
mentre  altrettanto  non  puo'  dirsi  dell'art. 19,  a  meno  che le
"risorse disponibili" di cui all'art. 19, comma 1, che devono coprire
l'eventuale  disavanzo, siano quelle di cui all'art. 20, quelle cioe'
trasferite dallo Stato alle regioni.
    8. - Anche  la  difesa della Regione Lombardia, nella memoria, ha
ribadito  il  permanere dell'interesse regionale all'impugnativa, pur
in   presenza   della  legge  regionale  di  attuazione  del  decreto
legislativo n. 422 del 1997.
    Quanto  al  sopravvenire del decreto legislativo n. 400 del 1999,
correttivo del precedente, la Regione ritiene necessaria l'estensione
dei  motivi  di  illegittimita'  costituzionale sollevati nel ricorso
alla  disciplina  risultante  dalle modifiche apportate con il citato
decreto legislativo n. 400. Infatti, secondo la Regione, "nel caso di
esercizio  da  parte  del  governo  di poteri correttivi, i motivi di
illegittimita' costituzionale si estendono necessariamente alle nuove
norme  emanate  dal  governo,  laddove  tale  intervento  non muti la
precedente  disciplina,  ma  finisca  per  riproporre,  solo  con una
diversa collocazione, gli stessi principi oggetto di censura".
    In ordine alle censure relative agli artt. 2 e 7, la difesa della
Regione  Lombardia prende atto del sopravvenire della sentenza n. 408
del  1998,  mentre  ribadisce  quelle  sull'art. 3: in particolare si
sottolinea  ancora una volta che i criteri usati nella individuazione
dei  servizi  di  interesse  nazionale  sono  contraddittori,  avendo
rilievo  in  alcuni  casi  l'elemento  quantitativo,  in altri quello
qualitativo; che il trasporto aereo regionale non ha alcuna rilevanza
in  un  contesto  come  quello  italiano; e che, quanto ai servizi di
trasporto  pubblico interregionali che collegano piu' di due regioni,
la   nuova  disciplina  risulta  deteriore  rispetto  a  quella  gia'
contenuta  nel d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616 (Attuazione della delega
di cui all'art. 1 della legge 22 luglio 1975, n. 382).
    Riguardo  all'art. 12,  si  afferma  che  solo  una volta che sia
intervenuta  la  ridistribuzione  delle  funzioni tra regioni ed enti
locali  il  Governo  puo'  essere  in  grado di ripartire le risorse:
pertanto per superare l'incostituzionalita' della norma e' necessario
ritenere   che  l'intesa  debba  perfezionarsi  a  conferimento  gia'
avvenuto.  Il  nodo interpretativo relativo all'art. 16 sarebbe stato
sciolto  invece  dalla  sopravvenuta legge regionale della Lombardia.
Quanto  all'art. 18,  la  Regione  Lombardia  utilizza argomentazioni
analoghe a quelle contenute nella memoria della Regione Puglia.
    Immutate,   infine,   resterebbero   anche  le  censure  relative
all'art. 8,  commi  5  e  6,  e  all'art. 9, e quelle riguardanti gli
artt. 17 e 19, comma 1, a meno di non ritenere, come fa la difesa del
resistente,  che  gli  oneri  derivanti  da  tali  previsioni debbano
ritenersi a carico dello Stato.

                       Considerato in diritto

    1. -    La  Regione  Puglia  e  la  Regione  Lombardia  sollevano
questione  di legittimita' costituzionale di diverse disposizioni del
decreto  legislativo  19 novembre  1997,  n. 422  (Conferimento  alle
regioni  ed  agli  enti  locali  di  funzioni e compiti in materia di
trasporto  pubblico locale, a norma dell'art. 4, comma 4, della legge
15 marzo  1997,  n. 59), in riferimento agli artt. 3, 5, 76, 97, 117,
118, 119 e 128 della Costituzione.
    In particolare:
        a)   gli   artt. 1   e   2,  comprendendo  nella  nozione  di
"conferimento"  funzioni  sia  delegate  che  trasferite  tanto  alle
regioni quanto agli enti locali, produrrebbero confusione tra nozioni
che  hanno  da  essere tenute distinte, alla stregua degli artt. 117,
118 e 128 della Costituzione;
        b)  l'art. 3, nel definire i servizi pubblici di trasporto di
interesse  nazionale, si ispirerebbe a criteri non omogenei, violando
gli artt. 3, 117 e 118 della Costituzione;
        c) l'art. 7, comma 2, sul trasferimento di funzioni e compiti
in  materia  di  trasporto  da  parte delle regioni alle province, ai
comuni  e  agli  altri  enti  locali, facendo riferimento al criterio
della  sussidiarieta',  sarebbe  del  tutto  generico  e  il medesimo
articolo, al comma 3, disciplinando il potere sostitutivo statale nei
confronti  delle  regioni  che  non  abbiano  provveduto  nel termine
previsto al conferimento delle funzioni agli enti locali, tenterebbe,
in  violazione  dell'art. 76  della  Costituzione,  di  precisare  le
condizioni    della   sostituzione   -   per   ovviare   all'asserita
incostituzionalita'  dello stesso art. 4, comma 5, della legge delega
n. 59  del 1997 - e conferirebbe al governo un'ulteriore delega, cio'
che esula dai poteri propri del legislatore delegato;
        d) l'art. 8, commi 5 e 6, in materia di servizi ferroviari di
interesse  regionale  e locale non in concessione alle Ferrovie dello
Stato  e  l'art. 9, in materia di servizi ferroviari in concessione a
queste,  stabilendo  un  rapporto  tra  ricavi e costi senza garanzia
della  copertura finanziaria di eventuali squilibri di bilancio delle
imprese,   i   cui   oneri   ricadrebbero  sulla  finanza  regionale,
contrasterebbe  con  l'art. 76 della Costituzione, violando l'art. 4,
comma 4, lettera b), della legge di delega n. 59 del 1997 che prevede
che  i  contratti  di  servizio pubblico devono garantire la certezza
finanziaria e la copertura di bilancio;
        e)  l'art. 12,  attribuendo  al  Presidente del Consiglio dei
ministri  il  potere  di  effettuare direttamente i conferimenti e la
distribuzione  delle  risorse  agli  enti  locali,  anche  prima  del
conferimento  a essi delle funzioni da parte delle regioni, lederebbe
le   competenze  di  queste  e  contrasterebbe  con  l'art. 76  della
Costituzione,  violando  i  principi  della  legge  delega  dai quali
risulterebbe  che  la  ripartizione  tra regioni ed enti locali delle
risorse   finanziarie,   umane,  strumentali  e  organizzative  debba
avvenire dopo;
        f)  l'art. 16, disciplinando tramite lo strumento dell'intesa
la  partecipazione  degli enti locali alla determinazione dei servizi
di  trasporto  minimi,  disconoscerebbe  le  competenze  e  i compiti
regionali in materia, con violazione degli artt. 117, 118 e 119 della
Costituzione;
        g)   l'art. 17,   stabilendo  l'obbligo  per  le  regioni  di
contemplare  nei  contratti di servizio compensazioni economiche alle
imprese esercenti i servizi pubblici di interesse regionale e locale,
prevederebbe  un onere finanziario, senza contropartite, a carico del
bilancio  regionale,  con violazione degli artt. 117, 118 e 119 della
Costituzione;
        h)  l'art. 18,  commi 2 e 3, in materia di gestione diretta e
di  affidamento  diretto dei servizi di trasporto da parte degli enti
locali,  non realizzerebbe l'obbiettivo del superamento degli assetti
monopolistici  esistenti  nel settore, violando i principi in tema di
concorrenza tra imprese sanciti dalla normativa europea, il principio
di  uguaglianza e l'art. 76 della Costituzione, tramite la violazione
dell'art. 4, comma 4, lettera b), della legge n. 59 del 1997;
        i)  l'art. 19,  stabilendo il principio di corrispondenza tra
oneri  per  i  servizi  e  risorse  disponibili al netto dei proventi
tariffari, oltre a essere oscuro, potrebbe determinare ingiustificate
pretese  di  ripianamento  da  parte  delle  regioni dei disavanzi di
gestione  delle  imprese  di  trasporto, con violazione dell'art. 119
della Costituzione.
    2. - Stante  la  parziale  coincidenza  del ricorso della Regione
Puglia   con   quello   della  Regione  Lombardia,  le  questioni  di
legittimita'  costituzionale possono essere riunite per essere decise
con unica sentenza.
    3. - Le questioni sottoposte alla Corte sono in parte non fondate
e in parte inammissibili.
    4.1 - La questione di legittimita' costituzionale degli artt. 1 e
2 del decreto legislativo impugnato non e' fondata. Essa, in mancanza
di  nuove  prospettazioni,  coincide  con  quella  gia'  esaminata  e
respinta  dalla  Corte  con la sentenza n. 408 del 1998 relativamente
alle corrispondenti previsioni contenute nella legge delega n. 59 del
1997,  condividendone  la sorte. Anche in questo caso, vale osservare
che  con  l'espressione  generica  di  "conferimento"  di funzioni si
intende  semplicemente  indicare in sintesi, senza confusioni, "tutta
la gamma di strumenti costituzionalmente ammessi per il decentramento
delle funzioni" secondo la Costituzione.
    4.2 - Non   fondata   e'   anche  la  questione  di  legittimita'
costituzionale   dell'art. 3   del   decreto  legislativo  in  esame,
sollevata  in  base  al  rilievo  che  la  determinazione dei servizi
pubblici  di  trasporto  di  interesse nazionale non si ispirerebbe a
criteri  omogenei,  con  cio'  violando  gli artt. 3, 117 e 118 della
Costituzione.  Che  il  legislatore  delegato  si  sia ispirato a una
pluralita'  di  criteri  e'  fuori  discussione.  Il  criterio  della
estensione  territoriale  dei  servizi,  ad esempio, e' utilizzato in
materia di trasporto aereo, marittimo, automobilistico e ferroviario.
In  un altro caso - il collegamento via mare fra terminali ferroviari
il  carattere  nazionale  del  trasporto  viene  evidentemente  fatto
dipendere,  oltre  che  dall'esigenza  imprescindibile  di evitare il
rischio di isolamento di determinati territori regionali, conseguente
a   eventuali  contrasti  tra  politiche  regionali,  altresi'  dalla
necessita'  di  regolare  uniformemente  collegamenti che normalmente
costituiscono i punti di confluenza di linee di trasporto ferroviario
di rilievo internazionale. Da esigenze non frazionabili di sicurezza,
infine,   dipende   la  individuazione,  quali  servizi  pubblici  di
interesse  nazionale,  dei  servizi di trasporto di merci pericolose,
nocive  e inquinanti. Vi sarebbe da dubitare della razionalita' delle
scelte   del   legislatore  e,  eventualmente,  della  lesione  delle
competenze  regionali,  nel  solo  caso  in  cui  i criteri impiegati
fossero  non  diversi  ma  contraddittori, tali cioe', secondo logica
comune, da escludersi l'uno con l'altro. Il che, all'evidenza, non si
verifica   nel  caso  in  esame:  conclusione  valida  anche  per  la
classificazione  tra  quelle  di  interesse  nazionale delle linee di
trasporto  automobilistico che collegano piu' di due regioni (lettera
c);  una  classificazione, questa, che puo' ritenersi rientrare nelle
scelte  discrezionali del legislatore, essendo determinata, oltre che
dalla  lunghezza  del  collegamento,  normalmente  superiore a quelli
interni  a  una  singola regione o che uniscono localita' situate nel
territorio di due regioni, dalle potenziali difficolta' derivanti dal
necessario  coinvolgimento  delle  competenze  di  plurime  autorita'
regionali.
    4.3 - Non  fondata  e'  altresi'  la  questione  di  legittimita'
costituzionale  dell'art. 7,  relativamente alla previsione, al comma
2,  della  sussidiarieta'  quale principio per il trasferimento delle
funzioni dalla regione agli enti locali e, al comma 3, dell'esercizio
del  potere  sostitutivo  statale nei confronti delle regioni che non
abbiano conferito agli enti locali, nel termine previsto, le funzioni
che loro spettano.
    L'indicazione del principio di sussidiarieta' tramite il puntuale
riferimento  alla  definizione  ch'esso  trova  nell'art. 4, comma 3,
della  legge  n. 59  del  1997  non si vede in che cosa possa violare
l'autonomia  regionale,  tanto  piu'  in  quanto  si  sostiene  dalla
ricorrente  Regione  Puglia  che esso sarebbe oggetto di un "generico
richiamo", tale quindi da poter essere precisato dalla regione stessa
nell'esercizio della propria autonomia legislativa.
    Quanto  al  potere sostitutivo statale, la previsione nella norma
del  decreto  legislativo  impugnata  e' meramente riproduttiva della
disposizione  contenuta  nell'art. 4,  comma 5, ultimo periodo, della
legge  n. 59 del 1997, disposizione questa che e' stata sottoposta al
vaglio  di  costituzionalita' sulla base di identici motivi, ritenuti
non fondati nella gia' ricordata sentenza n. 408 del 1998. Poiche' la
disposizione  del  decreto  legislativo  impugnata  non configura una
nuova  delega legislativa, ma si limita a richiamare una disciplina e
un   potere  gia'  previsti,  in  relazione  a  un'ipotesi  specifica
(l'eventuale mancata approvazione da parte delle regioni, nel termine
stabilito,  della  legge  di "puntuale individuazione" delle funzioni
trasferite  o  delegate  agli  enti  locali  in  materia di trasporto
pubblico   locale),   ipotesi   gia'   compresa   nella  disposizione
legislativa  di delega, avente portata generale, non c'e' ragione per
discostarsi   da   quanto   gia'  precedentemente  deciso  nel  senso
dell'infondatezza della questione.
    4.4 - Infondate  sono  altresi' le questioni di costituzionalita'
sollevate su diverse disposizioni del decreto legislativo concernenti
in  vario  modo  oneri finanziari obbligatori destinati a gravare sul
bilancio  regionale, senza che - secondo le ricorrenti - sia previsto
un  corrispondente trasferimento di risorse. Si tratta in particolare
delle  disposizioni  dell'art. 8,  commi  5  e  6,  e dell'art. 9, in
riferimento  all'art. 19,  che,  in  materia  -  rispettivamente - di
servizi ferroviari di interesse regionale e locale non in concessione
alle  Ferrovie  dello  Stato  e  di  servizi  ferroviari di interesse
regionale e locale in concessione alle Ferrovie dello Stato, fissano,
per  la  stipula  dei  contratti  di servizio, un rapporto rigido tra
ricavi  e  costi  di  esercizio  (quanto ai servizi ferroviari non in
concessione alle Ferrovie dello Stato, il rapporto di almeno 0,35 tra
ricavi  da  traffico  e  costi  operativi,  al  netto  dei  costi  di
infrastruttura;  quanto ai servizi in concessione alle Ferrovie dello
Stato,  la  completa  corrispondenza  fra oneri per servizi e risorse
disponibili,  al  netto dei proventi tariffari, secondo l'art. 19 del
decreto legislativo in questione).
    Alle   suddette   esigenze   finanziarie  gravanti  sul  bilancio
regionale  si  provvede  tramite  il  fondo  destinato  ai trasporti,
costituito  in ogni regione in base all'art. 20, fondo alimentato sia
con  risorse regionali che con risorse statali trasferite a norma del
secondo  comma  dell'art. 20  stesso,  individuate  e ripartite, alla
stregua  del  comma  5  del  medesimo articolo, secondo una procedura
d'intesa  con  le  regioni,  e  in misura tale da garantire l'attuale
livello  del  servizio.  Il  che  consente di escludere la fondatezza
della censura basata sul preteso accollo al bilancio della regione di
spese   vincolate,   senza   la  previsione  di  risorse  finanziarie
corrispondenti.
    Per  le  stesse  ragioni,  deve  considerarsi infondato l'analogo
motivo  di  doglianza mosso a riguardo delle compensazioni economiche
dovute  alle  aziende  su  cui gravano obblighi di servizio pubblico,
secondo  i  relativi contratti di servizio, alla stregua dell'art. 17
del decreto legislativo in questione.
    4.5 - Priva  di  fondamento  e'  anche  la censura rivolta contro
l'art. 12   il  quale  -  dopo  avere  stabilito,  al  comma  1,  che
all'attuazione  dei conferimenti di funzioni e all'attribuzione delle
relative  risorse  alle  regioni provvede il Presidente del Consiglio
dei  Ministri  a  norma  dell'art. 7,  comma 1, della legge n. 59 del
1997,  previo  accordo  di programma tra il Ministero dei trasporti e
della  navigazione  e  la  regione  interessata, a norma dell'art. 4,
comma  4,  lettera  a), della stessa legge n. 59 prevede, al comma 2,
che  l'accordo di programma suddetto puo' disporre, previa intesa tra
regione  ed  enti  locali, la contestuale attribuzione e ripartizione
fra  gli enti locali delle risorse finanziarie, umane e strumentali e
organizzative.  La  Regione Lombardia, invocando gli artt. 3, 76, 97,
117,  118 e 119 della Costituzione, si duole della possibilita' cosi'
offerta  al  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  di effettuare
direttamente  i  conferimenti  e  la distribuzione delle risorse agli
enti  locali,  senza  rispettare  i  tempi  di  quella che sarebbe la
scansione  logica  del  procedimento  e  cioe'  il  necessario previo
riparto  delle  funzioni  tra  regione  ed enti locali, a opera della
legge  regionale.  La  ripartizione  delle  risorse, infatti, sarebbe
strumentale all'esercizio delle funzioni ripartite.
    La  suddetta  censura,  peraltro,  trascura  di  considerare  che
conferimento delle funzioni e ripartizione delle risorse sono aspetti
di   una   operazione   di   riorganizzazione  istituzionale  che  si
coinvolgono  reciprocamente. Per tenere conto di questa implicazione,
l'art. 12  impugnato  prevede  un  procedimento  basato  su accordi e
intese  tra i soggetti interessati, idoneo a valorizzarne la presenza
nelle  diverse  determinazioni  in  cui  si snoda il procedimento. In
particolare,  l'attuazione  dei  conferimenti  e l'attribuzione delle
relative risorse alla regione avviene previo accordo con quest'ultima
e  l'attribuzione e la ripartizione delle risorse fra gli enti locali
puo'  avvenire  contestualmente, tramite l'accordo di programma, solo
ove  vi sia stata l'intesa tra la regione e gli enti locali medesimi.
Onde non si vede in qual modo questo procedimento, che attribuisce un
ruolo   cosi'   determinante   alla   regione,   possa   violarne  le
attribuzioni.
    4.6 - Infondata  e'  anche la censura mossa all'art. 16, comma 2,
del decreto legislativo il quale, circa la determinazione del livello
dei  servizi  minimi  di  trasporto,  prevede che tale determinazione
avvenga  a opera della regione, d'intesa con gli enti locali, secondo
le  modalita'  stabilite  dalla legge regionale. La Regione Lombardia
ricorrente    ritiene    che    tale   disposizione   si   presti   a
un'interpretazione  che,  attribuendo  alla  legge  regionale il solo
compito  di  determinare i contenuti dei livelli minimi dei servizi e
non quello di regolare il procedimento dell'intesa, avrebbe l'effetto
di  deprimere - a tutto favore degli enti locali - la posizione della
regione  in  una  materia  - i trasporti pubblici - in cui esiste una
propria   competenza   legislativa   e   amministrativa  riconosciuta
costituzionalmente,  in  violazione  degli artt. 117, 118 e 119 della
Costituzione;  e  la  Regione  Puglia  formula  -  sia  pure in forma
dubitativa, assumendo l'oscurita' della norma - analoga censura.
    Ma  nulla  induce  a  tale  conclusione. Il tenore testuale della
disposizione  impugnata  e'  tale  invece  da  assegnare  alla  legge
regionale  il compito di disciplinare i rapporti con gli enti locali,
nel  procedimento  rivolto  alla  realizzazione  dell'intesa prevista
dall'art. 16  impugnato  (come  del  resto  hanno  fatto,  la Regione
Lombardia  nella legge regionale 29 ottobre 1998, n. 22, e la Regione
Puglia  nella  legge  regionale  25 marzo  1999,  n. 13)  e  in  tale
disciplina  hanno  da trovare il loro giusto equilibrio le voci della
regione  e  degli enti locali, conformemente al ruolo che loro spetta
nella gestione della materia in questione.
    5. - Inammissibili  sono,  infine,  le  questioni di legittimita'
costituzionale  sollevate sull'art. 18 del decreto legislativo, nella
parte   in   cui  esso  detta  norme  finalizzate  a  incentivare  il
superamento degli assetti monopolistici in atto e a introdurre regole
di   concorrenzialita'   nella  gestione  dei  servizi  di  trasporto
regionale  e  locale (comma 2) e nella parte in cui (comma 3) prevede
un  riassetto  organizzativo  dei  soggetti  operanti nel settore del
trasporto,  indirizzato  alla  privatizzazione  e  alla  concorrenza.
Secondo    le   Regioni   ricorrenti,   le   disposizioni   impugnate
risulterebbero insufficienti al loro scopo dichiarato, con violazione
degli artt. 3, 76, 117 e 118 della Costituzione.
    La normativa contenuta nell'art. 18 impugnato e' stata sostituita
da  altra  normativa  - non impugnata - dettata dall'art. 1, comma 6,
del  decreto  legislativo  20 settembre  1999,  n. 400  (Modifiche ed
integrazioni al decreto legislativo 19 novembre 1997, n. 422, recante
conferimento  alle  regioni ed agli enti locali di funzioni e compiti
in  materia di trasporto pubblico locale). Non essendo piu' in vigore
la  norma  impugnata,  ne' risultando che essa abbia prodotto effetti
lesivi  delle competenze regionali, le relative questioni sono dunque
divenute inammissibili.
    Ad   avviso   delle   ricorrenti,  pero',  l'insufficienza  delle
modificazioni   operate,  in  vista  del  superamento  delle  censure
proposte,  e  dunque l'affermata perdurante incostituzionalita' della
normativa  che  e'  venuta  a  sostituire  quella  impugnata dovrebbe
imporre  il "trasferimento" della questione su tale nuova disciplina,
anche  in  considerazione  della sua natura "correttiva" alla stregua
dell'art. 10  della legge n. 59 del 1997, come integrato dall'art. 9,
comma  6, della legge 8 marzo 1999, n. 50. Sennonche', tale richiesto
trasferimento  non  e'  possibile  nel giudizio principale, spettando
comunque alla Regione l'onere di esercitare, nel termine di decadenza
previsto, l'azione per l'impugnazione della nuova disposizione che e'
venuta  a  sostituire  quella originariamente contestata (v. sentenza
n. 429 del 1997).