ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale  degli artt. 1, primo
comma,  lettera  b),  del  d.P.R.  14 febbraio  1964,  n. 237 (Leva e
reclutamento    obbligatorio    nell'Esercito,    nella    Marina   e
nell'Aeronautica),  e  8,  ultimo  comma, della legge 13 giugno 1912,
n. 555  (Sulla  cittadinanza italiana), promosso con ordinanza emessa
il  7 aprile  2000  dalla  Corte militare di appello nel procedimento
penale  a  carico  di A.P., iscritta al n. 361 del registro ordinanze
2000 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 27, 1a
serie speciale, dell'anno 2000.
    Udito  nella  camera  di consiglio del 7 febbraio 2001 il giudice
relatore Gustavo Zagrebelsky.

                          Ritenuto in fatto

    La  Corte militare di appello solleva, con ordinanza del 7 aprile
2000,  questione  di  legittimita'  costituzionale dell'art. 1, primo
comma,  lettera  b),  del  d.P.R.  14 febbraio  1964,  n. 237 (Leva e
reclutamento    obbligatorio    nell'Esercito,    nella    Marina   e
nell'Aeronautica), e dell'art. 8, ultimo comma, della legge 13 giugno
1912,  n. 555  (Sulla  cittadinanza  italiana),  per violazione degli
artt. 3 e 10 della Costituzione, nella parte in cui non prevedono che
siano  esentati  dagli obblighi di leva coloro che abbiano perduto la
cittadinanza  italiana  a seguito dell'acquisto di quella di un altro
Stato  a  norma  dell'art. 8,  primo comma, numero 1), della medesima
legge  n. 555  del  1912,  indipendentemente dalla circostanza che in
tale  Stato  siano  tenuti  o  meno  alla  prestazione  del  servizio
militare.
    La  questione e' sollevata dal giudice militare nell'ambito di un
procedimento  di revisione, ai sensi degli artt. 630 e 633 cod. proc.
pen.,  di  due  sentenze di condanna emesse dal tribunale militare di
Padova  (rispettivamente, in data 31 maggio 1994 e 8 luglio 1998) nei
confronti di un ex cittadino italiano - che dal 13 ottobre 1988 aveva
acquistato la cittadinanza canadese, con perdita di quella italiana -
per  il  reato  di mancanza alla chiamata conseguente all'assenza dal
servizio  militare,  relativamente ai periodi - rispettivamente - dal
22 gennaio  1985 al 31 maggio 1994, per la prima sentenza, e poi fino
all'8 luglio 1998, per la seconda.
    La  Corte  rimettente rileva che l'art. 22 della legge 5 febbraio
1992,  n. 91 (Nuove norme sulla cittadinanza), stabilisce, per coloro
che,  alla  data  di  entrata  in  vigore della medesima legge n. 91,
abbiano  gia'  perduto  la cittadinanza italiana ai sensi dell'art. 8
della  precedente  legge  n. 555  del  1912,  che  cessi ogni obbligo
militare; ma, osserva il giudice a quo, l'acquisto della cittadinanza
straniera e la perdita di quella italiana avrebbero efficacia ai fini
della  loro  incidenza  sulle  fattispecie  penali  di  mancanza alla
chiamata,  che  presuppongono l'obbligo della prestazione militare in
conseguenza   dello   status  di  cittadino,  solo  a  decorrere  dal
15 ottobre  [recte: agosto]  1992,  data  di  entrata in vigore della
nuova  legge:  pertanto  non  potrebbe  dirsi  esaurita,  nel caso di
specie,  la  rilevanza  penale  dell'assenza  protratta  dal  momento
iniziale di essa (22 gennaio 1985) al 15 agosto 1992, con conseguente
inammissibilita'  della  richiesta  di  revisione.  Ne',  secondo  il
rimettente, possono ritenersi risolutive le pronunce (sentenze n. 974
del  1988  e n. 278 del 1992) con le quali la Corte costituzionale ha
dichiarato  l'incostituzionalita' delle disposizioni censurate, nella
parte  in  cui  non  prevedono  l'esenzione dal servizio militare per
coloro   che   hanno  perduto  la  cittadinanza  italiana  a  seguito
dell'acquisto  di  quella  di  altro  Stato  "nel  quale abbiano gia'
prestato  servizio  militare"  (sentenza  n. 974)  o "nel quale siano
tenuti a prestare servizio militare" (sentenza n. 278), non emergendo
dagli  atti  ne'  che  l'imputato abbia prestato servizio militare in
Canada,  ne'  che  sia  tenuto  a  svolgerlo, non essendo previsto in
quello Stato il servizio militare obbligatorio.
    La  questione,  secondo  il rimettente, e' pertanto rilevante, in
quanto   la  cessazione  degli  obblighi  militari  sin  dal  momento
dell'acquisto della cittadinanza straniera (e della perdita di quella
italiana)   renderebbe   applicabile  nel  caso  concreto  l'amnistia
concessa  con  il  d.P.R.  12 ottobre  1990,  n. 75,  e  l'istanza di
revisione,  potendo  condurre  a  una  pronuncia  di proscioglimento,
dovrebbe essere considerata ammissibile.
    In   ordine  alla  non  manifesta  infondatezza  della  questione
sollevata,  questa  emergerebbe  chiaramente  dalla motivazione della
sentenza n. 278 del 1992, secondo la quale la normativa censurata non
solo  sarebbe anacronistica, ma si porrebbe in contrasto con la norma
generale  di  diritto  internazionale  che  obbliga  gli  Stati a non
assoggettare a obblighi militari persone che siano oramai - cittadini
stranieri.
    Inoltre,  la  prestazione  del  servizio  militare nello Stato di
origine  si  porrebbe in contrasto con l'obbligo di fedelta' che ogni
cittadino  ha  nei  confronti  dello Stato di (attuale) appartenenza,
senza  che  sia  possibile  una differenziazione in base al fatto che
nello Stato del quale si acquista la cittadinanza sia previsto o meno
il  servizio  militare  obbligatorio,  giacche' tale differenziazione
sarebbe  ininfluente  ai  fini  della possibile giustificazione della
disciplina  censurata. Del resto, la recente sentenza n. 172 del 1999
(che  ha  dichiarato  infondata  la  questione  di  costituzionalita'
relativa  alle  norme  che impongono anche agli apolidi, residenti in
Italia,  l'obbligo  di  prestare  il  servizio  militare), secondo il
rimettente,  confermerebbe  tali argomentazioni, in quanto incentrata
sul   legame   concreto  e  attuale  dell'apolide  con  la  comunita'
nazionale:  un  legame  che  non sussiste invece per il soggetto che,
gia'   cittadino   italiano,   abbia  successivamente  acquistato  la
cittadinanza  di altro Stato, e che deve pertanto essere considerato,
a tutti gli effetti, come cittadino straniero.

                       Considerato in diritto

    1.  -  La  Corte  militare  di  appello dubita della legittimita'
costituzionale  dell'art. 1,  primo  comma,  lettera  b),  del d.P.R.
14 febbraio   1964,   n. 237   (Leva   e   reclutamento  obbligatorio
nell'Esercito,  nella  Marina  e  nell'Aeronautica),  e  dell'art. 8,
ultimo  comma, della legge 13 giugno 1912, n. 555 (Sulla cittadinanza
italiana).  La prima delle disposizioni impugnate stabilisce che sono
soggetti   alla   leva   coloro   che,  sebbene  abbiano  perduto  la
cittadinanza  italiana, sono rimasti obbligati al servizio militare a
tenore  delle leggi vigenti in materia di cittadinanza; dalla seconda
delle  disposizioni  impugnate  (ora  abrogata)  risulta[va]  che  il
cittadino  italiano  che  spontaneamente acquistasse una cittadinanza
straniera  e  avesse  stabilito  o  stabilisse  all'estero la propria
residenza  perdeva  la  cittadinanza  italiana  [art. 8, primo comma,
numero  1),  della  legge  n. 555  del 1912] ma che (art. 8 medesimo,
ultimo  comma)  la  perdita  della  cittadinanza  in  questo caso non
esimeva dagli obblighi del servizio militare.
    L'avvenuta  modificazione  intervenuta nella normativa richiamata
richiede che sia precisata preliminarmente la portata della questione
di  cui questa Corte si trova a essere investita. L'abrogazione della
legge  sulla  cittadinanza  del  1912 disposta dall'art. 26, comma 1,
della  legge 5 febbraio 1992, n. 91 (Nuove norme sulla cittadinanza),
e  quindi  anche  l'abrogazione del citato art. 8, senza che la nuova
legge  stabilisca  a  sua  volta  caso  alcuno  di  obblighi militari
permanenti  a  carico di coloro che perdano la cittadinanza italiana,
comporta  che il rinvio operato dall'art. 1, primo comma, lettera b),
del  d.P.R.  n. 237 del 1964 ai casi previsti dalle "leggi vigenti in
materia  di  cittadinanza" in cui la perdita della cittadinanza lasci
sussistere  l'obbligo militare sia attualmente privo di oggetto: alla
stregua   della  legislazione  vigente,  perdita  della  cittadinanza
significa  percio'  eliminazione  dell'obbligo  militare. Quanto alle
situazioni  determinatesi  anteriormente, l'art. 22 della legge sulla
cittadinanza del 1992 - norma intertemporale dettata per accordare il
precedente  regime  al  nuovo  - ha previsto che, per coloro i quali,
alla  data  di  entrata  in  vigore della legge stessa, avessero gia'
perduto  la  cittadinanza  italiana  ai sensi dell'art. 8 della legge
sulla cittadinanza del 1912, cessi ogni obbligo militare. Data la sua
inequivoca  formulazione,  la disposizione citata vale esclusivamente
pro futuro, ma non elimina retroattivamente la soggezione all'obbligo
militare,  per il periodo anteriore all'entrata in vigore della nuova
legge  (15 agosto  1992),  di quanti avessero perduto la cittadinanza
anteriormente  a  quella  data,  sotto  la vigenza delle disposizioni
relativamente  alle quali e' stata sollevata la presente questione di
costituzionalita'. La vicenda che ha dato luogo al giudizio presso la
Corte  militare d'appello (parzialmente) cade per l'appunto - secondo
quanto  ricordato  nella  esposizione dei fatti - sotto la previsione
della  perdurante  esistenza  dell'obbligo militare. La questione che
questa  Corte  si trova quindi a esaminare riguarda esclusivamente la
limitata  ipotesi  della  persistenza  degli  obblighi  militari  nel
periodo  anteriore  all'entrata in vigore della legge n. 91 del 1992,
obblighi  gravanti  su  chi  avesse  perso  la cittadinanza italiana;
mentre  in  tutti  gli  altri casi - i casi cioe' della perdita della
cittadinanza  italiana  successivamente all'entrata in vigore di tale
legge,  ovvero  della  perdita  anteriore,  con  riguardo  al periodo
successivo  a  tale  data - il legislatore stesso ha gia' previsto il
venire meno dell'obbligo militare.
    Data  questa  situazione normativa, il giudice rimettente ritiene
che   la   previsione   dell'esistenza,   per  il  periodo  anteriore
all'entrata  in  vigore della legge n. 91 del 1992, degli obblighi di
leva  a  carico  di  coloro  i  quali abbiano perduto la cittadinanza
italiana  a  seguito dell'acquisto di quella di altro Stato nel quale
non  siano  tenuti  a prestare il servizio militare, violi l'art. 3 e
l'art. 10,  primo comma, della Costituzione: l'art. 3, in quanto essa
determinerebbe  una  disparita'  di  trattamento tra coloro che hanno
perduto la cittadinanza italiana in favore di quella di uno Stato nel
quale sono tenuti a prestare il servizio militare - soggetti esentati
dal  prestare  il  servizio  militare  in Italia (sentenza n. 278 del
1992)  -  e  coloro i quali, come nel caso oggetto del giudizio della
Corte militare, hanno perduto la cittadinanza italiana per acquistare
quella  di  uno  Stato nel quale non e' previsto il servizio militare
obbligatorio  -  soggetti  non esentati -; l'art. 10, primo comma, in
quanto  la disciplina censurata si porrebbe in contrasto con la norma
del  diritto  internazionale  generalmente  riconosciuta,  richiamata
dalla  disposizione  costituzionale invocata, che vieta agli Stati di
assoggettare agli obblighi militari i cittadini di altri Stati.
    2.  -  La  questione  e' fondata in riferimento all'art. 10 della
Costituzione.
    3. - Questa Corte, dopo aver riconosciuto (con la sentenza n. 974
del  1988)  l'illegittimita' costituzionale della sottoposizione agli
obblighi  di  leva  di  chi  abbia perduto la cittadinanza italiana a
seguito  dell'acquisto  di quella di altro Stato nel quale abbia gia'
prestato  il  servizio  militare,  con la sentenza n. 278 del 1992 ha
esteso  tale  illegittimita'  al  caso  in cui il soggetto, che aveva
perduto  la  cittadinanza  italiana,  fosse divenuto cittadino di uno
Stato nel quale fosse tenuto a prestare il servizio militare. In tali
casi,   si  trattava  di  ipotesi,  reali  o  potenziali,  di  doppia
imposizione  dei doveri militari nei confronti di chi avesse perso la
cittadinanza  italiana,  avendone  acquisita  una di altro Stato. Nel
caso ora all'esame, invece, la questione sollevata riguarda l'ipotesi
di   un'unica   imposizione   degli   obblighi   militari   da  parte
dell'ordinamento  italiano,  in  quanto  il  soggetto  gia' cittadino
italiano  sia  divenuto  cittadino  di uno Stato in cui non esiste il
servizio militare obbligatorio.
    Nei  precedenti ricordati, la decisione di incostituzionalita' e'
stata  affermata in base al doppio argomento, variamente intrecciato,
dell'irragionevolezza  della  legge  e  dell'esistenza  di  norme  di
diritto  internazionale  che,  oltre  a perseguire l'obbiettivo della
riduzione  dei  casi  di  doppia  cittadinanza,  escludono  la doppia
imposizione dell'obbligo militare. Ma, nella sentenza n. 278 del 1992
citata,  questa  Corte  ha  riconosciuto l'esistenza di una norma del
diritto     internazionale     generalmente     riconosciuta     che,
indipendentemente  dall'esistenza  di una doppia imposizione, vincola
gli Stati a non assoggettare a obblighi militari i cittadini di altri
Stati  (sul diverso caso degli apolidi, invece, v. la sentenza n. 172
del  1999)  e  ha  concluso  che,  in  conseguenza  del  principio di
conformazione  dell'ordinamento  giuridico  italiano  alle  norme del
diritto  internazionale  generalmente riconosciute, principio sancito
dall'art. 10,  primo  comma,  della  Costituzione,  una normativa che
imponesse loro il servizio militare sarebbe incostituzionale.
    Sebbene  questa affermazione di principio abbia portata generale,
in  quella  circostanza  la  declaratoria d'incostituzionalita' delle
disposizioni   allora,   come   ora,   sottoposte   al  controllo  di
costituzionalita'  fu  circoscritta  al  solo  caso  dell'imposizione
dell'obbligo  militare  a coloro che avessero perduto la cittadinanza
italiana  a  seguito dell'acquisto di quella di altro Stato nel quale
fossero tenuti a prestare il servizio militare. Cio' in ragione della
formulazione  della  questione  alla  stregua della rilevanza ch'essa
assumeva  nel  giudizio  dal  quale  veniva  proposta. Ma la medesima
affermazione di principio, della quale deve confermarsi la validita',
nella  presente  circostanza conduce all'accoglimento della questione
con  riferimento  a  tutti  i  soggetti, gia' cittadini italiani, che
abbiano perduta l'originaria cittadinanza per averne acquisita una di
altro  Stato a norma dell'art. 8, primo comma, numero 1), della legge
n. 555  del  1912,  indipendentemente  dal fatto che essi, secondo la
legislazione  di  quest'ultimo  Stato,  siano o non siano tenuti alla
prestazione del servizio militare.
    4. - Nell'accoglimento della questione di costituzionalita' sulla
base  dell'evocato  art. 10,  primo  comma,  della  Costituzione,  si
intende  assorbita  la  censura prospettata in riferimento all'art. 3
della Costituzione.