ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nei  giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 220 del decreto
legislativo  19 febbraio 1998, n. 51 (Norme in materia di istituzione
del  giudice  unico di primo grado), promossi con ordinanze emesse il
12 aprile  2000 dal giudice per le indagini preliminari del tribunale
militare  di  Cagliari  nel  procedimento penale a carico di G. L. ed
altri,  iscritta  al  n. 463 del registro ordinanze 2000 e pubblicata
nella  Gazzetta  Ufficiale della Repubblica n. 37, 1a serie speciale,
dell'anno  2000  e  il  21 gennaio  2000  dal giudice per le indagini
preliminari del tribunale di Imperia nel procedimento penale a carico
di P. C., iscritta al n. 499 del registro ordinanze 2000 e pubblicata
nella  Gazzetta  Ufficiale della Repubblica n. 39, 1a serie speciale,
dell'anno 2000.
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nella  camera  di  consiglio  del 21 marzo 2001 il giudice
relatore Giovanni Maria Flick.
    Ritenuto che con ordinanza emessa il 21 gennaio 2000 (r.o. n. 499
del  2000)  il  giudice  per le indagini preliminari del tribunale di
Imperia  ha  sollevato,  in  riferimento  agli  artt. 3  e  24  della
Costituzione,  questione di legittimita' costituzionale dell'art. 220
del  decreto legislativo 19 febbraio 1998, n. 51 (Norme in materia di
istituzione  del  giudice  unico  di primo grado), nella parte in cui
prevede  che  le  udienze  preliminari  fissate  o in corso alla data
indicata  dall'art. 247,  comma  2-bis del medesimo decreto (ossia al
2 gennaio  2000),  per reati attribuiti alla cognizione del tribunale
in  composizione  monocratica,  siano tenute con l'applicazione delle
disposizioni anteriormente vigenti;
        che  il giudice a quo - premesso di essere investito, in sede
di  udienza  preliminare,  della  richiesta dell'imputato di giudizio
abbreviato   -   assume   che   la  disposizione  denunciata  avrebbe
determinato  una irragionevole disparita' di trattamento, in rapporto
alla  nuova disciplina processuale introdotta dalla legge 16 dicembre
1999,  n. 479,  fra  i  procedimenti  attribuiti  alla cognizione del
tribunale  in  composizione  monocratica  (nei  quali,  ove l'udienza
preliminare  sia  fissata  o in corso al 2 gennaio 2000, continuano a
valere  le  vecchie  disposizioni)  e  i  procedimenti  sui  quali il
tribunale giudica in composizione collegiale (nei quali si applicano,
invece, le nuove norme);
        che  tale disparita' di trattamento - integrativa, secondo il
rimettente,  di  una  "macroscopica  iniquita'" - emergerebbe in modo
evidente  proprio  qualora  l'imputato  intenda  accedere, come nella
specie,  al  giudizio  abbreviato:  giacche'  nel  primo  caso (reati
attribuiti  al  giudice monocratico) l'ammissione al rito alternativo
resterebbe   tuttora  subordinata,  secondo  le  vecchie  regole,  al
consenso   del  pubblico  ministero;  mentre  nel  secondo  (reati  a
cognizione   collegiale),   alla   luce   della   nuova  formulazione
dell'art. 438  cod.  proc.  pen. (come  sostituito dall'art. 27 della
legge  n. 479  del  1999),  non  soltanto  si prescinderebbe da detto
consenso,  ma  il  giudice  sarebbe tenuto senz'altro ad ammettere il
rito richiesto;
        che analoga questione di legittimita' costituzionale e' stata
sollevata,  in riferimento agli artt. 3, 24 e 111 della Costituzione,
dal  giudice  per  le  indagini preliminari del tribunale militare di
Cagliari  con  ordinanza  emessa  il  12 aprile 2000 (r.o. n. 463 del
2000);
        che   il   rimettente   muove   dalla  premessa  per  cui  la
disposizione  dell'art. 220  del  decreto  legislativo n. 51 del 1998
dovrebbe  ritenersi  valevole  anche nei procedimenti penali militari
relativi  -  come  quello  a  quo  - a reati puniti con la pena della
reclusione   non  superiore  a  dieci  anni  (limite  generale  della
cognizione  del  tribunale  monocratico, a mente degli artt. 33-bis e
33-ter   cod.   proc.   pen.):   e  cio'  in  base  al  principio  di
"fungibilita'" tra reclusione ordinaria e reclusione militare ai fini
dell'applicabilita',  nel  rito  militare,  delle norme del codice di
procedura  penale  che  fanno  generico  riferimento  alla pena della
reclusione;
        che, ad avviso del giudice a quo peraltro, la disposizione in
parola  - nella misura in cui impedisce di applicare nei procedimenti
da  essa considerati le nuove e "piu' garantiste" regole dell'udienza
preliminare  introdotte  dalla legge n. 479 del 1999 (in particolare,
gli   artt. 421-bis,   422,  425,  430  e  431  cod.  proc.  pen.)  -
contrasterebbe  con  l'art. 3  della  Costituzione,  determinando una
disparita'  di trattamento fra gli imputati nei procedimenti in corso
correlata  ad  un  dato puramente "accidentale", quale la circostanza
che l'udienza preliminare sia stata fissata o meno entro il 2 gennaio
2000;
        che  la  denunciata  violazione  del principio di uguaglianza
ridonderebbe  anche  in  una  lesione  del  diritto  di  difesa e del
principio  del  "giusto  processo",  di cui agli artt. 24 e 111 della
Costituzione,   in   quanto  la  situazione  processuale  evidenziata
comprometterebbe  la parita' tra le parti ed impedirebbe all'imputato
di fruire delle condizioni necessarie per preparare la sua difesa;
        che   per   quanto  attiene,  infine,  alla  rilevanza  della
questione, essa si connetterebbe all'esigenza di stabilire se - anche
in  riferimento  a richieste istruttorie della difesa non concepibili
nella  cornice  della  normativa previgente - le nuove regole innanzi
ricordate siano o meno valevoli nel procedimento a quo;
        che   nel   secondo   dei  giudizi  di  costituzionalita'  e'
intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e
difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, il quale ha concluso per
la declaratoria di inammissibilita' o infondatezza della questione.
    Considerato  che  le  due  ordinanze di rimessione sollevano, sia
pure   in   rapporto   a   parametri  e  con  argomenti  parzialmente
differenziati,  la  medesima  questione,  sicche'  i relativi giudizi
possono venir riuniti per essere decisi con unica pronuncia;
        che  oggetto  dello  scrutinio  di  costituzionalita'  e' una
disposizione  transitoria  del  decreto  legislativo19 febbraio 1998,
n. 51  (Norme  in  materia  di istituzione del giudice unico di primo
grado),  il  cui titolo IV - dedicato alle "Disposizioni sul processo
penale"   -  nell'ampliare  notevolmente  l'area  di  intervento  del
tribunale   in  composizione  monocratica  rispetto  alla  precedente
competenza   penale  del  pretore,  prevedeva  all'origine  l'udienza
preliminare   nei   soli  procedimenti  attribuiti  al  tribunale  in
composizione collegiale;
        che,  in  tale  cornice, si poneva peraltro il problema della
sorte  delle  udienze  preliminari  fissate o in corso per reati che,
gia'  di  competenza  del  tribunale nel vecchio sistema, risultavano
devoluti nel nuovo al giudice monocratico;
        che,  al  riguardo,  l'art. 220  del  decreto  oggi impugnato
stabiliva  che le udienze preliminari fissate o iniziate, per reati a
cognizione  monocratica,  alla  data  di  efficacia  della  riforma -
termine  poi  differito  al  2 gennaio  2000 dal d.l. 24 maggio 1999,
n. 145,  convertito,  con  modificazioni, nella legge 22 luglio 1999,
n. 234  -  continuassero  ad  essere tenute "con l'applicazione delle
disposizioni  anteriormente  vigenti"  (salva,  in  caso  di rinvio a
giudizio,   la   citazione   davanti  al  tribunale  in  composizione
monocratica);
        che  la  norma perseguiva, in tal modo, un duplice obiettivo:
di   "salvaguardia   delle   garanzie   dell'imputato",   tramite  la
conservazione  di un momento di verifica della fondatezza dell'accusa
sul  quale  egli  aveva ormai riposto "affidamento" (in tal senso, la
relazione  illustrativa del decreto legislativo n. 51 del 1998); e al
tempo  stesso  di  economia processuale, evitando una regressione del
procedimento  al  pubblico  ministero  per  la  citazione diretta che
avrebbe  comportato,  il  piu' delle volte, un allungamento dei tempi
del processo;
        che  sopravveniva, peraltro, nelle more, la legge 16 dicembre
1999, n. 479 - entrata in vigore lo stesso 2 gennaio 2000 - la quale,
senza incidere formalmente sulla norma impugnata, introduceva, per un
verso, l'udienza preliminare anche in rapporto ad una parte dei reati
a  cognizione monocratica, e dettava, per altro verso, una disciplina
sensibilmente  innovativa  tanto  dell'udienza  preliminare  che  del
giudizio abbreviato;
        che,  cio'  premesso - a prescindere da ogni rilievo circa la
reale  idoneita'  della  norma  impugnata  a precludere, in deroga al
principio tempus regit actum secondo quanto postulato dai rimettenti,
l'applicazione  di  disposizioni  processuali  dettate  da  una legge
diversa e posteriore (se pur collegata), e tanto piu' di disposizioni
concernenti un istituto distinto dall'udienza preliminare, qual e' il
giudizio abbreviato (istituto di cui il decreto legislativo n. 51 del
1998  si occupa in una separata norma transitoria: l'art. 223) - deve
osservarsi come l'ordinanza di rimessione del giudice per le indagini
preliminari  del  tribunale  di Imperia risulti totalmente carente di
indicazioni in ordine alla fattispecie concreta oggetto di giudizio;
        che,  in particolare, il rimettente non precisa se si procede
per  reato  attribuito  alla cognizione del tribunale in composizione
monocratica,  e  - ulteriormente - se si tratti di reato a cognizione
monocratica  per  il  quale, in base alla disciplina introdotta dalla
legge n. 479 del 1999, non e' piu' prevista l'udienza preliminare;
        che  tale  carenza  si  risolve  in un difetto di motivazione
circa  l'applicabilita'  della  norma  impugnata  nel giudizio a quo:
giacche',  se  lo  scopo  di  quest'ultima  e'  -  come  accennato  -
esclusivamente  quello di "far salva", per ragioni di "garanzia" e di
economia  processuale,  l'udienza preliminare in corso o gia' fissata
nell'ambito  di  procedimenti che tale udienza non prevedono piu', e'
conseguente  ritenere  che,  di  fronte  al diverso assetto delineato
medio tempore dalla legge n. 479 del 1999, l'ambito applicativo della
disposizione  censurata  resti circoscritto alla (per vero ristretta)
fascia  dei  procedimenti  -  gia'  di competenza del tribunale - che
oggi,  non  soltanto sono attribuiti al giudice monocratico, ma per i
quali si procede, altresi', con citazione diretta;
        che  appare  senz'altro erroneo, per converso, il presupposto
interpretativo  da  cui  muove il giudice per le indagini preliminari
del tribunale militare di Cagliari, riguardo all'applicabilita' della
disposizione impugnata nel rito militare: tale disposizione, infatti,
costituisce  una  mera "appendice" transitoria della nuova disciplina
sulla  composizione  monocratica  del tribunale ordinario, disciplina
che  -  come  chiarito  dalla  giurisprudenza  di legittimita' - deve
ritenersi  non  estensibile,  sia  sul  versante ordinamentale che su
quello processuale, ai procedimenti davanti ai tribunali militari, la
cui  composizione  speciale  e  "mista",  con la partecipazione di un
membro  "laico",  resta disciplinata dall'art. 2 della legge 7 maggio
1981, n. 180 (v. l'ordinanza di questa Corte n. 98 del 2001);
        che,   pertanto,   le  questioni  debbono  essere  dichiarate
manifestamente inammissibili.
    Visti  gli  artt. 26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  secondo  comma,  delle norme integrative per i giudizi
davanti alla Corte costituzionale.